Mantova
Circondata dall’acqua a difesa dei suoi confini, Mantova è una fortezza naturale – come scrive M. nell’Arte della guerra (VII 2) –, plasmata dalle vicende della famiglia Gonzaga, al governo della città dai tempi del capostipite Luigi (1268 ca. - 1360), fino al 1708, anno della sua annessione al ducato austriaco di Milano. Urbanisticamente la reggia dei Gonzaga è una piccola città nella città, un imponente e composito complesso monumentale (palazzi, piazze, logge, giardini, chiese) tra i più vasti in Europa, a testimonianza della politica di potenza perseguita dalla dinastia.
Sulle origini della famiglia Gonzaga sono state formulate due ipotesi: una avvalora la tesi che i capostipiti fossero milites della contessa Matilde di Canossa, l’altra che fossero stati investiti dei primi possessi dal monastero di S. Benedetto in Polirone.
Nel 1328 Luigi prese il potere nella città con un colpo di mano contro Raimondo Bonacolsi. Eletto capitano di Mantova, appena un anno dopo (1329) fu nominato vicario imperiale da Ludovico il Bavaro. Nel corso del Trecento tutti i Gonzaga, suoi successori, governarono con il titolo di capitani, soggetti all’autorità viscontea. Fu Francesco (1366-1407), succeduto al padre Ludovico nel 1382, il primo a scrollarsi di dosso la supremazia dei Visconti, inaugurando una politica matrimoniale di vitale importanza per la famiglia, funzionale a radicare la sua presenza nelle corti europee dell’epoca. Sposato prima con Agnese, figlia del signore di Milano Barnabò Visconti, poi con una Malatesta, durante la sua reggenza di capitano Francesco uscì dall’orbita del ducato di Milano, intenzionato a salvaguardare l’integrità territoriale del suo Stato di fronte all’espansionismo dei Visconti. Questa politica caratterizzerà tutta la vita del piccolo Stato mantovano, capace di destreggiarsi prima sotto la pressione degli Scaligeri, poi dei molto più temibili Visconti, e di mantenere la propria autonomia attraverso un sapiente gioco delle alleanze che lo vide al fianco ora di Milano, ora di Venezia.
Così M. scrive nelle Istorie fiorentine a proposito degli anni intorno al 1430:
Della Lombardia parte ubbidiva al duca Filippo, parte a’ Viniziani; perché tutti quelli che tenevano stati particolari in quella erano stati spenti, eccetto che la casa di Gonzaga, la quale signoreggiava in Mantova (I xxxix 3).
Con Gianfrancesco (1395-1444), figlio di Francesco, si chiuse l’era dei capitani, e nel 1432 lo Stato mantovano venne elevato alla dignità di marchesato: l’anno successivo l’imperatore Sigismondo di Lussemburgo, sulla via del ritorno da Roma, si fermò a Mantova per vestire Gianfrancesco del mantello, cerimonia immortalata da Iacopo Robusti detto il Tintoretto in un dipinto del ciclo I fasti gonzagheschi. L’avvenimento sarà consacrato di lì a poco dal matrimonio del futuro Ludovico III (figlio primogenito di Gianfrancesco, II come marchese di Mantova, ma III nella discendenza familiare) con Barbara di Hohenzollern, imparentata con l’imperatore. Nonostante i fasti dinastici, però, il marchesato attraversava una fase di crisi economica e demografica che un lungo periodo di guerre, a partire dal 1426, non fece che acuire: il conflitto tra Venezia e Milano vide Gianfrancesco sempre in campo e il Mantovano attraversato da venti di guerra.
Nel V libro delle Istorie fiorentine, M. ricorda le imprese militari di Gianfrancesco, capitano generale al servizio della Repubblica di Venezia, inviato oltre l’Adda per un’offensiva nella primavera del 1437 (x 10). L’anno successivo, però, con un rovesciamento di alleanze questi non rinnovò la sua condotta con Venezia e firmò un trattato con il ducato di Milano nella speranza di vedere ampliati i territori del suo Stato. I veneziani, sorpresi dal voltafaccia del marchese (xix 2), cercarono di riconquistarlo alla loro causa, ma «dall’amicizia e stipendi del Duca rimuovere non lo posserono» (xix 11). Alla fine del 1439, comunque, i veneziani reagirono prontamente alla conquista milanese di Verona, che vide tra i protagonisti Gianfrancesco, e nel giro di pochi giorni riconquistarono la città (xxiv 11 e xxv 5).
Rare le citazioni nelle Istorie fiorentine di altri membri del casato: Ludovico III (1412 o 1414-1478) viene ricordato per la sua condotta militare al servizio del duca di Milano in funzione antiveneta, una condotta «che è in realtà un patto di soggezione politica e di alleanza diplomatica fra soggetti di non pari rilievo» (Lazzarini 2006, p. 420).
Di lì a pochi anni la pace di Lodi (9 aprile 1454) mise fine al conflitto tra Venezia e Milano, inaugurando un periodo di pace e stabilità, ma di fatto decretò anche l’inizio di un processo di emarginazione politica di realtà statuali minori – come Mantova e Urbino – pur se governate da dinastie che spiccano per i loro meriti, culturali, militari e di alcune singole personalità di rilievo.
Ludovico III fu senz’altro tra queste personalità: al governo della città per oltre trent’anni, dal 1444 al 1478, artefice di una politica prudente e lungimirante, fu capace di creare una fitta rete di legami dinastici e alleanze politiche, prima tra tutte quella con Milano, accrescendo enormemente il prestigio della dinastia. Forse anche per questo Mantova fu scelta dal papa Pio II come sede della Dieta (9 sett. 1459 14 genn. 1460) convocata per chiamare la cristianità alla crociata contro i turchi: una città in festa accompagnò l’arrivo del pontefice il 27 maggio 1459, con drappi e addobbi floreali sui palazzi e strade coperte di tappeti (Malacarne 2005, pp. 102-03). Di questa stagione non può essere dimenticata la politica culturale e urbanistica, che vide Ludovico coinvolto in prima persona nei rapporti con gli artisti chiamati a lavorare in città, Leon Battista Alberti e Andrea Mantegna fra tutti, e che preparò il terreno ai fasti rinascimentali della corte dei Gonzaga tra la fine del Quattrocento e l’inizio del Cinquecento.
Nelle Istorie fiorentine viene ricordato anche Federico I (1441-1484), il figlio di Ludovico III, per la sua partecipazione, al servizio del ducato di Milano, alle operazioni militari in Toscana nella primavera-estate del 1479: schierati al fianco della Repubblica fiorentina contro il papato, i contingenti di Mantova e Ferrara furono protagonisti di una violenta rissa per accaparrarsi il bottino di guerra che trascinò nella lite anche Federico e il comandante generale Ercole d’Este (VIII xv 11). Le conseguenze negative sull’andamento della guerra forniscono a M. lo spunto per ribadire ancora una volta la sua avversione verso le truppe mercenarie (VIII xvi 1-3).
Pochissime citazioni M. riserva a Francesco II (1466-1519), al potere dal luglio del 1484, estremamente abile nel riportare in auge la tradizione militare della dinastia (Benzoni 1997, p. 773), festeggiato dai suoi contemporanei quale artefice della vittoria della lega contro i francesi a Fornovo (1495). I ristretti confini geografici dello Stato non frenarono l’ambizione e la disinvoltura del marchese nel cambiare schieramento, ponendosi al servizio ora di uno, ora dell’altro (Milano, Venezia, il papato, il re di Francia). Una politica di forza ribadita ancora una volta da un prestigioso imparentamento matrimoniale: le nozze celebrate a Mantova il 15 febbraio 1490 con Isabella d’Este, capace di governare Mantova con mano ferma e arte diplomatica durante le assenze e la prigionia del marito (e anche dopo il suo ritorno).
Un’allusione fugace di M. a Francesco si trova nei Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio, dove si ricorda la «sua lega con il papa e con i Viniziani», suggellata, a garanzia della sua fedeltà dopo tanti voltafaccia e tentennamenti, dalla consegna in ostaggio a Giulio II del suo primogenito Federico (III xliv 9-12); ciò nonostante Francesco permise il passaggio nel marchesato di Gaston de Foix con le sue truppe (1512), favorendo di fatto la Francia.
Diversi anni prima, all’inizio di maggio del 1505, M. aveva ricevuto dai Dieci l’incarico di recarsi a Mantova per convincere Francesco a passare al servizio di Firenze (LCSG, 4° t., pp. 446-51); l’assenza di lettere e documenti relativi a questa legazione – a parte il testo della commissione e la bozza per gli accordi con le credenziali – impedisce di comprendere perché il marchese finisse con il rifiutare la condotta, sollevando difficoltà tali da far cadere ogni ipotesi di accordo. M. si recò nuovamente a Mantova nel novembre del 1509 (10 nov. - 17 dic. 1509, LCSG, 6° t., pp. 371-405) per corrispondere a emissari dell’imperatore Massimiliano d’Asburgo il pagamento della seconda rata della somma concordata con Firenze due anni prima, e in questa occasione incontrò Isabella, impegnata febbrilmente a liberare il marito prigioniero dei veneziani. Anche negli Spogli dal 1464 al 1501 (in Opere storiche, a cura di A. Montevecchi, C. Varotti, t. 2, 2010, pp. 30, 31, 36, 58) figurano, nell’elenco di avvenimenti avvenuti dopo la morte di Cosimo de’ Medici, alcune menzioni di Francesco.
Morto Francesco (1519), suo figlio Federico II (1500-1540) entrò sulla scena politica con grande spregiudicatezza: capitano generale delle forze papali, non negò il passaggio nei suoi territori ai lanzichenecchi diretti a Roma, ottenendo in cambio dall’imperatore Carlo V il titolo ducale e il Monferrato. Lo sfarzo della sua corte rinascimentale travalicò ancora una volta i confini angusti del Mantovano, assicurando alla dinastia Gonzaga prestigio e capacità di resistenza sulla scena europea.
Bibliografia: O. Capitani, Dal Comune alla Signoria, in Storia d’Italia, diretta da G. Galasso, 4° vol., Comuni e Signorie: istituzioni, società e lotte per l’egemonia, Torino 1981, pp. 135-75; G. Benzoni, Francesco II Gonzaga marchese di Mantova, in Dizionario biografico degli Italiani, Istituto della Enciclopedia Italiana, 49° vol., Roma 1997, ad vocem; G. Malacarne, I Gonzaga di Mantova. Una stirpe per una capitale europea, 2° vol., Il sogno del potere da Gianfrancesco a Francesco II (1432-1519). I Gonzaga marchesi, Modena 2005; I. Lazzarini, Ludovico III Gonzaga marchese di Mantova, in Dizionario biografico degli Italiani, Istituto della Enciclopedia Italiana, 66° vol., Roma 2006, ad vocem.