GUIDI, Manfredi
Secondogenito del conte Guido (Guido Novello), capo della fazione ghibellina, e di Gherardesca Novella Della Gherardesca, il G. ebbe il nome del figlio di Federico II a testimonianza della fede ghibellina del padre. La nascita è da collocarsi presumibilmente intorno al 1256-57, anche se nel Litta se ne segnala la partecipazione in armi alla battaglia di Tagliacozzo del 1268: in tale scontro poteva peraltro essere presente come paggio o scudiero del padre. Al fianco di questo il G. condusse infatti gran parte della giovinezza, ricevendo una formazione militare e politica che ne fece uno dei principali capi militari di fede ghibellina nella Romagna. Il G. seguì certamente il padre a Siena, poi nel castello di Modigliana ribellatosi ai conti nel 1271, quindi nei suoi spostamenti - determinati dalla vita da signore feudale di Guido Novello e dal suo agire da capo militare e politico - fra città e castelli, al di qua e al di là dell'Appennino.
Nel 1273, in seguito agli accordi di pace promossi da papa Gregorio X, il G. fu richiesto come ostaggio del re Carlo d'Angiò insieme con il fratello Federico (Federico Novello) che già lo era stato in precedenza. Tuttavia, a differenza di Federico, tenuto in severa prigionia, il G. dovette riottenere relativamente presto la libertà, forse grazie a una fuga: nel 1275, infatti, era già tornato in Romagna dove il padre era podestà di Faenza. Con lui, sotto il comando di Guido da Montefeltro e insieme con Bandino, Tancredi, Ruggero e Tegrimo, figli del conte Guido da Modigliana cugino del padre, prese parte agli scontri che opposero Faentini, Forlivesi e fuorusciti bolognesi al Comune di Bologna distinguendosi alla battaglia di ponte S. Procolo, all'assedio di Cervia e alla presa del castello di Riversano. Per il peso politico del padre e le sue capacità militari il G. fu nominato podestà di Faenza nel secondo semestre del 1277; con tale carica guidò l'esercito cittadino a fianco di Galeotto dei Pipini di Forlì, capitano generale della parte ghibellina bolognese-romagnola, riportando presso Imola una vittoria sui Bolognesi, mentre Guido da Montefeltro assaliva il castello di Calboli. Seguì quindi l'iniziativa paterna anche in occasione degli accordi di pace fra la fazione guelfa e quella ghibellina, promossi dal pontefice Niccolò III nel 1280, che giurò di osservare sia a Faenza sia a Firenze nel febbraio del 1281.
Più o meno in questo periodo sembrerebbe iniziare un'attività politica autonoma: è possibile che il padre avesse, dopo la sottoscrizione di tali patti, indirizzato i due figli più grandi, Federico e il G., a dedicarsi rispettivamente il primo al settore toscano, l'altro a quello romagnolo dei domini familiari. Per tutelare appunto tali possessi il G. si associò ai Guidi conti di Modigliana nelle trattative che li portarono nel gennaio del 1282, grazie alla mediazione dei vescovi di Ravenna e di Imola e di Guido da Polenta, a un accordo con Guillaume Durand, rettore pontificio in spiritualibus di Romagna, e con Jean d'Eppe, rettore in temporalibus. In sostanza si distaccavano dal sostegno alla parte ghibellina e al suo maggiore sostenitore in Romagna, Guido da Montefeltro, disimpegnandosi dall'attività politica in Faenza, Forlì e Cesena e ottenendo in cambio l'assoluzione da ogni condanna ecclesiastica e la salvaguardia dei loro possessi in Romagna; Modigliana però avrebbe dovuto essere tenuta provvisoriamente da Guido Salvatico del ramo di Dovadola, all'epoca podestà di Siena e in seguito capitano della Lega guelfa.
Nell'ottica di tale accordo e delle trattative che lo precedettero appare realistica l'ipotesi sostenuta nel Litta che l'Adelasia di messer Geremia, sposata dal G. nel 1284, appartenesse alla famiglia dei da Polenta: in ogni caso si trattava di un matrimonio che ribadiva la prospettiva romagnola per il Guidi. Proprio nello stesso anno, però, il nuovo legato pontificio in Romagna, Bernardo di Languissel, proponeva che il castello di Modigliana, a scanso di minacce future, venisse demolito; il papa fu contrario a tale iniziativa, ma acconsentì che i conti, nonostante l'accordo, fossero posti al confino lontano dai centri cittadini romagnoli. Mentre alcuni dei conti di Modigliana accettarono, il G. si ribellò alla pretesa pontificia e si schierò con i Faentini che tentavano di ribellarsi di nuovo al legato papale.
Mancano quindi notizie sul G. per un certo periodo di tempo; non risulta comunque che avesse seguito il padre nel suo tentativo di riscossa ghibellina che faceva capo ad Arezzo, né che fosse presente a Campaldino.
Appare invece in Toscana, nell'autunno del 1291, in coincidenza con la morte del fratello Federico; questi gli lasciava infatti la tutela della moglie e dei figli, nonché la responsabilità di difendere nell'interesse proprio e del nipote Guido Novello il Giovane i suoi beni e diritti in Toscana. Il G. si dette subito da fare cercando di riprendere il castello di Ampinana nel Mugello, che il padre aveva consegnato in garanzia a Firenze al momento degli accordi di pace con la città nel 1273 o nel 1281.
Al castello affluirono vari sbanditi ghibellini; così, dato che era ben fortificato e ora anche ben difeso, a Firenze si decise che era meglio trattare piuttosto che cercare di espugnarlo. Il castello, o meglio la rocca vera e propria, fu comprata con un contratto stipulato nell'aprile del 1292, versando al G. 3000 fiorini d'oro, con l'intenzione poi di distruggerla; rimanevano peraltro ancora al G. e al nipote i diritti signorili sugli uomini di Ampinana e la signoria sui villaggi vicini. Nello stesso periodo visitò anche gli altri castelli del Mugello e del Casentino che doveva conservare per Guido Novello, per esempio il castello di Raggiolo dove ancora diversi anni dopo era ricordato per avervi soggiornato e amministrato la giustizia.
Il G. era di nuovo in Romagna nell'aprile del 1294, quando vi giunse il nuovo legato pontificio Pietro arcivescovo di Monreale. Poiché, anzi, questi aveva promesso una riconciliazione fra le parti, venne a Faenza per presentarsi a lui insieme con altri signori ghibellini, come Maghinardo Pagani, Bandino Guidi di Modigliana, Fulceri e Francesco da Calboli. Ma non appena sorsero in città contrasti con i conti di Cunio, il legato ordinò che i capi ghibellini si allontanassero da Faenza e il G. si ritirò allora a Modigliana insieme con Bandino. Quando Maghinardo Pagani riprese la lotta contro la parte della Chiesa, il G. si schierò fra i suoi seguaci e fu con lui alla presa di Imola del 1296. Tale azione gli costò la condanna come ribelle e la teorica privazione dei feudi, ma i bandi papali non interruppero la guerra che si protrasse fino al 1299.
In relazione agli accordi di pace di quell'anno, ma probabilmente nell'interesse di entrambi, il G. realizzò uno scambio di territori e fedeli con il conte Guido Salvatico dei Guidi di Dovadola: a questo, fra i principali capi militari guelfi, rimasero pieni e indivisi i possessi e i diritti su Dovadola, Portico, Montauto, Castel Ruggero e altri castelli, mentre il G. aveva in cambio la quota di diritti di Guido Salvatico nei castelli di Tredozio, Castel di Collina, Montebovaro e Mesaurese e sul monastero di S. Benedetto in Alpe, oltre a 500 fiorini.
L'anno successivo si arrivò alla composizione di una controversia che aveva visto contrapporsi i conti di Modigliana al G. e a suo fratello Guglielmo Novello, controversia che non sappiamo quando fosse iniziata né cosa riguardasse, ma che potrebbe essere legata alla morte del fratello maggiore Federico. L'accordo fu sancito con le nozze fra Tegrimo di Modigliana e Giovanna, figlia di Federico, sulla quale il G. esercitava la tutela, nozze realizzatesi grazie alla dispensa papale del febbraio 1300 che le autorizzava nonostante la parentela. Nel 1301, quando il nipote Guido Novello raggiunse l'età per emanciparsi, il G. gli cedette la sua quarta parte del castello di Marradi con più di quaranta uomini soggetti in cambio di 2000 fiorini.
Con il nipote ormai autonomo, il G. guidò l'inserimento nelle controversie politiche del suo unico figlio nato da una relazione extraconiugale, cui aveva dato il nome da tradizione cortese di Tristano, e probabilmente fu insieme col fratello minore Guglielmo Novello fra i sostenitori della presa di potere della famiglia Ordelaffi a Forlì. Nel 1314 fu nuovamente dichiarato ribelle della Chiesa da Roberto d'Angiò, re di Napoli, cui il papa aveva affidato il vicariato per la Romagna; tale bando prevedeva che castelli e diritti feudali da lui detenuti in Romagna passassero a Guido Salvatico di Dovadola, ma anche questa volta non sembra che l'ingiunzione avesse esito. D'altra parte il G. non dovette vivere ancora per molto, dal momento che risulta già morto nel 1320 e forse non sopravvisse di molto al figlio Tristano, caduto in uno scontro presso Civitella, stando a quanto riportato nel Litta, nell'aprile del 1316.
Non sappiamo se il G. poté testare; tuttavia la sua morte, nonostante rivendicazioni del nipote Guido Novello e dei suoi eredi conti di Battifolle, fu con molta probabilità l'occasione perché i suoi diritti in Romagna passassero sotto il controllo dei parenti di Modigliana o di Ruggero, figlio di Guido Salvatico di Dovadola, il quale poteva far leva sulle disposizioni di Roberto d'Angiò.
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