PIGAFETTA, Marc'Antonio
PIGAFETTA, Marc’Antonio. – Della famiglia vicentina (ramo di Alessandro di Matteo fu Sandro), nacque da Giovanni Battista di Agostino e Morosina Loschi fu Ambrogio, la cui charta dotis è datata 19 luglio 1532, probabilmente nel 1540 (Babinger, 1958, p. 91). Non è neppure certo il luogo di nascita, forse Vicenza.
Giovanni Battista (m. 1556), ebbe quattro figli, oltre a Marc’Antonio: Antonio Francesco, nato nel 1535, noto per le sue adesioni all’eresia, Celso, Prospero e Clemente, gli ultimi due morti giovani (Babinger, 1958, p. 91), e tre figlie: Elisabetta, Venere e Ottavia. I nomi compaiono nella richiesta della divisione dei beni del padre (27 gennaio 1559). Sia il padre sia il fratello Antonio Francesco furono medici ed eretici, legati all’Università di Padova, mentre Celso, ugualmente medico, fece professione di fede cattolica (Perocco, in L’Itinerario, a cura di D. Perocco, 2008, pp. 10-14).
È probabile che Pigafetta si dedicasse alla carriera diplomatica; è però dubbio che si sia posto al servizio dei Savoia, al seguito dei quali si sarebbe spostato in Ungheria quando il duca Emanuele Filiberto vi inviò truppe (Babinger, 1958, p. 92), dato che non conosceva neppure il nome del comandante che le guidava (indicato, nella stampa dell’Itinerario, con puntini di sospensione).
Nel 1567 era al seguito di Antonio Veranzio (Antun Vrančić), nella seconda missione di pace di questo alla Sublime Porta. Salito al trono dopo la morte del padre Ferdinando d’Asburgo (1564), Massimiliano II voleva la pace con Selim II, figlio di Solimano il Magnifico. Si trattava quindi di riproporre gli accordi fatti tra i due regnanti padri ai due figli che erano loro succeduti; era perciò importante la presenza di Vrančić che costituiva la memoria vivente di ciò che era già stato stipulato e, più di ogni altro, conosceva la natura e le esigenze dei contraenti. Pigafetta fu alle dipendenze dirette di Vrančić, non è noto con quale ruolo.
Nell’Itinerario di Marc’Antonio Pigafetta gentil’huomo Vicentino narrò il viaggio e la permanenza in Oriente. La delegazione partì da Vienna il 1° luglio 1567 e arrivò a Costantinopoli il 22 agosto; le trattative ebbero un lungo periodo di interruzione (dal 19 ottobre al 15 gennaio 1568) dovuto a nuove richieste da parte turca, per cui Vrančić fu costretto a inviare all’imperatore un messo. Pigafetta sottolinea la sua non partecipzione alle trattative: «trattando gl’ambasciatori con il bassà del negozio loro, a noi più liberamente ci fu licito andare per ogni luogo spasseggiando» (L’Itinerario, cit., p. 125). Poté così andare in giro e descrivere Istanbul e i luoghi circostanti, visitati con immenso piacere. L’Itinerario più che una semplice relazione di viaggio è un elogio, distaccato ma appassionato, quasi meravigliato della realtà turca e delle bellezze di Costantinopoli conosciute durante la missione diplomatica, che si protrasse per mesi. Pigafetta narra in modo curioso e attento la vita reale, i monumenti, il mondo di coloro che vivevano intorno al sultano e ai pascià e cerca di individuare gli elementi che permettevano la superiorità (politica e militare) dei Turchi o eventualmente la loro debolezza.
Conclusa la pace il 17 febbraio 1568, l’ambasceria ripartì per Vienna il 20 marzo dove arrivò il 10 maggio; il 17 fu ricevuta dall’imperatore.
Tra la fine di maggio 1568 e il 5 novembre 1572 Pigafetta tornò in Veneto; qui commise un omicidio, la cui notizia è pervenuta attraverso la testimonianza di due lettere, conservate nell’Archivio di Stato di Firenze (Mediceo del Principato, 2981, cc. 260r, 268r-269v), inviate dall’ambasciatore fiorentino Orazio Urbani a Francesco de’ Medici a pochi giorni di distanza l’una dall’altra (Perocco, in L’Itinerario, cit., pp. 14 s.). Nella prima (5 novembre 1572) riferisce che Celso Pigafetta, medico e scopritore di segreti intorno agli specchi, aveva chiesto di poter andare a esercitare la sua arte a Firenze insieme con un fratello bandito dallo Stato veneziano per omicidio; nella seconda (26 novembre 1572) Urbani riporta le confidenze avute da Celso: egli aveva un fratello eretico dichiarato, fuggito «fra gli ugonotti» (Anton Francesco) e un altro fratello (Marc’Antonio) aveva commesso un omicidio. Celso, perseguitato dai parenti del morto e ingiustamente sospettato di eresia solo per il legame di parentela, chiese rifugio in casa dell’ambasciatore e poi a Firenze.
Marc’Antonio, anche se «è un buon cristiano» (Archivio di Stato di Firenze, Mediceo del Principato, 2981, c. 269r) aveva dovuto rifugiarsi in Germania, presso Antonio Francesco, la cui presenza è attestata in quegli anni a Heidelberg.
In assenza di ulteriore documentazione, probabilmente dispersa con le eliminazioni napoleoniche e postnapoleoniche, si può solo ipotizzare che il morto (o almeno la sua famiglia) non fossero veneziani, ma di un’altra città del Veneto e il processo istruito fuori Venezia, poi inviato alla capitale (Perocco, in L’Itinerario, cit., pp. 15 s. n. 31).
Pigafetta, che dimostra nell’Itinerario di conoscere Heidelberg, si iscrisse (8 gennaio 1574) alla Hohen Schule di Wittenberg (Babinger, 1958, p. 94): questa attestazione di presenza «fra gli ugonotti», unita all’affermazione di Urbani («dove anchora si trova l’altro suo fratello che fece l’omicidio», Archivio di Stato di Firenze, Mediceo del Principato, 2981, c. 269r) dà un’ulteriore prova che egli fu omicida e rifugiato in Germania.
Non si hanno notizie fino al 30 novembre 1580, quando comparve a Londra nell’ambito della Chiesa italiana, come secondo accusatore in una lunga e violenta disputa, descritta da Luigi Firpo (1959; il testo completo in Unity in multiformity, 1997, pp. 176-181). Pigafetta si comportò in maniera così irritante e offensiva da essere giudicato «calunniatore mendace», venire allontanato e quindi sparire dal registro della Chiesa (Londra, British Library, Additional, 48096, cc. 53r-55r). L’ultima data in cui comparve a Londra è il 27 marzo 1581.
Probabile che in seguito si sia spostato a Oxford, dove lui stesso affermò di essere stato. L’Itinerario fu edito a Londra da John Wolfe nel 1585, ma l’autore fu persuaso alla pubblicazione da Richard Hakluyt, che aveva conociuto probabilmente quando teneva lezioni a Oxford. L’ipotesi di un impiego come segretario o istitutore presso Edward Seymour, dedicatario del testo, è smentita dalle parole di Pigafetta che afferma di non conoscerlo. Il nome di Pigafetta non compare mai negli elenchi degli insegnanti, dei rifugiati, dei chiedenti cittadinanza in Inghilterra.
I vari rinvii interni del testo e le brevi lacune lasciate nella stampa (con la comparsa di puntini di sospensione in sostituzione di qualche nome) danno la certezza che Pigafetta aveva scritto l’opera nel 1568-69 ed escludono una revisione prima della consegna all’editore. La data di stampa, indicata nel frontespizio, è il 1585 e la dedica allude chiaramente ai sedici anni passati tra la scrittura e la pubblicazione. Il libro dovette avere una iniziale fortuna (fu nella biblioteca di Johann Georg von Werdenstein e dei principi di Galles di casa Stewart, poi divenne sempre più raro; Perocco, in L’Itinerario, cit., pp. 24 s. e n., 17 n.). Dopo la princeps il testo è stato edito nel 1890 da Petar Matković (Zagabria 1890), «pullulante di errori e di arbitrarie modifiche» (Babinger, 1958, p. 96), e in edizione moderna commentata da Daria Perocco (Padova 2008). Una ulteriore edizione con testo e indici a cura della Biblioteca civica di Vicenza (Vicenza 2008) riprende in molti luoghi l’edizione Perocco.
A Hakluyt è legato anche l’unico altro testo di Pigafetta di cui siamo a conoscenza, un sonetto encomiastico in italiano che compare, insieme con testi elogiativi in latino e greco, di altri autori, nelle pagine proemiali, non numerate, delle prime edizioni de The principal navigations, voiages and discoveries of the English nation (I ed. Londra, G. Bishop - R. Newberie, 1589, con il testo di Pigafetta come secondo; II ed., ampliata in tre volumi, Londra 1598-1600, dove è ultimo).
Non si conoscono data e luogo di morte di Pigafetta.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Firenze, Mediceo del principato, 2981, cc. 260r, 268-269 (Orazio Urbani a Francesco de’ Medici, Venezia, 5 e 26 novembre 1572); F. Watson, Hakluyt and Mulcaster, in Geographical Journal, XLIX (1917), p. 52 s.; F. Babinger, M. P., in Miscellanea in onore di Roberto Cessi, II, Roma 1958, p. 89-96 (con bibliografia); L. Firpo, La Chiesa italiana di Londra nel Cinquecento e i suoi rapporti con Ginevra, in Ginevra e l’Italia, a cura di D. Cantimori et al., Firenze 1959, pp. 388-391; C.C. Huffman, Elizabethan impressions. John Wolfe and his press, New York 1988, pp. 35 s., 38, 170 nn. 59-60; S. Yérasimos, Les voyageurs dans l’Empire ottoman (XIV-XVI siècles), Ankara 1991, pp. 276-278; Unity in multiformity: the minutes of the Coetus of London, 1575 and the Consistory minutes of the Italian Church of London, 1570-1591, a cura di O. Boersma - A.J. Jelsma, London 1997, pp. 45, 75, 176-184; A. Picariello Foralosso, I Pigafetta cittadini di Padova e Vicenza (secc. XV-XVI). Nuove ricerche negli archivi padovani, in Archivio veneto, s. 5, CLXIV (2005) pp. 55 n. 172, 68 quater; D. Perocco, Su M.’A. P. (e dintorni), in Itinera Orientalia, a cura di G. Pedrini - N. Veladiano, Vicenza 2010, pp. 251-290.