MANNITE
. Detta anche zucchero dei funghi, zucchero di manna, frassina; ha la formula C6H14O6, e fu ricavata da J. Proust nel 1806 dalla manna e studiata poi da J. Liebig. È assai diffusa nel regno vegetale e si trova in molti funghi, nella segala cornuta, nelle ulive, nella radice del melogranato, nella corteccia della quercia, e in alcune alghe (Laminaria saccharina: 12%). Anche il vino può eccezionalmente contenere mannite (vini mannitati).
La mannite è il costituente principale della manna (v.). Si ottiene anche artificialmente per fermentazione del saccarosio.
Si presenta in begli aghi splendenti, sottili, bianchi, che fondono a 166°. È debolmente sinistrogira: [α]p = − 0,25°. È solubile in circa 8 parti di acqua fredda, solubilissima in quella calda, poco solubile nell'alcool freddo, assai di più in quello bollente. Ha sapore dolciastro e leggiera azione purgativa. Mescolata alla saccarina è stata proposta come zucchero per i diabetici.
La mannite è un alcool esavalente della formula:
Per ossidazione di uno dei due gruppi −CH2OH a gruppo aldeidico −CHO si trasforma in mannosio, monosaccaride che si trova anche in natura (v. fruttosio; glucosio). Viceversa da questo per idrogenazione si può ottenere mannite. Il mannosio è perciò da considerarsi come la monoaldeide di configurazione corrispondente alla mannite. Il mannosio si può avere facilmente anche mediante idrolisi dei cascami di corozo, i quali possono quindi servire anche a preparare poi la mannite. Il monochetone corrispondenti alla mannite è il fruttosio, dal quale per idrogenazione si può pur avere la mannite.
Preparazione industriale. La mannite si prepara principalmente o dalla manna, prodotto di secrezione del frassino, o per fermentazione del sugo di barbabietola proveniente direttamente dalla diffusione degli zuccherifici.
L'estrazione della mannite dalla manna si faceva una volta con alcool etilico bollente, dal quale la mannite cristallizzava poi per raffreddamento. Una o due cristallizzazioni erano sufficienti per ottenere mannite pura. Questo procedimento troppo costoso è stato m seguito sostituito da un altro dove il mezzo estraente è l'acqua. Si scioglie infatti nell'acqua calda la manna e la soluzione, difficilmente filtrabile, si lascia decantare, qualche volta facilitandone la sedimentazione con opportune sostanze. Una volta che la soluzione ha decantato, si concentra e si manda a cristallizzare in apposite vasche; la massa cristallina formatasi si separa con l'aiuto di presse idrauliche. Il panello che si ottiene, costituito in gran parte da mannite, si scioglie ancora in acqua o nelle acque madri che possono remdersi disponibili dalle successive cristallizzazioni. La nuova soluzione a caldo e soprasatura viene versata in appositi stampi di rame dove per raffreddamento la mannite cristallizza di nuovo; questa volta la sua separazione si fa a mezzo di centrifughe. Si scioglie nuovamente, si tratta con carbone decolorante, si filtra, si concentra e si lascia cristallizzare. La mannite ormai pura, separata dall'acqua madre per centrifugazione, vene sciolta per l'ultima volta in acqua, ancora decolorata con carbone, filtrata e infine fatta cristallizzare in stampi prismatici o conici. Per centrifugazione prima ed essiccamento poi si ottiene finalmente la mannite pura nelle forme commerciali.
La preparazione della mannite per fermentazione è in relazione alla proprietà che hanno alcuni schizomiceti di ridurre il levulosio a mannite. Come materia prima serve il sugo greggio di barbabietola proveniente direttamente dalla diffusione degli zuccherifici. Da questo sugo portato al 10 ÷ 12% di saccarosio e seminato con fermenti selezionati si ottengono, dopo circa 12 giorni di fermentazione, come prodotti principali, acido lattico, mannite e acido acetico. In seguito all'idrolisi del saccarosio da parte dei fermenti e alla sua trasformazione in glucosio e levulosio, avvengono due distinte fermentazioni: una lattica del glucosio e l'altra mannito-acetica del levulosio. Secondo recenti esperienze (Bolcato) la fermentazione mannito-acetica del levulosio può essere brevemente rappresentata da questa equazione:
In cifra tonda le rese in mannite e acido acetico, riferite al saccarosio, sono rispettivamente del 34 e dell'11%; per l'acido lattico il 50%, sempre del saccarosio. Questi dati teorici sono anche, con le inevitabili piccole varianti, industriali. La formazione della quantità massima di mannite consentita dalla formula teorica è subordinata ad alcune condizioni biologiche e a un determinato modo di condurre la fermentazione. Tali condizioni venendo a mancare, può anche notevolmente diminuire il risultato pratico in confronto alla formula teorica.
I sughi, una volta fermentati, passano in lavorazione dove subiscono prima una epurazione a base di calce, press'a poco del tipo di quella degli zuccherifici. In seguito vengono trattati con acido solforico, per rimettere in libertà l'acido lattico che durante la fermentazione e la depurazione si era trasformato in lattato di calcio; poi, dopo filtrazione, concentrati a pressione ridotta in appositi evaporatori.
Si arriva così a una soluzione al 50% circa di acido lattico soprasatura di mannite. Per raffreddamento in mescolatori-cristallizzatori dopo 24 ore la mannite cristallizza e la sua separazione dall'acido lattico avviene per centrifugazione. La mannite grezza che si ricava è al 70 ÷ 80% di mannite pura. La sua raffinazione si fa con tre cristallizzazioni successive in appositi cristallizzatori in movimento e una decoloraziqne con carbone decolorante. Poiché già alla seconda cristallizzazione la mannite è pura, la terza serve solo per dare al prodotto le forme richieste dal commercio. La mannite per fermentazione viene preparata industrialmente solo in Italia in uno stabilimento di Pontelagoscuro.