TAFURI, Manfredo
Nacque a Roma il 4 novembre 1935 da Simmaco, ingegnere al ministero dei Lavori pubblici, e da Elena Trevi, di famiglia ebraica originaria di Ancona. Per l’esclusione dei figli di padre 'ariano' non praticanti la religione materna dai provvedimenti delle Leggi razziali del 1938, poté frequentare regolarmente la scuola elementare nonostante il trasferimento e la relativa clandestinità presso un’altra famiglia durante l’occupazione tedesca dell’Urbe.
Allo spontaneo interesse per la storia dell’arte, la musica e l’esercizio della pittura nel periodo della scuola media, si aggiunsero negli anni degli studi al liceo Tasso quello per la filosofia, suscitato dal temporaneo insegnamento svolto in questa sede da Bruno Widmar e dall’ascolto delle lezioni radiofoniche di Enzo Paci sull’esistenzialismo, con cui si misurò leggendo in traduzioni testi di Albert Camus, Jean-Paul Sartre e Martin Heidegger; e in seguito alla conoscenza della Storia dell’architettura moderna di Bruno Zevi (Torino 1950) e del Borromini di Giulio Carlo Argan (Milano 1952) scaturì quello per quest’ultima disciplina, che ne informò la scelta del percorso universitario, iniziato nel novembre 1953.
L’impatto con il conservatorismo culturale e didattico diffuso fra i docenti della facoltà romana, in buona parte esponenti del corpo accademico fascista, comportò per il giovane Tafuri il volgersi alla rivista Casabella-Continuità, diretta da Ernesto Nathan Rogers, per l’aggiornamento sul contemporaneo dibattito architettonico; e nel contempo la formazione con alcuni colleghi e amici di gruppi di lavoro culturale e politico nella facoltà, per i cui orientamenti di impegno civile trovò nel settimanale Il Mondo di Mario Pannunzio un ulteriore referente. Dall’adempimento degli obblighi studenteschi derivarono gli studi sull’ampliamento seicentesco del comune di San Gregorio da Sassola presso Roma e su due edifici trecenteschi di Taormina (pubblicati nel 1961 e 1962), mentre la sua intransigenza nel confronto con le istituzioni determinò l’apporto all’occupazione della sede di architettura il 5 marzo 1958. Seguirono, nel 1959, la promozione del Centro addestramento matricole, in cui propose lezioni e seminari di aggiornamento su temi e figure del 'Moderno', contrapponendosi ai corsi tenuti da Vincenzo Fasolo, Renato Bonelli e Saverio Muratori, mediante disamine permeate dal confronto critico fra le visioni storiografiche di Zevi e di Argan, del quale ultimo frequentò l’iniziale ciclo di lezioni universitarie nella Capitale. Quindi contribuì alla fondazione dell’ASeA (Associazione Studenti e Architetti), il cui manifesto fu accolto in L’architettura cronache e storia (1959, n. 45), segnandone l’esordio nell’attività pubblicistica, così come lo costituì in campo professionale il coinvolgimento da parte di Mario Manieri Elia nel gruppo guidato da Giuseppe Vaccaro per la partecipazione al concorso per la Biblioteca nazionale di Roma ancor prima della laurea, conseguita nel luglio 1960 con un’inconsueta tesi di argomento storico su edifici siciliani di età sveva.
L’impegno editoriale produsse prima articoli inerenti al piano regolatore di Roma e al dibattito urbanistico, e poi la collaborazione con l’Istituto della Enciclopedia italiana per l’aggiornamento della voce Architettura, precedentemente redatta da Argan, nell’Enciclopedia di scienza, lettere e arti, Terza Appendice, 1949-1960, e per la stesura di quelle su Ignazio Gardella, Philip Johnson, Le Corbusier (I, 1961), Mies van der Rohe, Mario Ridolfi, Gerrit Thomas Rietveld, Eliel Saarinen e Bruno Zevi (II,1961), oltreché per quelle del Dizionario biografico degli Italiani su Pietro Aschieri, Camillo Autore, Francesco Azzurri (IV, 1962) e Gian Luigi Banfi (V, 1963). L’attivià professionale diede luogo al travaso dei componenti dell’ASeA nello studio AUA (Architetti Urbanisti Associati) con il quale Tafuri prese parte a concorsi di progettazione come quelli per la sistemazione dell’area dell’ex caserma Montevecchio a Fano e per il Centro direzionale di Torino nel 1962, e nel 1963 per il nuovo ospedale civile di Venezia. Prodotti, questi, contemporanei all’ufficiale impegno nella didattica universitaria, che esercitò dall’anno accademico 1961-62: a Roma, nel corso di composizione architettonica II tenuto da Saul Greco, affiancando Carlo Aymonino, Sergio Bracco, Vieri Quilici e Giorgio Piccinato, con interventi su temi di urbanistica di cui si stava occupando anche all’interno di un gruppo di 'tecnici' del Partito socialista; a Milano, in quello di storia dell’arte e dell’architettura, con lezioni svolte quale supplente di Rogers, e ancora a Roma, come assistente di Ludovico Quaroni, che gli affidò la responsabilità della parte storica del proprio corso compositivo (1963-64). A quest’ultimo maestro Tafuri intitolò il suo primo libro, legando il nome del protagonista alle tematiche inerenti allo sviluppo dell’architettura moderna in Italia (Ludovico Quaroni e lo sviluppo dell’architettura moderna in Italia, Milano 1964), in una disamina disciplinare delle «realtà della contraddizione» che fu definita da Zevi, nella sua recensione su L’Espresso (28 giugno 1964), «rarissima e forse unica eccezione nella vasta letteratura» sugli «architetti contemporanei», ma con una citazione del testo relativa a «le disastrose condizioni culturali della Facoltà» romana negli anni Trenta che comportò per il giovane autore una querela da parte di Enrico Del Debbio, in essa ancora docente.
Culmine degli studi pubblicati nei tre anni precedenti su riviste quali Argomenti di architettura, Casabella-Continuità, Comunità, L’architettura cronache e storia, Italia Nostra, Superfici, Urbanistica, Zodiac, il libro su Quaroni coincise con la scelta di abbandonare l’attività progettuale per impegnarsi maggiormente nell’esercizio della critica storica: decisione che permise a Tafuri l’elaborazione di una monografia su L’architettura moderna in Giappone (Bologna 1964), lo portò a ottenere la libera docenza in urbanistica nel 1965, a partecipare a un corso di teoria della progettazione architettonica presso l’Istituto universitario di architettura di Venezia su invito di Giuseppe Samonà, e ad approntare il volume dedicato a L’architettura del Manierismo nel Cinquecento europeo nel 1966, in funzione del concorso per la cattedra di storia dell’architettura, vinto anche per il sostegno ricevuto da Zevi. Entrato in ruolo e sposatosi in quest’anno con Letizia Giusi Rapisarda, da cui ebbe la figlia Dafne, Tafuri insegnò restauro dei monumenti nella sede universitaria di architettura a Palermo (1966-67), venendo chiamato da Samonà all’Istituto di Venezia come docente stabile dall’anno accademico successivo. In questo periodo, al costante impegno nell’ampliamento dei temi di studio e nei dibattiti legati alle iniziative di Italia Nostra e dell’Istituto nazionale di urbanistica, si aggiunsero la curatela di documentari su architetture e città europee per la RAI e l’avvio della collaborazione con il Centro internazionale Andrea Palladio di Vicenza: il diretto confronto con storici quali André Chastel, Arnold Hauser, Nikolaus Pevsner, John Shearman, Rudolf Wittkower, intrecciandosi con la riflessione sull’opera di Walter Benjamin e sui più recenti apporti concettuali di autori come Roland Barthes, Umberto Eco, Franco Fortini e François Furet, con il conseguente approccio a quello di Michel Foucault sulla 'archeologia' delle scienze umane, nonché con la contrarietà alle derive massimalistiche nel contesto delle rivendicazioni studentesche, informò l’elaborazione del volume su Teorie e storia dell’architettura (Bari 1968).
In esso Tafuri dichiarò l’obiettivo di «rendere storiche le esperienze dell’architettura contemporanea» recuperando «la loro storicità in seno al passato» (p. 12), per rilevare le strumentalità progettuali della storiografia «operativa», cui contrappose, mediante un’articolata analisi delle «tangenze» fra prodotti delle età moderna e contemporanea, «l’identificazione della critica con la storia» (p. 196): formulazione metodologica che, in sintonia con il rinnovamento della riflessione teorica sui testi del marxismo avanzata negli anni precedenti da Raniero Panzieri, Mario Tronti, Alberto Asor Rosa, Rita Di Leo e Massimo Cacciari contro l’uso dogmatico fattone dai partiti politici, Tafuri declinò in chiave disciplinare nel saggio Per una critica dell’ideologia architettonica apparso su Contropiano (1969, n. 1, pp. 31-79). In tale ottica presentò la revisione della voce Rinascimento stilata per il Dizionario di architettura e urbanistica nel volume L’architettura dell’Umanesimo (Bari 1969) e in quello dedicato a Jacopo Sansovino e l’architettura del ’500 a Venezia (Padova 1969), affiancando Samonà e Aymonino nel rinnovamento avviato nell’Istituto veneziano con la convergenza fra didattica e ricerca. Da qui derivarono corsi monografici e lavori collettivi sui rapporti politico-economici del Socialismo con lo sviluppo urbano in URSS nel periodo 1917-37 (1971) e sulla città americana dalla guerra civile al New Deal (1973); l’ampliamento del saggio su Contropiano in Progetto e utopia. Architettura e sviluppo capitalistico (Roma-Bari 1973); brevi viaggi in quei due Paesi fra il 1970 e il 1975; l’anti-manualistico volume Architettura contemporanea (Milano 1976), scritto con Francesco Dal Co; la fondazione del dipartimento di analisi critica e storica sempre nel 1976; e gli studi individuali raccolti in versioni più estese in La sfera e il labirinto. Avanguardie e architettura da Piranesi agli anni ’70 (Torino 1980), che misero in luce la storicità delle Avanguardie delegittimando i richiami a esse nelle ricorrenti letture 'attualizzanti' di figure artistiche dell’età moderna.
Tafuri contribuì alla Storia dell’arte italiana Einaudi con la ricostruzione controcorrente delle vicende relative all’architettura tra il 1944 e il 1981 (Torino 1982), integrata nella versione in volume del 1986, indirizzando parallelamente corsi e pubblicazioni che convogliò nel libro su Venezia e il Rinascimento. Religione, scienza, architettura (Torino 1985). E similmente coordinò didattica e impegno scientifico contribuendo con studiosi italiani ed esteri come Howard Burns e Christoph Frommel alla cura delle grandi mostre su Raffaello architetto a Roma (1984) e Giulio Romano a Mantova (1989), gli apporti delle quali annoverò, con significative revisioni concettuali e filologiche dei paradigmi analitici sul tema, in Ricerca del Rinascimento. Principi, città, architetti (Torino 1992), nonostante i gravi problemi di salute che determinarono un intervento al cuore, effettuato a Houston nel 1991; rilasciando una lunga intervista autobiografica a Luisa Passerini per l’Art history documentation project dell’Università della California nel febbraio-marzo 1992; e dedicandosi all’istituzione e all’avvio del corso di laurea in storia e conservazione dei beni architettonici e ambientali presso l’Istituto veneziano (1993), alla mostra su Francesco di Giorgio architetto a Siena (1993), alla stesura del saggio Il pubblico e il privato, per la Storia di Venezia (VI, Roma 1994, pp. 367-447) dell’Enciclopedia Italiana e dei testi per il corpus dei disegni di Antonio da Sangallo il Giovane (in The architectural drawings of Antonio da Sangallo…, a cura di C.L. Frommel - N. Adams, II, Cambridge (Mass.) 2000; cfr. Rosa, 2009, p. 125).
Si spense improvvisamente a Venezia per un cedimento cardiaco il 23 febbraio 1994.
Il 25 febbraio Massimo Cacciari pronunciò l’orazione funebre; e pochi mesi dopo James Ackerman così ne ricordò l’opera: «a quelli che lavorarono con lui e a coloro che seguirono i suoi scritti offrì la visione di quanto era possibile a uno storico e l’orgoglio di perseguirlo» (Casabella, 1995, n. 619-620, p. 167).
Il 13 gennaio 1997 gli venne assegnata dalla Presidenza della Repubblica la medaglia d’oro ai benemeriti della cultura e dell’arte.
Per l’elenco delle pubblicazioni, esclusi articoli e interviste sui quotidiani, vedi F. Rosa, Bibliografia degli scritti di Tafuri, in Manfredo Tafuri oltre la storia, a cura di O. Di Marino, Napoli 2009, pp. 110-125; sulle ricostruzioni grafiche relative all’architettura umanistica: "Questo". Disegni e studi di Manfredo Tafuri per la ricostruzione di edifici e contesti urbani rinascimentali (catal.), a cura di A. Bedon - G. Beltramini - H. Burns, Vicenza 1995.
La bibliografia su Tafuri ammonta nel 2019 a oltre settanta titoli. Per un orientamento: Il progetto storico di M. T., in Casabella, 1995, n. 619-620, monografico; F. Mometti, Ideologia come architettura. M. T. e la storia critica, in Scienza & Politica, XXV (2012), 47, pp. 107-133; D. Sherer, The architectural project and the historical project. Tensions, analogies, discontinuities, in Log, 2014, n. 31, pp. 115-138; Lo storico scellerato. Scritti su Manfredo Tafuri, a cura di O. Carpenzano - M. Pietrosanto - D. Scatena, Macerata 2019.