mappa genetica
Rappresentazione delle posizioni relative dei geni su una molecola di DNA; la disposizione è tale che tramite la m. g. è possibile calcolare la distanza genetica tra i geni in unità di associazione (centiMorgans), o la distanza fisica misurata in paia di basi nucleotidiche. Per convenzione i metodi per ottenere una m. g. si dividono in due categorie: la mappatura genetica e la mappatura fisica. Dall’integrazione dei dati ottenuti delle m. g. dipende il successo del completamento del Progetto genoma umano.
Queste mappe si basano sull’uso di tecniche genetiche classiche per costruire mappe che mostrano le posizioni dei geni e di altre sequenze specifiche nel genoma. Sono costruite seguendo l’eredità di fenotipi o di marcatori polimorfici attraverso più generazioni. I loci polimorfici vengono mappati gli uni rispetto agli altri sulla base della frequenza con cui essi ricombinano nella meiosi, misurando le frequenze di ricombinazione fra diverse coppie di marcatori genetici. Un marcatore è qualsiasi carattere mendeliano polimorfico che possa essere usato per seguire un segmento cromosomico nelle generazioni in un dato albero genealogico. Sulla base di molte distanze genetiche prese a due a due, i marcatori possono essere disposti su un tracciato lineare numerato, dove le distanze più corte corrispondono a basse frequenze di ricombinazione. L’unità di distanza è il centiMorgan (cM), corrispondente a una probabilità dell’1% di ricombinazione. Le tecniche genetiche comprendono gli esperimenti di re-incrocio o, nel caso dell’uomo, l’esame della storia familiare. Il metodo della m. g. classica è stato sviluppato agli inizi del Novecento dal genetista statunitense T.H. Morgan. Osservando le frequenza con cui alcuni caratteri venivano trasmessi associati in numerose generazioni del moscerino della frutta Drosophila melanogaster, Morgan giunse alla conclusione che i tratti più frequentemente ereditati in modo associato, cioè contemporaneamente, dovessero corrispondere a geni localizzati l’uno accanto all’altro sullo stesso cromosoma. Questi studi portarono Morgan a tracciare una mappa dei geni di D. melanogaster, e della loro disposizione sui relativi cromosomi; queste ricerche gli valsero, nel 1933, il Nobel per la medicina o la fisiologia. Questo tipo di mappatura ha oggi solo un valore storico. Le m. g. classiche (ad es., del topo, del lievito Saccharomyces cerevisiae, e di altri organismi modello), basate sulla ricombinazione tra geni, venivano costruite incrociando mutanti differenti per stabilire se due geni fossero o meno associati. Le m. g. umane venivano prodotte seguendo gli schemi di ereditarietà in famiglie di grandi dimensioni, che venivano osservate per più generazioni. Originariamente, questi studi erano limitati a caratteri ereditari fisici, che potevano essere facilmente osservati in ciascun membro della famiglia.
La mappatura fisica, che usa le tecniche di biologia molecolare per esaminare direttamente le molecole di DNA, localizza la precisa posizione delle sequenze geniche sul cromosoma e determina le distanze delle une dalle altre. Verso la fine degli anni Settanta del secolo scorso si scoprì che la maggior parte delle variazioni nella sequenza nucleotidica presenti nel genoma si trova al di fuori dei geni, e che tali variazioni potevano essere usate come marcatori. Tali variazioni del DNA vennero individuate mediante l’analisi degli RFLP (Restriction Fragment Length Polymorphisms, «polimorfismi di lunghezza dei frammenti») ottenuti mediante digestione del DNA con enzimi di restrizione. Fu così possibile realizzare una prima m. g. dell’uomo, anche se non del tipo classico. Successivamente vennero costruite mappe sempre più dettagliate di associazione genica dell’uomo, utilizzando marcatori distribuiti a caso lungo tutto il genoma. Molto importante fu lo sviluppo negli anni Ottanta e Novanta di potenti tecnologie per il clonaggio del DNA, che consentirono la costruzione di cloni contenenti grandi frammenti di DNA. Tramite l’analisi dei marcatori si potevano individuare gli inserti parzialmente sovrapponibili, per cui divenne possibile costruire mappe ordinate dei cloni di DNA, ottenendo i cosiddetti contigui di cloni. Oggi le tecniche più avanzate di biologia molecolare permettono di creare mappe molto dettagliate, confrontando la posizione del gene di interesse con l’ordine relativo di alcuni marcatori genetici o di specifici segmenti noti del DNA, come mini- e microsatelliti, e i polimorfismi di un singolo nucleotide (SNP, Single Nucleotide Polymorphism). Questi ultimi sono il tipo più comune di variazione individuale presente nel DNA; si stima che gli SNP nel genoma umano siano 10 milioni. Le mappe fisiche vengono costruite identificando la posizione dei marcatori lungo il cromosoma. Le distanze tra i punti di riferimento sui cromosomi vengono determinate mediante tecniche quali la Radiation Hybrid Mapping («mappatura degli ibridi di cellule irradiate»), la ibridazione in situ a fluorescenza (➔ FISH) o, infine, con il sequenziamento (➔) automatizzato del DNA.