mamelucchi
Già schiavi militari di diversa origine (turca, mongola e circassa), poi casta dominante, i mamelucchi detennero il potere in Egitto e Siria dalla metà del Duecento al 1516-17. M. osservò gli ultimi anni del loro sultanato, descritto in Principe xix 63-66, come un principato «tutto in nelle mani de’ soldati». Ne colse inoltre la peculiarità, che lo rendeva «disforme a tutti li altri principati», ma simile a quello papale, perché «né principato ereditario né principato nuovo»: alla morte del sultano, infatti, non gli succedeva un suo figlio, ma un nuovo eletto; tuttavia, «gli ordini di quello stato sono vecchi e ordinati a riceverlo come se fussi loro signore ereditario».
M. assistette alla caduta dei mamelucchi per mano turca. In Discorsi I i 18 si legge che
chi avesse considerato il regno del Soldano e l’ordine de’ Mammalucchi e di quella loro milizia, avanti che da Salí Gran Turco fosse stata spenta, arebbe veduto in quello molti esercizi circa i soldati, e arebbe in fatto conosciuto quanto essi temevano quell’ozio a che la benignità del paese li poteva condurre, se non vi avessono con leggi fortissime ovviato.
Include i mamelucchi tra le «nazioni» presso cui si era sparsa la «virtù» dell’impero romano (Discorsi II proemio 14), e ne attribuisce la sconfitta, da parte del sultano turco Selim I, all’artiglieria, «non per altra virtù di quella che per lo spavento che lo inusitato romore messe nella cavalleria loro» (Discorsi II xvii 44).