GANDINO, Marcantonio
Appartenente alla nobile famiglia dei Gandino (o Gandini) di Treviso, Marcantonio - fratello di Pietro, frate minore osservante con il nome di fra Bonaventura - visse e operò in area veneta nella seconda metà del sec. XVI. La sua fama è legata soprattutto all'opera di traduzione di Frontino, Senofonte e Plutarco.
La versione in lingua italiana degli Strategemmi militari di Frontino, completata da dottissime note e pubblicata a Venezia nel 1574, presso Bolognino Zaltieri, gli guadagnò, tra l'altro, una notevole fama presso i suoi contemporanei come esperto di architettura militare. L'opera fu dedicata al generale da Mar della Repubblica di Venezia Giacomo Soranzo; l'autore ne fece dono, come si legge nelle pagine introduttive alla traduzione, al conte Brandolino Brandolini, con la promessa di raccogliere altri esempi di strategie militari in uso presso i contemporanei "acciò che, paragonati i moderni et gli antichi insieme, se ne potesse trarre maggior frutto".
Nel 1588 il G. pubblicò, sempre a Venezia, presso lo stampatore Pietro Dusinelli, una traduzione delle Opere di Senofonte dedicata, con una lettera datata Treviso 12 sett. 1587, a Pasquale Cicogna, doge di Venezia. L'opera fu nuovamente stampata, nella "Collana istorica greca", a Verona tra il 1736 e il 1737; essa conteneva, oltre alla traduzione delle opere di Senofonte, una biografia dell'autore scritta dal G., quattro tavole di geografia di Cristoforo Cellario, e la Storia di G. Gemisto Pletone, tradotta dal sacerdote veronese Antonio Dalla Bona. Già nell'introduzione al testo, dichiarando di lavorare da tempo alla traduzione degli scritti morali di Plutarco, il G. esprimeva la sua volontà di completare questa opera, che fu pubblicata però solo un decennio più tardi. La versione italiana degli Opuscoli morali "copiosi", come si legge nel frontespizio dell'opera, "di necessari precetti", può essere ragionevolmente considerata la sua opera maggiore. Pubblicata a Venezia nel 1598, per i tipi di F. Prati, essa fu dedicata dal figlio del G., Gianfrancesco, ad Alvise Molin, vescovo di Treviso, con una lettera datata Treviso 18 giugno 1598. La morte improvvisa aveva impedito infatti al G. di portare a termine la traduzione del corpus degli scritti morali, che fu perciò pubblicata dallo stampatore con la versione dei testi mancanti approntata da un gruppo di altri traduttori; l'opera fu ristampata a Venezia nel 1614 e nel 1625.
Sebbene l'attività di traduzione dei classici greci ricordati sia l'aspetto maggiormente sottolineato dai biografi, in realtà il G. fu un abile matematico, esperto di meccanica, di architettura civile, militare e idraulica. Inventore della squadra mobile, poi attribuita a Ottavio Fabris, compose su questo argomento un opuscolo, il cui titolo ci è sconosciuto.
D.M. Federici nelle Memorie trevigiane sulle opere di disegno (II, Venezia 1803, pp. 71 s.), fa menzione di due dissertazioni, non ricordate dagli altri biografi e delle quali egli sostiene di possedere copia manoscritta della seconda risalente all'anno 1572, nelle quali sarebbe dimostrata la perizia del G. nell'architettura idraulica. In esse infatti l'autore proporrebbe il sistema, la cui realizzazione è dimostrata possibile attraverso complessi calcoli matematici, per consentire il collegamento via fiume tra Pederobba e Treviso, nonché l'approvvigionamento idrico nelle campagne della zona mediante la deviazione di piccoli corsi d'acqua.
Poiché nell'epistola dedicatoria del figlio Gianfrancesco e nelle parole dello stampatore premesse alla pubblicazione degli Opuscoli di Plutarco si fa riferimento alla "immatura morte" del G. come a un avvenimento piuttosto recente, si può verosimilmente fissarne la data attorno al 1598.
Fonti e Bibl.: A. Calogerà, Raccolta d'opuscoli scientifici e filologici, XXXIV, Venezia 1746, p. 368; Chr.G. Jöcher, Allgemeines Gelehrten-Lexicon, II, Leizpig 1750, p. 156; J.M. Paitoni, Biblioteca degli autori antichi greci e latini volgarizzati, II, Venezia 1766, p. 83; III, ibid. 1767, pp. 161-164; IV, ibid. 1767, pp. 37-40; P. Zani, Enciclopedia metodica critico-ragionata delle belle arti, IX, Parma 1822, p. 28.