MARCANTONIO da Carpenedolo (al secolo Andrea Galizio o Gallizzi)
Nacque il 28 ott. 1599 a Carpenedolo (presso Brescia) da Giovanni Giacomo e da Domenica. I pochi dati biografici a disposizione sui suoi primi anni sono mescolati, nelle ricostruzioni esistenti, a numerosi elementi agiografici. Pare che appartenesse a una famiglia di contadini e che compisse i primi studi sotto la guida del parroco Giovan Battista Zaniboni. Il 16 ott. 1616 vestì l'abito dei frati minori cappuccini nel convento di Vestone in Valle Sabbia, nel Bresciano, assumendo il nome di Marcantonio da Carpenedolo. Dopo il periodo del noviziato, M. passò a studiare filosofia e teologia sotto la guida del teologo Teodoro da Bergamo (non è chiaro se a Brescia o nello Studio generale di Milano). Ordinato sacerdote verso il 1626, fu successivamente nominato lettore di filosofia.
Nel capitolo del luglio 1632 venne eletto ministro provinciale di Brescia e quindi confermato nella carica l'anno successivo. Recatosi a Roma per il capitolo generale dell'Ordine del 1633, grazie ai buoni uffici di padre Teodoro, divenuto definitore generale, M. fu scelto dal nuovo ministro generale, Antonio da Modena, come proprio consultore. Nel 1636 il generale fu però costretto alle dimissioni dal cardinale protettore Antonio Barberini senior, prima della scadenza del suo mandato. Tuttavia, il M., in occasione del capitolo generale dell'anno successivo, riuscì ugualmente eletto fra i definitori generali. Dato lo stretto legame con il generale dimissionario, M. venne preso di mira dai fautori del cardinale protettore all'interno dell'Ordine.
Costoro presero a pretesto una vicenda dai contorni oscuri, originata dall'avvelenamento di due padri provinciali della provincia romana (1630), per ottenere da parte del papa la nomina di un giudice speciale nella persona del cappuccino Lorenzo da Molfetta. Quest'ultimo fu a sua volta oggetto di denuncia per il suo comportamento e condannato con una sentenza pronunciata, a nome del generale dei cappuccini, da M. e da frate Gregorio da Roma (1634). L'appello presentato da Lorenzo da Molfetta contro la condanna produsse, nel 1637, non solo la cassazione del giudizio, ma anche la messa in stato d'accusa per fabbricazione di prove false dei due religiosi che lo avevano emesso. Intervenne a questo punto la decisione del cardinale Barberini, per cui M. veniva deposto dalla carica di definitore generale e privato della "voce" attiva e passiva. Neppure l'appello di M. alla congregazione dei Vescovi e regolari valse a riabilitarlo, dal momento che, come da prassi, la relazione su di lui fu svolta dal cardinale protettore: la congregazione stabilì che M. dovesse rimanere consegnato nella propria cella, finché non avesse ammesso che la propria protesta d'innocenza era "scandalosa, temeraria et mendax", riconoscendosi colpevole e accettando la pena che gli sarebbe stata inflitta dal protettore. Dopo essersi sottomesso, M. venne relegato in Abruzzo, dove rimase fino al 1644.
Solo in seguito alla morte di Urbano VIII e alla fine del potere barberiniano, a M. fu concesso di tornare a Brescia. Qui venne eletto provinciale nel maggio 1645 e confermato nei due anni seguenti. Nel 1649 e nel 1650 fu eletto al primo posto fra i definitori della medesima provincia e custode in vista della celebrazione del capitolo generale a Roma. In tale occasione, nel 1650, fu eletto tra i definitori generali e quindi all'importante carica di procuratore generale dell'Ordine, con il delicato compito di gestire i rapporti con la Curia papale e segnatamente con le congregazioni preposte al governo della Chiesa. In tale veste M. dovette misurarsi con la questione delle dottrine gianseniste. Nell'aprile 1651 Innocenzo X lo nominò qualificatore della congregazione del S. Uffizio e membro della commissione di cardinali e teologi incaricati di esaminare la questione delle cinque proposizioni ricavate dall'Augustinus di C. Giansenio, di cui la corte francese chiedeva la condanna da parte papale. Pare - ma occorrerebbero nuove conferme - che egli sia stato, insieme con il futuro cardinale Francesco Albizzi, il motore della bolla Cum occasione emanata dal pontefice il 31 maggio 1653.
Un'altra questione spinosa, sempre nel 1651, fu quella del tentativo, promosso dai frati minori osservanti, di ottenere la messa all'Indice degli Annales minorum capuccinorum di Zaccaria Boverio (Zaccaria da Saluzzo), che M. riuscì a impedire. Inoltre, in seguito al duro attacco sferrato contro l'opera del Boverio e l'Ordine dei cappuccini dal francescano Jacques de Riddère, sulle prerogative del ministro generale dei cappuccini e sulla forma del loro abito, M. rispose con un'apologia dello storico cappuccino, la Dilucidatio speculi apologetici sive Propugnaculum historiae Annalium p. Zachariae Boverii, edita nel 1653 ad Anversa. Sempre alla penna di M. viene attribuita la Responsio apologetica pro r.p. Valeriano Magno Mediolanensi… ad libellum anno 1661 a celsissimo principe Ernesto Hassiae landgravio editum…, [Würzburg] 1662, in cui si prendevano le difese dell'illustre cappuccino in merito all'ortodossia di alcune sue affermazioni sostenute nel corso delle dispute con i protestanti della città di Reinfeld.
A conferma del favore e della stima di papa Alessandro VII nei suoi riguardi, M., dietro suo intervento, fu confermato procuratore generale nel 1656 e infine eletto ministro generale dei cappuccini nel capitolo generale del maggio 1662. A questo punto egli intraprese il consueto viaggio di visita delle province dell'Ordine, secondo un itinerario che dalla penisola italiana lo portò in Austria, in Germania, in Francia e in Spagna. Al di là del valore simbolico - la riaffermazione dell'unità dell'Ordine nella persona del ministro generale che ne visitava le province - tali visite, scandite sulla base di un attento cerimoniale, erano non solo un momento centrale della vita dei cappuccini, ma anche un'occasione significativa per incontrare personalmente i maggiori sovrani dell'Europa cattolica (che, nel caso di M., furono l'imperatore Leopoldo I, Luigi XIV e Filippo IV di Spagna). Di tali incontri restano solo resoconti di tipo edificante, anche se i temi di volta in volta affrontati si rivelarono impegnativi e non privi di insidie, dal momento che dovevano essere definiti, oltre i rapporti con i poteri laici ed ecclesiastici locali, i frequenti conflitti interni all'ordine stesso. Una testimonianza di quanto poco di circostanza fossero gli interventi di M. fu la decisione, assunta durante la visita nei territori tedeschi (1664), di dividere la provincia di Colonia in tre custodie (Colonia, Vestfalia e Magonza), al fine di sedare i contrasti interni. Le prime due vennero così sottoposte al governo del provinciale e del definitorio, mentre la terza fu affidata a un commissario. Contrariamente a quanto la tradizione agiografica cappuccina ha scritto a proposito dei rapporti idilliaci di M. con i vertici curiali, tale atto venne sconfessato prima dal protettore, il cardinale Girolamo Farnese, e poi dal papa.
M. morì a Nizza il 27 luglio 1665, di ritorno dalla Spagna.
Oltre alle opere già ricordate, M. pubblicò diversi trattati di natura religiosa e teologica: Novum de Immaculata Virginis Conceptione encomium… (Venezia 1636), Summa totius dialecticae ad mentem s. Bonaventurae… (Roma 1634), Summa totius philosophiae Aristotelicae ad mentem s. Bonaventurae… (ibid. 1635), ai quali va aggiunta La Filomela overo del canto spirituale libri quattro… (Milano 1694), raccolta e stampata dopo la sua morte, insieme con la principale fonte, ancorché di tipo agiografico, sulla sua vita: la Breve e succinta narratione della vita, attioni e morte del m.r.p. Marc'Antonio da Carpenedolo… (Milano 1690).
Fonti e Bibl.: Biblioteca apost. Vaticana, Chig., G.III.92, cc. 153-154: Sententia deffinitiva lata contra P. Marcum Antonium a Carpinedulo (Roma, 31 ag. 1637); decreto della congregazione dei Vescovi e regolari (Roma, 2 ott. 1637); atto di sottomissione di M. (s.l., 21 genn. 1638); L. Ceyssens, La première bulle contre Jansenius. Sources relatives à son histoire (1644-1653), I-II, Bruxelles-Rome 1961-62, ad ind.; La visita generale di Innocenzo da Caltagirone (1644-1649) e di Fortunato da Cadore (1650-1651) nel "Registro" di Francesco da Polcenigo, a cura di G. Ingegneri, Roma 1997, pp. 99, 196, 276, 319, 329 s.; I cappuccini e la congregazione romana dei Vescovi e regolari, IX, 1630-1640, a cura di V. Criscuolo, Roma 2004, pp. 48 s., 465; Pellegrino da Forlì, Annali dell'Ordine dei frati minori cappuccini, III, Milano 1882, ad annos; Valdemiro da Bergamo, I conventi ed i cappuccini bresciani. Memorie storiche, Milano 1891, pp. 190-208; Paolino da Casacalenda, A proposito di alcune polemiche fra le famiglie del prim'Ordine francescano, in L'Italia francescana, I (1926), pp. 334-338; Augustín de Corniero, Capuchinos precursores del p. Bartolomé Barberis en el estudio de s. Buénaventura, in Collectanea Franciscana, I (1931), pp. 360-363; Ilarino da Milano, Biblioteca dei frati minori cappuccini di Lombardia (1535-1900), Firenze 1937, pp. 232 s.; Felice da Mareto, Tavole dei capitoli generali dell'Ordine dei ff. mm. cappuccini con molte notizie illustrative, Parma 1940, pp. 151-153; Melchiorre da Pobladura, Historia generalis Ordinis fratrum minorum capuccinorum, Pars secunda, 1619-1761, Romae 1948, I, pp. 18-20, 59, 371 s., 440 s.; II, pp. 250 s.; Lexicon capuccinorum. Promptuarium historico-bibliographicum Ordinis fratrum minorum capuccinorum (1525-1950), Romae 1951, col. 1039; E. Cerioli - S. Leonardi, L'araldo bonaventuriano tra i cappuccini. M. Gallizzi da C. (1595-1665), Brescia 1965.