MALVICINI, Malvicino
Conte di Bagnacavallo, nel Ravennate, nacque intorno agli anni Sessanta del secolo XII.
La sua posizione nell'albero genealogico della famiglia rimane molto incerta. Lo storico bagnacavallese Balduzzi lo ha ritenuto figlio di Arardo (e fratello di un altro Arardo morto nel 1181), padre di Guido "Filiarardi" e quindi nonno dei fratelli Guido e Ruggero che furono protagonisti della vita ravennate intorno alla metà del Duecento; Fasoli, sulla base del fatto che un Malvicino e un Arardo effettivamente fratelli sono ricordati nel 1181 in una rinnovazione d'enfiteusi concessa già nel 1118 ai fratelli Alberto "Malabocca" e Guido, dell'altro ramo dei conti Malvicini, preferisce farli discendere da questo Alberto. Inoltre non si può escludere che il lungo arco di attività attribuito al M. si possa invece distribuire tra due omonimi padre e figlio: Rossini, editore del Chronicon Faventinum del Tolosano, lo considera però senz'altro un unico personaggio.
I Malvicini conti di Bagnacavallo, così come i conti di Cunio e Donigallia, costituiscono una delle dinastie di conti rurali che si diramarono dalla stirpe dei conti di Imola, il cui potere si disgregò rapidamente tra la fine dell'XI e l'inizio del XII secolo; tuttavia la scarsità di documentazione non consente di definire in maniera chiara l'origine del loro titolo comitale, al di là della loro propensione per lo schieramento filoimperiale e per il contrasto all'espansionismo dei poteri comunali imolese e faentino. I documenti permettono piuttosto di ricostruire le loro reti di relazioni patrimoniali dapprima coi vescovi di Imola e di Faenza e poi più decisamente con le chiese e con i monasteri ravennati e si ritiene che proprio il controllo degli estesi beni della Chiesa ravennate nel Bagnacavallese sia stato la base del loro potere locale, piuttosto che un esercizio di poteri pubblici che dovette sempre essere sostanzialmente ridotto.
La reiterazione in generale di pochissimi nomi fra tutti i membri della famiglia (quasi esclusivamente Arardo, Guido e Malvicino, da cui è derivato l'appellativo familiare), l'assenza nella non cospicua documentazione di patronimici - a parte il diffuso appellativo di "figlio di Arardo" - e la mancanza di informazioni sulle loro scelte matrimoniali non hanno consentito la ricostruzione di un albero genealogico pienamente affidabile.
Il M. è per solito identificato con il personaggio citato nel patto con cui gli Imolesi acconsentirono alle disposizioni del podestà bolognese Guido da Sasso il 18 luglio 1153, e di nuovo in un documento imolese del 9 marzo 1159.
Egli ricompare nelle fonti una decina d'anni più tardi quando, il 7 ott. 1168, stando al racconto del Tolosano, la fonte principale per la sua vita, aiutò i Faentini i quali, messi in fuga il giorno prima dalle forze ravennati presso Castiglione e Cosina (sull'omonimo rio da Faenza verso Forlì), andarono al contrattacco; in quell'occasione egli guidò la schiera di tre quarti degli effettivi faentini che dilagò nella pianura verso Ravenna e distrusse il castrum di Raffanaria.
In seguito il M. appare più frequentemente avverso a Faenza nelle lotte tra le città comunali romagnole avviate alla conquista del contado: nel 1171 accettò infatti la proposta di Ravenna di abbandonare i Faentini, invito "ad proditionem" che sarebbe avvenuto "mercede non parva" (Chronicon Faventinum, p. 78) e a seguito del quale partecipò alla battaglia di San Procolo dell'8 marzo 1171, in cui le forze raccolte da Ravenna - composte in particolare da bolognesi - dopo che avevano devastato il territorio faentino furono respinte fino al fiume Santerno. Nella fase più intensa della lotta tra Federico I Barbarossa e la Lega lombarda il M. si schierò a fianco del cancelliere imperiale Cristiano di Magonza, che dal febbraio 1175 assediò il castello e la sede vescovile di San Cassiano, tenuto dai Bolognesi; tuttavia nel 1181 la sfiducia nei confronti della politica non priva, da parte dei conti, di oscillazioni ("more arundineo in partem dexteram sinistramque sepissime declinantes", ibid., p. 89), portò a una temporanea intesa proprio tra Ravennati e Faentini per la distruzione delle fortificazioni di Bagnacavallo, anche se i Faentini acconsentirono quasi subito alla loro riedificazione dietro versamento di un tributo annuo.
Il 3 maggio 1181 il M. dovette impegnarsi nella difesa nei suoi territori dei beni e delle persone dei bolognesi e dei faentini e a far giurare le ostilità nei confronti degli Imolesi "a meis hominibus et castellis" e in particolare "ab hominibus de Bagnacavallo" (ibid., p. 201); quest'atto preludeva alla pacificazione del 31 luglio 1181 con cui temporaneamente furono sopite le controversie e gli Imolesi si sottomisero a Faentini e Bolognesi.
Il 9 febbr. 1184 il populus faentino si sollevò contro i nobili e gli ecclesiastici della città, a causa di esose imposizioni fiscali, spingendo il vescovo di Faenza, Giovanni, a scagliare la scomunica contro gli insorti più in vista e i conti di Donigallia a richiedere l'intervento del legato imperiale in Italia, il conte Bertoldo di Königsberg; quando questi radunò contro Faenza consistenti forze dei principali esponenti delle famiglie comitali filoimperiali, tra loro vi fu anche il M.: le truppe richiamate assediarono la città del Lamone dall'inizio di giugno del 1185, subendo però consistenti perdite nello scontro in campo aperto del 20 giugno presso il borgo di Durbecco, preludio di una pace generale fra le parti siglata nel settembre seguente.
In seguito il M. con Raniero di Cunio e Giuliano di Donegallia giurò davanti all'imperatore Enrico VI il 16 ott. 1186 la cittadinanza imolese e la sua residenza per due mesi l'anno a Imola; ma la tendenza ad avvicinarsi a Ravenna e a radicarvisi appare dal fatto che il M. (o, a parere di Vasina, un omonimo, cfr. p. 154), ricordato a Ravenna già nel 1187, vi assurse alla podesteria una prima volta nel 1190 e nel 1198 sedeva nel Consiglio di Ravenna, insieme con Guido "Filiarardi" e Bernardino conte di Cunio. Ancora il Tolosano informa che, infine, quando Bagnacavallo e i suoi conti cercarono di nuovo di sottrarsi all'obbligo di difesa e di servizio per i Faentini, questi reagirono assalendo Bagnacavallo il 25 sett. 1205: al che il M. e venti milites bagnacavallesi si sarebbero arresi senza condizioni ai Faentini, che "totum castellare destruxere cum burgo" (Chronicon, pp. 118 s.), e lo stesso M. avrebbe accettato di risiedere in città. Tuttavia, sempre per il Tolosano, in seguito al risollevarsi delle speranze dei nobili filoimperiali del contado romagnolo alla notizia dell'incoronazione di Ottone di Brunswick, nel 1209 il M. e gli "alii Bagnacaballenses [(] burgum Bagnacaballi munire ceperunt pro viribus" (ibid., p. 125): questa rimane l'ultima notizia a lui relativa, sempre posto che tale data così bassa non si riferisca a un omonimo.
Balduzzi gli attribuisce una moglie di nome Adriana e la paternità di almeno quattro figli: Malvicino "Malabocca", Guido "Malabocca", Azzone e Rigone Testa, ma quest'ultimo dev'essere senz'altro identificato con Arrigo Testa di Arezzo, estraneo alla famiglia ma definito "conte di Bagnacavallo" nel 1250 (Vasina, p. 157).
Fonti e Bibl.: Magister Tolosanus, Chronicon Faventinum, a cura di G. Rossini, in Rer. Ital. Script., 2a ed., XVIII, 1, pp. 68 s., 78 s., 83 n. 1, 89, 92 s., 110 n. 2, 115 n. 2, 118 s., 201 s., 204, 206 s.; L. Balduzzi, Dei conti Malabocca e Malvicini signori di Bagnacavallo, in Giorn. araldico-genealogico-diplomatico, IV (1876-77), pp. 313-322, 344-355, 382-393; G. Fasoli, I conti e il Comitato di Imola (secc. X-XIII), in Atti e memorie della Deputazione di storia patria per l'Emilia e la Romagna, VIII (1942-43), pp. 182, 187; Storia di Ravenna, III, Dal Mille alla fine della signoria polentana, a cura di A. Vasina, Venezia 1993, pp. 222, 227, 254; A. Vasina, I conti e il Comitato di Bagnacavallo: contributo di storia politica e istituzionale, in Storia di Bagnacavallo, I, Bologna 1994, pp. 145-161; L. Mascanzoni, Il Tolosano e i suoi continuatori. Nuovi elementi per uno studio della composizione del "Chronicon Faventinum", Roma 1996, p. 122.