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MALI

di Pasquale Coppola, Salvatore Bono - Enciclopedia Italiana - IV Appendice (1979)
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MALI (App. III, 11, p. 21)

Pasquale Coppola
Salvatore Bono

Stato (1.240.142 km2 con 6.035.272 ab. nel 1976; cap. Bamako) dell'Africa occidentale, indipendente dal 1960. Il M., che faceva parte in precedenza del Sudan francese, dopo essere stato governato per i primi otto anni postcoloniali dal regime di Modibo Keita, è retto attualmente da un Comitato di liberazione nazionale interamente composto di militari che hanno rovesciato il governo di M. Keita il 19 novembre 1968. Secondo il dettato della Costituzione, approvata il 2 giugno 1974, il Comitato si è riservato di fissare libere elezioni nel 1979. Il territorio nazionale è stato suddiviso in 6 regioni. La densità media è di 4,9 abitanti per km2; tale valore però è poco indicativo, poiché la popolazione è distribuita in modo molto irregolare all'interno del paese. Le regioni settentrionali, comprese nell'area desertica del Sahara, sono quasi completamente spopolate; i quattro quinti degli abitanti si concentrano così nelle regioni meridionali: in particolare a occidente, lungo l'alto corso del Senegal, e a oriente, nella media valle del Niger, dove i suoli sono piuttosto fertili e le comunicazioni sono facilitate dalla disponibilità di vie fluviali, il cui uso è però limitato a piccole imbarcazioni nel periodo delle piogge.

Il quadro etnografico al 1973 risultava così composto: 1.700.000 Bambara, 480.000 Fulbe, 260.000 Songhai, 340.000 Sénufo, 340.000 Mossi e 470.000 Sarakole, tutti del ceppo delle tribù sudanesi. Fortemente ridimensionate sono le comunità straniere (circa 7500 europei vivono attualmente nel M.), che viceversa apparivano piuttosto consistenti all'epoca della dominazione francese. Una notevole frammentazione linguistica appare come corollario della complessità etnica; pur rimanendo la lingua francese quella ufficiale, molto diffusi appaiono in particolare i dialetti mandé, tra i quali il più comune è il bambaro, parlato soprattutto dai commercianti itineranti (i cosiddetti dioula). La religione musulmana, in continua espansione, è professata dalla maggioranza della popolazione (circa il 76%); si conta ancora un 20% di animisti, mentre le comunità cattoliche e protestanti, da parte loro, raggruppano insieme appena un 2-3% di adepti. Il M., come del resto gli altri paesi africani senza sbocco al mare, non dispone di una vera e propria rete urbana, in quanto i suoi abitanti sono dediti nella quasi totalità (oltre il 90%) ad attività rurali (agricoltura e pastorizia) e abitano in modesti villaggi. Le poche città hanno pertanto importanza più per le loro antiche tradizioni storiche e commerciali che per il numero degli abitanti. Bamako, la capitale, con i suoi 240.000 ab. nel 1973 è la più popolata: essa svolge una funzione commerciale, grazie alla sua posizione nodale lungo la ferrovia Dakar-Niger; Kayes (37.000 ab.), Mopti (43.000 ab.), Ségou (40.000 ab.), Sikasso (29.000 ab.) svolgono da parte loro un ruolo di primaria importanza negli scambi lungo la direttrice commerciale Nord-Sud, cioè tra il Sahara e i paesi del golfo di Guinea. Un cenno a parte merita Tombouctou (12.000 ab.), che fu in passato un famoso centro carovaniero e importante mercato di schiavi. Di fronte a queste località, che hanno visto crescere dalla data dell'indipendenza la loro consistenza demografica, stanno una serie di minuscoli villaggi, soprattutto nelle regioni centrali, i quali soffrono un perdurante decremento demografico a causa della limitatezza delle risorse disponibili; le correnti migratorie portano annualmente circa 25-30.000 persone ad abbandonare le terre meno favorite per cercare i mezzi di sostentamento nelle piantagioni della Costa d'Avorio o del Ghana.

La vita economica del M. è fortemente condizionata dalla posizione geografica, che lo priva di contatti facili e redditizi. La sua povertà, oltre a dipendere dalla quasi completa inesistenza di risorse del sottosuolo e di fonti energetiche, è legata al fatto che ancor oggi appena il 20% della superficie è coltivabile; in particolare l'arativo occupa appena il 9% del territorio. Si coltivano cotone (370.000 q di semi e 240.000 q di fibra nel 1975), miglio (7.000.000 di q), arachidi (1.200.000 q), riso (900.000 q). Nel complesso l'agricoltura è condotta con tecniche arcaiche e la quasi totalità dei suoi prodotti è destinata al consumo interno. Le foreste sono poco estese (3,6% del territorio); se ne ricava legname e gomma arabica, che viene esportata. Consistente è la superficie occupata da pascoli (24% del territorio): sono allevati bovini (3,9 milioni di capi nel 1975), ovini (4 milioni di capi) e caprini (3,8 milioni), dromedari (160.000 capi). Circa il 25% del bestiame allevato è esportato verso i paesi limitrofi. La pesca, attività di antiche tradizioni, è praticata lungo il corso del Niger e nei numerosi laghi: i maggiori centri pescherecci sono Ségou e Gao, dove confluisce oltre il 90% del pesce catturato (100.000 t nel 1975); una quarta parte dei prodotti ittici è esportata, dopo essere stata affumicata o seccata, verso i paesi finitimi.

Nel M. non esiste una struttura industriale, anche se al settore è stata rivolta una particolare attenzione dal 1964, data in cui è stato redatto un apposito piano di sviluppo: attualmente le poche iniziative sono tutte collegate all'allevamento del bestiame e alla pesca.

Bibl.: A. Sillery, Africa, Londra 1961; R. J. Harrison Church, Environment and policies in West Africa, Princeton 1963; P. Brasseur, Bibliographie générale du mali, Dakar 1964; R. Adloff, West Africa yesterday and today, New York 1964; A. T. Grove, Africa-South of the Sahara, Oxford 1967; A. Birò, Mali: realism, rather than pursuit of chimeras, Ceres, FAO Rev., 1969; C. Meillasoux, Urbanization of an African community. Voluntary associations in Bamako, Seattle 1969; P. Gourou, L'Afrique, Parigi 1970; A. Seck, A. Mondjannagni, L'Africa Occidentale, Milano 1970; M. B. Gleare, An economic geography of West Africa, Londra 1971.

Storia. - A partire dalla rottura della federazione con il Senegal, la repubblica del M. (presidente M. Keita, leader dell'Union Soudanaise, US) venne caratterizzandosi come progressista, in politica interna per le scelte di accentuata socializzazione, in politica estera per l'allentamento dei rapporti con la Francia (nel 1961 vennero ritirate le basi militari e nel 1962 il M. uscì dall'area del franco), per l'apertura di relazioni diplomatiche e l'avvio di accordi di cooperazione tecnico-economica anche con paesi socialisti, per l'adesione al gruppo di Casablanca (gli stati della cosiddetta Africa rivoluzionaria). Il governo di M. Keita assunse ben presto carattere autoritario e repressivo; nel 1962 furono arrestati i principali esponenti dell'opposizione; alle elezioni del 1964 non fu ammesso altro partito che l'US. Le difficoltà economiche indebolirono la posizione di M. Keita, che nel 1966 (quando il M. rientrò nell'area del franco) sostituì alcuni ministri di sinistra con elementi tecnici e nel 1967 sciolse l'Ufficio politico dell'US, mentre lanciava una campagna contro la corruzione. La politica di austerità suscitò crescente malcontento nella burocrazia, mentre l'esercito si risentì per la creazione di una milizia popolare e il 19 novembre 1968 (in gennaio era stata sciolta l'Assemblea nazionale) destituì il presidente Keita.

Sospesa la costituzione e sciolti i sindacati, il Comitato militare di liberazione nazionale, presieduto dal col. M. Traoré, ha avviato una politica reazionaria (nell'ottobre 1970 furono arrestati molti esponenti dell'Unione nazionale lavoratori del M., costituita nel dicembre 1969); il cap. Y. Diajité, oppostosi a Traoré in seno al Comitato militare, fu arrestato nel marzo 1971 ed è morto in prigionia. Un sostanziale riavvicinamento alla Francia è attestato dalla visita di Traoré in Francia (aprile 1972) e dal rinnovo degli accordi di cooperazione (gennaio 1973); il M. ha peraltro proseguito la cooperazione con l'URSS e con la Cina, mentre si è avvicinato ai paesi arabi. Nel giugno 1974 un referendum ha approvato una nuova costituzione; fra il 1975 e il 1977, con la liberazione di prigionieri politici e la ricostituzione di un partito (Unione Democratica del Popolo del M., UDPM), il governo ha cercato di ripristinare la normalità.

Bibl.: W. J. Foltz, From French West Africa to the Mali Federation, New Haven 1965; M. S. Sy, Recherches sur l'exercise du pouvoir politique en Afrique noire (Côte d'Ivoire, Guinée, Mali), Parigi 1965; A. Caioli, Esperienze politiche africane, La Federazione del Mali, Milano 1966; N. S. Hopkins, Socialism and social change in rural Mali, in The Journal of modern African studies, 1969, pp. 457-68; E. Jouve, La République du Mali, Parigi 1971; D.

G. Lavrof, La nouvelle Constitution du Mali, in Revue juridique et politique, 1975, pp. 191-210.

Vedi anche
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