Vedi MANCHING dell'anno: 1961 - 1995
MANCHING (v. vol. IV, p. 814)
Durante l'epoca celtica Voppidum si trovava in una favorevole posizione viaria laddove il fiumiciattolo Paar, che scorre da S, sfocia nel Danubio, e certamente su un basso terrazzamento libero dal pericolo delle inondazioni. M. rientra nel novero dei centri abitati preistorici meglio indagati, anche se soltanto il 3% della sua superficie complessiva - che comprende 380 ha - è stato scavato. Negli ultimi 25 anni alcuni interventi edilizi e stradali hanno comportato scoperte su ampie superfici (1965-1967, 1971-1973 nella parte S e 1984-1987 nella parte N), mentre nel frattempo un saggio di scavo da S verso N, ha contribuito a chiarire l'intensità e le tipologie dell'edilizia abitativa. Numerose anche le pubblicazioni, ricche di nuovi dati.
La storia del centro abitato di epoca celtica si configura nel modo seguente: già alla fine del IV sec. a.C. (La Tène B2), al centro del più tardo oppidum deve essere esistito un piccolo abitato privo di difesa, che a causa della sua posizione favorevole, all'incrocio di importanti vie commerciali, si accrebbe rapidamente. Nel III e II sec. a.C. (La Tène C) questo insediamento minore assunse l'aspetto di un centro urbano: sono presenti, cioè, case costruite regolarmente e fittamente; è stata introdotta la produzione di oggetti in vetro, bronzo, ma soprattutto in ferro. È attestata la coniazione di monete; le importazioni dall'Italia (anfore) appaiono abbondanti.
In questo contesto cronologico M. sembra però essere stato non soltanto un centro produttivo e di commercio, ma anche religioso. Un alberello in bronzo dorato rinvenuto nello scavo insieme a una custodia di legno dorato, al limite settentrionale dell'abitato del La Tène Medio, rappresenta il primitivo culto «rurale» dell'albero, cui succedono poi varí santuari «urbani» (ne sono stati finora rimessi in luce tre), costituiti da un tempio circolare e da un fossato quadrangolare. Anche la maggior parte dei resti di scheletri umani vengono posti in connessione con riti cultuali e non più con un saccheggio di M. da parte dei Romani. Che tuttavia una distruzione del sito - già verso la fine del II sec. a.C. - non sia da escludere è testimoniato da ritrovamenti di depositi, resti sparsi relativi al culto del cavallo, armi piegate ritualmente quali testimonianze di un santuario devastato e anche di mutamenti nella struttura di edifici domestici. Causa di questo sconvolgimento furono probabilmente i Cimbri e i Teutoni; la costruzione del Murus Gallicus durante il passaggio dal La Tène C al La Tène D dovrebbe essersi resa necessaria come reazione a pericoli di questo tipo. A Ν il percorso delle mura urbane include anche un vecchio braccio del Danubio allora provvisto di acqua, il quale forse fu utilizzato come porto. Alcuni scavi in corrispondenza della porta orientale e presso altri tratti del bastione hanno mostrato che la cinta muraria è stata rinnovata, o meglio restaurata, per due volte, aggiungendovi palizzate incassate nel paramento esterno di pietra.
Il periodo di tempo che giunge fino alla definitiva distruzione della porta orientale, avvenuta per incendio attorno al 50 a.C. (La Tène D), è considerato generalmente come il periodo di fioritura di M.; la regolare costruzione di case raggiunge la sua massima espansione, senza tuttavia sovrapporsi alle superfici coltivabili a economia agraria, né, verosimilmente, a quelle destinate al pascolo, che fin dall'inizîale insediamento abitativo si trovavano entro l'oppidum.
La fine dell’oppidum oggi non viene più spiegata con la distruzione da parte dei Romani nel 15 a.C.; l'insieme dei ritrovamenti rivela verosimilmente ima data precedente, attorno al 30 a.C. In quest'occasione è interessante notare che i ritrovamenti più recenti sono di gran lunga meno numerosi di quelli del periodo precedente. Sull'occupazione della metà settentrionale dell’oppidum si può stabilire che l'edilizia di tipo regolare viene sostituita ora da una lenta diffusione di piccole fattorie. Dopo l'incendio della porta orientale era divenuta insostenibile la manutenzione dei 7 km di lunghezza del muro di cinta a causa della graduale diminuzione della popolazione. Causa di questi cambiamenti furono probabilmente le vittorie romane nell'Europa occidentale in rapporto con le infiltrazioni germaniche.
Bibl.: Per gli scavi e il materiale vedi la serie Die Ausgrabungen in Manching, voll. I-VIII, editi a Wiesbaden, IX-XV, editi a Stoccarda: I. Kappel, II. Die Graphittonkeramik von Manching, 1969; W. Krämer, F. Schubert, I. Die Ausgrabungen in Manching 1955 bis 1961, 1970; F. Maier, III. Die bemalte Spâtlatène-Keramik von Manching, 1970; V. Pingel, IV. Die glatte Drehscheibenkeramik von Manching, 1971; J. Boessneck, A. von den Driesch, U. Meyer-Lempenau, VI. Die Tierknochenfunde aus dem Oppidum von Manching, 1971; G. Jacobi, V. Werkzeug und Gerät aus dem Oppidum von Manching, 1974; W. E. Stöckli, VIII. Die Grobund Importkeramik von Manching, 1979; G. Lange, VII. Die menschlichen Skelettreste aus dem Oppidum von Manching, 1983; W. Krämer, IX. Die Grabfunde von Manching und die latènezeitlichen Flachgräber in Südbayern, 1987; D. van Endert, X. Das Osttor des Oppidums von Manching, 1987; R. Gebhard, XI. Der Glasschmuck aus dem Oppidum von Manching, 1989; H. -J. Kellner, XII. Die Münzfunde von Manching und die keltischen Fundmünzen aus Südbayern, 1990; R. Gebhard, XIV. Die Fibeln aus dem Oppidum von Manching, 1991; D. van Endert, XIII. Die Bronzefunde aus dem Oppidum von Manching, 1991; F. Maier e altri, XV. Ergebnisse der Ausgrabungen 1984-1987 in Manching, 1992.
V. inoltre: F. Schubert, Manching IV. Vorbericht über die Ausgrabungen in den Jahren 1965 bis 1967, in Germania, L, 1972, pp. 110-121; W. Krämer, F. Schubert, Zwei Achsnägel aus Manching, in Jdl, XCIV, 1979, pp. 366-389; W. Krämer, Graffiti auf Spätlatenekeramik aus Manching, in Germania, LX, 1982, pp. 489-499; F. Schubert, Vortrag zur Jahressitzung 1983 der Römisch-Germanischen Kommission. Neue Ergebnisse zum Bebauungsplan des Oppidums von Manching, in BerRGK, LXIV, 1983, pp. 5-19; F. Maier, U. Geilenbrügge, T. Weski, Vorberickt über die Ausgrabung 1984 in dem spätkeltischen Oppidum von Manching, in Germania, LXIII, 1985, pp. 17-55; F. Maier, Vorbericht über die Ausgrabung 1985 in dem spätkeltischen Oppidum von Manching, ibid., LXIV, 1986, pp. 1-43; S. Sievers, Die Waffen von Manching unter Berücksichtigung des Übergangs von LT Czu LTD, ibid., LXVII, 1989, pp. 97-120; W. Krämer, Das eiserne Ross von Manching, ibid., pp. 519-539; F. Maier, Das Kultbäumchen von Manching, ibid., LXVIII, 1990, pp. 129-165.