MALLES VENOSTA
(ted. Mals im Vinschgau)
Cittadina dell'Alto Adige, situata in alta val Venosta (prov. Bolzano).La straordinaria importanza strategica di M. fu dovuta alla sua posizione, punto di incontro di alcune vallate alpine tra le più importanti per le comunicazioni tra l'Europa centrale e l'Italia settentrionale, e stazione già in epoca romana lungo la via Giulia Augusta.Tra le chiese di M., la parrocchiale dedicata all'Assunta è documentata nel 1201, ma in seguito venne più volte rimaneggiata; la chiesa di S. Michele conserva oggi soltanto le fondazioni romaniche; quella di S. Giovanni, ricordata nel 1274 e parzialmente distrutta nel 1799, possiede ancora una testina in marmo bianco del 1200 ca., murata sopra il portale, e il campanile di forme romanico-lombarde (secc. 12°-13°); un'analoga torre campanaria, innalzata in conci regolari su tre ordini sovrapposti di monofore, bifore e trifore, affianca anche la chiesa di S. Martino, che venne rimaneggiata intorno al 1447. Tipologicamente simile ai precedenti è il campanile della chiesa di S. Benedetto, posta ai margini dell'abitato.Quest'ultima, di origine altomedievale, viene nominata per la prima volta in un documento non databile con precisione ma dovuto al vescovo Egnone di Coira (1163-1170), che la assegnò alla vicina abbazia svizzera di St. Johann a Müstair nei Grigioni, alla quale venne definitivamente accorpata nel 1294. L'edificio altomedievale nel corso del sec. 13° subì un importante quanto singolare intervento di restauro, a scopo conservativo, riguardante il rivestimento murario; sostanziali, ulteriori modifiche si ebbero nella seconda metà del Seicento, dopo il crollo dell'angolo sudoccidentale; nel corso del Novecento (1915; 1962-1963) l'edificio fu oggetto infine di altri restauri.Ad aula unica con tre nicchie ricavate nello spessore del muro orientale, di cui quella centrale più ampia, S. Benedetto mostra una pianta affine a quella della distrutta S. Maria d'Aurona (740) a Milano e pertanto trova una probabile datazione nella prima metà dell'8° secolo. La chiesa conserva al suo interno affreschi e stucchi sulla parete orientale e altre pitture murali su quella settentrionale. I frammenti di marmo e di stucco e gli affreschi recuperati durante le campagne di restauro si trovano a Bolzano (Mus. Civ.).La parete orientale, che presentava in origine un apparato decorativo, pittorico e plastico, ricco e raffinato, è conclusa superiormente da un registro decorativo con al centro una colomba in stucco ai cui lati sono visibili busti di angeli posti ognuno sotto un'arcata. Tale parete si apre in tre nicchie con archi a ferro di cavallo, di cui quella centrale è affrescata con Cristo tra due angeli e le laterali con S. Gregorio - o S. Lorenzo (Bertelli, 1994) - e S. Stefano; tra le nicchie campeggiano i ritratti dei due committenti, un laico e un ecclesiastico. L'insieme decorativo, costituito dall'integrazione degli affreschi con elementi in stucco policromo, si può parzialmente ricostruire tramite le sinopie degli stucchi ben visibili sulla parete e mediante l'unico frammento rimasto in situ: una colonna a intreccio, sormontata da un capitello figurato che sostiene a sua volta un animale mostruoso sul quale poggiava l'arco a intreccio, a tutto sesto, che incorniciava superiormente la nicchia (Rasmo, 1981).La zona presbiteriale era separata dalla navata da un'iconostasi marmorea, formata da plutei 'a fondo di cesto' (Bolzano, Mus. Civ.) e probabilmente da otto colonnine con semplici capitelli a caulicoli (Dannheimer, 1986; Rüber, 1992). La sua collocazione (m 1,90 ca. dalla parete orientale) è inequivocabilmente attestata dal corrispondente cambiamento dell'iconografia degli affreschi sulla parete settentrionale. Il riquadro con S. Gregorio che scrive ispirato dallo Spirito Santo sotto forma di colomba, posto a ridosso della parete orientale, non ha infatti alcun riferimento con il restante ciclo della parete nord. Quest'ultimo, chiuso in alto da una fascia a meandro prospettico, si sviluppa su due registri sovrapposti, di cui l'inferiore è quasi interamente perduto. La sua lettura iconografica è controversa: Garber (1915) proponeva di interpretare gli affreschi come storie della Vita di s. Paolo, mentre Rasmo (1966) ipotizzava che si trattasse di un ciclo legato alla figura di re Davide.Per quanto attiene alla datazione del complesso, risulta accertato che affreschi e stucchi non sono contemporanei alla costruzione dell'edificio. Una cronologia circoscritta ai primi anni del sec. 9°, verso cui si orienta la maggioranza della critica, può trovare ulteriore precisazione considerando quale termine post quem l'anno 806: a tale data risale, infatti, la scissione all'interno dell'impero carolingio tra l'amministrazione laica e quella ecclesiastica che sembra trovare conferma 'visualizzata' nella posizione preminente conferita, sulla parete absidale, ai due donatori, perfettamente individuabili quali rappresentanti del potere laico e di quello religioso.Per la collocazione stilistica degli stucchi si trovano convincenti riferimenti con l'ambiente lombardo del S. Salvatore di Brescia, dove mancano però tracce della policromia diffusamente conservatasi sugli stucchi di Malles Venosta. A questo proposito è interessante notare come anche le superfici non colorate degli stucchi di M. (colonne, archi) siano in realtà trattate con uno strato cromatico bianco, a conferma di una precisa intenzionalità operativa della bottega (Peroni, 1986).L'esecuzione degli affreschi, che solo Bertelli (1994) non considera cronologicamente unitaria, si deve a due artisti nettamente differenziati. Il maestro delle nicchie ha dipinto la parete orientale, tranne i due ritratti, utilizzando una pittura di tipo 'illusionistico', costruita per lumeggiature sovrapposte di derivazione tardoantica; il maestro dei ritratti, cui si debbono anche gli affreschi della parete settentrionale, ha rinserrato le sue figure entro linee di contorno nettamente definite, delimitanti nette campiture di colore. Stile e tecnica esecutiva del primo rientrano a pieno titolo in un sistema usuale e diffuso nell'ambito della pittura carolingia, impiegato anche per il grande ciclo della vicina chiesa di St. Johann a Müstair, che Emmenegger e Stampfer (1990) hanno considerato, in base a un'attenta comparazione delle tecniche esecutive, opera diretta dallo stesso artista. Per il maestro dei ritratti i riferimenti stilistici più puntuali si trovano in ambito lombardo-veronese, con opere quali il Codice di Egino (Berlino, Staatsbibl., Phill. 1676; Rasmo, 1966). Un problema dibattuto è quello della priorità cronologica del ciclo di M. rispetto agli affreschi di Müstair, sostenuta da Rasmo (1966) sulla base di complesse argomentazioni iconografiche e comparazioni stilistiche; tale ipotesi sembra meno convincente dopo gli studi di Emmenegger e Stampfer (1990).L'abitato di M. conserva anche i resti di Castel Frölich (Frölichsburg), caratterizzato da un massiccio mastio cilindrico, in origine a sei piani, circondato da un muro di cinta degli inizi del 13° secolo.
Bibl.: J. Garber, Die karolingische St. Benediktskirche in Mals, Zeitschrift des Ferdinandeums für Tirol und Vorarlberg, s. III, 59, 1915, pp. 3-61; id., Die romanischen Wandgemälde Tirols, Wien 1928, pp. 46-51; A. Morassi, Storia della pittura nella Venezia tridentina, Roma 1934, pp. 27-40; G. de Francovich, Arte carolingia ed ottoniana in Lombardia, RömJKg 6, 1942-1944, pp. 113-255; id., Problemi della pittura e della scultura preromanica, in I problemi comuni dell'Europa post-carolingia, "II Settimana di studio del CISAM, Spoleto 1954", Spoleto 1955, pp. 355-519; N. Rasmo, Note preliminari su S. Benedetto a Malles, in Stucchi e mosaici alto medievali, "Atti dell'ottavo Congresso di studi sull'arte dell'alto Medioevo, Verona-Vicenza-Brescia 1959", Milano 1962, I, pp. 86-109; id., Gli affreschi carolingi di Malles, in Arte in Europa. Scritti di storia dell'arte in onore di Edoardo Arslan, Milano 1966, I, pp. 189-202; id., Affreschi medievali atesini, Milano 1971, pp. 14-18, 258; C.G. Mor, Precisazioni cronologiche sugli affreschi di Malles, Atti dell'Istituto veneto di scienze, lettere e arti 136, 1977-1978, pp. 301-306; N. Rasmo, Arte carolingia in Alto Adige, Bolzano, 1981; A. Peroni, Stucco e pittura nel S. Benedetto di Malles, in Festschrift. Nicolò Rasmo. Scritti in onore, a cura di S. Spada Pintarelli, Bolzano 1986, pp. 79-89; H. Dannheimer, Zur Rekonstruktion der Chorschranken von Mals, ivi, pp. 93-102; O. Emmenegger, H. Stampfer, Die Wandmalereien von Sankt Benedikt in Mals im Lichte einer maltechnischen Untersuchung, in Die Kunst und ihre Erhaltung. Rolf E. Straub zum 70. Geburtstag gewidmet, Worms 1990, pp. 247-268; E. Rüber, St. Benedikt in Mals, Bozen 1992; C. Bertelli, La pittura medioevale in Trentino-Alto Adige, in La pittura in Italia. L'Altomedioevo, a cura di C. Bertelli, Milano 1994, pp. 90-104.S. Spada Pintarelli