mangiare
Delle tre forme del verbo - m., ‛ manducare ', ‛ manicare ' - la prima (di origine francese) ha in D. un " significato (stilistico, s'intende) blando e pratico " (Contini), mentre gli altri due appaiono per lo più usati con un preciso intento espressivo. ‛ Mangiare ' è inoltre la forma più frequente e si registra sia nella prosa che nella poesia, mentre le altre due hanno un uso limitato.
In senso proprio, in Vn III 6, nella visione di Amore che facea mangiare a Beatrice il cuore del poeta, che in mano li ardea, la quale ella mangiava dubitosamente; Fiore XXVII 7, LXXXIX 11; in If XXXII 134 O tu che mostri... / odio sovra colui che tu ti mangi, è detto del conte Ugolino che morde il capo dell'arcivescovo Ruggieri (la forma pronominale - nota il Sapegno - " ha un valore intensivo, ad esprimere l'avidità che si manifesta nell'atto e la voluttà che vi pone chi lo compie "), e così in XXXIII 62 se tu mangi di noi (si noti il costrutto con il ‛ di ', per cui v. anche GUSTARE). Con costrutto assoluto: If XXXIII 141 Branca Doria... / e mangia e bee e dorme e veste panni (cfr. Fiore C 7 tanto non stea con meco o mangi o bea / che...); Pg XXIII 67 Di bere e di mangiar n'accende cura / l'odor ch'esce del pomo, detto dei golosi, espianti la loro colpa secondo la legge del contrappasso; Fiore CLXVII 3.
In Cv IV VI 19 Guai a te, terra, lo cui re è fanciullo, e li cui principi la domane mangiano!, il verbo è usato nel senso di " banchettare " (la frase è la traduzione di Eccl. 10, 16).
Ancora in senso proprio, ma in contesto metaforico, a indicare il modo di nutrirsi spiritualmente e culturalmente degli uomini, buono o cattivo che sia, m. ricorre in alcuni luoghi del Convivio: II I 1 prima che vegna la prima vivanda [la prima canzone] voglio mostrare come mangiare si dee, come essa dev'essere letta e appresa; così anche in I I 8 e (al passivo) 11, XIII 11. Cfr. E.R. Curtius, Métaphores relatives à la nourriture, in La Littérature européenne et le Moyen Age latin (trad. franc. Parigi 1956, 166-168).
Il verbo compare, con uno specifico valore contestuale, in una locuzione particolare che si legge in Rime XCIX 3-4 Messer Brunetto, questa pulzelletta [cioè " questo sonetto "] / con esso voi si ven la pasqua a fare: / non intendete pasqua di mangiare, / ch'ella non mangia, anzi vuol esser letta: " ‛ Mangiare la pasqua ', frase d'origine biblica, è negli antichi volgarizzamenti, riferita sempre alla pasqua di Resurrezione (chiamata almeno nel cinquecento pasqua d'agnello, di uovo); pasqua di mangiare è, con scherzoso capovolgimento, quella o altra festa intesa come pretesto a ‛ far baldoria ' " (Contini, dal Mazzoni).
Infine, in senso figurato, in Fiore CLIX 7 non dar mangiare a que' cotali [gli avari del v. 5] in taccia, " non concedere nulla a gente simile " (Petronio; per il valore di in taccia, cfr. ad l.). V. anche MANICARE.