SASSUOLO, Manfredino
da. – Figlio di Manfredo e di Berta, di cui non si conosce il casato, nacque a Sassuolo tra il 1240 e il 1250. Nella documentazione coeva la famiglia è detta della Rosa (de Saxolo, de Rosa).
Il padre Manfredo, ormai saldamente signore di Sassuolo e dei castelli vicini, aderiva alla parte della Chiesa e con i suoi eredi mostrò sempre particolare devozione a san Francesco e ai frati minori, tanto che nel 1260 ad accompagnare i flagellanti di Sassuolo prima a Reggio e poi a Parma fu chiamato fra Salimbene de Adam, allora nel convento di Modena, che in seguito avrebbe sempre mostrato una particolare condiscendenza nei confronti dei signori di Sassuolo. Nel 1262 Manfredo era, a Modena, uno dei capi della società degli Aigoni di ispirazione guelfa e nel 1264 con Jacopino Rangone chiamò in città Obizzo II d’Este, appena divenuto marchese di Ferrara, per cacciare da Modena, con l’aiuto delle sue truppe, le famiglie aderenti alla parte imperiale dei Grasolfi. Fu in seguito podestà di Reggio Emilia nel 1267, di Parma nel 1268, di Ferrara nel 1269 e nel 1272, di Piacenza nel 1273, di Cremona nel 1274 e infine di Bologna nel 1278.
Manfredino, emancipato insieme al fratello Tommasino nel 1274, ripercorse la strada paterna, rafforzando il suo potere su Sassuolo e sui castelli vicini, cercando di inserirsi tra le più potenti famiglie della città di Modena, e ponendosi al servizio delle città guelfe: in particolare di quelle che allora estendevano il loro potere lungo il corso del Po, da Piacenza a Ferrara e nelle corrispondenti fasce prealpine e preappenniniche, rispettivamente da Brescia a Verona e da Parma a Bologna. Divenuto podestà di Parma nel 1280 – come ricorda Salimbene de Adam – sciolse la compagnia radunata vent’anni prima dal popolano Giovanni Bariselli Tedaldi per combattere contro la parte dell’Impero; Manfredino infatti «voleva governare lui Parma col suo consiglio, dato che lui era il podestà dei Parmigiani» (Salimbene de Adam, Cronica, a cura di G. Scalia, 2007, p. 1043).
La determinazione e l’abilità nel comando di Manfredino si manifestarono, ben presto, nei conflitti e nelle lacerazioni tra le famiglie modenesi che guardavano, ciascuna, più agli interessi del casato che al bene della città e della stessa pars Ecclesie (ovvero della compagnia degli Aigoni, contrapposta ai Grasolfi imperiali ormai sconfitti, tanto che nella seconda metà degli anni Settanta anche le famiglie del Frignano si assoggettarono al Comune).
Nel 1284 le antiche famiglie dei Rangone, dei Boschetti e dei Guidoni (che avevano i loro centri di potere a ridosso della città, a Spilamberto, a San Cesario e nella bassa) assunsero il controllo del Comune e il 30 luglio ne cacciarono le famiglie dei signori di Savignano, di Sassuolo e di Vignola, che si fortificarono nei loro castelli a ridosso delle colline, dai quali compivano incursioni fino alle porte della città. Manfredino circondò Sassuolo di nuove mura e di grandi fosse per resistere a ogni assalto.
Ebbe così inizio la lotta tra gli intrinseci e gli estrinseci che tante preoccupazioni avrebbe suscitato nelle città aderenti alla parte della Chiesa. Pochi giorni più tardi, il 7 agosto 1284, gli intrinseci modenesi si diressero in armi contro Sassuolo, ma furono sconfitti dal Manfredino a Colombaro, presso Modena, e lo stesso accadde alcune settimane più tardi, il 20 settembre, a Magreta (nei pressi di Formigine); ma continuarono a rifiutare la mediazione delle città guelfe.
Per la pace si impegnarono soprattutto Matteo e Guido da Correggio, signori di Parma, con la collaborazione dei frati minori e dello stesso cronista Salimbene de Adam. Tutto fu inutile anche per l’atteggiamento attendista dei bolognesi.
Fu allora che i parmigiani cominciarono ad appoggiare apertamente Manfredino, e quando gli intrinseci posero l’assedio al castello di Levizzano, inviarono un esercito in suo aiuto, proclamando con l’appoggio di altre città guelfe la lotta contro gli intrinseci modenesi. Costoro tolsero l’assedio, rientrarono in città e accettarono le condizioni di pace stipulate a Parma il 28 giugno 1286. Due giorni dopo Manfredino rientrò a Modena.
Un anno più tardi, il 6 settembre 1287, con Tommasino da Sassuolo e con Grassone, signore di Vignola, cercò di impadronirsi di Modena con l’aiuto di fuoriusciti di parte imperiale, ma il colpo di mano non riuscì e i modenesi, con un grosso esercito e l’appoggio dei reggiani, raggiunsero Sassuolo, la incendiarono, smantellarono la rocca e compirono una grande strage.
Tre mesi più tardi, il 15 dicembre 1287, Lanfranco Rangone, Guido Guidoni e il vescovo Filippo Boschetti, per garantire la pace offrirono il dominio della città al marchese Obizzo II d’Este, che il 23 gennaio 1289, dopo essere stato podestà, assunse i pieni poteri. Alla morte del marchese, il 20 gennaio 1293, divenne signore di Ferrara di Reggio e di Modena il primogenito Azzo. Lanfranco Rangone, invece, appoggiò a Modena la signoria di Aldobrandino fratello di Azzo che spedì contro di loro un esercito comandato da Tommasino da Sassuolo per impedirgli di impossessarsi di Modena. Rinacquero cosi le due antiche fazioni: da una parte i signori di Sassuolo, di Savignano e di Vignola contro le famiglie dei Rangone e dei Boschetti e i loro alleati.
L’ultimo scontro fra le due fazioni si compì il 6 novembre 1293 con la vittoria di Manfredino e dei suoi alleati: Lanfranco Rangone e i suoi lasciarono la città di Modena, mentre Aldobrandino d’Este abbandonò Ferrara.
Appoggiando, negli anni successivi, i falliti tentativi espansionistici (verso Bologna e Parma) compiuti da Azzo d’Este, per suo conto Manfredino divenne nel 1296 capitano di Reggio, espugnò il castello di Montebabbio e fece decapitare Bartolomeo signore del castello come traditore. All’Estense rimase a lungo fedele; di particolare rilievo il suo operato nella difficile congiuntura verificatasi nel 1305.
In quell’anno, da una parte il signore di Parma Giberto da Correggio giunse in armi fino alle mura di Reggio e, sull’altro versante, i bolognesi, con i Boschetti e alcuni da Savignano ora loro alleati, giunsero a poche miglia da Modena impossessandosi del ponte di Sant’Ambrogio. In città Rainero da Savignano e i popolani scesero in piazza con le armi, ma furono prontamente sconfitti da Manfredino rimasto fedele ad Azzo che, giunto in città da Ferrara, la trovò pacificata.
Ancora nel 1305, l’8 novembre, le città di Parma, Mantova e Verona si accordarono con alcune famiglie modenesi avverse ad Azzo d’Este, escludendo espressamente dal patto Manfredino da Sassuolo. Nonostante ciò, suo figlio Sassòlo si alleò con i popolani e i nemici di Azzo e – secondo alcuni cronisti – fu sua l’iniziativa di preparare la congiura del 26 gennaio 1306 contro la parte favorevole al marchese, convincendo il padre, che in Modena ne faceva le veci, a non contrastare per lo meno la riuscita dell’impresa.
Quando fu preso il castello, il podestà e le truppe estensi non furono più in grado di contrastare i rivoltosi. Si giunse a un accordo in base al quale i soldati di Azzo, abbandonate le armi, se ne poterono andare liberamente. Anche il tentativo di Francesco d’Este, figlio di Azzo, di riprendere la città fu prontamente stroncato da Sassòlo da Sassuolo e il giorno seguente anche le famiglie dei fuoriusciti, ovvero i Boschetti, quelli da Savignano e i Rangone, rientrarono in città. Il castello iniziato da Obizzo e fortificato da Azzo d’Este fu raso al suolo e fu proclamata la Respublica Mutinensis sotto la protezione di san Geminiano.
Anche l’anno successivo, nel febbraio del 1307, Manfredino svolse un ruolo di rilievo nel contrastare l’ennesima recrudescenza della lotta tra le grandi famiglie modenesi in perenne contrasto tra loro per emergere dopo la cacciata degli Estensi. Scoperto l’accordo di alcuni Guidoni e dei signori di Savignano con i bolognesi, Manfredino li arrestò e li fece rinchiudere in gabbie di ferro come monito a tutti i cittadini. Nei mesi successivi, dopo la presa del castello di Finale da parte dei Guidoni, scoppiarono tumulti in città fra i due principali schieramenti: i Boschetti, i Rangone, i Guidoni e i da Savignano si radunarono in armi presso la Croce di Pietra, ma i da Sassuolo, i Grassoni, i da Levizzano e i da Ganaceto con altre famiglie allora aderenti alla parte imperiale dei Grasolfi li assalirono (nonostante i tentativi di mediazione del podestà) sconfiggendoli e obbligandoli a lasciare la città.
L’ultimo atto compiuto da Manfredino fu peraltro un tentativo di pacificazione: un lodo, proclamato il 1° luglio 1309, volto a cancellare il bando a cui era stata condannata dal Comune di Modena la famiglia Boschetti con i suoi aderenti.
Manfredino fece testamento in favore dei figli Sassòlo, Azzo e Obizzo il 24 luglio 1309 a Modena; morì poco dopo e fu sepolto con gran pompa nella chiesa di S. Francesco di Modena.
Gli Annales veteres mutinenses (XI, cap. 78) e il Chronicon Mutinense (XI, cap. 96) ne segnano la morte sotto l’anno 1310 il giorno 24 di luglio, seguiti da Girolamo Tiraboschi (1825, p. 310) e da Natale Cionini (1916, p. 70), ma egli risultava già defunto in un atto compiuto dal figlio Sassòlo per l’acquisto di terre a Fiorano il 15 ottobre 1309 (Giovannini, 2004, p. 65).
Nella discendenza di Manfredino, ha un ruolo primario la linea di Sassòlo da Sassuolo, uno dei protagonisti nelle vicende che insanguinarono la vita del Comune di Modena nei primi decenni del XIV secolo, fino alla occupazione dei suoi castelli e alla sua cattura nella battaglia di Zappolino del 15 novembre 1325 in cui era alleato dei bolognesi. Passerino Bonaccolsi lo condusse nelle carceri di Mantova e lo fece avvelenare nel 1326. I suoi eredi riuscirono a rientrare nel castello di Sassuolo e a tenerlo fino al 13 maggio 1373, quando il marchese Niccolò II d’Este ne assunse il dominio diretto dopo la vittoria di Gavardo contro Bernabò Visconti e i suoi alleati Manfredino VI e Francesco da Sassuolo. Niccolò III d’Este nel 1394 restituì a quest’ultimo il possesso dei castelli di Sassuolo e di Fiorane, ma nel 1417, con l’accusa di tradimento, lo fece condurre in carcere a Ferrara, dove morì quello stesso anno e fu sepolto nella chiesa di S. Francesco. Il castello, il borgo e le terre di Sassuolo tornarono così definitivamente sotto il diretto dominio del marchese Niccolò III d’Este.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Modena, Archivio Notarile, Memoriale antico, n. 45, 1309, n. 4881; Memoriale potestatum Regiensium, in RIS, VIII, Milano 1726, coll. 1159 s., 1170; Sagacius et Petrus de Gazata, Chronicon Regiense, ibid., XVIII, Milano 1731, coll. 11, 16, 20; Bartolomeo da Ferrara, Libro del Polistore, ibid., XXIV, Milano 1738, coll. 699, 710, 735; Cronache modenesi di Alessandro Tassoni, di Giovanni da Bazzano e di Bonifacio Morano, a cura di L. Vischi - T. Sandonnini - O. Raselli, in Monumenti di storia patria delle province modenesi, Cronache, XV, Modena 1888, ad ind.; Annales veronenses de Romano, in Antiche cronache veronesi, a cura di F. Cipolla - C. Cipolla, Venezia 1890, pp. 431, 433; Chronicon Parmense, in RIS, IX, 9, a cura di G. Bonazzi, Città di Castello 1902-1904, ad ind.; Chronicon Estense cum additamentis usque ad annum 1478, ibid., XV, 3, a cura di G. Bertoni - E.P. Vicini, Città di Castello-Bologna 1908-1937, pp. 58-62, 86-89; Ferretti Vicentini Historia rerum in Italia gestarum (1250-1318), a cura di C. Cipolla, in Fonti per la storia d’Italia, I, Roma 1908, pp. 214-219; Corpus chronicorum Bononiensium, in RIS, XVIII, a cura di A. Sorbelli, II-III, Bologna 1910-1939, ad ind.; Iohannis de Bazano, Chronicon Mutinense (1188-1363), ibid., XV, 4, a cura di T. Casini, Bologna 1917-1919, pp. 46, 48, 57 s., 92 s.; F. Panini, Cronica della città di Modona, a cura di R. Bussi - R. Montagnani, Modena 1978, pp. 75, 100-106; Salimbene de Adam da Parma, Cronica, testo latino a cura di G. Scalia, traduzione di B. Rossi, Parma 2007, II, pp. 1296, 1466-1471, 1606, 1622-1629, 1754, 1760, 1796.
G. Tiraboschi, Memorie storiche modenesi col codice diplomatico, II, Modena 1793, pp. 101-174; Id., Dizionario topografico-storico degli stati estensi, II, Modena 1825, pp. 304-316; Storia di Modena e dei paesi circostanti, a cura di A. Namias, Modena 1894, pp. 160 s., 169-175, 180, 187-191, 200-206; N. Cionini, La famiglia da Sassuolo o della Rosa, Modena 1916, pp. 15-28, 64-70, 86-89; C. Vicini, La caduta del primo dominio estense a Modena e la nuova costituzione democratica del comune (1306- 1307), Modena 1922, pp. 26-36; G. Bucciardi, Fiorano nelle vicende storiche del Castello e del Santuario dalle origini al 1859, Modena 1934, pp. 47 s., 59-62, 88-91; M. Schenetti, Sassuolo da nobil terra a capitale della ceramica, Modena 1973, pp. 17-22; Id., Storia di Sassuolo centro della valle del Secchia, riveduta e aggiornata fino all’anno 1950, Modena 1975, pp. 21-46; E. Rotelli, Il Medioevo, in E. Rotelli - R. Piacentini, Storia di Sassuolo. Dalle origini alla fine della Signoria dei Pio, Bologna 1989, pp. 11-22; C. Frison, Le signorie minori della pianura: Carpi, Mirandola, Sassuolo, Vignola, in Storia illustrata di Modena, a cura di P. Golinelli - G. Muzzioli, I, Milano 1990, pp. 335-337; A. Gamberini, La città assediata. Poteri e identità politiche a Reggio in età viscontea, Roma 2003, pp. 115, 275; C. Giovannini, Ricerche su Bonincontro da Fiorano vescovo di Modena, 1315-1318 e il venerabile padre e suo signore Matteo Pio vescovo (1264-1276), Modena 2004, pp. 12, 23, 25, 64 s.