manzonismi
Alessandro Manzoni ha esercitato, soprattutto con I promessi sposi, un influsso evidente sulla lingua italiana, letteraria e non letteraria. Questo influsso trova le sue ragioni prima di tutto nella sinergia tra la posizione teorica manzoniana e la grandezza del romanzo, nel quale Manzoni ha realizzato un modello di lingua di straordinaria efficacia.
Il lungo lavorio correttorio dei Promessi sposi (Vitale 19922), che condusse alla scelta del fiorentino dell’uso, ma soprattutto di una lingua moderna, permise a Manzoni di creare uno strumento espressivo di gran peso sull’evoluzione dell’italiano. I promessi sposi hanno avuto successo anche fuori della letteratura: nell’editoria illustrata e popolare, nel melodramma, nel teatro di marionette, e successivamente nelle cartoline, nelle figurine Liebig, nel cinema, nella televisione, nei fumetti, nel fotoromanzo.
Due sono le linee dell’influenza di Manzoni sul piano linguistico: la linea teorica e pedagogica e la linea dell’influsso esercitato dalle sue opere. Quanto alla prima, va sottolineata l’incidenza che la dottrina manzoniana rivestì nella scuola (Raicich 1981) e nel sistema educativo del paese negli ultimi decenni del XIX secolo (Tesi 2005). A tale incidenza nella scuola, soprattutto quella primaria, contribuirono strumenti fondamentali come le grammatiche e i dizionari. Grammatiche ‘manzoniane’ (➔ grammatica) come quelle di Morandi e Cappuccini e di Petrocchi, e ancora di più dizionari – come il Novo dizionario universale della lingua italiana dello stesso Petrocchi (Manni 2001), uscito in diverse edizioni, anche scolastiche (➔ dizionario) – con la loro fortuna concorsero alla diffusione capillare della linea manzoniana.
Su un piano diverso, ma almeno in parte convergente con il primo, agirono i libri per l’infanzia di ispirazione manzoniana, tra i quali soprattutto Pinocchio e Cuore, esempi diffusi per generazioni di una prosa pedagogica e di intrattenimento per bambini che realizzava un modello di lingua vivace (più in Collodi che in De Amicis) e tendente all’oralità, specie nella fraseologia.
Se si passa all’influenza che Manzoni ha esercitato con le sue opere sulla lingua letteraria e non letteraria, ci si trova in un campo molto vasto e solo parzialmente illuminato dagli studi, del quale ci si limita in questa sede a sottolineare il ruolo svolto dal romanzo nella lingua della letteratura e soprattutto le sue tracce nella lingua comune (ma si potrebbero ricordare anche espressioni tratte dalle poesie, in particolare dal Cinque maggio, entrate nell’uso, come dall’Alpi alle Piramidi, ai posteri l’ardua sentenza, l’un contro l’altro armato). L’influsso manzoniano da un lato trova conferme nel «manzonismo degli stenterelli» di carducciana memoria, dall’altro mostra sorprese relative a scrittori molto lontani sotto il profilo tematico e stilistico dall’autore dei Promessi sposi. Se, infatti, più scontata appare l’influenza linguistica manzoniana nei romanzi storici di Cantù, D’Azeglio, Grossi e altri, in linea con un influsso di impronta ideologica, storico-politica e tematica, o in autori distanti per temi e orientamento stilistico ma ugualmente da lui influenzati, come Bresciani, Praga, o ancora in toscani come Collodi, Pratesi, Fucini, decisamente meno prevedibile appare la presenza di tracce manzoniane in scrittori come Giovanni ➔ Verga, Luigi ➔ Pirandello, Carlo Emilio ➔ Gadda, e altri. In questi autori (come è stato osservato a proposito di Verga), si registra
un manzonismo non di marca ideologica, né d’impronta storico-politica, storico-civile o pedagogica […], ma di matrice esclusivamente artistica, o, se si vuole, anche ‘artigiana’, e riferibile alla perfetta realizzazione linguistica e stilistica della scrittura narrativa e alla coesione il più possibile perfetta fra forma e materia dell’opera narrativa (Spezzani 1982: 767).
Il grande modello del romanzo di Manzoni ha dunque esercitato un’influenza squisitamente artistica su autori tanto lontani e diversi. Il caso di Verga nei Malavoglia, con riprese certamente deliberate dal capolavoro manzoniano, è uno dei più significativi, come dimostra il seguente brano:
La moglie dello speziale torceva il muso a quegli schiamazzi, e stava coi guanti sulla pancia e la faccia lunga come si usa in città per quelle circostanze, che solo a guardarla la gente ammutoliva, quasi ci fosse il morto lì davanti, e per questo la chiamavano la Signora (I Malavoglia, in Verga 19792: 47)
che riprende un passo dei Promessi sposi (Manzoni 1954: 148) relativo alla monaca di Monza: «e per questo la chiamano la signora, per dire che è una gran signora».
Ma, accanto alle tessere intertestuali di questo tipo, va rilevata nei Malavoglia un’alta ricorrenza di locuzioni ed espressioni dei Promessi sposi, che appartenevano al patrimonio fraseologico italiano, ma soprattutto toscano: per es. metter gli occhi addosso, bianco come un cencio che esca dal bucato, levarsi il pan di bocca, raddrizzar le gambe ai cani, tirar la carretta, dir chiaro e tondo, chiudere un occhio, tirare il collo, saltare di palo in frasca, mettere una pulce nell’orecchio, fare uno sproposito, mettersi il cuore in pace.
L’italiano post-manzoniano, letterario e non letterario, è ricco di espressioni dei Promessi sposi (molte delle quali idiomatiche: Antonelli 2007), alcune già attestate in precedenza, altre diffuse dopo Manzoni. Guardando all’uso dei giorni nostri, è possibile distinguerle in diversi livelli e tipi. Partendo, per così dire, dal basso, si individua una serie di locuzioni che fanno parte del patrimonio comune, anche senza che il parlante, soprattutto se di livello culturale non elevato, sia sempre consapevole della loro ricorrenza nel romanzo manzoniano.
Le prime parole appartenenti al contingente di cui stiamo parlando sono i nomi di alcuni personaggi, Perpetua soprattutto e Azzeccagarbugli, passati presto da nomi propri a nomi comuni (Migliorini 1960: 645), Don Abbondio e Carneade (chi era costui?). Si può poi citare una serie numerosa di parole o espressioni che, se ad alcuni evocano il romanzo manzoniano, per altri fanno semplicemente parte di un bagaglio espressivo: acqua cheta; ambasciator non porta pena; avere in odio […] come il diavolo l’acqua santa; carità […] pelosa; dar un colpo al cerchio e uno alla botte; del senno di poi (ne) son piene le fosse; fare uno sproposito; il diavolo non è brutto quanto si dipinge; indovinala grillo; madonnina infilzata; mettere gli occhi addosso a qualcuno; politiconi; quel cielo di Lombardia, così bello quand’è bello; raddrizzare le gambe ai cani; il sugo della storia; vedere la mala parata.
Di alcune espressioni di uso comune, poi, va sottolineata la forza ironica, con riferimento, dunque, al romanzo: a chi la tocca, la tocca; il coraggio uno non se lo può dare; la sventurata rispose; non esser nato con un cuor di leone; (questo matrimonio) non s’ha da fare (né domani né mai); povero untorello; signor dottor delle cause perse; vaso di terra cotta (costretto a viaggiare) in compagnia di molti vasi di ferro.
Altre espressioni manzoniane si sentono tuttora in bocca a parlanti colti, che ben conoscono il romanzo e ne riprendono qualche frammento, pur senza esplicitarne la provenienza: baggiano; con un’aria di me n’impipo; disposto sempre all’ubbidienza; fino a questo segno; i capponi di Renzo; impedimenti dirimenti; insegnare la modestia alle fanciulle; non fate pettegolezzi, non fate schiamazzi; sa di latino; sopire, troncare … troncare, sopire; villano rincivilito.
Di rilievo più strutturale sono alcuni fenomeni fono-morfologici per i quali Manzoni nell’edizione definitiva dei Promessi sposi scelse le varianti più moderne, allontanandosi dalla lingua letteraria tradizionale e avvicinandosi all’uso comune (Sabatini 1987; Serianni 19896; Vitale 19922; Testa 1997).
A parte alcuni tratti più schiettamente fiorentini, che non si sono imposti nell’uso comune, come il monottongo del tipo move, frastono, le forme come fo, vo, il si impersonale alle prime persone plurali (noi si va), molti altri fenomeni rappresentano l’opzione più moderna, e la scelta manzoniana, corroborata dal manzonismo impostosi negli ultimi decenni dell’Ottocento, ne aiutò la diffusione (Tesi 2005; Atzori 2009). Si tratta di varianti fonologiche moderne come spagnolo, gettare, sicuro, domanda, scoperta, di contro alle più letterarie spagnuolo, gittare, securo, dimanda, scoverta; di scelte morfologiche rilevanti come l’imperfetto in -o di contro al tradizionale in -a (avevo / aveva; ➔ imperfetto) ancora maggioritario nell’italiano scritto ottocentesco; di scelte morfosintattiche come lui / lei / loro soggetto, gli in alternanza con loro «a loro» (➔ personali pronomi).
Anche nella sintassi spiccano scelte moderne (Mencacci 1995; Bonomi 2001-2003), come i costrutti marcati di tipo orale – «La bricconeria l’hanno fatta a me» (Manzoni 1954: 56); «A me non me ne vien nulla in tasca» (ibid.: 19); «E Agnese, la quale non gli aveva mai visti que’ luoghi» ( ibid.: 571); «Lei sa che noi altre monache, ci piace di sentir le storie per minuto» ( ibid.: 172) –, o il ➔ che polivalente, anch’esso tipico del parlato:
Gertrude [...] dovette [...] sentir parlare di certe sue zie e prozie, le quali [...] avevano sempre saputo tener uno zampino di fuori e, dal loro parlatorio, avevano ottenuto cose che le più gran dame, nelle loro sale, non c’eran potute arrivare ( ibid.: 195)
La modernità manzoniana, che consiste essenzialmente nell’avvicinamento tra lingua scritta e parlata, ha pesato sull’evoluzione dell’italiano tardo-ottocentesco e novecentesco.
Manzoni, Alessandro (1954), I promessi sposi. Testo critico della edizione definitiva del 1840. Storia della colonna infame. Testo del 1840 con suo apparato critico, in Id., Tutte le opere, a cura di A. Chiari & F. Ghisalberti, Milano, Mondadori, 1957-1970, 7 voll., vol. 2º/1.
Verga, Giovanni (19792), I grandi romanzi, prefazione di R. Bacchelli; testo e note a cura di F. Cecco & C. Riccardi, Milano, Mondadori.
Antonelli, Giuseppe (2007), Notazioni metalinguistiche nei “Promessi Sposi”, in Studi linguistici per Luca Serianni, a cura di V. Della Valle & P. Trifone, Roma, Salerno Editrice, pp. 237-251.
Atzori, Enrica (2009), La comunicazione pubblica del Comune di Milano. Analisi linguistica (1859-1890), Milano, Franco Angeli.
Bonomi, Ilaria (2001-2003), Noterelle di sintassi manzoniana, «Annali manzoniani» 4-5, pp. 265-292.
Manni, Paola (2001), Policarpo Petrocchi e la lingua italiana, Firenze, Cesati.
Mencacci, Osvaldo (1995), Le correzioni dei Promessi Sposi. Alcune varianti sintattiche, Perugia, Guerra.
Migliorini, Bruno (1960), Storia della lingua italiana, Firenze, Sansoni (1a ed. 1937).
Raicich, Marino (1981), Scuola cultura e politica da De Sanctis a Gentile, Pisa, Nistri-Lischi.
Sabatini, Francesco (1987), Questioni di lingua e non di stile. Considerazioni a distanza sulla morfosintassi nei “Promessi Sposi”, in Manzoni “L’eterno lavoro”. Atti del Congresso internazionale sui problemi della lingua e del dialetto nell’opera e negli studi del Manzoni (Milano, 6-9 novembre 1985), Milano, Centro nazionale Studi Manzoniani, pp. 157-176.
Serianni, Luca (1986), Le varianti fonomorfologiche dei Promessi Sposi 1840 nel quadro dell’italiano ottocentesco, «Studi linguistici italiani» 12, 1986, pp. 1-63 (poi in Id., Saggi di storia linguistica italiana, Napoli, Morano, 1989, pp. 141-213).
Spezzani, Pietro (1982), I manzonismi nei Malavoglia, in I Malavoglia. Atti del Congresso internazionale di studi (Catania, 26-28 novembre 1981), Catania, Fondazione Verga, 2 voll., vol. 2º, pp. 739-769.
Tesi, Riccardo (2005), Storia dell’italiano. La lingua moderna e contemporanea, Bologna, Zanichelli.
Testa, Enrico (1997), Lo stile semplice. Discorso e romanzo, Torino, Einaudi.
Vitale, Maurizio (19922), La lingua di Alessandro Manzoni. Giudizi della critica ottocentesca sulla prima e seconda edizione dei Promessi sposi e le tendenze della prassi correttoria manzoniana, Milano, Cisalpino.