LEFEBVRE, Marcel
Ecclesiastico francese, nato a Tourcoing (Nord) il 29 novembre 1905, morto a Martigny (Svizzera) il 25 marzo 1991. Sacerdote dal 1929, membro della Congregazione dello Spirito Santo dal 1932, vescovo dal 1947 e arcivescovo dal 1948, fu vicario apostolico (1947-55) e primo arcivescovo (1955-62) di Dakar, delegato per le missioni dell'Africa francese (1948-59), vescovo di Tulle (1962) e superiore generale (1962-68) della sua congregazione. Durante il Concilio Vaticano ii assunse un atteggiamento fortemente critico nei confronti del rinnovamento liturgico, della collegialità episcopale, dell'ecumenismo e della libertà religiosa (pur avendo poi sottoscritto tutti i rispettivi documenti).
Nel 1969 fondò la Fraternità Sacerdotale San Pio x, con un seminario a Ecône in Svizzera, dove accolse giovani di diverse nazioni. L'impronta decisamente conservatrice e soprattutto la crescente opposizione agli orientamenti del Concilio provocarono il ritiro del riconoscimento canonico e l'ordine di chiusura del seminario (1975). Dopo il rifiuto da parte di L. di accettare questa disposizione intervenne lo stesso papa Paolo vi con lettere personali, ma L. rispose inasprendo la polemica contro la Curia romana e disattese la proibizione di ordinare nuovi sacerdoti e di aprire nuove case. Nel 1976 L. fu sospeso a divinis. Con papa Giovanni Paolo ii, che ricevette L. in udienza privata già nel novembre 1978, i rapporti migliorarono e si riaprì il dialogo con Roma. Nel 1983 L. lasciò la guida della Fraternità, rimanendone tuttavia l'indiscusso capo carismatico. Un più risoluto tentativo di riconciliazione tra la Santa Sede e L. fu compiuto nel 1988 in seguito a una visita apostolica del cardinale E. Gagnon alla Fraternità (novembre-dicembre 1987). Poco dopo (8 aprile 1988), una lettera di Giovanni Paolo ii al cardinale J. Ratzinger, prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, tracciava le linee di una proposta che permettesse alla Fraternità di ottenere una collocazione regolare nella Chiesa, in piena comunione con la Sede Apostolica. Su questa base ebbero luogo diversi incontri tra due apposite delegazioni, fino a raggiungere l'accordo su un protocollo firmato il 5 maggio 1988. Il protocollo comprendeva una dichiarazione di ordine dottrinale e il progetto di un dispositivo giuridico nonché di misure destinate a regolare la situazione canonica della Fraternità e delle persone a essa collegate, e ipotizzava la creazione di una commissione vaticana per coordinare i rapporti con i dicasteri della Curia romana e con i vescovi diocesani, come pure per risolvere i futuri problemi. L., ritornato in Svizzera, metteva in discussione il protocollo, insistendo, tra l'altro, sulla necessità di ordinare tre vescovi della Fraternità entro il 30 giugno 1988, e chiedendo inoltre di avere la maggioranza dei membri della istituenda commissione romana. Di fronte al rifiuto di Roma e all'invito a rimettersi in piena obbedienza alle decisioni del papa, L., in una lettera del 2 giugno, esprimeva l'opinione che "il momento di una collaborazione franca ed efficace non è ancora giunto" e dichiarava di voler procedere alle ordinazioni episcopali anche senza il mandato pontificio. Nonostante un'ammonizione formale (17 giugno), il 30 giugno 1988 ordinava quattro vescovi e compiva così un atto scismatico (a norma del canone 751 del Codex iuris canonici), avendo egli apertamente rifiutato la sottomissione al pontefice e la comunione con i membri della Chiesa a lui soggetti. Di conseguenza sia L., sia i vescovi da lui consacrati (B. Fellay, B. Tissier de Mallerais, R. Williamson, A. de Galarreta) incorrevano ipso facto nella scomunica latae sententiae riservata alla Sede Apostolica.
Dopo la morte di L., anche se il movimento da lui iniziato continua ad avere un certo seguito negli ambienti tradizionalisti cattolici, molti suoi seguaci sono rientrati nella Chiesa cattolica. I loro rapporti con Roma sono regolati da un'apposita commissione pontificia denominata Ecclesia Dei, dal titolo della lettera apostolica di Giovanni Paolo ii (2 luglio 1988) che l'ha istituita.
Gli interventi di L. durante il Concilio Vaticano ii sono raccolti in Un évêque parle (1974; trad. it., 1975) e J'accuse le Concile (1976; trad. it., 1976), e le sue conferenze in Le coup de ma^itre de Satan (1977; trad. it., 1978), mentre più sistematica si rivela la sua Lettre ouverte aux catholiques perplexes (1985; trad. it., 1987).
Bibl.: Y. Congar, La crise dans l'Eglise et Mgr Lefebvre, Parigi 1976 (trad. it., Brescia 1976); G. Caprile, Le ragioni di mons. Lefebvre. Fatti e riflessioni, Roma 1977; Nota informativa, in L'Osservatore Romano, 17 giugno 1988, pp. 1-2; Il "caso Lefebvre", in La Civiltà Cattolica, 139 (1988), 3, pp. 3-16; L. Perrin, L'affaire Lefebvre, Parigi 1989 (trad. it., Genova 1991).