Vedi Malta dell'anno: 2012 - 2013 - 2014 - 2015 - 2016
Malta è uno stato insulare dell’Europa meridionale poco distante dalla Sicilia e a circa trecento chilometri dalle coste libiche e tunisine. Nel corso della storia la sua posizione geografica ne ha esaltato l’importanza, ma ha anche imposto alla popolazione numerose dominazioni, da quella cartaginese a quella inglese. Dal Regno Unito, Malta ha ottenuto l’indipendenza nel 1964, sia pure nell’ambito del Commonwealth. La peculiare posizione geografica, inoltre, ha fatto dell’isola un ponte naturale tra le due sponde del Mediterraneo. Anche per questo il suo sistema politico si è polarizzato sul tema dell’allineamento internazionale. Il Partit Laburista (Pl), tornato al governo nelle elezioni del marzo 2013, è stato storicamente anti-europeista e più propenso a consolidare i legami con i paesi della sponda sud del Mediterraneo. Il Partit Nazzjonalista (Pn), invece, oggi all’opposizione, seppure con qualche tensione interna, è strettamente legato alla Chiesa cattolica e si è fatto portavoce del sentire europeista e occidentalista del paese. Quest’ultimo orientamento è prevalso e l’isola, con un processo avviato nel 1998 e culminato con un referendum popolare promosso dall’allora premier Edward Fenech Adami, è entrata a far parte dell’Unione Europea (Eu) il 1° maggio 2004. Malta ha poi aderito all’eurozona nel 2008 e all’area Schengen. Infine ha ratificato il Trattato di Lisbona che le consente di accedere ai fondi di coesione e di ottenere un sesto seggio nel Parlamento europeo, a partire dalla prossima legislatura (2014). Lo stesso Pl si è progressivamente avvicinato a posizioni europeiste, come il sostegno al secondo bail-out della Grecia e l’espansione del fondo europeo salva stati. Sin dal conseguimento dell’indipendenza, Malta mantiene importanti legami con i paesi della sponda sud del Mediterraneo, in particolare Libia e Tunisia. Con quest’ultima, dal dicembre 2010, ha avviato un dialogo per definire la frontiera marittima, già stabilita nel 1985, ma ritenuta non adeguata da La Valletta, soprattutto per tutelare le previste ricerche di idrocarburi. Il confronto ha coinvolto anche Libia e Italia, entrambi tradizionali partner dell’isola in materia economica e di sicurezza, con cui Malta potrebbe siglare un accordo per l’esplorazione congiunta del mare, compatibilmente con l’attuale confusa situazione politica della Libia. Di più ampio respiro sono invece il foro del Processo di Barcellona, di cui Malta è membro dal 2004; il progetto di Unione per il Mediterraneo, nato con il principale intento di creare un mercato di libero scambio ma aperto a più questioni; e, infine, il Dialogo 5+5, organismo di collaborazione tra Algeria, Francia, Italia, Marocco, Mauritania Portogallo, Spagna, Tunisia e Malta, che opera soprattutto nei settori della sicurezza, del controllo dell’immigrazione e dell’economia. La crisi libica del 2011 ha posto a Malta rilevanti problemi di carattere politico ed economico. La situazione della Libia ha, inoltre, avuto immediate ripercussioni umanitarie: Malta ha dovuto affrontare, seppur in misura inferiore rispetto ad altri paesi, il flusso di rifugiati e immigrati. La rinnovata destabilizzazione politica del paese nel 2014 ha aumentato i flussi di migranti e pone rischi alla sicurezza dell’isola. Malta è membro del Commonwealth, del Consiglio d’Europa e, dal 2008, della Partnership for Peace della Nato.
Nonostante sia tra i più piccoli paesi dell’Eu, Malta ha una densità abitativa molto alta (1322 abitanti per km²). Il 98% della popolazione è cristiano-cattolico e il 60% dei credenti è praticante. Questo elemento fa di Malta il paese più devoto d’Europa. Soltanto nel maggio del 2011, con un referendum popolare che ha concluso una campagna condotta dal Pl, è stato introdotto nel paese il diritto al divorzio, mentre l’aborto non è ancora legale. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità (Who), il sistema sanitario maltese è tra i migliori al mondo, benché la spesa pubblica per tale settore si attesti all’6% del Pil, dato meno elevato rispetto a quello dei paesi Eu più sviluppati. Ha creato qualche tensione con Bruxelles la decisione del gennaio 2014 di concedere la cittadinanza dietro il pagamento di 650.000 euro, poi appianata dall’aggiunta di una clausola di residenza sull’isola di almeno 12 mesi.
Il rallentamento economico dei principali partner commerciali (tra i quali l’Italia), colpiti dalla crisi finanziaria del 2008-09, ha avuto ripercussioni anche sull’andamento economico di Malta, che ha subìto un brusco arresto. A provocarlo, in particolare, la forte dipendenza dal commercio estero, la diminuzione del turismo e gli aumenti del prezzo del petrolio, da cui Malta dipende completamente per la produzione di elettricità e di acqua corrente. A ciò si aggiungono le cospicue perdite subite per l’interruzione dei rapporti commerciali con la Libia: l’anno precedente allo scoppio della guerra civile, Malta aveva importato da Tripoli beni commerciali per 34 milioni di euro ed esportato per 85 milioni. Nel 2011, inoltre, alcune misure di stimolo fiscale avevano compromesso le finanze pubbliche maltesi e destato la preoccupazione dell’Eu, che ha minacciato il ricorso a sanzioni nel caso in cui l’isola non avesse riportato il suo deficit a livelli più contenuti. Il turismo contribuisce alla crescita del PIl per il 23% circa e occupa il 30% della forza lavoro. L’apertura di rotte aeree low cost tra Malta e i paesi europei e il miglioramento delle infrastrutture dovrebbero contribuire a potenziare il comparto, ad attirare nuovi turisti e a far tornare l’indotto economico ai livelli precedenti alla crisi. Il settore terziario, che da solo contribuisce per 65,4% del PIl nazionale, è costituito in modo rilevante anche dai servizi finanziari, che durante la crisi hanno mantenuto valori positivi: sono circa 6000 gli impiegati nel settore, 38 gli istituti bancari e finanziari, 529 gli intermediari assicurativi e 75 gli intermediari finanziari. I punti di forza del settore sono l’efficiente regolamentazione del sistema bancario e la concentrazione delle attività sul mercato immobiliare indigeno. Gli investimenti esteri rappresentano una seconda voce rilevante dell’economia maltese, che beneficia di una forza lavoro nazionale qualificata e bilingue, di manodopera a costi relativamente bassi, nonché di incentivi fiscali e creditizi che lo stato concede agli investitori stranieri. Il settore primario è, al contrario, il comparto meno sviluppato: riesce a generare poco meno del 2% del PIl nazionale. Limitata dalla scarsità d’acqua, dall’aridità del suolo e dalla mancanza di un’adeguata flotta peschereccia, Malta produce solo il 20% del suo fabbisogno alimentare. Il settore industriale deve, invece, affrontare la sfida della concorrenza straniera: le imprese presenti a Malta sono prevalente mente piccole, spesso a conduzione familiare. Vi si aggiungono 400 imprese medie e grandi molte delle quali sono straniere e dedite all’esportazione.
Nel 1979, sotto il governo laburista di Dom Mintoff, l’ultima nave da guerra inglese lasciò le coste maltesi, suggellando la fine della presenza militare britannica e dell’Alleanza Atlantica nell’isola. Lo stesso anno, la base navale della Nato fu chiusa e il paese dichiarò la propria neutralità, sancendola con l’articolo 3 della Costituzione. L’anno seguente il paese ha siglato un accordo con l’Italia, tuttora in vigore, in base al quale quest’ultima, tramite la missione di assistenza tecnica militare, garantisce la neutralità maltese e può utilizzare le basi militari dell’isola in cambio di una sovvenzione annuale di 5 milioni di dollari. Ancora nel 2011, richiamando la neutralità maltese, l’allora premier Lawrence Gonzi ha annunciato la decisione di vietare l’utilizzo del territorio nazionale come base per le operazioni militari condotte in Libia, in ottemperanza alla risoluzione 1973/2011 delle Nazioni Unite.
Sul piano della sicurezza interna il problema più grave è costituito dall’immigrazione clandestina proveniente dal Nord Africa (in particolare da Libia e Tunisia). Dal 2002, secondo i dati forniti dall’Unhcr e dal ministero dell’interno maltese, La Valletta ha condotto 954 operazioni di salvataggio e ha accolto circa 19.000 persone delle quali solo il 30% è rimasto sull’isola ottenendo in seguito lo status di rifugiato. Nel corso del 2013 i migranti salvati dalle acque sono stati 1692 (dati di ottobre dello stesso anno), con un picco nei flussi raggiunto nel luglio (766 arrivi, dati Frontex). Il primo quarto del 2014 ha registrato numerosi arrivi nella frontiera ‘Mediterraneo centrale’, di cui 308 nell’isola. Il numero degli sbarchi a Malta è esiguo se rapportato con quello di Italia, Francia o Spagna, ma pur sempre significativo in rapporto all’altissima densità abitativa dell’isola e alle sue ridotte dimensioni. L’ex ministro degli esteri Tonio Borg e il neo premier Joseph Muscat hanno insistito sulla necessità di un impegno più concreto dell’Eu, sulla definizione di una comune strategia di ricerca e di soccorso e su un rafforzamento dell’Agenzia di coordinamento delle polizie di frontiera (Frontex), affinché l’onere del soccorso e dell’assistenza ai migranti non gravi solo sui paesi dell’Europa meridionale. A tal proposito, Malta insieme a otto altri paesi europei – Italia, Francia, Spagna, Finlandia, Portogallo, Islanda, Paesi Bassi e Lituania – ha dato la sua disponibilità per partecipare alla missione europea di pattugliamento delle frontiere Triton, nel tentativo, appunto, di contenere questa emorragia migratoria che sta pesando sulle capacità ricettive dell’isola. La condotta maltese in materia d’immigrazione è stata più volte criticata dall’Eu, dall’Alto commissariato per i rifugiati delle Nazioni Unite (Unhcr) e da istituzioni non governative come Medici senza frontiere, che hanno denunciato le precarie condizioni degli immigrati (circa 370 al mese di luglio 2014) nei centri di detenzione permanente, ma soprattutto i respingimenti in mare. A Malta è stato chiesto il rispetto della Convenzione di Ginevra sullo status di rifugiato del 1951 e, in particolare, del principio di non respingimento, in base al quale il rifugiato o richiedente asilo non deve essere reindirizzato verso paesi dove la sua vita o la sua libertà sarebbero minacciate. Per quanto riguarda l’Italia, l’ex ministro degli esteri Franco Frattini aveva accusato Malta di non essere in grado di pattugliare efficacemente la vasta area di ricerca e di soccorso (Search and Rescue Area, Sar) di propria competenza, chiedendo al governo maltese di cedere parte di essa all’Italia, meglio equipaggiata; Malta aveva tuttavia rifiutato la proposta.
Più recentemente, invece, l’ex ministro degli esteri Giulio Terzi di Sant’Agata ha firmato un memorandum d’intesa sul rafforzamento della collaborazione nella lotta all’immigrazione clandestina.
Nel 2014 hanno perso la vita nel Mediterraneo circa 3419 migranti (di cui 1600 nel solo mese di giugno): una vera e propria ecatombe, anche secondo l’agenzia Un dei rifugiati Unhcr. A tale proposito Malta e l’Italia insistono sulla necessità di una migliore risposta comunitaria in tema di prevenzione e protezione degli immigrati. Nonostante il rafforzamento della cooperazione bilaterale con i paesi d’origine dell’immigrazione e l’incremento dei poteri a Frontex, la risposta europea all’immigrazione clandestina non si è rivelata adeguata, anche per il progressivo deterioramento della situazione politica in Libia, che nel 2014 ha rappresentato il primo paese di provenienza dei flussi (nelle sue acque si sono registra;ti anche i naufragi più drammatici). Nel tentativo di combattere il fenomeno e le attività criminali collegate, il Parlamento europeo ha approvato il 9 ottobre 2013, a larga maggioranza, il regolamento per il funzionamento del sistema di sorveglianza delle frontiere mediterranee. La missione Eurosur consentirà, attraverso una rete di comunicazione protetta, la condivisione in tempo reale di immagini e dati intelligence di varie autorità sugli sviluppi alle frontiere (terrestri e marittime) dell’Eu. Il tutto per migliorare la prevenzione e la lotta all’immigrazione clandestina e per salvare le vite dei migranti e di chi cerca asilo. A Eurosur, entrata in vigore il 2 dicembre, già lanciata dalla Commissione europea nel 2008, confermata nel Programma di Stoccolma 2010-14 e ribadita dal Consiglio europeo del giugno 2011, dovranno essere assegnati 35 milioni di euro l’anno di cui 19 presi dal bilancio di Frontex.