MARCA
. Marche epigrafiche. - Su molti blocchi grezzi di marmi, di calcare e di tufo, ancora giacenti nelle cave o già trasportati a destinazione e messi in opera, si trovano spesso marche indicanti la provenienza e il numero d'ordine dei blocchi estratti e da porre in opera. Sono talvolta semplici lettere, indicanti una serie progressiva ovvero iniziali. Talvolta le indicazioni sono molto precise; vi si trova il nome della cava, l'indicazione della data consolare e degli ufficiali civili addetti all'amministrazione della cava stessa. Non manca, in qualche caso, il nome dell'imperatore cui la cava apparteneva in proprietà. Vi si trovano anche i nomi degli umili servi addetti ai penosi lavori dell'estrazione dei materiali e alla loro squadratura. Anche alcuni pani di piombo, provenienti dalle miniere d'Italia, di Spagna, e della Britannia, sono contrassegnati da marche, con il nome dell'imperatore e l'indicazione del sito della miniera donde fu estratto il metallo; ad es.: De Britan(nicis), de Cen(gis), ecc.
Le marche tipografiche. - La marca tipografica è un emblema o insegna particolare che tipografi, librai, editori e, talvolta, autori pongono nei libri da loro stampati o editi per contraddistinguerli commercialmente e garantirne l'autenticità. Rappresenta stemmi o figure accompagnate spesso da lettere iniziali (sigle) e da un motto (divisa); può essere apposta in varie parti del libro.
L'origine delle marche tipografiche deve ricercarsi nelle firme di carattere decorativo apposte a documenti membranacei del Medioevo, con i noti monogrammi notarili. Luigi III, Carlomagno, Carlo il Grosso, Ugo Capeto, Roberto II firmavano con sigle che si possono considerare lontane ispiratrici delle marche tipografiche, apparse subito con l'introduzione dell'arte della stampa. Se ne indicano i primi esempî negli stemmi accollati dei tipografi Fust e Schöffer (Psalterium latinum, Magonza 1457) poi in altri libri degli stessi soci (Bibbia maguntina del 1462, ecc.). Queste primissime marche furono apposte nei libri a guisa di suggello o bollo, forse a mano dopo ultimata la stampa, e hanno l'ufficio di un vero contrassegno commerciale per proteggere la proprietà dell'edizione. La diffusione di esse fu assai rapida; alcune furono usate collettivamente e contemporaneamente e soltanto con la concessione dei privilegi di stampa l'uso delle marche diventò esclusivo di singoli tipografi o di case librarie.
La forma più antica è lo stemma araldico desunto dalla famiglia o dal luogo d'origine. Tale forma, molto comune in Germania e altrove per tutto il sec. XV, non attecchì in Italia, ove se ne trovano pochissimi esempî (marche araldiche di Erhard Ratdolt, di Bernardino Vitali, tipografi a Venezia). La tipografia italiana fece invece larghissimo uso di una marca caratteristica, che ha qualche riscontro con quelle usate per le filigrane delle carte e che divenne per lungo tempo un vero e proprio "marchio" commerciale dell'arte impressoria. La sua forma più consueta è un cerchio con linee secanti o triangolari all'interno e con sovrapposta una croce, spesso a doppio o triplice braccio, impressa in rosso o in nero. Fu usata la prima volta dai soci Nicola Jenson e Giovanni da Colonia, tipografi a Venezia (circa 1480), poi adottata con svariatissime forme - a foggia di cuore, di scudo, quadrangolare, con sigle, simboli, fregi, ecc. - da molti altri tipografi. L'interpretazione di questa insegna, nella quale taluni vollero rintracciare un significato simbolico o mistico, è affidata tuttora a conclusioni non definitive, ma la sua origine può benissimo ricollegarsi alle marche commerciali del tempo in uso presso pittori, ceramisti, incisori, ecc. Essa fu propria del secolo XV; durò ancora ma con minor frequenza, nei primi anni del sec. XVI, e scomparve del tutto intorno al 1540. Al suo posto furono largamente introdotte le insegne figurate, meno frequenti nel sec. XV, abbondanti fin dai primi anni del XVI. Moltissime di queste marche hanno significato simbolico, mitologico, filosofico; altre contengono allusioni al nome e alle caratteristiche della produzione libraria (insegne parlanti) e in quasi tutte si aggiunsero motti e sentenze.
Non è qui luogo per indicare particolarmente gli svariatissimi tipi e forme; ebbero parte notevole, per l'Italia, raffigurazioni di alberi, di animali favolosi, di segni astronomici, di elementi architettonici e anche ritratti, spesso disegnati con originalità e gusto. Si può anzi affermare che la grande maggioranza delle marche topografiche italiane del secolo XVI ha un'indiscutibile superiorità artistica su quelle delle tipografie tedesche, francesi e olandesi.
Altra particolare categoria di marche tipografiche è costituita da figurazioni bizzarre in cui l'artista volle soprattutto indicare con giuochi figurati il nome del tipografo, creando talvolta veri e proprî rebus. Un'altra numerosa categoria rappresenta figure sacre o di santi, quasi sempre allusiva al nome del tipografo (S. Niccolò, per Niccolò d'Aristotile, lo Zoppino; S. Bernardino, per Bernardino Stagnino; S. Antonio eremita per Antoine Caillaut di Parigi: qualificata, questa, come prima marca di tipografo francese).
Le marche figurate tennero il campo sino a tutto il sec. XVII, e furono espressione dei gusti particolari delle varie epoche. Dalle forme arcaicizzanti del primo periodo passarono a rappresentazioni eleganti nel disegno e chiare nei significati.
L'epoca aurea delle marche tipografiche durò appena un cinquantennio (1530-1580 circa) e costituisce, in tale periodo, un elemento di prim'ordine per l'ornamentazione del libro Verso la fine del sec. XVI e per tutto il XVII la marca diventa invece sovraccarica di fregi, astrusa e complicata nei simboli; più appariscente, più monumentale, ma pesante nella struttura e nei concetti, essa segue le sorti della decadenza dell'arte libraria; soltanto verso la fine del sec. XVIII ritorna più chiara e semplice, fino a ridursi a brevi sigle e monogrammi. Nel sec. XIX il suo uso decade. Ai nostri giorni alcuni editori adoperano marche tipografiche ricollegate alle antiche.
I primi suggelli tipografici furono posti verosimilmente a mano, quasi sempre in fine del libro, dopo il colophon (v.). Le insegne figurate si trovano invece nel centro del frontespizio (v.). Frequentemente la stessa marca viene ripetuta anche in fine del libro; più raro è il caso di trovare due marche diverse, una nel frontespizio (dell'autore o dell'editore) e una seconda in fine (del tipografo). Nei secoli XVI-XVIII, spesso, l'insegna del tipografo era effigiata anche sulla sua bottega.
L'importanza della marca tipografica non risiede soltanto nella sua esteriorità più o meno artistica destinata a tipo di ornamento del libro: essa è un elemento utile per la storia della tipografia e per la cronologia delle edizioni, specie per le casate tipografiche che conservarono tradizionalmente la loro insegna.
Repertorî. - Il numero delle marche tipografiche italiane è grandissimo, ma non esiste alcun repertorio che le abbia raccolte e classificate tutte. Fra le più antiche raccolte, naturalmente poco fedeli all'originale per le imperfette riproduzioni, va ricordata quella compilata da A. Baillet, Marques et enseignes des principaux imprimeurs et libraires (in Jugements des savants, Parigi 1722), con 119 soggetti desunti da 196 tipografi, più volte ristampata. Segue la raccolta compilata da P. A. Orlandi e inserita nella sua opera Origine e progressi della stampa (Bologna 1722), che riproduce 94 marche tipografiche in prevalenza italiane. Peraltro la prima pubblicazione speciale sull'argomento è dovuta a F. Roth-Scholtz, Thesaurus symbolorum ac emblematum, id est insignia bibliopolarum et typographorum (Norimberga 1728; 2ª ed., 1730), pubblicata soltanto in una prima parte contenente 513 marche delle quali 94 italiane. Venne poi il repertorio del libraio L. C. Silvestre, Marques typographiques (Parigi 1853-65), che si proponeva di raccogliere le marche usate in Francia dal 1470 a tutto il sec. XVI; non furono pubblicate che 13 dispense con 1065 marche; un saggio della stessa raccolta il Silvestre aveva inserito sparsamente nei volumi del Manuel du libraire di J.-L. Brunet (cfr. V, coll. 1685-1700).
Nel nostro tempo P. Kristeller diede per primo un repertorio generale delle più antiche marche tipografiche italiane: Die italienischen Buchdrucker- und Verlegerzeichen bis 1525, descrivendo e riproducendo 351 marche: opera che va completata con le pubblicazioni di G. Bresciano, Insegne di tipografi e librai napoletani del XV e XVI sec. (in Boll. del bibliofilo, I, 1919, pp. 94-96 e 129-156), di A. Sorbelli, Le marche tipogr. bolognesi nel sec. XVI (Milano 1926) e di M. J. Husung (v. appresso).
Un repertorio sistematico delle marche tipografiche del sec. XV è raccolto nella collezione Drucker- und Buchhändlermarken des XV. Jahrh., di cui sono pubblicati 4 voll. nell'ordine seguente: I: E. Weil, Die deutschen Druckerzeichen des XV. Jahrh.; II: W. J. Meyer, Die franz. Drucker- und Verlegerzeichen des XV. Jahrh.; III: R. Juchhoff, Drucker- u. Verlegerzeichen d. XV. Jahrh. in den Niederlanden, England, Spanien, Böhmen, Mähren u. Polen; IV: M. J. Husung, Die Drucker- und Verlegerzeichen Italiens im XV. Jahrh., con 242 marche (Monaco 1924-1929).
Fra le opere consimili di carattere generale sono da ricordare: la collezione diretta da P. Heitz in 7 voll. così ripartiti: I: P. Heitz e K.A. Barack, Elsässische Büchermarken (Strasburgo 1892); II: P. Kristeller, op. cit.; III:P. Heitz e C.C. Bernouilli, Basler Büchermarken (Strasburgo 1895); IV: P. Heitz, Frankfurter und Mainzer Drucker- und Verlegerzeichen (ivi 1896); V: K. Haebler, Spanische und portugiesische Bücherzeichen (ivi 1898); VI: P. Heitz, Die Kölner Büchermarken (ivi 1898); VII:P. Heitz, Genfer Buchdrucker- und Verlegerzeichen (ivi 1908); la raccolta di P. Delalain, Inventaire des marques d'imprimeurs et de libraires (Parigi 1886-1888), in tre fascicoli dedicati rispettivamente il I e il II a Parigi (643 marche), Lione (291 marche), altre città della Francia (63 marche); il III alle altre nazioni europee (con 1079 marche di cui 283 italiane).
Fra le opere particolari dedicate a singoli paesi sono da ricordare: Belgio e Paesi Bassi: Marques typographiques des imprimeurs et libraires qui ont exercé dans les Pays-Bas (Gand 1894, voll. 2); G. Van Havre, Marques typographiques des imprimeurs et libraires anversois (Gand 1884-85, voll. 2).
Francia: R. Laurent-Vibert e M. Audin, Les marques de libraires et d'imprimeurs en France aux XVIIP et XVIIIe siècles (Parigi 1925); M.-L. Polain, Marques d'imprimeurs et libraires en France au XVe siècle (Parigi 1926); Ph. Renouard, Les marques typographiques parisiennes des XVe et XVIe siècles (Parigi 1926-28).
Svizzera: P. Heitz, Die Zürcher Büchermarken (Zurigo 1895).
Ungheria: J. Végh, Ung. Verleger- u. Buchdruckerzeichen (I, Lipsia 1923).
V. tavv. XLI-XLIV.
Bibl.: Oltre ai repertorî iconografici citati si vedano: M.-C. Guigne, De l'origine de la signature et de son emploi au Moyen Âge, principalement dans les Pays de Droit écrit, Parigi 1863; O. Barbier, Des marques typographiques. Utilité de les connoitre, in Bulletin de bibliophile, s. 6ª (1864), pp. 991-1013; F.-A. Didot, in Essai typographique et bibliographique sur l'histoire de la gravure sur bois, Parigi 1868, pp. 192-201; G. Fumagalli, Delle insegne tipografiche e specialmente delle italiane, in Il Fanfani, III (1883), e in Bibliografia, 3ª ed., Milano 1916; P. Heichen, Die Drucker- und Verleger-Zeichen der Gegenwart, Berlino 1892; C. E. M. Joad, The Bookmark, Londra 1926; L. Gruel, Recherches sur les origines des marques anciennes qui se rencontrent dans l'art et dans l'industrie du XVe au XIXe siècle, Bruxelles 1925; M. Sabbe, Le symbolisme des marques typographiques, in De Gulden Passer, L'Aia-Anversa, X (1932), pp. 72-119.