DI VEROLI, Manlio
Nato a Roma il 12 apr. 1888 da Marco e Adelaide Efrati, iniziò lo studio del pianoforte privatamente all'età di otto anni, entrando poi come allievo interno nel conservatorio di S. Cecilia in Roma, ove studiò pianoforte con G. Sgambati, organo con R. Renzi, e composizione con S. Falchi.
Gli archivi di S. Cecilia conservano testimonianze di un brillante corso di studi, costellato di premi, di menzioni d'onore e caratterizzato da frequenti partecipazioni a saggi sia come solista, sia in formazioni cameristiche. Nel 1909 il D. conseguì il diploma di pianoforte e nel igi i le licenze di composizione e di organo, rivelando doti musicali di prim'ordine e uno straordinario talento creativo. Fattosi rapidamente apprezzare negli ambienti musicali italiani, nel 1911 si trasferì a Londra, chiamato come direttore stabile della London Opera House; qui si dedicò, oltre che all'attività di compositore, anche a quella di direttore di una scuola di canto teatrale che in breve tempo fu conosciuta in campo internazionale.
La sua produzione musicale fu subito apprezzata e le prime opere di cui abbiamo notizia, tutte inedite, risalgono agli anni di conservatorio: Canite tuba in Sion per soli e orchestra (1909); Impressioni di paesaggio per orchestra (1910); Ouverture romantica per orchestra (1911).
Ben più nutrito e interessante è il catalogo delle opere composte durante il soggiorno londinese, quando il D. si dedicò prevalentemente al repertorio vocale da camera continuando a coltivare un genere particolarmente gradito al pubblico inglese, genere che aveva avuto in F. P. Tosti e P. M. Costa i suoi esponenti più illustri.
Delle sue romanze, tutte pubblicate a Londra, si ricordano in particolare: Trois chansons françaises, su parole di H. Delmas (1914); Good day, Suzan, parole di E. Lockwood da A. de Musset (1917); Nun m'hai capito, in dialetto romanesco su testo di G. Cristini tradotto in inglese da H. Pool (1919); La dernière feuille, testo di E. Lockwood da Th. Gautier (1921); Blue bird of happiness, parole di K. Quetton (1921); L'après-midi dans un jardin, su testo di M. Lister; Mattinata, su testo di G. Carducci (1922); Notturnino, su testo di G. D'Annunzio (1922); Flow down, cold rivulet, su testo di A. Tennyson (1923), L'adieu rose, dal poema Autrefois di R. Vallery, testo inglese di P. Pinkerton (1924), Neapolitan serenade, sutesto di G. Huby Newcombe (1924); Butterflies, su testo di H. Taylor (1924); Although she heeds me not song, su testo di M. Mariott (1927); e molte altre, su testo italiano, portate al successo da grandi interpreti.
Fu autore inoltre di varia musica strumentale, sempre pubblicata a Londra. Si ricordano in particolare: Poème per violino e pianoforte (1917); Album lyrique (Nostalgie, Romance, Menuet rustique, Valse langoureuse, Mélancolie) per pianoforte (1919); Italian spring nights (Love song, Roman serenade, Twilight hour, Valse lente, Returning homeward) per pianoforte (1921); inoltre sempre per pianoforte: Joie de vivre, valzer brillante (1922); Wings of night, suite (1924); Arabesca (1928); Piccoletta (1928); compose inoltre l'operetta Ali bianche (1925), tre sonate per violoncello e un quartetto per archi.
Morì a Londra il 21 sett. 1960.
Direttore d'orchestra, pianista e compositore particolarmente dotato e versatile, rivelò sin dagli anni di conservatorio spiccate qualità interpretative che gli consentirono di affrontare prima il pubblico romano dell'Augusteo, in cui riscosse particolari consensi, e successivamente quello inglese della London Opera House che decretò la sua definitiva affermazione. Attivo anche come insegnante, legò il suo nome ad una scuola di canto da cui uscirono numerosi allievi che contribuirono a tenere alto il prestigio della musica italiana nel mondo. Apprezzato da B. Molinari, che lo volle più volte quale suo sostituto nelle stagioni concertistiche romane, formò un fortunato quartetto vocale con il tenore A. Cotogni, il baritono M. Giorda, il basso P. Argentini e l'attore G. Eliseo. Amico di A. Casella, con il quale suonò spesso in duo pianistico, fu richiesto da Victor De Sabata che lo volle come solista in concerti per pianoforte e orchestra del repertorio romantico e contemporaneo. Pianista raffinato ed elegante, fu conteso da numerosi cantanti, tra i quali si ricordano C. Galeffi e G. Lauri Volpi, che gli richiedevano lezioni di perfezionamento e di interpretazione.
Particolarmente apprezzata fu la sua produzione vocale portata al successo da artisti come Mattia Battistini, Pasquariello, Elvira Donnarumma e soprattutto Beniamino Gigli che contribuirono alla popolarità delle sue canzoni, tra cui vanno ricordate Pecché pecché Marì?, Cerasella, Che so' turnato a fà, entrate nel repertorio dei più grandi interpreti del suo tempo in Italia e all'estero.
Fonti e Bibl.: Ricordo di M. D., in Il Tempo, 24 ott. 1960; Annali del Conservatorio di S. Cecilia in Roma (1903-1912), passim; C. Schmidl, Diz. univ. dei musicisti, suppl., p. 261; Enc. della musica Ricordi, II, p. 68; Diz. univ. della musica e dei musicisti, II, Le biografie, p. 506.