QUINTANA, Manuel José
Poeta, nato a Madrid nel 1772 e ivi morto nel 1857. È una delle figure più rappresentative della Spagna colta del suo tempo, dominata dapprima, nel suo indirizzo regalista, dalle idee dell'enciclopedismo francese, e ribelle più tardi al dominio napoleonico per riaffermare, attraverso una concorde volontà di popolo, la tradizione storica nazionale. Il Q. si formò la sua cultura e si foggiò il suo spirito nell'ambiente universitario di Salamanca, dove fu discepolo del Meléndez Valdés, si strinse in amicizia con il Jovellanos e fu in contatto con il propagandista rivoluzionario abate Marchena. Egli si orientò decisamente verso quel liberalismo democratico, un po' astratto e generalizzante, del quale sono appassionata difesa le Cartas a Lord Holland, scritte nel 1823 e pubblicate nel '51. La sua lirica, liberatasi dalle languide delicatezze dello stile amatorio settecentesco, giunse rapidamente a maturità di forma e a pienezza di espressione classica, riflettendo l'ansia generosa di un'anima che vagheggia gl'ideali di libertà e di giustizia entro una visione ottimistica dell'avvenire. A Jovellanos, A Juan Padilla, A Guzmán el Bueno sono inni di libertà; Al mar, A la invención de la imprenta sono fede nel valore dell'uomo destinato a creare una società fatta migliore dal sapere, parificata nei diritti e nei doveri, compatta nella fratellanza dell'amore. Il torbido governo di Carlo IV, i favoritismi del Godoy e le disilluse speranze di riforme pacifiche portarono il Q. a impeti di ribellione monarchica (El Panteon de El Escorial); ma la voce della patria, e dei suoi bisogni e delle sue sventure (A Trafalgar), fu in lui sempre più forte che quella di ogni astratto e vago umanitarismo. Patriota senza riserve, il Q. si schierò con gl'insorti per la libertà della Spagna contro gl'invasori francesi, mirabilmente eloquente nella sua ode A España (1808), che traduce in versi l'ardore che anima i proclami stesi allora da lui quale segretario della Junta Central per l'indipendenza. Questa sua azione, ispirata a principî profondamente liberali, costituì il principale capo di accusa contro di lui, quando sul trono di Spagna ritornò (1814) Ferdinando VII, che lo confinò prigioniero a Pamplona. I moti liberali del '21 lo liberarono e lo portarono al Ministero della pubblica istruzione (1821-23); ma la reazione anticostituzionale lo ricacciò nell'ombra, dove visse dignitosamente, più legato ai ricordi del passato che alle speranze dell'avvenire. Nel 1855 per volere di Isabella II, della quale il Q. era stato precettore, fu come poeta solennemente incoronato nel Senato; ma fu il malinconico trionfo di un poeta ormai straniato dal suo tempo e l'ultima sua apparizione nella vita pubblica di Spagna.
Il Q. è il più grande lirico neoclassico che abbia avuto la letteratura spagnola nei suoi ritorni alla tradizione del Herrera e di Luis de León. Temperamento austero, anima eloquente, uomo di fede e di azione, egli fu e volle essere il maestro delle generazioni che si affacciavano dubbiose al teatro della storia. La sua poesia ha sempre un piglio spontaneo ed eroico, schivo di minuzie e d'indugi, non ricca d'intimità, ma sempre solenne e maestosa. Cantò l'amore solo fugacemente come un lontano sorriso di bellezza, e si esaltò nel passato mirando agli eroi e sognando nel futuro un'umanità che per le vie del progresso svolge i germi di una ragione infinita. Nella storia, più che formarsi una visione particolareggiata di età defunte, il Q. cercò l'eroe con le Vidas de españoles célebres, e sulla scena rappresentò liricamente i difensori della patria col dramma Pelayo (1805). In estetica egli seguì, giovanetto, il Boileau attraverso il Luzán ne Las reglas del drama (1791); ma nei prologhi e nelle note alla Colección de poesías castellanas e alla Musa épica, una lunga esperienza d'arte e di vita lo rese capace di cogliere e di lumeggiare, con sapiente perizia, quanto consonava col suo spirito e con le forme dignitose e auguste della sua poesia.
Ediz.: Ooras, in Bibl. Autores Españ., XIX, Madrid 1852; cfr. LXVII, ivi 1875; Obras completas, ívi 1897-98.
Bibl.: H. Mérimée, M. J. Q., poète lyrique, in Bulletin hispanique, IV (1902), p. 118 segg.; M. Menéndez y Pelayo, in Estudios de crítica literaria, s. 5ª, Madrid 1927, p. 297 segg.; Blanco García, Historia de la poesía castellana en el siglo XIX, Barcellona 1911, I, p. 19 segg.