male (sost.)
Termine ad altissima frequenza, che si registra in numerose accezioni. Al singolare ricorre molto spesso la forma apocopata (‛ mal ').
Indica " ciò che è contrario alla norma morale ", quindi " colpa ", " peccato ", " vizio ", in Rime LXXXIII 106 per lo mal t'hanno in uso; If I 132 a ciò ch'io fugga questo male e peggio, cioè la condizione peccaminosa simboleggiata dalla selva del prologo (il peggio allude alla dannazione eterna); II 16 l'avversario d'ogne male, Dio, in quanto sommo bene.
Si vedano inoltre i luoghi di I f VII 18 la dolente ripa / che 'l mal de l'universo tutto insacca, " le colpe e i peccati " (Boccaccio); XI 25 frode è de l'uom proprio male; XIX 115 Ahi, Costantin, di quanto mal fu matre, / non la tua conversion, ma quella dote / che da te prese il primo ricco patre!, cioè " origine della corruzione della Chiesa e quindi del traviamento del mondo " (Chimenz); XXXIV 84 conviensi dipartir da tanto male, " tutto il male racchiuso nell'Inferno " (Mattalia); Pg XX 8 il mal che tutto 'l mondo occupa, l'avarizia; Pd XXI 126 quel cappello [cardinalizio], / che pur di male in peggio si travasa, " imperò che se l'uno cardinale è rio, l'altro che séguita poi è piggiore " (Buti). Cfr. ancora Rime XCI 105, Cv I II 7, If VII 51, XXXI 56, Pg V 112 (mal chiede), XX 63 e 85, XXII 45, Fiore XXXVII 3, LXXX 13, CII 14. In Rime CVI 141 se beltà trai mali / volemo annumerar, il termine sembra valere " occasione di male ", cioè " di peccato ", " di colpa ".
In Pg VII 109 Padre e suocero son del mal di Francia, il sostantivo designa Filippo il Bello, così definito per i suoi pessimi costumi e, al tempo stesso, perché causa della rovina materiale e morale della Francia.
Frequente la contrapposizione a ‛ bene ': Cv I IV 1 la fama dilata lo bene e lo male oltre la vera quantità, 8 (due volte: si noti la frequenza con cui m. ricorre in questo paragrafo, con diverse funzioni grammaticali) e 12 (due volte); XI 4 giudicando lo male e lo bene (così nella '21 e poi nella Simonelli; [il guidano, o] male [o] bene, in Busnelli-Vandelli); IV Le dolci rime 91, XIII 10 (due volte), Pg XVI 72, XVII 100, Pd III 106, XX 58, Fiore XLIV 9, CXXXIX 2.
Il senso di " malattia " è documentato in If XXX 69 'l male ond'io nel volto mi discarno, Fiore CCXXIV 11 e 12, Detto 221. La stessa accezione sembra a noi, come a molti interpreti, chiara anche in If XXX 125 Così si squarcia / la bocca tua [di Sinone, cui si rivolge mastro Adamo] per tuo mal come suole, cioè " a causa della tua febbre " (Petrocchi).
Alcuni commentatori moderni (Steiner, Porena) hanno, però, accolto la lezione, preferita già da qualche interprete antico, per dir mal, che verrebbe a designare " da un lato le tante bugie dette [da Sinone], dall'altro il suo presente inesatto parlare, quando crede che solo lui, Maestro Adamo, soffra " (Porena). Al che il Chimenz (seguito dal Petrocchi) ha obiettato che detta lezione è improbabile " sia perché non risulterebbe rintuzzato a dovere il rinfaccio di Sinone, sia perché il concetto male si legherebbe con la proposizione causale seguente (ché, s'i' ho sete... / tu hai l'arsura), sia, infine, perché si direbbe di Sinone cosa inesatta, facendo di lui un maldicente abituale, laddove egli si è proclamato colpevole di un solo fallo ". Altri interpreti (Casini-Barbi e, con maggiore cautela, Sapegno e Mattalia), pur accogliendo la lezione per tuo mal, scorgono ugualmente nel termine un riferimento, ovvero un'allusione, alla maldicenza di Sinone. Infine, il Grabher, seguito dal Momigliano, legge per tuo mal, ma intende " a tuo danno, come al solito. Perché io ti rintuzzerò, come meriti ".
Per If XXIX 48 Qual dolor fora, se de li spedali / di Valdichiana... e di Maremma e di Sardigna i mali / fossero in una fossa tutti 'nsembre, si sono delineate, nel corso dell'esegesi antica e moderna, due diverse interpretazioni: " mali ", " malattie ", " morbi " (Daniello, Cesari, Vandelli, Casini-Barbi, Rossi, Porena, Chimenz, ecc.), ovvero, prendendo il sostantivo come un astratto in luogo del concreto, " malati ", " infermi " (Lana, Ottimo, Buti, Andreoli, Sapegno, Mattalia, ecc.). Naturalmente, sia esso inteso nell'uno o nell'altro modo, il senso contestuale del sostantivo non muta; ci sembra, tuttavia, che la prima interpretazione sia da preferire, perché, nella struttura del periodo, il dolor appare come l'effetto dei mali e, di conseguenza, è più logico ipotizzare che questi siano " malattie ".
In contesto metaforico: If XXIV 18 al mal giunse lo 'mpiastro al " male ", alla " ferita " fu apposto il rimedio, cioè, fuori me-, tafora, " al mio temere, lo conforto " (Buti).
Frequente anche il senso di " sofferenza ", " dolore ", " affanno ": Cv II X 6 dolersi de l'altrui male... è ... uno suo [della pietade] speziale effetto. Più specificamente, a indicare la " malattia morale ", la " sofferenza " causata da Amore: Rime LXII 7 'l mal d'Amor non è pesante il sesto / ver ch'è dolce lo ben (ancora la contrapposizione già vista), LXVII 46 e 76, LXVIII 11, CIII 18, CXVI 19 e 68, Rime dubbie XXVII 3, Fiore VIII 14, X 6, XXXIII 13, CLI 10, CLXII 13; ovvero a denotare le " pene ", i " tormenti " infernali: If V 93 poi c'hai pietà del nostro mal perverso; XVII 125 li gran mali.
In molti luoghi il sostantivo vale " danno ", " rovina ": Rime LI 5 mal lor prenda! (analoga imprecazione in If XXVII 70); LXXV 14; Pd XVI 68 Sempre la confusion de le persone / principio fu del mal de la cittade, cioè " sovvertimento e rovina dello stato " (Sapegno). E ancora: Pg XVII 113 e 123, Pd VI 40 e 99, VIII 51; Detto 184. Si veda anche Cv II X 10 ricchezze conservate in male del loro signore. In senso più generico, i nostri mali esteriori (Cv IV XVII 5).
Controversa l'interpretazione del termine nell'apostrofe ai frati godenti (If XXIII 109): " O frati, i vostri mali... "; / ma più non dissi, perché la brusca interruzione del discorso non lascia ben capire il pensiero di D. e, in particolare, il suo atteggiamento verso i dannati cui si rivolge: cioè se esso voleva essere di commiserazione o di rimprovero (e a questo riguardo, gl'interpreti appaiono divisi). Nel primo caso, si sarebbe portati a scorgere in mali il significato di " pene ", " tormenti " - e " la mossa, come ben fu notato, ne richiama altre pietose: Francesca, i tuoi martiri (V 116), Ciacco, il tuo affanno (VI 58) ", Rossi -; nel secondo, si potrebbe piuttosto ipotizzare il senso di " colpe ", " peccati ". Ma, come rileva ancora il Rossi, " qui tutto è ambiguo: l'apostrofe, che riprende la qualificazione con cui i frati si sono presentati, ma può anche celare un rinfaccio (gente di chiesa, così ben finita!), l'espressione i vostri mali, che fa pensare al tormento (ma perché non alla colpa?), la reticenza ". In conclusione, attestata l'ambiguità voluta dell'intero contesto, si può concludere che anche mali vuole essere usato equivocamente: " malipene (e così potevano intendere i due ipocriti), e mali-malefatte, come certamente intendeva Dante " (Mattalia).
Si noti, in alcuni casi, il sintagma ‛ far m. ', che ha formato una locuzione così stretta, da provocare la caduta dell'articolo: la montagna del Purgatorio al cominciar di sotto è grave; / e quant'om più va sù, e men fa male (Pg IV 90), costa meno " pena " e " fatica " (in senso morale, la via della virtù diventa sempre più agevole, man mano che l'uomo si alleggerisce del peso della colpa). Nel senso di " danneggiare ": Temer si dee di sole quelle cose / c'hanno potenza di fare altrui male (If II 89); sulle spalle di Gerione, Virgilio vuole esser mezzo, / si che la coda non possa far male (XVII 84); XXV 12, Fiore LXVIII 8, CXCIII 11. Nella processione del Paradiso terrestre, il grifone tendeva in sù l'una e l'altra ale / tra la mezzana e le tre e tre liste, / sì ch'a nulla, fendendo, facea male (Pg XXIX 111), " ostacolava " ovvero " ledeva ".
Così anche, nel Fiore, il sintagma ‛ dir m. ', nel senso di " danneggiare con la parola ": XXX 14 dir mal d'ogne criatura, L 8, CXXX 14 (analogamente: XIX 14 Malabocca, que' ch'ogne mal sampogna); o anche " rimproverare ": XXV 2 per dirli del misfatto molto male.
Costrutti analoghi in Fiore LXXXVI 11 gran mal gli volete; Cv 13 dar... male e damaggio; CLIV 2 ebbi tanta pena e male, e Detto 352 mal ho. Ancora con il verbo ‛ avere ', in Pg XIII 36 Amate da cui male aveste (cfr. Matt. 5, 43-44), dove m. significa " torto ", come in Pg XI 16 lo mal ch'avem sofferto / perdoniamo a ciascuno. E cfr. anche XV 104 a chi mal ne desira.