Vedi MANTOVA dell'anno: 1961 - 1995
MANTOVA (v. vol. IV, p. 820)
Fino al Medioevo la città sorgeva nella parte NE di un'isola tra le paludi del Mincio, posizione che doveva contribuire a darle l'aspetto fortificato (Plin., Nat. hist., III, 130; Serv., Aen., X, 198 ss.), ma le ultime scoperte stanno dimostrando che vi era un'area suburbana abitata fin dall'età etrusca. Così si è pure rilevato che lo spessore stratigrafico della città è notevolissimo (c.a 6 m), ma finora è stato indagato ben poco.
Per l'età etrusca si sono rinvenuti resti di abitato con capanne, ma soprattutto due zone nell'area urbana con varie fasi abitative (dal IV al III sec. a.C. una, dal IV al I sec. a.C. l'altra) e una terza in area suburbana (III-II sec. a.C.). I materiali recuperati (ceramica a vernice nera di tipo volterrano e più tardi adriese; ceramica etrusca sovradipinta, alto-adriatica ed etrusco-padana; anfore greche e greco-italiche; iscrizioni graffite) documentano gli scambi commerciali e quindi l'importanza che la città doveva avere. Non si conosce l'area della necropoli ma il trovamento sporadico di un cratere dello stile di Kerč, in una zona poi usata come sepolcreto romano, potrebbe fornire un indizio.
Per l'età romana le scoperte sono pure limitate, e solo in via ipotetica si può ammettere l'esistenza di edifici pubblici monumentali in base ad alcuni elementi architettonici riutilizzati ma di probabile origine locale, fra i quali spicca una cornice di marmo con modanature, mensole e lacunari decorati, databile al I sec. d.C.
Una cinta muraria forse già esisteva al tempo delle confische del 41 a.C. (Serv., in Verg. Bue., IX, 10) ma è nota quella costruita in opera listata e databile in epoca tardo-romana/alto-medievale di cui si sono rinvenuti due tratti. Uno, sul lato O ai limiti di un'insenatura del Mincio ora colmata, è di spessore e fondazione modesti, probabilmente per la posizione naturalmente difesa ma, forse in un momento di pericolo e in pieno cristianesimo, fu rinforzato da una robustissima muratura a sacco alla cui base furono reimpiegate sculture funerarie romane. Il secondo tratto, costruito sul lato S in parte sopra un edificio della prima età imperiale abbandonato, si presenta come una struttura possente che doveva rispondere a particolari esigenze di difesa. Pochi sono i resti dell'antico tracciato stradale, che lasciano però intravedere un andamento ortogonale, cui dovrebbero corrispondere gli scarsi resti di case finora rinvenuti. Le strutture edilizie sembrano distinguibili in due fasi diverse. Fino a tutta la piena età imperiale i muri venivano costruiti in laterizi; dall'età tardo-romana si afferma una tecnica prolungatasi fino al Medioevo, che impiega filari di mattoni, anche di recupero, alternati a filari di ciottoli, a volte disposti a spina di pesce e comunque con regolarità molto varîabile. Dei pavimenti a mosaico molto è andato perduto e, a parte modesti lacerti, solo di uno resta una buona parte, con un motivo geometrico in bianco e nero databile alla seconda metà del I sec. d.C. Altri pavimenti più modesti sono in mattoni, in cocciopesto o in malta lisciata.
In una città di tale modestia stupisce il rinvenimento di un imponente monumento funerario con statue a grandezza naturale, iscrizioni, soffitto a lacunari decorati, acroterio a voluta con foglie d'acanto, il quale trova dirette corrispondenze a Sarsina, mentre la copertura piramidale a squame sembra derivata dall'area aquileiese. È databile in età augustea e mostra rapporti anche con l'area di Bologna, cui riportano pure le poche stele a ritratti della città. Gli altri monumenti funerari non permettono invece di definire una tipologia locale. L'ubicazione di questa necropoli monumentale è solo ipotetica, mentre si conosce meglio l'area di un'altra, più modesta e nota solo da ritrovamenti sporadici, che comprende tombe a cremazione, a cappuccina, ma anche sepolture entro anfore di produzione africana del III-IV sec. d.C., segate e utilizzate probabilmente per bambini.
Nel IV-V sec. d.C. deve essere stato costruito il battistero ottagonale (di cui restano solo due lati originali completi e indizî di altri tre) variamente trasformato in antico fino a divenire l'abside della navata centrale di una chiesa sconsideratamente demolita alla metà di questo secolo. Contemporanei, se non per costruzione almeno per uso, e a esso connessi, sono due ambienti, uno dei quali ha restituito parte del mosaico originario a rocchetti policromi. Sono stati messi in luce da scavi che a Ν del battistero hanno scoperto strutture in legno del VI-VII sec. e poi tombe, di cui due affrescate internamente con croci e agnelli, databili tra il VII e il IX secolo. Certamente nell'Alto Medioevo vi era in questa zona il centro episcopale che si va individuando. Invece nel suburbio si sono scoperti resti dello xenodochium forse alto-medievale e inglobato nell'XI sec. nel monastero di S. Andrea.
Bibl.: A. M. Tamassia, Cittadini mantovani di età romana, in Atti e Memorie dell'Accademia Virgiliana di Mantova, XXXV, 1965, pp. 59-112; ead., Mantova, in Archeologia urbana in Lombardia. Valutazione dai depositi archeologici e inventario dei vincoli, Modena 1984, pp. 116-124; F. Piccirillo, m. Enciclopedia Virgiliana, III, Roma 1987, pp. 350-358, s.v.·, A. M. Tamassia, Mantova etrusca in Virgilio, in Gli Etruschi a Nord del Po. Atti del convegno, Mantova 1986, Mantova 1989, pp. 83-90; AA.VV., in Milano capitale dell'impero romano, 286-402 d.C. (cat.), Milano 1990, pp. 171-173; A. M. Tamassia, Le antiche mura di Mantova, in Mura delle città romane in Lombardia. Atti del convegno, Como 1990, in corso di stampa. - Per gli scavi più recenti v. NotALomb,, 1983-1991.