Vedi MALTA dell'anno: 1961 - 1973 - 1995
MALTA (v. vol. IV, p. 802 e S 1970, p. 455)
Analogamente a quanto avviene non di rado nel Mediterraneo, la fase del passato di M. più nota non è il periodo classico, ma la preistoria. Ancora oggi la situazione non è mutata, benché i due decenni cui il presente aggiornamento si riferisce rappresentino una fase di grandi cambiamenti nell'organizzazione della ricerca archeologica maltese, inaugurata dalla Missione Italiana a Tas-Silġ e a San Pawl Milqi e conclusa dal notevole ampliamento del servizio archeologico maltese sotto la direzione del prof. T. Gouder. Questo è attivamente impegnato nella conservazione, presentazione e salvataggio dei beni archeologici in una misura senza precedenti e in collaborazione con varî stati europei (tra cui Gran Bretagna, Francia, Italia).
Preistoria. - Successivamente al 1970, il più recente contributo alla conoscenza della preistoria di M. non è stato dato da nuove ricerche sul campo, ma dalla calibrazione del radiocarbonio. C. Renfrew, utilizzando i dati del radiocarbonio raccolti da D. H. Trump a Skorba, ha potuto stabilire che i templi preistorici di M. sono da considerare i più antichi edifìci isolati in pietra del mondo (c.a 3600 a.C.). A questi monumenti, noti da molti secoli, è stato così riconosciuto un carattere di unicità, trovandosi all'inizio della storia dell'architettura. Le stesse calibrazioni del radiocarbonio hanno consentito una maggiore precisione nello studio dei complessi e mutevoli stili ceramici della preistoria maltese, identificati in passato da Evans e Trump.
Nel periodo 1970-1987 l'attività sul terreno fu limitata, dalle scarse risorse, agli scavi di salvataggio. Anche senza ricerche e nuove scoperte è proseguito lo studio dei monumenti. Renfrew e Level (1979) hanno scelto i monumenti maltesi come esempi per l'evoluzione dei confini politici applicando modelli matematici (X Tent). Altri autori hanno continuato a illustrare tematiche di carattere generale concernenti l'architettura monumentale facendo ampi riferimenti alle testimonianze maltesi (Bradley, 1984; 1993); queste analisi risultano però condizionate dalla prospettiva prettamente monumentale delle ricerche precedenti.
Nel 1987 è stato varato un progetto congiunto anglomaltese, attualmente coordinato dall'Università di Bristol e che vede coinvolti anche le Università di Cambridge e M. e il Dipartimento maltese dei Musei. Esso ha lo scopo di colmare le lacune nelle conoscenze della preistoria di M. tramite l'esplorazione di Gozo, la più piccola delle due maggiori isole maltesi. Quest'attività ha comportato lo scavo di una necropoli preistorica e di un insediamento coevo con ricognizioni di superficie e ricostruzioni ambientali. La ricognizione ha portato alla scoperta di nuovi depositi del Pleistocene con una fauna nana nella parte occidentale di Gozo, ma non ha anticipato la probabile datazione della colonizzazione umana dell'isola oltre il 5500 a.C. La ricognizione ha inoltre consentito la definizione del modello degli insediamenti del Neolitico inizîale nell'isola di Gozo. Questi sembrano concentrarsi sulle sommità degli altipiani di roccia calcarea, o nelle loro prossimità, destinate a svilupparsi nel corso della cultura neolitica.
Lo scavo effettuato nel 1987 sui resti di un insediamento coevo al periodo di costruzione dei templi ha fornito un quadro eccezionale dell'architettura domestica (Malone e altri, 1988). Sono State riportate alla luce le fondazioni di due piccole capanne (8 x 5 m e 2 x 2 m) in un'accurata muratura in mattoni crudi e pietra a secco; mancano costruzioni in tecnica megalitica dei templi contemporanei.
Lo scavo dell'ipogeo funerario del Circolo Brochtorff, presso Ġgantija, ha profondamente mutato il quadro delle conoscenze sull'epoca preistorica. Questo circolo di megaliti è situato su una modesta elevazione tra i templi di Ġgantija e Santa Verna, presso il moderno villaggio di Xagħra. Il Circolo Brochtorff trae il nome dalla preziosa, ma limitata, documentazione ad acquerello di Charles de Brochtorff relativa ai primi scavi del sito compiuti agli inizî del XIX sec. da un ufficiale inglese, Otto Bayer. Nel 1987 questa documentazione è stata ampliata mediante una nuova esplorazione del sito, reidentificato da J. Attard. I nuovi scavi hanno superato ogni aspettativa, rivelando testimonianze di arte preistorica, architettura megalitica e numerosi corpi disarticolati all'interno di un complesso sistema di grotte naturali.
La prima occupazione del sito sembra sia da far risalire al periodo di Żebbuġ (4000 a.C. circa, datazione al radiocarbonio calibrata), ossia precedentemente alla costruzione dei templi preistorici maltesi. Una tomba a pozzetto con due camere fu scavata nel fondo di roccia calcarea; una piccola testa stilizzata in pietra calcarea, alta originariamente non più di 20 cm, era collocata nell'entrata alla camera occidentale. Il viso era schematicamente indicato da un solco ovale, gli occhi da fori uniti alla linea verticale del naso e la bocca da una semplice depressione. Altrettanto semplice è la forma dei pendagli in osso, consistenti in forme segmentate. Tra gli altri reperti va ricordato il vasellame del tipo Żebbuġ con schematiche figure umane incise a stecca, piccole asce di pietra polite e numerosi vaghi di conchiglia. La pratica funeraria indica l'uso continuato delle due camere da parte di un gruppo familiare.
Allo stato attuale (1993), la prima fase templare di Ġgantija (c.a 3600-3000 a.C., datazione al radiocarbonio calibrato) non è molto rappresentata da depositi non disturbati nel Circolo Brochtorff; l'unica eccezione è costituita da una tarda sepoltura nella tomba di Żebbuġ sopra descritta. Questa lacuna è compensata da un notevole incremento delle attività nella fase di Tarxien (c.a 3000-2500 a.C., datazione calibrata). Un intero sistema di grotte, in parte già utilizzato nella fase di Żebbuġ, divenne il nucleo di un monumento architettonico destinato all'inumazione dei defunti. È probabilmente in quest'epoca che venne eretto un circolo megalitico intorno alle grotte. L'entrata era situata probabilmente a E, tra due megaliti verticali, dato testimoniatoci soltanto in uno dei disegni di Brochtorff del XIX secolo. Nel periodo di Tarxien l'entrata era verosimilmente indicata da una soglia megalitica posta ad angolo retto rispetto alla linea di avanzamento dall'esterno del circolo. Ai lati della soglia erano due pozzi funerarî, entrambi contenenti corpi in connessione anatomica, al di sotto di altri resti. A Ν era un piccolo sacello costituito da un gruppo di blocchi di pietra calcarea globigerina importata, dove sembra essere stato un punto di accesso ai livelli inferiori del sito, conservatosi in modo insoddisfacente.
I livelli inferiori contenevano un'ingente quantità di ossa umane ben conservate, sculture in pietra, figurine fittili e ceramica. Nel livello più basso, nella parte centrale (come è ben visibile in uno dei disegni di Brochtorff) era un deposito secondario di ossa umane circondate da megaliti in posizione verticale. A Ν era l'accesso a una grotta più profonda, fiancheggiato da vani funerari e dalle entrate ad altre grotte. A S erano delle aree molto ben definite, destinate a diverse funzioni rituali. La prima, a E, con ogni probabilità accessibile tramite una lastra con feritoia, era un sacello. La seconda, a O, era piena di scheletri ancora composti e ossa sparse, rinvenuti in associazione con la maggior parte delle figurine fìttili.
Il santuario era delimitato da una cortina su tre lati e da un fondo roccioso e da una nicchia sepolcrale a oriente.
Rari in questa zona sono gli scheletri ancora composti, fatta eccezione per quelli di neonati. Nel loro luogo di deposizione è stata rinvenuta una grande ciotola di pietra in associazione con altri oggetti rituali, tra cui piccoli vasi in miniatura nello stile di Tarxien, un colino di ceramica e, più a E, un mestolo di conchiglia. La scoperta più interessante è tuttavia quella di due gruppi scultorei in pietra. Il primo consta di due corpulente figure sedute su di tin giaciglio di vimini. A prima vista, le due sculture sembrano l'una l'immagine riflessa dell'altra (torso prominente, gonne ondeggianti, gambe tozze, cosce piene) tranne che in alcuni dettagli, come l'acconciatura e l'abbigliamento. La figura seduta a destra regge una piccola riproduzione di se stessa e avvolge la sua compagna con la caratteristica gonna a doppia linea. La figura seduta a sinistra regge un piccolo vaso. Il gruppo scultoreo doveva essere visto dai partecipanti al rituale funerario.
Al contrario di questo, gli idoli in pietra, rinvenuti in un mucchio immediatamente a Ν delle sculture suddette, erano mobili. In otto casi su nove avrebbero potuto essere stabili se conficcati nel terreno. Sei di essi consistono in immagini dal corpo piatto, con diversi gradi di rifinitura. In alcuni casi si nota una più accurata definizione dei dettagli, quali gonne in stile di Tarxien o teste accuratamente scolpite. La scultura più rifinita presenta un diadema su una corta capigliatura raccolta. Le altre tre erano di aspetto più varîato; una consisteva in un bastone sormontato da una testa di maiale; un'altra era una testa stilizzata su due piedi; la terza era una testa tondeggiante con capelli raccolti poggiante su un supporto. Questi idoli erano con ogni probabilità portati dallo sciamano nel corso del rito di passaggio del defunto.
Questo sacello sorgeva sul lato E del settore principale, privo di copertura, del sistema di grotte. A S, altre nicchie per sepolture erano accessibili tramite due ingressi. A E, la parte interna del sistema rupestre era raggiungibile attraverso due aperture. Alla parte Ν si accedeva al di sopra di due pozzi pieni di scheletri disarticolati. L'area interna era ancora coperta durante una parte del periodo della sua utilizzazione come camera funeraria e i suoi limiti naturali erano abbelliti da megaliti di pietra calcarea importati: una pietra trapezoidale all'entrata, un blocco squadrato dislocato nella parte centrale a causa del crollo della copertura e una pietra rastremata sul fondo della grotta. I margini N, E e S della grotta erano occupati da nicchie funerarie, in alcuni casi chiaramente segnati da muratura a secco. Una nicchia al margine Ν era associata alla sepoltura di un cinghiale selvatico, secondo il modello dell'associazione di animali (pecora/capra, cuccioli di cani, ecc.) e deposizioni umane, presenti in altre parti della grotta.
I complessi rituali del periodo di Tarxien scomparvero verso il 2500 a.C.; la durata di questo declino non è ancora precisata a causa della non soddisfacente datazione del successivo periodo del Cimitero di Tarxien. Anche le cause della decadenza delle elaborate costruzioni templari sono oggetto di discussione (Malone e altri, 1993), benché siano con ogni verosimiglianza da ravvisare in un profondo mutamento ideologico favorito da una combinazione di fattori ambientali e sociologici. È improbabile che abbia avuto luogo una completa disgregazione della società dei costruttori di templi, poiché una cospicua documentazione, offerta da siti diversi quali Tarxien, Borġ in-Nadur, Tas-Silġ, attesta la sopravvivenza di alcuni elementi delle precedenti tradizioni rituali. Nel periodo del Cimitero di Tarxien, il sito del Circolo Brochtorff non aveva perso del tutto la sua sacralità. Piccoli vasi di forma caratteristica furono collocati ai limiti E e O del sito rupestre, mentre due zone - l'area di crollo di una grotta inesplorata a Ν e l'area di accesso a E - divennero luoghi per la deposizione di rifiuti domestici, quali vasellame, pesi da telaio, ossidiana e ossa di animali.
Tra i risultati più significativi del nuovo progetto relativo a Gozo va annoverata una più precisa definizione del contesto cronologico e spaziale per i resti umani, gli stili ceramici e l'arte ritualistica. La cornice cronologica è stata resa possibile dalle datazioni AMS fornite dal laboratorio di Oxford in base a ossa umane individuali e ha consentito di superare i numerosi problemi associati ai resti disarticolati. Questi risultati confermano il modello generale già ottenuto altrove e pongono il periodo di Żebbuġ del Circolo Brochtorff tra il 4200 e il 3500 a.C., Ġgantija tra il 3500 e il 3100, Tarxien tra il 2900 e il 2400 e il Cimitero di Tarxien tra il 2100 e il 1700 a.C.; queste datazioni si basano sulla tecnica al radiocarbonio calibrata, con un margine di errore di 20.
Oltre alle nuove scoperte, dai recenti studi sulla preistoria di M. sono derivati nuovi modelli interpretativi elaborati parallelamente al progredire degli scavi e che, quasi per la prima volta, hanno restituito un contesto all'arte maltese. S. Stoddart ha applicato lo studio antropologico delle società insulari al caso specifico delle isole maltesi inquadrandone l'arte preistorica. Riferimenti a questo lavoro sono presenti nelle recenti analisi sullo stato attuale della preistoria maltese (Bonanno e altri, 1990; Stoddart e altri, 1993). Le piccole isole tendono ad avere relazioni sociali intense e dinamiche che in certe circostanze portano a un'accentuazione del carattere di insularità. Un simile ciclo sembra aver avuto luogo a M. tra il 3600 e il 2500 a.C. e una delle sue conseguenze più evidenti è il notevole impulso conosciuto dalla costruzione di monumenti, destinati sia ai vivi sia ai defunti, i cui dettagli divengono via via più chiari grazie alle ricerche sul campo.
Periodo storico. - A parte l'attività di salvataggio di tombe, dopo gli scavi della Missione Italiana negli anni '60 non vi sono state che scarse indagini archeologiche concernenti il periodo classico di Malta.
L'attività più significativa si è concentrata nel riordino e nella sintesi dei lavori precedenti. In base a un riesame dei rapporti della Missione Italiana a Tas-Silġ, P. Brusasco (1993) sostiene si possa affermare una netta cesura tra l'Età del Bronzo indigena e l'arrivo dei Fenici, in contrasto con le conclusioni cui erano pervenuti gli autori degli scavi. Di recente è stata compiuta una parziale rielaborazione dei materiali fenici conservati nel museo di Malta (Hölbl, 1989).
La sintesi è il carattere dominante anche nei lavori concernenti l'epoca romana, sebbene agli inizî degli anni '80 siano stati effettuati scavi, su scala limitata, in abitazioni a Rabat. All'archeologo classico Anthony Bonanno dell'Università di M. si deve il contributo più rappresentativo (Bonanno, 1992), avente come obiettivo non soltanto una ricostruzione della vita urbana di M., ma anche uno studio delle oltre trenta ville attualmente note sull'isola (Bonanno, 1977). Ricognizioni compiute di recente a Gozo suggeriscono che, diversamente da molte altre zone del Mediterraneo, l'occupazione romana era concentrata non nell'ambiente rurale, bensì nei principali centri urbani. Le tombe costituiscono un ulteriore importante argomento soggetto a riesame (Buhagiar, 1986), mentre perdurano le controversie circa le origini del cristianesimo e la sua continuità nelle isole durante l'epoca tardo-romana e araba.
Le indagini sul periodo medievale si identificano principalmente con gli scavi di Hal Millieri nel 1977 (Blagg e altri, 1990). Le ricerche, che hanno inaugurato a M. l'archeologia medievale, si sono concentrate su un casale maltese e sulle sue chiese e hanno fornito una prima base per una periodizzazione della ceramica maltese medievale. I pavimenti stratificati delle due chiese esplorate costituiscono gli orizzonti per le tipologie databili, anche se i risultati sono stati in parte compromessi da commistioni con i livelli più antichi. Per quanto concerne le strutture, le scoperte più significative sono rappresentate da una chiesa anteriore al XV sec., situata sotto i resti della Chiesa dell'Annunciazione, e un certo numero di tombe.
Bibl.: M. Cagiano de Azevedo e altri, Missione Archeologica Italiana a Malta. Rapporti preliminari delle campagne 1963-1970, Roma 1964-1973; A. C. Renfrew, Before Civilisation. The Radiocarbon Revolution and Prehistoric Europe, Harmondsworth 1973; A. Bonanno, Distribution of Villas and Some Aspects of the Maltese Economy in the Roman Period, in Journal of the Faculty of Arts, VI, 1977, 4, pp. 73-81; C. Renfrew, E. V. Level, Exploring Dominance: Predicting Polities from Centers, in C. Renfrew, K. L. Cooke (ed.), Transformations, Mathematical Approaches to Culture Change, New York 1979, pp. 145-168; R. Bradley, Consumption, Change and the Archaeological Record. The Archaeology of Monuments and the Archaeology of Deliberate Deposits, Edimburgo 1984; M. Buhagiar, Late Roman and Byzantine Catacombs and Related Burial Places in the Maltese Islands, Oxford 1986; C. A. T. Malone, S. K. F. Stoddart, D. Trump, A House for the Temple Builders. Recent Investigations on Gozo, Malta, in Antiquity, LXII, 1988, pp. 297-301; G. Hölbl, Ägyptisches Kulturgut auf den Inseln Malta und Gozo in phönikischer und punischer Zeit. Die Objekte im Archäologischen Museum von Valletta, Vienna 1989; A. Bonanno, T. Gouder, C. Malone, S. Stoddart, Monuments in an Island Society: the Maltese Context, in WorldA, XX, 1990, 2, pp. 190-205; R. Bradley, Altering the Earth. The Origins of Monuments in Britain and Continental Europe. The Rhind Lectures 1991-2, Edimburgo 1993; P. Brusasco, Dal Levante al Mediterraneo centrale: la prima fase fenicia a Tas-Silg, Malta, in Journal of Mediterranean Studies, III, 1993, ι, pp. 1-29; S. Stoddart e altri, Cult in an Island Society: Prehistoric Malta in the Tarxien Period, in Cambridge Journal of Archaeology, III, 1993, ι, pp. 3-19; C. Duhig, Burial Practices, Brochtorff Circle: Upper Levels, in BSR, in corso di stampa.