MALESI
. Sotto il nome di Malesi sono comprese le popolazioni dell'arcipelago delle Indie Olandesi e delle Filippine e inoltre una parte degli abitanti della Penisola Malese o Penisola di Malacca. Sebbene appartenenti a tribù diversissime, parecchie delle quali vivono in perfetto isolamento, il loro aspetto generale giustifica il loro raggruppamento sotto una denominazione unica. I Malesi sono caratterizzati da statura piuttosto bassa (155-162 cm.), pelle di colore decisamente scuro, capelli neri lisci e assenza di pelosità. Inoltre dimostrano una tendenza ai lineamenti mongolici. Fu quest'ultima circostanza a fare nascere la supposizione che i Malesi non fossero una razza vera e propria, ma una razza bastarda mongoloide. Affermazione probabilmente eccessiva, sebbene i Malesi invero non si trovino ormai più posti tra le razze principali dell'umanità.
Nell'antica divisione primaria di Blumenbach (1752-1840), i Malesi figurano come una delle cinque razze umane: Caucasici, Negri, Mongoli, Indiani d'America, Malesi. A poco a poco, questa razza malese, o razza scura, incluse tutte le popolazioni delle isole nell'Oceano Indiano e del Pacifico, giungendo così dal Madagascar fino all'Isola di Pasqua all'estremo est del Pacifico. Ebbe perciò il nome più comprensivo di razza maleo-polinesiana. Tuttavia questa denominazione non può essere posta sullo stesso piano di denominazioni come "mongolo" o "negro", che designano gruppi chiaramente delineati. Ciò nonostante, Polinesiani e Malesi hanno in comune il colore bruno della pelle, la scarsezza di pelosità sul corpo e la forma dei capelli. Inoltre essi costituiscono insieme la tipica razza "insulare" della zona tropicale e si trovano entrambi in una posizione tale, che la scienza non è riuscita ad assegnare loro un posto in una delle razze ben definite. Ma in più recenti divisioni, l'idea d'una razza maleo-polinesiana ha perduto terreno: i Polinesiani figurano come razza a sé, sebbene sia ammessa qualche relazione tra essi e i Malesi, che, a loro volta, non sono più riconosciuti come razza, ma solo come un gruppo etnico. L'antropologo francese Deniker riconduce i Malesi per una parte alla razza indonesiana, connessa con quella polinesiana, e per un'altra culturalmente più importante egli crede si tratti d'Indonesiani che hanno subito l'influsso di sangue straniero, cioè mongolico, indù e arabo. L'antropologo tedesco Buschan è quasi dello stesso parere: anch'egli respinge la razza malese del Blumenbach, tuttavia non giunge a negare a questa razza bruna una base somatica propria. Concorda col Deniker nell'ammettere due strati, uno più antico e più puro, che egli chiama "Malese antico", e uno più recente e più misto che chiama "Malese nuovo"; ma il Buschan non vede tra essi netta differenza antropologica. Simile a questa è la teoria di E. Fischer. Egli accetta la distinzione del Sarasin in Protomalesi e Deuteromalesi, nomi che coincidono con quelli di Malese antico e Malese nuovo del Buschan. Nella divisione dell'umanità, fatta su base zoologica dall'antropologo italiano Sergi, i Malesi non sono considerati separatamente; il Notanthropus eurafricanus polynesianus del Sergi comprende certamente parte dei Protomalesi, mentre i Deuteromalesi sono probabilmente collocati dal lato mongolico (Heocanthropus orientalis). Similmente l'antropologo inglese Haddon fa derivare i Malesi dalla razza pareoeana o mongolide meridionale e riporta gli abitanti più primitivi dell'arcipelago indiano ai Nesioti o Indonesiani, che egli pone accanto ai Polinesiani. Lo studioso italiano Giuffrida Ruggeri ammette nell'arcipelago indiano alcuni resti protomorfici del suo Homo sapiens Oceanicus var. Polynesianus; per il rimanente, egli considera, con R. Biasutti, ì Malesi come una popolazione metamorfica.
Da uno sguardo a queste divisioni generali, si rileva facilmente che i punti d'accordo sono numerosi: i Malesi appaiono infatti divisi in due gruppi, che però non sono nettamente separati tra loro; l'uno, originario, sta a sé dalla parte dei Polinesiani; l'altro è più o meno connesso con i Mongoli.
Consideriamo ora più da vicino i Malesi nel loro territorio. Tra gli studiosi le cui opere sono state fondamentali per la nostra visione del problema raziale dell'Arcipelago Malese, sono da nominare: Hagen (Sumatra, Nuova Guinea), Nieuwenhuis (Borneo), i Sarasin (Celebes), Ten Kate (Mentawei, arcipelago di Timor, Polinesia), Kohlbrugge (Giava, Borneo), R. Martin (Malacca), Kleiweg de Zwaan (Sumatra, Nias), Volz (Sumatra, Polinesia), Haddon (Borneo, Nuova Guinea), Giuffrida Ruggeri. La nuova generazione degli antropologi è ancora al lavoro. È opinione generale che l'arcipelago malese sia stato popolato da un'ondata di tribù provenienti dall'India posteriore. Prima del loro arrivo le isole erano abitate da popoli più primitivi, probabilmente connessi con i Vedda di Ceylon. Le caratteristiche veddoidi (statura bassa, viso largo con naso largo e schiacciato, mento stretto, capelli ondulati, cranio dolicocefalo) appaiono in realtà, in molte regioni e presso varie tribù. Una vera tribù veddoide è stata trovata da R. Martin nella Penisola Malese, ed è quella detta dei Senoi; anche i Sarasin hanno descritto in Celebes avanzi di Veddoidi e cioè i Toala, che tuttavia sono fortemente mescolati con i circostanti Malesi. Un antico tipo di cranio dolicocefalico protoaustraloide è stato scoperto dal Dubois a Giava e rappresenta una traccia d'un popolo, oggi estinto, che fu almeno connesso con i Vedda. Un'altra questione è se i Veddoidi furono i primi colonizzatori dell'Arcipelago Malese. Perché vi è un'altra razza primitiva, sparsa in località molto solitarie e di difficile accesso: i Negrito. Tribù distinte di questo tipo sono gli abitanti delle isole Andamane, i Semang nell'interno della Penisola di Malacca, gli Aeta e alcune altre piccole tribù nell'interno delle maggiori tra le isole Filippine. I Negrito sono certamente Negroidi. Ora un elemento negroide, sebbene non puro, esiste nel Deccan, mentre un altro, e questo puro, si trova nella Nuova Guinea e nella Melanesia. Non potrebbero, queste tribù di Negrito, formare la linea d'unione tra Ulotrichi orientali e occidentali? E si estesero esse su tutto l'arcipelago tra Asia e Australia? Ciò non è del tutto impossibile. Occorre però porre in chiaro il fatto che, se si prescinde dalla parte orientale, nelle isole dell'India Olandese non si trovano più resti di popolazioni dai capelli ricci. In quanto alla parte orientale, il carattere chiaramente negroide è dovuto ai Papuasi, che dal loro centro nella Nuova Guinea si sono diffusi verso ovest. Il loro influsso è fisicamente evidente nelle Molucche e nell'arcipelago di Timor. Ma le maggiori Isole della Sonda non hanno più traccia d'una razza negroide, neanche nelle loro regioni più interne.
Quali erano le caratteristiche fisiche di quei primi Malesi che presero possesso del loro territorio insulare? Non si sa, ma è probabile che i loro caratteri mongolici fossero pochissimi, se pure ne avevano; giacché tra la popolazione recente vi è un tipo che non Somiglia a quello mongolo, né a quello negro, ma, a parte il colore bruno carico, somiglia moltissimo ai Bianchi. Esso presenta un ortognatismo quasi perfetto, con labbra piuttosto sottili; naso prominente e non troppo largo, e una faccia la cui parte superiore è di modello assolutamente europeo, compresi le guance, gli occhi e la fronte. I capelli sono lisci o ondulati. Questo tipo s'incontra frequentemente nelle regioni dove non si sono ancora diffusi i "nuovi Malesi", i quali partecipano delle più elevate civiltà dell'Asia Orientale; vale a dire che questo tipo s'incontra specialmente nello strato etnico indicato sopra come Protomalese (Indonesiani, Nesioti, Premalesi). Il loro viso ricorda quello dei Polinesiani. Il tipo s'incontra non di rado a Sumba, una delle isole dell'arcipelago di Timor, nella quale i recenti influssi occidentali (mongolici) e orientali (papuasiani) sono giunti appena. L'antropologo olandese Ten Kate, che ha conosciuto personalmente tanto i Sumbanesi quanto i Polinesiani, ha trovato molte somiglianze. Il tipo emerge non solo nella parte orientale, ma anche in quella occidentale dell'arcipelago, specialmente in quelle isole minori dove le condizioni d'ambiente non hanno attirato colonizzatori stranieri. Ten Kate lo ha trovato nelle isole Mentawei e Kleiweg de Zwaan in Nias, isole situate tutte dinnanzi alla costa occidentale di Sumatra. Questa fisionomia di tipo caucasico che distingue tanto i Polinesiani quanto gl'Indonesiani, non è tuttavia l'unico elemento che caratterizza questi ultimi. Vi è tra essi anche un tipo rozzo, con prognatismo più o meno accentuato, labbra carnose, naso largo e schiacciato in una faccia larga anch'essa e corta. Si tratta forse d'un residuo dello strato vedda? Può darsi. Ten Kate, Kleiweg de Zwaan e anche Sarasin e Hagen sostengono l'esistenza del tipo vedda tra varie tribù malesi; ma essi non ammettono una relazione stretta nel senso che il tipo protomalese sia una modificazione del vedda. Hagen ha proposto una nuova razza, con capelli neri ondulati, euriprosopa e camerrina. Ma a tutti questi caratteri appartengono anche i Vedda? Nel suo elenco di tribù protomalesi egli include i Sakai di Malacca, i Toala e i Tomuna di Celebes; tribù che, secondo Martin e i Sarasin, stanno proprio a indicare una base veddaica. Forse questa "base" dei Vedda e questo rozzo elemento primitivo fra i Protomalesi sono la medesima cosa la quale, nel caso dei Vedda, si sarebbe specializzata in conseguenza dell'isolamento e dei matrimonî tra consanguinei. Inoltre i Vedda hanno subito maggiormente l'influsso di vicini Negroidi, mentre gl'Indonesiani hanno subito di più il contatto di Caucasici e Mongolici. Ci troviamo così condotti alla terza caratteristica dei Protomalesi: i loro lineamenti mongoloidi. Questi lineamenti si riscontrano dappertutto, anche se molto meno spesso che tra i Deuteromalesi e consistono in una tipica specie di faccia con zigomi alti, occhi non infossati, spesso obliqui e muniti di plica mongolica, naso non prominente, diritto, con ponte basso. di larghezza e lunghezza medie, ben tagliato. Un tale naso è infatti tipico dei Mongoli meridionali.
Consideriamo ora i nuovi Malesi o Deuteromalesi, come sono stati chiamati dai Sarasin. Ad essi appartengono le popolazioni note tra i viaggiatori come Malesi veri: Giavanesi, Balinesi, Malesi di Sumatra, Atjinesi, Makassaresi e Buginesi del sud-ovest di Celebes. È impossibile usare ancora in questi casi la parola tribù, perché si tratta di popolazioni che hanno raggiunto un grado piuttosto elevato. Fisicamente, essi recano l'impronta dei popoli asiatici, da cui mutuarono la maggior parte della loro civiltà. Di essi, una parte e cioè Giavanesi (specialmente quelli della regione occidentale di Giava, detti Sundanesi), Balinesi, Bugi e Makassaresi, Malesi dell'est e del sud di Sumatra, sono fortemente mongoloidi; un'altra parte mostra i lineamenti più caucasici degl'Indù e degli Arabi. Questa seconda parte comprende: Giavanesi (specialmente quelli del centro di Giava), Minang-Kabau della costa occidentale di Sumatra, Atjinesi. Qualità tipica dei Deuteromalesi, tra i quali bisogna annoverare anche molte tribù delle Filippine, è un'accentuata brachicefalia (indice cefalico dei Giavanesi, 85; dei Malesi di Sumatra, +82); i Protomalesi presentano maggiore tendenza alla dolicocefalia, sebbene la media dell'indice cefalico raramente discenda al disotto di quella della mesocefalia (indice cefalico dei Sumbanesi, 78; degli abitanti di Mentawei e di Nias, 78). I capelli sono tra piatti e lisci. I Deuteromalesi presentano aspetto mongoloide assai più chiaramente che non i Protomalesi. Sono presenti anche caratteri caucasoidi, ma questi si possono spiegare con gli Indù e con gli Arabi. Non mancano neppure rozzi lineamenti primitivi, il prognatismo non è raro e si trovano anche camerrinia ed euriprosopia. Nei Giavanesi è specialmente tipica una forte sporgenza delle labbra (procheilia) ed è questa conformazione della bocca che dà a molti Giavanesi un aspetto caratteristico. Questa procheilia è certamente più rara tra i Protomalesi.
La teoria secondo cui Protomalesi e Deuteromalesi si sarebbero irradiati dal continente asiatico, ristretti in due sole andate, è certo troppo ottimistica; più prudente è supporre parecchie ondate, perché nella popolazione malese non vi è omogeneità e le mescolanze straniere variano fortemente. Dando uno sguardo alla carta dell'Arcipelago Malese, troviamo i Deuteromalesi a Giava e a Bali; essi formano anche la massa principale della popolazione di Sumatra (Minang-Kabau, Atjinesi, Malesi di Palambang, Malesi di Deli); formano anche una parte della popolazione di Borneo, cioè i Daiaki. Molti dei Daiaki hanno un accentuato aspetto mongolico e indice cefalico 80-82. Nell'interno dell'isola, tuttavia, sono state trovate tribù con indice cefalico 75, le quali vengono messe tra i Protomalesi. Qualcosa di simile avviene per le Filippine, dove si trovano tribù deuteromalesi chiaramente mongoloidi, accanto a tribù protomalesi (Sullivan). Il medesimo si verifica a Celebes. I Menadonesi fortemente mongoloidi del nord (indice cefalico 82) possono essere considerati deuteromalesi, mentre i Toradja sono posti fra i Protomalesi nonostante la loro brachicefalia (indice cefalico +82). Tra i più tipici Protomalesi sono i Bataki all'interno della regione settentrionale di Sumatra (indice cefalico 77), e i già più volte menzionati abitanti di Mentawei, di Nias e di Sumba. Palese inoltre è l'elemento protomalese in tutto l'arcipelago di Timor, ma ad est di Sumba esso è evidentemente mescolato con sangue papuasieo. Lo stesso si dica per le Molucche, nelle quali peraltro vi è forte influsso d'elemento deuteromalese, dovuto alla primitiva colonizzazione malese e giavanese di queste isole. L'indice cefalico degli Ambonesi è 80; degli abitanti di Almaheira 77-82. Infine si può osservare che gli abitanti dei piccoli arcipelaghi dell'Oceano Indiano sono d'aspetto malese e che persino gli Hova, popolazione della costa orientale del Madagascar, sono in parte d'origine malese.
Storia.
Intorno alla storia primitiva dei Malesi regna la stessa incertezza che avvolge l'origine del loro nome.
Si è voluto dedurre quel nome da "Malaya", regione e gruppo di montagne nella parte meridionale dell'India Anteriore; ma non si ha alcuna notizia di rapporti intercorsi fra tale regione e i Malesi. Così generalmente si deriva il nome da Malayu, che dal sec. VII in poi si trova in documenti come appartenente a una località di Sumatra. Fu prima il nome dell'odierno Djambi, più tardi quello di un regno assai più esteso nel centro dell'isola.
La tradizione malese collega sia la venuta dei primi uomini nelle isole, sia quella dei primi regnanti malesi alla discesa dal cielo di un discendente di Alessandro Magno sul monte di Sigunsang-Mahameru (monte individuato tanto negli altipiani di Padang, quanto anche nelle vicinanze di Palembang). In tutti questi casi l'egemonia di Sumatra durante il Medioevo fece sì che si volle stabilire l'origine del popolo malese in quell'isola; ma le ricerche archeologiche e antropologiche hanno accertato che tale origine va cercata nell'odierna Indocina e nella Cina Meridionale, senza escludere che in un passato ancora più remoto gli avi dei Malesi potessero avere abitato anche territorî situati più all'interno del continente.
Ancora nellD stadio della civiltà della pietra gli Austronesi da qtielle regioni si sono mossi principalmente attraverso la Penisola Malese verso le isole dell'arcipelago: e ciò a varî scaglioni, il primo dei quali risale probabilmente al 2000 a. C. Questi Protomalesi si trovano in tutto l'Arcipelago, anche nelle Filippine e fino a Formosa. Generalmente essi hanno espulso e assorbito la popolazione autoctona. Dopo loro vennero i veri Malesi, già nella fase della civiltà del bronzo, e che anche sotto altri riguardi erano in possesso di una civiltà superiore. Mossi anch'essi dall'Indocina, si stabilirono nella Penisola Malese, in Sumatra, in Giava, in parte delle piccole Isole della Sonda; tutte regioni di cui ora formano la stragrande maggioranza della popolazione. Più a oriente, presero bensì possesso delle coste, ma i Protomalesi, per quanto isolati dal mare, sono rimasti padroni dell'interno delle isole. I Malesi nuovi, nella Penisola, in Sumatra, Giava, Bali e in qualche regione costiera hanno subito l'influsso della civiltà indù, portata fra loro dai commercianti dell'India dal sec. I dell'era nostra in poi.
Questi Malesi induizzati per primi pervennero a costituire veri stati politicamente organizzati, con i quali comincia la vera storia e anche la storia della civiltà malese. E colpisce il fatto che la civiltà di Giava e Bali mostra immediatamente un carattere suo proprio, distinto da quella dei Malesi in senso stretto (cioè gli abitanti di Sumatra, della penisola e delle isolette circonvicine).
Nelle terre malesi troviamo gli staterelli indù-malesi dal secolo IV d. C. in poi, prima nella costa orientale del Borneo (Kutei), in Giava occidentale, nella penisola, di frontè all'isoletta di Pinang e presso l'odierno Kĕdah; poco dopo anche nell'isola di Bali e in Sumatra, ove il regno di Malayu (Djambi) nel sec. VII viene superato da quello di Śrivijaya che presto si sviluppò a grande potenza marittima (v. giava; indonesia; sumatra).
Nel sec. XI il regno di Giava comincia a conquistare l'egemonia nella parte orientale dell'arcipelago, mentre l'occidente e la penisola rimangono a Śrivijava; dalla fine del sec. XII Śrivijaya perde rapidamente terreno e deve cedere il suo posto a una nuova Malaya, che non è se non un posto avanzato dell'influsso giavanese, e che accresce sempre più la propria influenza su Sumatra, stabilendosi pure sulla penisola. Nel sec. XIV il regno giavanese di Madreapahit è onnipotente nell'arcipelago e nel sud della penisola; la parte nord di questa invece passa al nuovo stato di Siam.
La penetrazione dell'islām e un progressivo indebolimento causano la fine del potentissimo regno di Madjapahit nel sec. XV e alla fine di quel secolo il mondo malese ha un aspetto del tutto nuovo, anche per l'importanza sempre crescente del commercio delle spezie e della navigazione sull'India Anteriore.
Nell'occidente sembra dapprima che Pasè, sulla costa settentrionale di Sumatra, sia destinato a divenire il grande emporio commerciale; ma poi si sviluppa con grande rapidità Malacca, divenuta ben presto un centro di propaganda per l'islām. Sulla costa occidentale del Borneo, centro importante diviene Brunai; nel sud di quest'isola, Bandjarmasin, che ancora per molto tempo rimane sotto l'influsso culturale di Giava. Nello stato giavanese di Dĕmak, poco unitario, i porti hanno un'esistenza quasi indipendente, specialmente Grĕsik, che viene presto superato da Soerabaja; in Giava occidentale si sviluppa indipendentemente Bantam, predestinata per la sua situazione a un grande avvenire e avvantaggiata dal fatto che Palembang, l'antica capitale di Śrivijaya, è del tutto decaduta e ridotta un covo di pirati.
La venuta dei Portoghesi e la loro conquista. di Malacca nel 1511 coincide su per giù con la formazione in Sumatra del nuovo e forte regno, profondamente maomettano, di Atjeh: questo regno presto copre il nord, l'ovest e pajialmente l'est di Sumatra (v. sumatra); solo il fatto che i sultani cacciati dalla Penisola di Malacca fondano un nuovo regno a Johore, nella penisola, ne impedisce l'ulteriore accrescimento. La storia dell'occidente nel sec. XVl è quella della concorrenza di Atjeh, Johore e i Portoghesi di Malacca, a scapito di tutt'e tre, che nel sec. XVII si mostreranno incapaci di affrontare gli Olandesi.
A Giava Bantam è per ora il grande emporio, finché la città di Batavia, fondazione olandese, ne segnerà la fine. Già prima è stato distrutto il commercio di Giava orientale, avendo messo fine all'indipendenza dei porti, per ultimo a quella di Soerabaja, il nuovo e forte stato di Mataram, formatosi verso la fine del sec. XVI.
Nell'oriente dell'arcipelago le Molucche con le loro spezie costituiscono il centro di convergenza dei varî interessi, e i tentativi dei Portoghesi di stabilirvisi portano al fiorire di un nuovo. stato in Celebes, il regno di Makassar, che si arricchisce col commercio delle spezie provenienti dai porti ove i Portoghesi sono impotenti a imporre il loro sistema monopolistico.
Perfino Ternate, capitale delle Molucche, riesce per un breve periodo a liberarsi dai Portoghesi, ma solo per doversi piegare al principio del sec. XVII di nuovo prima sotto il dominio spagnolo, poi sotto quello olandese. Pure gli Olandesi pongono fine all'indipendenza di Makassar.
Mentre gli spagnoli dal 1565 in poi nmangono per tre secoli in possesso delle Filippine, il resto del mondo malese, cioè la penisola e l'arcipelago, coll'andare dei tempi riconosce la supremazia olandese (v. indie olandesi).
Bibl.: G. Ferrand, Malaka, le Malāyu et Malāyur, in Journal asiatique, 1918 (con ampie citazioni dalla letteratura precedente); id., Le K'ouen louen, Parigi 1919; Rouffaer, Was Malajhka emporium, in Bijdragen van het Kon. Inst., LXXVII (1921); Winstedt, Malaya, 1923; Colenbrander, Koloniale geschiedenis, 1925-26; N. J. Krom, Hindoe Javaansche geschiedenis, 1931; Heine-Geldern, in Anthropos, XXVII (1932).
Lingua e letteratura.
Lingua. - La lingua malese, e cioè il malese puro, in contrapposto al malese commerciale (v. sotto), è parlata nella Penisola di Malacca, nell'arcipelago Riau-Lingga e sulla costa orientale di Sumatra.
Il malese appartiene alla famiglia linguistica maleo-polinesiaca, chiamata anche austronesica, e precisamente al gruppo indonesico. Le lingue ad essa più strettamente affini sono il sĕraway, il bĕsĕmah, il minankabau. Le prime due sono così vicine al malese, che si possono considerare come suoi dialetti; al contrario, il minankabau è una lingua indipendente. Una differenza specialmente chiara è il trattamento dell'a finale originaria: nel malese resta invariata, nel bĕsĕmah diventa ĕ, nel sĕraway aw, nel minankabau o; l'originario mata "occhio" resta mata nel malese, e diventa matĕ nel bĕsĕmah, mataw nel sĕraway e mato nel minankabau.
Il vocabolario malese ha conservato un gran numero di parole comuni a tutto il maleo-polinesiaco. Così laṅit "cielo", mata "occhio", anaq "figlio"; invece le parole comuni al maleo-polinesiaco per "padre" e "madre", ama e ina, sono andate perdute e sostituite con bapa e ibu. Il malese ha una considerevole quantità di parole prese a prestito da diverse lingue, specialmente dall'antico indiano (agama, "culto"), dall'arabo (sĕnen "lunedì"), dal persiano (aṅgur "vino"), dal portoghese (minçu "domenica"), dall'olandese (sĕkoci "piccolo bastimento'"). Le parole arabe e olandesi sono spesso difficili per i Malesi, che le hanno fortemente modificate, come sĕnen e sĕkoci: la nrima è l'arabo ithnain, la seconda l'olandese schuitje: Molte lingue vicine al malese hanno accanto alla lingua ordinaria, una "lingua di cortesia" e una "lingua di corte"; il malese ha fatto soltanto un primo passo in questa direzione, in quanto alcune parole si usano solamente parlando di regnanti, come santap invece dell'usuale makan "mangiare".
Il sistema fonetico del malese comprende i seguenti suoni: q; k g n; e j ñ; t d n; p b m; y r l w; s; h; a ĕ i u e o. q è l'esplosiva glottica, c j ñ rappresentano la serie palatale; e la vocale indistinta, comunemente chiamata pĕpĕt. Le due principali leggi fonetiche delle lingue maleo-polinesiache agiscono nel seguente modo: l'r, che è sottoposta alla legge R G H, nel malese resta, mentre in tagal diventa g e nel daiako h; quindi malese urat "radice, vena", ma tagal ogat e daiako uhat; il pĕpĕt originale, che nel giavanese è conservato invariato, rimane nel malese nella penultima sillaba, ma diventa a se è nell'ultima: giavanese tĕkĕn "bastone", malese tĕkan.
L'accento nel malese, come in molte lingue maleo-polinesiache, cade sulla penultima sillaba, tranne se questa ha un pĕpĕt, come tĕkam nel quale caso si accentua l'ultima; tuttavia certe regioni del territorio linguistico malese accentuano sempre l'ultima sillaba.
La maggior parte delle parole malesi sono polisillabiche, e nella loro forma fondamentale per lo più bisillabiche: p. es., rumah "casa", putih bianco", tahu "sapere"; monosillabiche sono alcune particelle; tuttavia esistono un paio di sostantivi monosillabici, come laṅ "sparviere", che però è anche pronunziato ëla.ṅ.
Riguardo alla morfologia, le parole possono avere derivati per mezzo di prefissi e suffissi; da minum "bere" è derivato minuman "bevanda". Il malese ha un numero limitato di tali elementi formativi, molto inferiore a quello delle lingue filippine, ma superiore a quello, p. es., del biman.
I sostantivi sono o parole semplici, come le già nominate rumah, tĕkan, o derivate per mezzo delle sillabe formmtive pĕ-, ka-, -an: tingi "alto", pĕtingi "capo"; handaq "volere", kanandaq "voglia" anaq "bambino", anakan "bambola"; ada "esistere", kaadaan "esistenza". Queste tre sillabe formative si trovano in moltissime lingue maleo-polinesiache.
La declinazione avviene nel maggiore numero di lingue maleo-polinesiache per mezzo di articoli e preposizioni, come in italiano. Il malese non ha articolo e anche la diffusissima preposizione ni o n, corrispondente all'italiano "di", gli manca. Il genitivo è indicato posponendo il nome retto: anaq "figlio", raja "re": anaq raja "il figlio del re".
Dei verbi malesi, alcuni sono parole semplici come dataṅ "venire", pĕrgi "andare"; ma tali verbi sono in minoranza. Nel maggior numero dei casi, il verbo assume il prefisso mĕ-: "vedere" non si dice lihat, ma mĕlihat. Molti verbi invece del prefisso mĕ- hanno brr-, p. es. bĕrdiri "stare". Il prefisso me- o ma-, mi-, ecc., è diffuso nelle lingue maleo-polinesiache; ber- o bar- è più raro. Il malese ha anche prefissi per il passivo, p. es. di-: mĕlihat "vedere": dilihat "essere veduto".
I numerali per "dieci", "cento", "mille" sono quelli comuni a tutto il maleo-polinesiaco: puluh, ratus, ribu; invece i numerali da "uno "a "dieci" presentano in malese diverse innovazioni. La forma comune maleo-polinesiaca per "sette" è pitu: l'antico giavanese la conserva invariata, il hova l'ha trasformato in fitu, il maori in whitu; ilmalese l'ha perduto e sostituito con tujuh. I munerali si uniscono ai sostantivi come in italiano: tiga "tre", tiga tahun "tre anni", ma se il sostantivo indica cose concrete, si deve fare precedere da una parola ausiliare. La parola ausiliare per contare case è atap "tetto"; "tre case" non si dice tiga rumah, ma rumah atap tiga.
Il raddoppiamento ha in malese largo uso; esso può esprimere cose assai diverse: kayu "albero", kayuan "gruppo d'alberi", kayu-kayuan "un gruppo di alberi svariati"; mata "occhio", mata-mata "spione"; mula "l'inizio" mula-mula "in principio"; endah "bello", endah-endtih "bellissimo"; bĕrsem "chiamare", bĕrsĕm-sĕm "chiamare dappertutto".
Circa la storia del malese, i più antichi manoscritti risalgono al sec. XVI. Anteriori a questa data sono certe iscrizioni. Sono assai poche, ma sono le più antiche di tutto il territorio maleo-polinesiaco, risalendo sino al sec. VII d. C. Cosa notevolissima, la lingua di queste iscrizioni differisce pochissimo dall'odierna. Il bambù è chiamato oggi in malese buluh o aur, parole che nelle iscrizioni sono scritte wuluh e haur.
Il malese commerciale. - Dal malese puro è derivato il malese commerciale, usato in parecchie località dell'arcipelago. Esso è una semplificazione del vero malese e quindi s'impara facilmente.
Per es., in esso è stato soppresso il complicato metodo di numerazione sopra descritto; non si dice rumah atap tiga, ma tiga rumah "tre case".
Le scritture. - Le iscrizioni suaccennate sono in un alfabeto d'origine indiana. Con l'islamismo i Malesi adottarono l'alfabeto arabico, verso il 1300. Il malese ha suoni, consonanti e vocali, per i quali mancano nell'alfabeto arabico i segni; per le consonanti, i Malesi si sono tratti d'impiccio modificando i segni arabici; per le vocali, non è loro venuto in mente di ricorrere allo stesso rimedio e quindi la scrittura delle vocali è assai manchevole: per es., buruṅ "uccello" e boroṅ "all'ingrosso" si scrivono nello stesso modo. Oggi l'alfabeto latino va guadagnando terreno a poco a poco.
La letteratura. - La poesia comprende epica, lirica e drammatica. Della maggior parte delle opere ignoriamo l'autore e la data di composizione. I poemi epici sono chiamati con nome arabo shair; i più importanti sono lo Shair Ken Tambuhan e lo Shair Bidasari, così chiamati dal nome delle protagoniste, due principesse. Sono due storie d'amore, la prima delle quali finisce tragicamente, mentre la seconda ha lieto fine. Nella prima la morte degli amanti è narrata con molta arte, in maniera assai commovente; nella seconda si trova un motivo folkloristico assai interessante: la credenza che si possa cavare fuori da una persona il suo spirito vitale e metterlo in luogo sicuro, per tutelarne la vita.
Il primo posto fra le poesie liriche occupano i pantun: in quanto al contenuto, essi abbracciano tutto quello che si può esprimere liricamente nella forma più concisa; per lo più essi sono però effusioni d'amore. Il pantun ha quattro versi, distinti in due parti. ll contenuto essenziale è nella seconda parte: la prima metà è destinata a un'immagine, per lo più desunta dalla natura, che prepara la seconda parte; spesso la connessione tra le due metà è poco chiara. Accanto a questo tipo di poesia, va menzionato il gurindam, un detto che racchiude la sapienza della vita. Il gurindam è in forma distica; il primo verso si riferisce alla causa, il secondo alla conseguenza.
Il dramma dei Malesi ha scarsa importanza; esso non è se non un'imitazione del wayang giavanese, cioè una rappresentazione di marionette. La materia ne è tolta generalmente dalla Hikayat Sĕri Rama (v. sotto), talvolta anche dagli shair già accennati.
La prosa comprende romanzi, cronache, trattati morali, raccolte di leggi e traduzioni. Tra i romanzi, chiamati con voce araba hikayat, va citato in primissima linea la Hikayat Hang Tuwah, certamente la migliore opera di tutta la letteratura malese. È un antico romanzo storico, che dipinge la civiltà malese, e specialmente la vita di corte nel periodo immediatamente anteriore all'arrivo degli Europei nell'arcipelago, con stile vivo e colorito. Il protagonista, Hang Tuwah, è ritratto splendidamente; ma anche diverse figure secondarie, come il gran visir e il traditore Iĕbat sono egregiamente disegnati. Efficace artisticamente e avvincente è il punto centrale del romanzo, la scena in cui Hang Tuwah innocente cade in disgrazia, ma rendendo bene per male, salva più tardi il re in grandissimo pericolo. È verosimile che Hang Tuwah e molti fatti di lui narrati appartengano alla storia.
La principale opera storica è la Sĕjarah Mĕlayŭ "Cronaca malese": essa narra la storia dei Malesi dai tempi più remoti alla conquista portoghese di Malacca. Sono importanti il racconto dell'emigrazione d'una parte della popolazione di Sumatra nella Penisola di Malacca (mĕlayu o malayŭ significa in parecchie lingue indonesiche "emigrare"), la fondazione di Malacca, città e stato, l'ascesa della potenza malese e lo sfacelo finale. I fatti storici sono frammisti a una quantità di leggende: fra l'altro si racconta come la città di Malacca fu assalita dai pesci spada. Tra gli scritti morali va citata la Makota sĕgala Raja "Corona dei Re". Il Medioevo europeo avrebbe chiamato una tale opera "Specchio dei principi"; il libro impartisce saggi insegnamenti a regnanti, cortigiani e sudditi. La "Corona dei re" non è originale, ma messa insieme da un gran numero di opere arabe e persiane. I Malesi possiedono varie raccolte di leggi, chiamate Undang-Undang.
Tra le opere non originali sono la storia di Rama e quella dei cinque Pandawa, che rifanno in prosa la prima il Rāmāyana e la seconda, abbreviandolo, il Mahābhārata. Il popolo conosce molte favole, proverbî e indovinelli. I proverbî si distinguono per la loro laconicità, per es. mĕnurut hati mati "seguire passione morto" cioè "lasciarsi trasportare dalle passioni conduce alla tomba".
La metrica. - I Malesi hanno un solo tipo di versi; esso consiste di quattro arsi, o, che vale lo sìesso, di quattro parole non monosillabiche; i pochi monosillabi, come le preposizioni di "in", ka "verso", non vengono contati e del resto si appoggiano procliticamente o encliticamente alle parole alle quali si riferiscono. Il verso ha la rima, spesso bisillabica: hati mati; però l'uguaglianza dell'ultima sillaba è sufficiente: così, p. es., bĕsar "grande" e kasar "grasso" rimano. Anche la semplice concordanza della vocale dell'ultima sillaba vale come rima: intan "gemma", hitam "nero"; però questa varietà è rara e da considerarsi come difettosa. Vi sono tre tipi di strofe: 1. del gurindam di due versi rimati; 2. dello shair di quattro versi monorimi; 3. del pantun, pure di quattro versi, ma a rime incrociate.
Bibl.: H. C. Klinkert, Maleisch-Nederduitsch Woordenboek, Leida 1916; R. J. Wilkinson, Malay-English dictionary, Singapore s. a.; H. C. Klinkert, Nederduitsch-Maleisch Woordenboek, Leida 1901; Ph. S. van Ronkel, Maleisch Woordenboek, Gonda 1926 (malese-olandese e olandese-malese, più conciso degli altri già citati, ma molto comodo); Gerth van Wijk, Spraakleer der maleische taal, Batavia 1909; R. O. Winstedt, MalayGrammar, Oxford 1913; J. Rijnenberg, Spreekt gij Maleisch?, 6ª ed., Leida s. a. (buon manuale del malese del commercio); R. J. Wilkinson, R. O. Winstedt e altri, Papers on Malay subjects, Kuata Lumpur 1907-21.
Arte.
L'arte malese si è sviluppata sotto l'influenza diretta della cultura indiana, specie nell'architettura e nella scultura, ma anche nel bronzo e nei metalli preziosi: essa perciò porta a ragione ì nomi di indù-giavanese, indù-sumatrana, indù-balinese secondo i casi; anche l'arte di Campa nell'Indocina appartiene allo stesso indirizzo. Insignificante fu su essa l'influenza dell'Islām: la stessa archltettura musulmana dei Malesi non ha nessun monumento importantc. È un'arte applicata soprattutto a decorare oggetti d'uso.
Due delle espressioni più alte dell'arte malese sono rimaste quagi circoscritte a Giava. L'una è la mirabile arte del batik, l'altra è il teatro delle ombre o wayaṅpurwa (v. giava: Letteratura) con le "marionette" di cuoio superbamente lavorate, teatro introdotto dagli Indù, ma che prese a Giava e a Bali uno sviluppo originale e grandissimo.
Originariamente malese è senza dubbio l'arte del fabbro, nella quale specialmente eccellono i Daiaki di Borneo. Nelle regioni dove i Malesi sono stati in contatti frequenti con popoli stranieri, l'arte del fabbro è specialmente arte di fare delle armi, e in primo luogo l'arma nazionale, il kriss con le sue molteplici e ben prescritte forme e ornamentazioni. La lavorazione dei metalli preziosi spesso deriva da antiche tradizioni indù. Malese e di grande importanza è la lavorazione artistica dell'ottone, p. es. nel nord e nel centro di Sumatra, e nell'est di Giava. Servizî per il sirih sono tra i prodotti più belli; anche le lampade delle moschee e ancor più quelle per il teatro delle ombre a forma di uccello mitologico meritano menzione.
Un altro avanzo di grande e tradizionale abilità artistica troviamo nella scultura che dall'estremo ovest (Nias) fino all'estremo est dell'arcipelago orna tombe, troni, sedie, luoghi per sacrifizi, ecc. Si hanno anche statue degli antenati, in pietra, ma generalmente vengono intagliate in legno. La lavorazione del legno per ornare le abitazioni è originale e raggiunge grandi finezze, in specie nei paesi Batak, a Palembang e nel centro di Giava, dove gli intagliatori usano volentieri anche motivi introdotti dagli Indù. La costruzione delle case, adesso in talune regioni europeizzata, in altre non ha cambiato; la forma ne è tonda o rettangolare. Specie la decorazione nel senso stretto della parola rivela il sentimento artistico comune fra i Malesi. Hanno valore d'arte persino gl'indumenti che provengono da regioni dove nemmeno si conosce la tessitura e le vesti vengono fabbricate con scorze d'albero battute e poi dipinte, p. es. nell'interno di Celebes e di Halmahera. Nella tessitura i Malesi sono maestri. Le forme e gli stupendi colori che ornano i loro tessuti, in tutti i punti dell'arcipelago dove l'introduzione di tessuti europei o giapponesi non ha fatto declinare l'arte, sono mirabili. Le isole del gruppo di Timor in questo campo primeggiano sopra le altre.
Un'ornamentazione originale si trova anche nelle scatole e nei bambù intagliati di figurine. La lavorazione più fine - si tratta di un'arte sottile e difficile, specie considerando gli strumenti primitivi - si trova nelle piccole Isole della Sonda e tra i Daiaki. Le isole orientali (isole Kei) producono vasellame originale di terracotta con forme interessanti e pittura policroma.
Bibl.: Tra le molte opere sull'argomento quelle di E. Modigliani, Un viaggio a Nias, Milano 1890; Fra i Batacchi indipendenti, Roma 1892; L'isola delle donne, viaggio ad Engano, Milano 1894, meritano di essere ricordate con onore. Vedi inoltre: A. R. Hein, Die bildenden Künste bei den Dayaks auf Borneo, Vienna 1890; Kurkenthal, Im Malayischen Archipel (1896); A. W. Nieuwenhuis, Quer durch Borneo, Leida 1904. La pubblicazione più esauriente è: Jaspar e Pirugadie, Die inlandsche kunstnijverheid in Nederlandsch-Indië (in corso di stampa; il vol. I uscì nel 1912); Loeber, Geillustreerde beschrijvingen van Indische kunstnjiverheid (8 volumetti sino al 1916); Rouffaer, Beeldende kunst in Nederlandsch Indië, 1932 (con bibl.).