MANUZIO, Aldo, il Vecchio
Umanista, editore, tipografo celeberrimo. Nacque nel 1449 a Bassiano (Velletri) e fece a Roma i suoi primi studî. Allievo di Gaspare da Verona e Domizio Calderini, studiò poi il greco a Ferrara, dove insegnava Battista Guarino, figlio del grande umanista G. Veronese. Passato alcun tempo a Mirandola, presso Giovanni Pico, fu invitato a Carpi (dove lo troviamo nel 1483) dai principi Pio per curare l'educazione di Alberto Pio, che restò poi attaccatissimo ad Aldo, fino a permettergli più tardi di aggiungere al suo nome quello della famiglia Pio. Formato il disegno di fondare una tipografia destinata a produrre principalmente testi greci, il M. venne a Venezia intorno al 1490. Sapeva di trovarvi i manoscritti del Bessarione (donati alla basilica di S. Marco nel 1468) e, fra i rifugiati greci, consiglieri, copisti e correttori in quantità; in tali condizioni non doveva riuscirgli diíficile fare la concorrenza a Milano, Firenze e Vicenza, dove già erano apparsi sporadicamente alcuni libri stampati in greco. Nel 1494 apparvero i suoi primi prodotti tipografici, il poema di Museo nel testo greco e latino, e la Galeomyomachia. entrambi senza data. Seguirono nel 1495 la Grammatica greca di Costantino Lascaris, prima stampa aldina con data (notata nello stile veneto del febbraio 1494), la Grammatica greca di Teodoro Gaza, gl'Idillî di Teocrito, il De Aetna di Pietro Bembo, la narrazione della spedizione di Carlo VIII in Italia fatta dal medico Alessandro De Benedetti (Diaria de bello Carolino) e il primo volume della monumentale raccolta delle opere di Aristotele, edizione principe del testo originale, in cinque volumi, terminata nel 1498, anno in cui apparve, anche per la prima volta, il testo greco di Aristofane e la magnifica edizione delle Opere di Angelo Poliziano. Nel 1499 il M. pubblicò, fra altri testi greci, la prima edizione degli Scrittori Astronomici e Dioscoride; in quest'anno apparve pure l'Hypnerotomachia Poliphili, curiosissima opera meglio nota col nome di Polifilo, scritta in un italiano latineggiante dal domenicano Francesco Colonna (v. colonna, X, pp. 853-54).
Questo libro celebre deve la sua fortuna alla grande bellezza delle illustrazioni che lo arricchiscono; esse sono incise in legno e traducono con singolare maestria l'elegante disegno dell'artista impareggiabile rimasto sconosciuto. A testimoniare le preoccupazioni di Aldo per l'effetto artistico della pagina stampata serve a meraviglia un esemplare del Polifilo (probabilmente unico) della collezione Grenville Kane di New York: dev'essere una copia "di scarto", ma le varianti ch'essa offre mostrano le migliorie ottenute in varî luoghi per la diversa disposizione del testo o delle figure. Già col De Aetna Aldo rivela l'importanza assoluta ch'egli attribuisce alla perfezione della stampa; infatti in questo libretto, di un'eleganza rara, troviamo alcune lettere (a, e, m, n, t) di due forme diverse: più semplici quando sono impiegate nell'interno delle righe, con i tratti estremi allungati nei casi in cui la parola che chiude la riga non la riempirebbe completamente, con la risultanza di un breve vuoto nocivo al perfetto allineamento verticale. Allo stesso scopo il segno tipografico che unisce le parole interrotte è di varia lunghezza, a seconda dello spazio che deve riempire. Certo il M. dovette largamente attingere ai consigli e all'esempio dell'amico Andrea Torresani di Asola, che, stabilito a Venezia da moltí anni, aveva impresso, tra l'altro, il bellissimo Sabellicus, Rerum venetarum Decades, del 1487.
Alla perfezione del Sabellicus del Torresani si avvicina l'edizione delle Epistole di Santa Caterina, che il M. pubblicò a spese di Margherita Ugelheimer (vedova di quel Pietro Ugelheimer di Francoforte, che fu socio del Jenson e appassionato bibliofilo) il 15 settembre 1500. Ma il M. maturava un altro disegno: per la pubblicazione di testi latini e volgari egli concepì una collezione in-8° piccolo (enchiridii forma) che in un volume portatile, tirato a mille esemplari, contenesse tanta materia quanta un volume in-4° e potesse essere venduto a prezzo modico. Occorrevano altri caratteri e l'incisore Francesco da Bologna fornì i punzoni di quel tipo minuto, per lungo tempo chiamato "aldino" e poi "cancelleresco" e "corsivo", col quale fu stampato il Virgilio apparso nell'aprile del 1501, libero celebre, considerato il prototipo del libro moderno e famoso anche per la sua grande rarità. Seguirono nello stesso anno Horatius e le Cose volgari di Francesco Petrarca; nell'agosto 1502 venne fuori il Dante, prima edizione in formato portatile: con esso il M. rese popolare la sua ancora, apparsa per la prima volta due mesi prima, in forma leggermente diversa, nel secondo volume dei Poetae Christiani veteres.
La marca tipografica di Aldo, rappresentata da un'ancora col delfino, è forse la più nota fra tutte le marche tipografiche. Il primo accenno ad essa si trova in una lettera del 14 ottobre 1499. diretta dal M. ad Alberto Pio da Carpi, e preposta all'edizione degli Astronomici veteres; egli l'adottò ispirandosi ad alcuni geroglifici stampati nel Polifilo (principalmente quello che si trova a carta d 7) e prendendo a modello il rovescio d'una moneta d'argento dell'imperatore Tito, dono di Pietro Bembo.
L'apparizione di queste edizioni aldine di piccolo formato destò un vero entusiasmo; privilegi per l'uso esclusivo del nuovo carattere corsivo furono accordati dal senato veneto e da Alessandro VI il 13 novembre e il 17 dicembre 1502, rinnovati poi per 15 anni da Giulio II il 27 gennaio 1513 e da Leone X il 28 novembre dello stesso anno. Essi servirono poco, ché per l'immensa voga già Filippo Giunti a Firenze, i Soncino a Fano pubblicavano edizioni di classici in piccolo formato con caratteri limitati da quelli da poco apparsi a Venezia; mentre alcuni tipografi e librai a Lione, fra cui Baldassare I de Gabiano e Bartolomeo Trot, pubblicarono, dalla fine del 1501, vere contraffazioni di quei libri. Il M. provvide subito, stampando un avviso, del 16 marzo 1503, in cui, dopo essersi lamentato della frode, indica i principali errori tipografici; ciò servì ai Lionesi per metter fuori contraffazioni più corrette.
Con la pubblicazione della prima edizione di Sofocle ("Venetiis in Aldi Romani Academia mense Augusto MDII") si ha il primo ricordo di un'Accademia Aldina, cenacolo di dotti greci che si riunivano in casa di Aldo. Le regole di essa, dettate in greco da Niccolò Carteromaco (Scipione Forteguerri da Pistoia), furono impresse in un foglio volante ritrovato ai primi dell'Ottocento da Gaetano Marini in un esemplare dell'Etymologicum Magnum (Venezia, Calliergi, 1499), posseduto dai principi Barberini. Era prescritto discorrere in greco e i trasgressori pagavano una multa, che serviva poi a fare banchetti. Aldo e il correttore Giovanni Cretese (Gregoropulos) furono nominati presidenti, e fra i primi accademici, oltre il Forteguerri, troviamo Battista Egnazio (Cipelli) prete, allievo del Poliziano e oratore veneto presso Francesco I, il nobile Paolo Canal, il medico Giovanni da Lucca, Francesco Rosetto letterato veronese. Ma ne fecero parte anche, fra altri, i quattro senatori veneti Andrea Navagero, Daniele Rinieri, Angelo Gabrielli e Marin Sanudo; Pietro Bembo, Alessandro Bondeno medico, Marco Musuro di Candia, Marc'Antonio Coccio Sabellico, fra Giocondo da Verona, Gerolamo Aleandri, Erasmo da Rotterdam. Questo è forse il più antico esempio di larga collaborazione scientifica per imprese editoriali.
Gli anni 1502 e 1503 furono tra i più fecondi: oltre il Dante furono pubblicati le Epistolae familiares di Cicerone, Lucano, Ovidio in tre volumi, Catullo, Tibullo e Properzio, Ammonius, Ulpianus, Origenes, l'Anthologia graeca e le prime edizioni greche di Tucidide, Sofocle, Erodoto, Euripide e Senofonte. Nel 1504 apparvero il bell'Omero greco in due volumi e il testo originale di Demostene, la cui impressione era durata tre anni: curata da Aldo e dal Forteguerri, pur avanzando fra continue difficoltà, essa è bellissima, composta con tipi nuovi e tirata su carta magnifica; reca in fondo una grande ancora, semplice contorno.
Ora Aldo prende moglie: liberato dal papa del voto di farsi prete di soccombere di peste) nei primi del 1505, a 56 anni, sposa Maria Torresani, ventenne, figlia del tipografo Andrea di Asola. Unione disparata ma felice, con la nascita di cinque figli; e il M. s'ebbe inoltre valido appoggio economico dal suocero, il cui nome troviamo accanto al suo in quasi tutte le edizioni pubblicate a partire dal Plinio del novembre 1508.
Da quest'anno, a causa della guerra che affiggeva una parte d'Europa e d'Italia, l'attività del M. rallenta: niente fu impresso nel 1506, e nel 1507 apparve soltanto la traduzione d'Erasmo delle tragedie di Euripide Hecuba e Ifigenia in Aulide; negli anni 1508 e 1509 gli Adagia di Erasmo, le Epistole di Plinio il Giovane, la preziosa edizione principe dei Rettorici greci, gli Opuscoli di Plutarco, Sallustio e alcune ristampe; poi inattività per due anni.
Intanto il M. viaggia, ma i documenti sono scarsi salvo che per il suo arresto, avvenuto per errore il giovedì 16 luglio 1506 nei pressi di Mantova. Fu liberato da Charles de Juffrey, ambasciatore di Francia a Mantova, e Francesco Gonzaga gli scrisse le sue scuse. Dimorò poi alcun tempo a Ferrara, dove lo troviamo anche nel 1509, nel 1510, anno in cui vi dettò un testamento andato perduto, e nel 1511, data di un secondo testamento conservato nella Biblioteca civica di quella città. In occasione d'un suo viaggio a Mantova (giugno 1510) il cardinale Ippolito d'Este lo fornì d'una commendatizia per la sorella Isabella, la quale era stata già curiosissima delle stampe di Aldo. E ad Isabella d'Este scrive l'imperatore Massimiliano per chiedere (26 agosto 1510) che siano restituiti al M. i suoi beni posti in Asola, territorio già invaso dagli alleati di Cambrai e passato, per le sorti della guerra, dal dominio di Venezia ai marchesi Gonzaga. La tipografia fu riaperta nel 1512 e già l'anno seguente apparivano i Commentarî di Cesare, in un testo critico curato lungamente da fra Giocondo da Verona; il primo Pindaro; la preziosa raccolta degli Oratori greci, con i testi di Eschine, Lisia, Aristide e Isocrate, pubblicati per la prima volta; l'edizione principe in greco delle opere di Platone, curata da Marco Musuro e dal M. dedicata a Leone X. Nella prefazione al Pindaro Aldo accenna alle gravi difficoltà per la continuazione del suo lavoro ed esprime ad Andrea Navagero il proposito d'intraprendere la stampa di testi biblici in ebraico. Un accenno a questo disegno si trova già nel suo Salterio greco (1497-1498) e ci resta anche un foglio di saggio di una Bibbia trilingue (esemplare unico nella Biblioteca nazionale di Parigi) stampata su tre colonne, col testo ebraico, greco e latino. I caratteri ebraici, quadrati e con vocali, bellissimi, i greci quelli già adoperati nell'Aristotile, i romani quelli del De Aetna.
Aldo pubblicò tre cataloghi delle sue edizioni. Il primo apparve nel 1498 sopra un foglio volante col titolo Libri graeci impressi ed è considerato il più antico esempio d'un catalogo editoriale con prezzi; il secondo occupa quattro pagine ugualmente in caratteri tondi, e contiene oltre l'indicazione dei libri editi fino al 22 giugno 1503, data apposta in fine, anche un gruppo di libri greci celebri pubblicati da altri tipografi: nell'unico esemplare che ci rimane (Bibl. nazionale di Parigi) Aldo stesso aggiunse l'indicazione del Demostene, Omero, Quinto Calabro ed Esopo usciti negli anni 1504 e 1505. Il. terzo catalogo, anche di formato in-folio, occupa cinque pagine ed è stampato in caratteri corsivi su due colonne, datato "Venetiis XXIIII Novembris MDXIII". In esso, a differenza degli altri due, non sono indicati i prezzi delle singole opere, ma a ciò supplisce un esemplare della Biblioteca civica di Udine in cui sono aggiunti a penna.
L'anno 1514 è l'ultimo di tanta attività, ma non fu meno produttivo: la Rettorica di Cicerone, Quintiliano e gli Scriptores de Re rustica, le prime edizioni: di Athenaeus e del Dizionario greco di Hesychius, l'Arcadia del Sannazzaro, le ristampe della grammatica latina, del Petrarca e del Virgilio. Il grosso volume in-folio di Suidas era già pronto quanto sopravvenne la fine.
Aldo morì il 6 febbraio 1515: il ricordo preciso della sua malattia e fine ci è stato tramandato da Marin Sanudo. Le esequie furono fatte nella chiesa di S. Paternian dove fu esposto il corpo "con libri atorno" e recitata l'orazione "in sua laude" da Raffaele Regio.
Aldo dispone di essere seppellito a Carpi, nomina gli esecutori testamentarî e la moglie amministratrice dei beni finché i figlioli, Manuzio,.Alda, Antonio e Paolo abbiano 25 anni; Alda sia educata nel convento di S. Francesco a Carpi e poi si abbia una dote di 600 ducati: tutto sempre col beneplacito dei principi Leonello e Alberto Pio. Infine l'ultimo suo pensiero è per l'arte ed egli raccomanda ad Andrea d'Asola di fare incidere da Giulio Campagnola i punzoni per il maiuscolo adatto ad accompagnare il carattere corsivo. Della sua sepoltura nulla si sa e di essa non v'è traccia né a Carpi né a Venezia. Dei suoi figlioli Letizia era morta prima del 1515; Manuzio fu prete e visse ad Asola, morì nel 1568 a 62 anni; Alda sposò un mantovano chiamato Catone; Antonio coltivò le lettere, ma, bandito da Venezia per trascorsi giovanili, fu tipografo e libraio a Bologna, dove morì circa il 1559; quanto a Paolo, v. manuzio, paolo.
L'opera letteraria del M. non fu circoscritta alla sola cura dei testi e alle numerose prefazioni che li precedono; egli scrisse: poesie latine dedicate ai principi Alberto e Leonello Pio, stampate forse a Venezia prima del 1489; una Vita di Arato (pubblicata negli Scriptores Astronomici veteres, 1499); una Vita di Ovidio che precede le Metamorfosi del 1502; i Rudimenta grammatices latinae linguae (Venezia 1501 e 1508); una Grammatica greca scritta in greco ed apparsa poco dopo la sua morte, curata da Marco Musuro e dedicata a Giovanni Grolier (1515); De metrorum generibus, stampato con l'Horatius del 1509. Tradusse in latino Esopo (1505), la Grammatica greca di Costantino Lascaris e le Sentenze di Focilide (1512).
M. ebbe fortuna soprattutto in Francia: ivi le sue edizioni furono sempre raccolte in gran numero e con amorevole cura fatte rilegare sontuosamente, così che i più belli esempî di rilegature artistiche francesi del Cinquecento ricoprono assai spesso i prodotti di quell'insigne tipografo; tradizione continuata poi dal Settecento fino ad oggi oltre che in Francia anche in Inghilterra. Le biografie e gli scritti del Renouard, che vi dedicò oltre trent'anni di appassionata fatica, di Ambroise Firmin-Didot, di Armand Baschet e di Pierre De Nolhac spirano sempre un entusiasmo che può dirsi davvero senza confini. Infatti Aldo ha meriti grandissimi: egli è incontentabile, fa appello a tutti, non bada a spese e cerca ogni mezzo per raggiungere la perfezione. Così ad esempio per stampare il Petrarca ottiene un manoscritto autografo; per pubblicare le Lettere di Plinio il Giovane (1508) si procura un manoscritto del sec. VI portato in Francia daAlvise Mocernigo e trascritto da fra Giocondo Veronese. Le numerose epistole dedicatorie poste in fronte ai suoi libri non contengono, com'era uso del tempo, lodi e apologie, ma, piene di fervore e di vita, ci mostrano questa sua inquietudine, diligenza e coscienza. Fornito poi di gusto squisito, raffinato, sceglie carte bellissime, inchiostri perfetti e fa tirare in carta grande o su finissime pergamene esemplari speciali che rilegati (forse nella sua stessa officina) in marocchino nero, rosso o verde, con sobrie decorazioni, formano volumi di grande bellezza. Le testimonianze dei contemporanei ci mostrano fino a qual punto era giunta la fama di quest'uomo, la cui opera occupa un posto eminente nella storia letteraria: egli è il vero creatore della tipografia greca.
V. tavv. XXXIX e XL.
Bibl.: Opere fondamentali: A.-A. Renouard, Annales de l'imprimerie des Aldes ou histoire des trois Manuces et de leurs éditions, 3ª ed., Parigi 1834 (1ª ed. 1803; 2ª ed., 1825); J. Schuck, A. Mantius und seine Zeitgenossen in Italien und Deutschland, Berlino 1862; A. Firmin-Didot, Alde Manuce et l'hellénisme à Venise, Parigi 1875; P. De Nolhac, Les correspondants d'Alde Manuce, in Studi e doc. di storia e diritto, VIII-IX, Roma 1888; E. Pastorello, Invent. cronol. de l'epistol. manuziano, 1483-1597, in La bibliofilia, XXX-XXXIII, Firenze 1928-31. Una copiosa bibl. dei tre M. è data da E. Pastorello, Bibl. storico-analitica dell'arte della stampa in Venezia, Venezia 1933, ai nn. 479-778 e 1263-1271. V. inoltre: Ch. Nodier, Franciscus Columna, dernière nouvelle de Ch. N. précédée d'une notice par Jules Janin, Parigi 1844 (rist. 1927); Cat. of a collection of Books formed by J. Toovey, the property of J. Pierpont Morgan, New York 1901 (con gran numero di ediz. aldine, quasi tutte con legature del Cinquecento); G.P. Winship, Gutenberg to Plantin, Cambridge 1926; Cat. of a most imp. coll. of publ. of the Aldine Press, 1494-1595, offered for sale by B. Quaritch, Londra 1929; M. Catalano, Vita di L. Ariosto, Ginevra 1931 (a pp. 141-42 s'indicano alcuni nuovi docum. del tempo della dimora ferrarese); Ph. Hofer, Variant copies of the 1499 Poliphilus, in Bull. of the New York Public Library, XXXVI, New York 1932; A. Sorbelli, Il mago che scolpì i caratteri di A. Manuzio: Francesco Griffi da Bologna, in Gutenberg-Jahrb., 1933, pp. 117-123.