MANIA (dal gr. μανία "furore, mania")
Anticamente questo termine era sinonimo di pazzia. Sul principio del secolo scorso si usò, unito a diverse qualifiche, per indicare varî delirî sistematizzati (p. es. mania di persecuzione, erotomania), certe ossessioni (aritmomania, onomatomania) e talune tendenze istintive o impulsive (poriomania, dipsomania). Quest'uso, che persiste nel linguaggio popolare e in taluni termini tradizionali, è oggi abbandonato e riprovato; per mania propriamente detta s'intende il quadro dell'esaltazione quale si presenta nelle psicosi affettive pure, che non sono cioè un esponente sintomatico di altre psicosi o di malattie organiche. Il quadro dell'ipomania (v.) offre le più delicate sfumature della psicologia maniaca. Aggravandosi, la mania acquista linee più grossolane: dall'eccitamento gaio si passa all'agitazione furiosa, dal parlare fluido, prolisso e talvolta arguto, alle vociferazioni monotone, alla coprolalia; dalla scorrevolezza e saltuarietà del pensiero alla fuga delle idee, alla confusione e vacuità mentale.
La mania si presenta ad accessi, che durano di solito da sei mesi a un anno o poco più, ma possono stare anche al disotto o molto al disopra di questi limiti. La guarigione avviene senza indebolimento mentale; possono tutt'al più persistere residui di delirî, specialmente di tipo persecutorio; e a crisi finita non v'è mai esatta valutazione dei fatti svoltisi nel corso della malattia. È raro che si presenti una sola crisi di mania nel corso della vita; di solito la mania è periodica o s'inserisce ritmicamente in una psicosi circolare, o irregolarmente in una distimia di tipo maniaco-depressivo a decorso saltuario.