MAMELUCCHI
Dinastia islamica, il cui nome deriva da quello dei soldati-schiavi (arabo mamlūk) di origine turca e mongola reclutati in Asia centrale, che governò Egitto e Siria tra il 1250 e il 1517.Sebbene l'impero dei M. includesse l'intera Siria e parte dell'Anatolia sudorientale, così come lo Ḥijāz e parte del Sudan, fu l'Egitto, e il Cairo in particolar modo, ad avere una parte preponderante nella committenza artistica. Al Cairo, capitale dell'impero, risiedeva infatti l'aristocrazia terriera mamelucca - la cui fonte di reddito era costituita dalla iqṭā ῾ una forma feudale basata non sulla diretta proprietà della terra, ma sull'usufrutto delle relative imposizioni fiscali - che controllava tutti gli aspetti della vita urbana. I M., identificandosi con la cultura locale, promossero le istituzioni religiose e lo sviluppo delle arti. Nell'epoca bahrite (1250-1390), includente il regno del celebre sultano Qalāwūn (1279-1290), si determinò una fase di eccezionale fioritura della produzione artistica.Le origini dell'arte mamelucca indubbiamente si collegano ai periodi fatimide e ayyubide (secc. 10°-13°), rispetto ai quali comunque la committenza dei M. si caratterizzò per un fervore innovativo che interessò quasi tutti gli ambiti artistici, con la creazione di uno stile peculiare. Allo splendore delle arti in quest'epoca contribuì inoltre l'immigrazione di artisti provenienti da altre regioni del mondo musulmano.Quando si parla di architettura mamelucca ci si riferisce generalmente allo stile imperiale che si sviluppò al Cairo e che interessò soltanto questa città, mentre la Siria e persino la provincia egiziana conservarono le proprie tradizioni regionali. Con i M. l'architettura cairota ebbe un rapido incremento, acquisendo quel suo carattere specifico che perdurò fino al successivo periodo ottomano.La prima grande moschea mamelucca del Cairo, fatta erigere dal sultano al-Ẓāhir Baybars I nel 1262-1263, affondava le proprie radici stilistiche nelle tradizioni fatimide e ayyubide. Essa venne costruita seguendo lo schema dell'edificio ipostilo a corte con pilastri rettangolari invece che con colonne, simile alla moschea fatimide di al-Ḥākim (990-1013), la quale a sua volta è debitrice di quella di Ibn Ṭūlūn (876-879) e dei suoi prototipi samarreni. Un elemento di novità era comunque costituito dalla cupola monumentale al di sopra del miḥrāb, che un tempo si sviluppava per un'ampiezza di nove campate e che dovette essere ispirata direttamente o indirettamente al tipo di cupola selgiuqide presente nella Grande moschea di Isfahan (v.), in Iran. I portali monumentali, collocati in posizione assiale e su entrambi i lati, combinano caratteri strutturali derivati dal portale della moschea di al-Ḥākim con elementi decorativi tratti dalle porte chiamate Bāb al-Naṣr e Bāb al-Futūḥ, entrambe di epoca fatimide (1087).Risale a due decenni dopo il complesso funerario del sultano Qalāwūn (1284-1285), che comprende un ospedale, una madrasa e il mausoleo del fondatore e che presenta elementi architettonici e decorativi non riscontrabili in precedenti monumenti cairoti. La sua alta facciata, con le finestre doppie sormontate da un oculo all'interno di un arco arretrato a sesto acuto, richiama l'architettura normanna di Sicilia. Il mausoleo del fondatore, che consiste in un ambiente quadrato al cui centro è una struttura ottagonale cupolata, è riccamente decorato da crustae marmoree in opus alexandrinum, che non trovano precedenti al Cairo.Il lungo regno di al-Nāṣir Muḥammad, che durò dal 1293 al 1341 con due brevi interruzioni, segna l'apogeo dell'arte e dell'architettura mamelucche. Durante quest'epoca, caratterizzata da stabilità e da prosperità economica, al Cairo si assistette a un'attività costruttiva senza confronti, determinata non soltanto da esigenze devozionali, ma anche da una nuova attenzione urbanistica. Il sultano e i suoi emiri commissionarono l'edificazione di più di quaranta fondazioni religiose, oltre a un gran numero di palazzi e di gigantesche opere infrastrutturali che trasformarono e ampliarono la capitale in maniera spettacolare.Le moschee di al-Nāṣir Muḥammad e dei suoi emiri mostrano una grande varietà di modelli sia per quel che riguarda le piante sia per quel che concerne lo sviluppo degli alzati e la decorazione. In quell'epoca la pianta ipostila non era più da tempo l'unica forma utilizzata nell'architettura religiosa. Per le madrase e per le khānaqāh (sorta di monastero per mistici), entrambe istituzioni introdotte in epoca ayyubide, venne adottata la c.d. pianta cruciforme; data la loro funzione, che prevedeva la presenza di alloggi, tali edifici mutuarono alcuni elementi caratteristici dell'architettura domestica.In epoca mamelucca la khānaqāh e la madrasa erano edifici costituiti da un cortile centrale circondato su quattro lati da altrettanti īwān; gli ambienti residenziali occupavano gli angoli della struttura e in alcuni casi anche dei corpi di fabbrica separati. L'īwān principale era orientato verso La Mecca e aveva una nicchia per la preghiera. Al Cairo, diversamente da quanto avveniva in Siria, le madrase e le khānaqāh erano sempre dotate di minareto. La khānaqāh del sultano Baybars II al-Jāshankīr, costruita nel 1306-1310, che comprende il mausoleo del fondatore, è il primo esempio di questa tipologia conservato al Cairo. La decorazione interna, molto sobria, è limitata alla cornice delle finestre delle celle, mentre il mausoleo è riccamente ornato da mosaici in marmo dello stile del periodo di Qalāwūn. Il minareto in laterizio è decorato da muqarnas e la sua sommità a cuspide reca tracce di piastrelle verdi.L'architettura religiosa di epoca mamelucca al Cairo è caratterizzata dal mausoleo cupolato. Già alla fine del periodo ayyubide si era affermata la tradizione secondo la quale il fondatore edificava il proprio mausoleo adiacente alla fondazione religiosa di cui aveva promosso la costruzione. La collocazione ottimale del mausoleo doveva essere su un lato della sala di preghiera con affaccio sulla strada principale, condizioni che non erano sempre facili da realizzare contemporaneamente, a causa dell'orientamento del santuario verso La Mecca e della necessità di allineare la facciata agli assi viari esistenti.Una delle innovazioni più interessanti del sec. 14° fu la graduale sostituzione del laterizio con la muratura in pietra nella costruzione della cupola. Inizialmente le cupole in pietra si limitarono a riprodurre le forme principali - semplice o allungata - di quelle in laterizio, ma con il passare del tempo la decorazione scolpita divenne sempre più intricata, come dimostrano le nervature tortili della cupola del mausoleo annesso alla madrasa di Iljāy al-Yūsufī (1373); anche la zona di passaggio tra madrasa e mausoleo era caratterizzata da un maggiore slancio verso l'alto e da una maggiore complessità.Diversamente da quanto avveniva nell'architettura siriaca o magrebina, al Cairo le facciate degli edifici religiosi non erano state sin dall'epoca fatimide né cieche né semplici, ma erano caratterizzate da un elaborato sistema di illuminazione e da pannelli verticali e iscrizioni. Durante il sec. 14° il portale acquistò gradualmente la forma, poi divenuta consueta, di un recesso dotato di una semicupola ornata da muqarnas. La decorazione interna, in particolare nella sala di preghiera, presentava elementi cubici di marmo policromo e fasce di iscrizioni cufiche. I soffitti lignei erano dipinti e dorati; talvolta le khānaqāh, proprio per le loro implicazioni mistiche, avevano una decorazione più attenuata.Durante il regno di al-Nāṣir Muḥammad, successivo all'accordo tra i M. e la corte ilkhanide, nella decorazione architettonica cairota si evidenziò l'influenza iranica. In numerosi edifici venne adottata, sebbene non sistematicamente, la decorazione a mosaico di maiolica; si trattava probabilmente della produzione di una bottega di persiani attiva al Cairo. Con questa tecnica fu ornata la sommità dei due minareti della moschea di al-Nāṣir Muḥammad nella cittadella (1335) e iscrizioni in maiolica sono anche sulle basi di alcune cupole di quest'epoca.I minareti mamelucchi sono particolarmente aggraziati e presentano una decorazione molto varia, costituita sia da motivi incisi e scolpiti sia da muqarnas; nel corso del sec. 14° divennero sempre più snelli, con due balconi poggianti su cornici di muqarnas di forma diversa. In un primo tempo essi avevano un fusto ottagonale sormontato da una cupola allungata e impostato al di sopra di una base rettangolare; intorno alla metà del sec. 14° anche la base divenne ottagonale, mentre la struttura superiore si articolava in otto colonne coronate da un bulbo piriforme al di sopra di un giro di muqarnas. I minareti, costruiti dapprima in pietra e in laterizio, talvolta a tecnica mista con il laterizio al piano superiore, alla fine del sec. 14° venivano realizzati completamente in pietra. La loro collocazione non era rigidamente stabilita, ma determinata dalla necessità di ottenere una vista ottimale dalla strada: essi si trovavano generalmente a fianco della porta, talvolta all'angolo dell'edificio.Il complesso del sultano Ḥasan, costruito tra il 1356 e il 1362, è il più monumentale edificio cairota di epoca medievale. Esso fu fondato come moschea del Venerdì e come madrasa per i quattro riti previsti dalla legge islamica sunnita. Nella composizione del portale e nell'architettura del vestibolo possono essere individuate influenze anatoliche. L'aspetto più significativo dell'intero complesso è costituito dalla volta dell'īwān della sala di preghiera; il mausoleo, contrariamente alla tradizione, è situato dietro alla sala di preghiera e presenta una facciata fiancheggiata da due minareti, uno dei quali, crollato, fu sostituito nel 17° secolo. Uno degli elementi insoliti dell'edificio è la cornice a muqarnas che corona l'intera facciata. Si ritiene che l'originaria cupola del mausoleo del sultano Ḥasan, in seguito sostituita, presentasse un profilo bulboso. Gli ingressi alle madrase sono collocati ai quattro angoli del cortile, ma gli ambienti residenziali sono disposti su quattro piani nella parte del complesso prospiciente la strada. Le fasce scolpite sul portale e le iscrizioni di stucco dell'interno mostrano gli elementi miniaturistici comuni anche alla produzione metallistica e alla decorazione libraria coeve.Le numerose istituzioni religiose promosse dai M. necessitavano di biblioteche, e sultani ed emiri donarono alle proprie fondazioni un consistente numero di manoscritti del Corano; si trattava di edizioni lussose eseguite con calligrafia di alta qualità e splendida decorazione miniata. Il Corano realizzato per la khānaqāh di Baybars II al-Jāshankīr nel 1304 (Londra, BL, Add. Ms 22409), uno dei rari esempi firmati, è il primo codice di Corano noto che sia stato decorato in epoca mamelucca e costituisce un superbo esempio di calligrafia e miniatura. L'alto livello qualitativo della produzione scrittoria si conservò anche sotto al-Nāṣir Muḥammad, mentre la decorazione miniata fu in quest'epoca meno pregevole. Il periodo di massimo splendore di quest'arte coincide con il regno di al-Ashraf Sha῾bān II (1363-1376), come testimoniano i numerosi esempi conservati.Elementi tipici dei Corani mamelucchi sono rappresentati dalla loro caratteristica suddivisione in trenta volumi e dalla simmetria della composizione. Il fascicolo si apre e si chiude con un frontespizio e un explicit, entrambi su doppia pagina; le carte restanti presentano una composizione tripartita con i versetti nella parte centrale. La parte miniata consiste in intricati disegni geometrici uniti ad arabeschi; l'uso estensivo dell'oro rimanda simbolicamente alla luce della rivelazione coranica, argomento centrale del libro sacro. Il colore maggiormente impiegato, in combinazione con molti altri, è il blu; lo stile calligrafico generalmente usato è il muḥaqqaq, commisto al cufico ornamentale con cui sono realizzate le testate. La miniatura, con la sua straordinaria varietà di modelli, influenzò anche altre arti, come la produzione in metallo e persino l'epigrafia architettonica.Nel periodo bahrite la decorazione miniata di manoscritti, pur relativamente diffusa, non mostra grandi elementi di novità. I libri miniati di epoca mamelucca vennero prodotti per la maggior parte durante il regno di al-Nāṣir Muḥammad e continuarono a essere legati alla tradizione di Baghdad e Mossul. Tra gli esemplari più significativi vanno ricordate le Maqāmāt di al-Ḥarīrī (per es. Vienna, Öst. Nat. Bibl., A.F. 9; Oxford, Bodl. Lib., Marsh 458) e il ciclo di novelle del Kalīla wa Dimna (per es. Oxford, Bodl. Lib., Pococke 400), così come la letteratura epico-cavalleresca.Mentre al Cairo nasceva lo stile imperiale dell'architettura dei M., la Siria ebbe un ruolo di primo piano nella produzione artistica di manufatti in metallo, vetro e ceramica. Capolavori della metallistica, che vanno annoverati tra i migliori esempi dell'arte islamica, furono commissionati dall'aristocrazia mamelucca come mezzo per manifestare il proprio prestigio. Eccetto che per le lampade da moschea e i cofanetti destinati a contenere il Corano, l'uso di questi oggetti era più di tipo cerimoniale e decorativo che non religioso. Lo stile epigrafico, presente nelle iscrizioni monumentali che riportavano il nome, i titoli e gli stemmi dei sultani e degli emiri, talvolta accompagnati da formule votive, fu ampiamente usato nella produzione in metallo, nel vetro e nella ceramica.La tradizione tecnica, affermatasi in epoca ayyubide, dell'incrostazione in argento e oro su ottone si mantenne fino al 14° secolo. I motivi figurativi, comuni sugli oggetti di metallo del sec. 13°, divennero rari nel periodo seguente: si trattava per lo più di scene di caccia e di musica, ma il repertorio comprendeva anche immagini dello Zodiaco e animali fantastici. Uno degli esemplari metallici più straordinari è quello noto come Baptistère de Saint Louis (Parigi, Louvre), ornato all'interno da scene di caccia e all'esterno da rappresentazioni cerimoniali. Il carattere monumentale delle figure e la grande attenzione rivolta ai particolari permettono di ipotizzare che tale bacile fosse stato realizzato, probabilmente durante il regno di al-Ẓāhir Baybars I (1260-1277), per avere significato documentario. L'oggetto è firmato da Muḥammad Ibn al-Zayn, che vi iscrisse il proprio nome per sei volte.Durante il sec. 14°, in particolare all'epoca di al-Nāṣir Muḥammad, gli oggetti in metallo - brocche, bacili, vassoi e candelieri, cofanetti per scrittura e incensieri - vennero decorati con incisioni in stile epigrafico, con le iscrizioni che occupavano lo spazio centrale in una composizione decorativa tripartita. Le iscrizioni stesse venivano eseguite in thuluth, utilizzato anche nell'epigrafia architettonica, che costituiva una versione monumentale del corsivo (naskhī). Sugli oggetti in metallo di epoca mamelucca si conservano le numerose firme degli artisti che li eseguirono.Tra il 1300 e il 1400 furono prodotti in grande quantità manufatti in vetro smaltato e dorato. Si tratta di una tecnica complessa già in uso all'epoca degli Ayyubidi, che richiedeva una seconda cottura dell'oggetto di vetro per fissare lo smalto; il centro maggiore di questa produzione fu la Siria.Il vetro smaltato del primo periodo mamelucco presenta motivi figurativi con simboli araldici e talvolta zodiacali. La pittura è estremamente raffinata, minuta, realizzata in blu, rosso, giallo e bianco. Come nella metallistica, anche in questo caso i motivi figurativi gradualmente diminuirono a vantaggio dello stile epigrafico. A causa della forte domanda locale, le lampade da moschea in vetro erano probabilmente prodotte in Egitto: esse erano decorate sia con epigrafi sia con motivi floreali, compresi quelli di ispirazione cinese. Sugli oggetti in vetro erano quasi assenti i motivi geometrici. Accanto ai nomi e alle titolature, le lampade da moschea presentavano iscrizioni con il versetto della luce (Corano XXIV, 35; v. Lampada e Lampadario).Le lampade da moschea mostrano una tipica forma a vaso, mutuata dalle precedenti lampade in metallo; progettate per essere sospese, esse prevedevano anche un contenitore per l'olio. Il Mus. of Islamic Art del Cairo conserva la più ricca collezione di lampade in vetro di età mamelucca, molte delle quali provenienti dalla moschea del sultano Ḥasan.Nel periodo bahrite furono prodotti diversi tipi di oggetti in ceramica, spesso recanti le firme dei loro autori. La tecnica più comune fu quella della pittura sotto vetrina utilizzata per decorare piatti, contenitori e brocche: essa è caratterizzata dalla presenza di una ingobbiatura bianca, ricoperta da motivi in turchese, blu, verde e nero, e rivestita infine da un'invetriatura trasparente verdastra.La superficie degli oggetti è segnata da linee vigorose che disegnano riquadri o composizioni geometriche combinati con motivi floreali. In un altro gruppo compaiono grandi motivi animalistici, spesso uccelli, su uno sfondo campito da girali e spirali. La ceramica dipinta a lustro, diffusa in epoca abbaside e fatimide, continuò a essere utilizzata per brocche e albarelli con un fondo blu intenso e a lustro; tali oggetti erano destinati a essere esportati in Europa e in special modo in Italia. Dopo il sacco di Damasco a opera di Tamerlano nel 1401 questa produzione si esaurì.La ceramica mamelucca denuncia influenze iraniche, legate al fenomeno della migrazione di artigiani, ed elementi di derivazione cinese tanto nell'uso di motivi decorativi quanto nell'imitazione della produzione del celadon. Va infine ricordata la ceramica a decorazione incisa, con impasto rosso ricoperto da un rivestimento graffito e da un'invetriatura colorata; i recipienti erano ornati sia con iscrizioni e stemmi che richiamano le contemporanee produzioni in metallo sia con motivi floreali e animali.
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