SIOTTO PINTOR, Manfredi
– Nacque a Genova il 13 febbraio 1869 da Antonio, figlio di Giovanni (v. la voce in questo Dizionario), e da Eleonora Albano.
Visse fino ai quattordici anni in Svizzera. Rientrato in Italia, frequentò gli studi classici a Firenze e si laureò, ventiduenne, a Pisa nel 1891. Nel 1894 fu incaricato nella libera Università di Urbino, dove insegnò diritto costituzionale, diritto internazionale e filosofia del diritto. Nello stesso anno diede alle stampe a Firenze La riforma sociale in Italia più particolarmente considerata ne’ suoi rapporti coi problemi della pubblica e privata educazione e della libertà di testare. Nel lavoro si auspica la libertà assoluta di testare, sino a perorare la cancellazione dell’istituto della legittima dall’ordinamento positivo italiano.
L’anno successivo venne stampato Il sistema parlamentare rappresentativo. Mali e rimedi (Torino 1895), volume in cui sono anticipati gli orientamenti che avrebbero contrassegnato tutta l’opera successiva del giurista in materia di diritto elettorale. La tesi della rappresentanza ‘dei capaci’ presenta rilievi critici rispetto all’impostazione formalistica orlandiana, espressivi di un atteggiamento realistico che permette di classificare Siotto Pintor come un giurista eclettico, esponente del metodo politico-giuridico. La denuncia dei sistemi elettivi, predisposti a vantaggio di una esigua classe di privilegiati, è veemente (p. 18). Il regime democratico assicurerebbe la possibilità per ogni opinione soggettiva di imporsi sulle altre in seguito alla sua approvazione da parte del maggior numero. Il ‘pericolo socialista’ è intravisto nel fanatismo montante, causato della scarsa consapevolezza democratica da parte del popolo che le élites vogliono tenere lontano dalla partecipazione politica.
Nel 1896 pubblicò a Torino Considerazioni storiche e teoriche intorno ai più gravi argomenti della etica politica, in cui viene affrontato il tema della sovranità: «non affare di principi né di papi», essa risiede nella «volontà collettiva di ciascun gruppo autonomo». È già sufficiente riferirsi all’etimo, per cui Stato significa ciò che è, ovvero «la situazione statica del gruppo sociale dal punto di vista politico». Da questa prospettiva, la considerazione del «consenso comune» risulta indispensabile (p. 176).
È del 1900 la pubblicazione a Roma di L’ideale della pace e il rinnovamento psico-sociologico del così detto diritto internazionale. Il problema è essenzialmente etico: «non potendosi nell’ambiente interstatuale esercitare una coazione efficace in assistenza della giustizia» (p. 145), strumenti come l’arbitrato internazionale funzionerebbero soltanto «mercé la robusta affermazione delle idealità sociali in seno agli individui consociati (cioè gli Stati)» (p. 149). In questa chiave, il diritto internazionale è qualificato come «scienza etica de’ rapporti intersociali» (p. 167), il cui progresso non si raggiunge prefigurando un ideale ipotetico, ma secondo un’accurata analisi positiva, storica e sociologica. Avverso i cesarismi e gli imperialismi, molto è da sperare nelle riforme politiche in senso democratico, verso «tendenze federalistiche in seno alla democrazia robustamente fiorenti» (p. 179). La civilizzazione passa anche per l’emancipazione della donna e per l’organizzazione universale dei lavoratori, previa una adeguata riforma dell’istruzione pubblica. Non manca una critica del protezionismo, a fronte di un più proficuo «commercio intersociale» (p. 187) che favorirebbe le industrie ausiliarie, i traffici e l’interdipendenza economica.
L’anno seguente si propose per la successione a Prospero Fedozzi nell’insegnamento di diritto internazionale e nella supplenza di statistica presso l’Università di Perugia. Nello stesso anno fu edito I capisaldi della dottrina dello Stato (Roma 1901), in cui l’autore ancora una volta criticò gli indirizzi del formalismo e dell’organicismo a partire da un’analisi realistica. L’osservazione della realtà non offrirebbe che individui, e relazioni fra essi; sicché lo Stato risulterebbe come «attività», i cui obiettivi sono ascrivibili ai cittadini o agli enti collettivi (pur sempre da cittadini composti) deputati all’esercizio della funzione pubblica. In tale ottica, il diritto pubblico sarebbe un «diritto politico» (pp. 156 ss.).
Nel 1903 ottenne la nomina a professore straordinario a Perugia e il 2 aprile sposò Eugenia Crespi, dalla quale nel 1912 ebbe l’unico figlio Aureliano. Le teorie esposte in I capisaldi vennero approfondite in I criteri direttivi di una concezione realistica del diritto pubblico (in Annali dell’Università di Perugia, s. 3, III (1905), pp. 35-82). In polemica con Georg Jellinek e Vittorio Emanuele Orlando – sostenitori l’uno dell’esistenza di una psicologia sociale, l’altro, dei sentimenti di una comunità come efficienza ultima del diritto –, a risultare è solo l’elemento fattuale: se lo Stato non è una persona, ma l’insieme delle istituzioni costituite da cittadini, ugualmente il diritto non è un piano ancestrale di giustizia, bensì consiste nella legge, elaborata dai governanti, che regola i rapporti di forza all’interno della compagine sociale (pp. 47 ss.).
Al 1907 risalgono alcune pubblicazioni in cui il giurista tornò sull’argomento della partecipazione femminile all’elettorato (La donna e l’elettorato politico secondo la vigente legislazione italiana, 1907, pp. 3-12, già pubblicato in Foro italiano, XXXII (1907), 2, pp. 73-81; Ancora sul diritto della donna all’elettorato politico secondo la vigente legislazione italiana, 1907, pp. 3-10, già pubblicato in Foro italiano, XXXII (1907), 14, pp. 911-916). Nel 1908 a lui si deve l’istituzione, nella facoltà giuridica di Perugia, della prima cattedra separata e distinta di diritto internazionale privato in Italia. Dopo Perugia insegnò a Messina e poi a Catania, come titolare di diritto costituzionale. Dal 1907 collaborò allo Jahrbuch des offentlichen Rechts der Gegenwart fondato da Robert von Piloty e da Paul Laband a Tubinga. Dell’opera di Laband sarebbe stato anche traduttore e prefatore (Il diritto pubblico nell’Impero germanico, Torino 1913-1923).
Nel 1911 venne pubblicato Estensione del suffragio e distribuzione della rappresentanza (in Rivista di diritto pubblico e della pubblica amministrazione in Italia, III (1911), pp. 385-405), seguito da Le riforme del regime elettorale e le dottrine della rappresentanza politica e dell’elettorato nel sec. XIX (Roma 1912), lavori in cui il giurista esprimeva le sue considerazioni favorevoli al suffragio universale. Una volta esteso il diritto al voto, i governanti emergerebbero dalla massa in un ricambio continuo. Fra la forza numerica del basso e la forza intellettuale in cima il rapporto sarebbe fluido proprio in considerazione della natura contrattuale del potere, che determina l’impossibilità di qualsiasi durevole monopolio.
Nel 1914 conseguì l’ordinariato a Catania. Successivamente fu a Macerata, Parma, Pavia, Pisa. Sono gli anni dei contributi sull’immunità dello Stato estero nella giurisdizione interna, sulla cittadinanza, sul diritto di navigazione (tra cui si segnalano: La protezione dei marchi esteri in Italia, Catania 1914; La nuova legge sulla cittadinanza nell’Impero germanico, Roma 1914; Le guarentigie supreme del diritto considerate specialmente in rapporto al diritto internazionale, in Rivista di diritto internazionale, XII (1918), pp. 210-288).
Nel periodo della Grande Guerra prese posizioni critiche sul germanesimo. In I traviamenti dello spirito scientifico tedesco ed i rapporti del diritto con la morale (Macerata 1919), il giurista accusa la scienza tedesca di avere il «culto dell’accumulazione, non della grandezza; [essa] adora il colossale, non il grandioso» (p. 105). A fronte di ciò, sarebbe opportuno che la dottrina italiana non si irrigidisse sull’indirizzo giuspositivistico, al fine di rendersi «consapevole della propria necessità imprescindibile di far capo alla morale» (p. 115). Durante i moti operai del 1920 rimarcò le sue idee antisocialiste in diversi scritti apparsi sulla Rivista delle società commerciali: L’elefantiasi dei consumi e la mortificazione del lavoro e del risparmio. A proposito della riforma tributaria (X (1920), pp. 105-110); A proposito dei “consigli di fabbrica” e dello spirito retrivo della borghesia italiana (ibid., pp. 484-489); Controllo delle aziende e controllo dei nervi (ibid., pp. 735-740); Controllo economico e dissidio politico (ibid., pp. 846-852); Divagazioni dal punto centrale in materia di controllo sulle industrie (XI (1921), pp. 29-34); La collaborazione effettiva sostituita all’esteriorità del controllo sulle aziende e sull’industria (ibid., pp. 161-168).
Nel 1924 fu contemporaneamente chiamato a Torino sulla cattedra di diritto costituzionale e designato dal ministro Gabrio Casati per la medesima disciplina presso Firenze. Accettò l’incarico nel capoluogo toscano, dove creò anche la biblioteca della nuova facoltà. A Firenze insegnò inoltre, per incarico, diritto internazionale presso la facoltà giuridica e presso la Scuola superiore di scienze economiche e commerciali, diritto coloniale e storia dei trattati e delle relazioni diplomatiche al Reale Istituto superiore di scienze sociali e politiche Cesare Alfieri e diritto amministrativo alla Scuola superiore dei Reali Carabinieri.
Nel campo del diritto internazionale riaffermò la concezione del diritto in sé e nei suoi rapporti con il diritto interno e con la morale, proponendo una rielaborazione dei principi giusnaturalistici alla luce della svolta impressa da Dionisio Anzilotti alla disciplina (Corso di diritto internazionale: dalle lezioni del prof. Siotto Pintòr raccolte dal dr. U. Ponzecchi, Firenze 1928-1929).
Nel 1925 fu tra i firmatari del Manifesto degli intellettuali antifascisti redatto da Benedetto Croce. Contrario a insegnare dottrine dello Stato nel clima politico del regime, in quel medesimo anno lasciò la cattedra di diritto costituzionale per insegnare esclusivamente diritto internazionale. Nell’anno accademico 1926-27 tenne un corso sulle pubbliche libertà che lo rese inviso alle autorità. Nel 1929 e nel 1932 tenne all’Académie de droit international dell’Aia corsi su Le régime international de l’Escaut e su Les sujets de droit international autres que les États. Frattanto, nel 1930 vinse il concorso per la cattedra di diritto internazionale nell’Università del Cairo, dove fu anche membro della Société royale d’économie politique, de statistique et de législation. L’incarico presso l’università egiziana non gli fece perdere i contatti con l’ateneo fiorentino, dove rimase titolare fino al raggiungimento dei limiti d’età, nel 1939, quando fu nominato professore emerito. Fu anche membro dell’Accademia filologica italiana e dell’American Academy of political and social sciences di Filadelfia.
Morì a Firenze il 10 maggio 1945.
Opere. Fra le opere non citate: Della vera natura ed indole del diritto internazionale, Firenze 1895; Brevi cenni intorno ai problemi fondamentali della filosofia giuridica, Torino 1896; Intorno alla decorrenza del termine della perenzione d’istanza, Milano 1897; Lo Statuto italiano di Carlo Alberto, considerato come riassunzione ultima nazionale della secolare vita intellettuale e sociale italiana, Urbino 1898; Il Concerto europeo e la conferenza internazionale per la pace, Milano 1899; Il rinnovamento scientifico del così detto diritto internazionale e gli errori della scuola giuridica, Roma 1900; Lo Stato, Urbino 1900; Die bemerkenswertesten Wandlungen und Ereignisse des Verfassungrechtslebens in Italien in den letzten 15 Jahren (1803-1907), in Jahrbuch des öffentlichen Rechts, II (1908), pp. 259-294; Le riforme del regime elettorale e le dottrine della rappresentanza politica e dell’elettorato nel sec. XIX, Roma 1912.
Fonti e Bibl.: Recueil des cours. Tables quinquennales. 1928-1932. Académie de droit international établie avec le concours de la Dotation Carnegie pour la paix internationale, Paris 1933, XXI, pp. 285-369, XLI, pp. 251-361; G. Vedovato, Necrologio di M.S.P., in Rivista internazionale di filosofia del diritto, XXIV (1947), pp. 235-241; P. Grossi, La scienza del diritto privato, Milano 1988, pp. 11, 79, 88; R. Romanelli, Individuo, famiglia e collettività nel codice civile della borghesia italiana, in Saperi della borghesia e storia dei concetti fra Otto e Novecento, a cura di R. Gherardi - G. Gozzi, Bologna 1995, pp. 366, 390; C. Calvieri, La cattedra di diritto costituzionale di M. S.P., in Giuristi dell’Università di Perugia. Contributi per il VII Centenario, a cura di F. Treggiari, Roma 2010, pp. 55-71; L. Passero, Dionisio Anzilotti e la dottrina internazionalistica tra Otto e Novecento, Milano 2010, pp. 414-418; G.P. Trifone, Il diritto al cospetto della politica. Miceli, Rossi, S. P. e la crisi della rappresentanza liberale, Napoli 2010; L. Passero, S. P., M., in Dizionario biografico dei giuristi italiani (XII-XX secolo), II, Bologna 2013, pp. 1876-1877; G.P. Trifone, «Colmare il baratro». Il ‘pericolo socialista’ secondo Emile de Laveleye e M. S. P., in Giornale di storia costituzionale, XXV (2013), 1, pp. 253-272.