manga
<màṅġa> voce giapp., usata in it. come s. m. – Termine (lett. «immagini derisorie») con cui in Giappone sono designati i fumetti e con cui nel mondo vengono indicati quelli giapponesi. L’espressione fu introdotta a indicare disegni nel 1771 da Kankei Suzuki nel Mankaku zuihitsu e nel 1798 da Kyôden Santô nello Shiji no yukikai. Katsushika Hokusai la riutilizzò nel 1814 per la sua raccolta di 15 volumi di disegni che, in mostra all’Esposizione universale di Parigi del 1867, vennero chiamati Hokusai Manga. Il termine apparve per la prima volta in una rivista nel 1900, Jiji Manga, supplemento del Jiji Shinpô. I m. si distaccano dalla caricatura e dall’illustrazione umoristica nei primi del Novecento comparendo sui quotidiani e i supplementi illustrati, per poi venir pubblicati dagli anni Trenta anche in riviste ad hoc; determinante fu il contributo di imprenditori occidentali oltre che giapponesi nella fondazione di periodici illustrati (Japan punch, Tokyo puck, Tôbaé) e poi quello delle prime associazioni di autori dagli anni Venti. Dopo la Seconda guerra mondiale, durante la quale i mangaka («autori di manga») erano stati o ridotti al silenzio o cooptati a realizzare strumenti di propaganda, il m. moderno si sviluppa con l’introduzione di collane di libretti che ospitano storie di maggior respiro e con la nascita di un sempre crescente mercato editoriale, caratterizzato da settimanali di grande tiratura (da parte di editori come Kôdansha, Shûeisha, Shôgakukan, Kadokawa Shoten) indirizzati a pubblici divisi per età, genere e gusti. Il mercato dei m. è da decenni il primo al mondo nel settore del fumetto e dagli anni Novanta ha conquistato enormi fette di lettori di vari paesi, fra cui l’Italia, grazie anche alla previa affermazione delle serie animate (gli anime), spesso tratte proprio da m. di successo. Nel m. esistono infiniti generi destinati a pubblici differenti e si riscontra grande varietà di stili, benché in Europa vengano editi soprattutto titoli commerciali, standardizzati nella forma e nelle strutture narrative. Significativa è invece la produzione sperimentale, apparsa dagli anni Sessanta in riviste come Garo e Com. L’influenza del m. è evidente negli stili e temi di molti fumettisti statunitensi ed europei. Tra i maggiori autori e fra i più noti in Europa: Osamu Tezuka, Mitsuteru Yokoyama, Shôtarô Ishinomori, Gô Nagai, Riyoko Ikeda, Leiji Matsumoto, Rumiko Takahashi, Akira Toriyama, Katsuhiro Ôtomo, Ei’chirō Oda, Naoki Urasawa, Ai Yazawa, il gruppo di autrici Clamp, Jirô Taniguchi. Il m. si è fatto per molti aspetti bandiera della cultura pop giapponese nel mondo e ha contribuito a rendere questo Paese familiare a intere schiere di lettori, in un’ottica interculturale che ha avvicinato il Giappone all’Occidente molto più di quanto non avessero fatto decenni di diplomazia tradizionale. In tal senso si può sostenere che il m. sia uno degli strumenti del cosiddetto soft power nipponico, capace di rendere il Giappone un marchio in voga.