management
Insieme delle attività necessarie al raggiungimento degli obiettivi di un’organizzazione (attività direzionali) e delle persone preposte al loro compimento (dirigenti). Il m. è presente in qualsiasi entità organizzata privata o pubblica, con scopo di lucro o non profit, grande o piccola, attiva in qualunque settore.
Il primo lavoro approfondito sulle attività che compongono il m. risale agli inizi del 20° sec. e si deve a H. Fayol, secondo il quale la funzione direzionale possiede le seguenti caratteristiche: è essenziale, cioè non può non essere svolta all’interno di una impresa; è universale, in quanto è presente in qualsiasi azienda, sia essa semplice o complessa, piccola o grande; ha una specifica identità, che si concretizza nel determinare gli obiettivi che devono essere raggiunti e le modalità di azione per il loro conseguimento; si articola in 5 distinte componenti (programmare, cioè scrutare l’avvenire e redigere il programma di azione; organizzare, ovvero predisporre le risorse materiali e umane per lo svolgimento delle attività; comandare, cioè gestire i collaboratori; coordinare, ossia fare in modo che gli sforzi di tutti gli attori convergano verso un comune obiettivo; controllare, vale a dire valutare la conformità dei comportamenti e delle azioni rispetto alle regole o agli ordini impartiti); è pervasiva o diffusa, nel senso che è presente in tutta l’organizzazione, anche se le capacità direzionali diventano più rilevanti al crescere del livello gerarchico e della dimensione aziendale. Per Fayol, la funzione direzionale può essere svolta in modo efficace solo se basata su un «certo numero di condizioni, che si possono chiamare principi, leggi o regole», da utilizzare e applicare non in modo meccanico, ma tenendo conto delle diverse e mutevoli circostanze. Si tratta dei 14 ‘principi di direzione’, che Fayol trae dalla sua esperienza manageriale.
Intorno agli anni 1940, C. Barbard spostò l’attenzione sulle funzioni dei manager, che sono riconducibili a: dotare l’organizzazione di un efficace sistema di comunicazione per garantirne il corretto funzionamento; presidiare e gestire tutti i processi relativi alle risorse umane; formulare e definire gli scopi, gli obiettivi e i fini dell’organizzazione. La struttura manageriale dipende dalle caratteristiche dell’organizzazione (dimensione, orientamento strategico, obiettivi) e dell’ambiente in cui essa opera. In ogni caso, il m. copre tutte le aree decisionali e si sviluppa in senso sia verticale, dando vita alla linea gerarchica articolata in vari livelli di responsabilità, sia orizzontale, con specializzazioni di competenza coerenti con le aree da presidiare per garantire la gestione efficace ed efficiente dell’intero sistema.
Pur tenendo conto di queste differenze, l’attività manageriale esercitata in qualsiasi contesto presenta tratti comuni, che sono stati ben definiti nel classico lavoro di H. Mintzberg The nature of managerial work (1973). Da un lato, l’autorità formale concessa al dirigente (manager) permette di svolgere un ‘ruolo interpersonale’, che si esplicita nello svolgimento di alcune funzioni di rito, nella responsabilità per il lavoro svolto dai suoi collaboratori, nella gestione delle relazioni con l’esterno e nella programmazione delle relazioni interpersonali nell’ambito dei rapporti già consolidati. Dall’altro lato, proprio in funzione dell’autorità formale di cui dispone, il dirigente diventa il punto nevralgico dell’organizzazione o di una sua parte, ricoprendo un ‘ruolo informativo’, che si qualifica per la continua ricerca di informazioni utili alla gestione dell’impresa e la loro diffusione fra i collaboratori. Infine, il dirigente riveste un ‘ruolo decisionale’: da lui ci si aspettano idee innovative per incrementare il vantaggio competitivo, ci si attende la capacità di saper negoziare, di saper risolvere i conflitti che possono verificarsi all’interno della sua struttura e di saper ripartire le risorse tra progetti alternativi. In altri termini, al dirigente si richiede la ‘direzione delle decisioni’.
Con l’avvento delle nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione, nonché con la globalizzazione dell’economia, al m. si sono aperte nuove sfide. La rivoluzione telematica ha portato a una incredibile caduta del prezzo dell’informazione (e un’impresa non è in fondo altro che informazione organizzata a scopi produttivi), mentre la globalizzazione ha rivoluzionato le catene di offerta, attraverso la possibilità di delocalizzare imprese o fasi di lavorazione. P. Drucker, uno dei massimi studiosi di m. del 20° sec., ha individuato le caratteristiche del dirigente, tracciandone un efficace profilo. La capacità di intuire le relazioni ‘importanti’ per risolvere uno specifico problema gestionale consente di definire un portafoglio di azioni, all’interno delle quali poi si scelgono quelle che rispondono agli interessi dell’impresa. Il supporto di consulenti e di altri attori esterni nel processo decisionale aiuta il dirigente a concentrarsi sulle opportunità, anziché sui problemi, a formalizzare i piani di azione e ad attribuire le responsabilità. La disponibilità, o il desiderio, di un dirigente di vertice di creare e di lavorare con una squadra di collaboratori competenti è espressione della consapevolezza di avere una responsabilità ‘definitiva’, che non si può né condividere, né delegare, ma che si alimenta e si rinnova solo se si gode della fiducia del’intera organizzazione.