Pagnol, Marcel
Scrittore e drammaturgo, regista, sceneggiatore e produttore cinematografico francese, nato a Aubagne (Marsiglia) il 28 febbraio 1895 e morto a Parigi il 18 aprile 1974. Figura complessa, talento precoce, P. si rivolse ‒ da drammaturgo ‒ al cinema come a una nuova arte pertinente all'autore teatrale, che egli considerava il cineasta del futuro, proprio nell'epoca di passaggio dal muto al sonoro. Facendo leva sulla parola quale strumento per eccellenza della scrittura teatrale, egli trasferì sullo schermo un acuto e appassionato senso di osservazione e narrazione della vita di provincia, rappresentando come una commedia umana storie e personaggi della propria terra.
Figlio di un insegnante, conseguì la laurea in lettere all'Università di Montpellier, insegnò inglese dal 1915 al 1922 a Digne, Tarascon e Pamiers e nel 1922 fu nominato docente al liceo Condorcet di Parigi. Nel 1914 fondò e diresse la rivista letteraria "Fortunio", prima tappa di una passione per la letteratura e il teatro che avrebbe segnato anche la sua attività cinematografica. Tra il 1928 e il 1929 furono allestite a Parigi, con largo successo, due fra le sue più importanti pièces, Topaze e Marius, che divennero altrettanti film: Marius (1931) per la regia di Alexander Korda, con Raimu e Pierre Fresnay, per il quale P. scrisse la sceneggiatura e i dialoghi, Topaze (1932) per la regia di Louis Gasnier, interpretato da Louis Jouvet ed Edwige Feuillère. Del 1932 è anche la trasposizione di un'altra sua opera teatrale di grande successo, Fanny, diretta da Marc Allégret, ancora con Raimu e Pierre Fresnay, che P. produsse con la propria casa, la Films Marcel Pagnol, fondata nello stesso anno; mentre da una pièce scritta da P. e da P. Nivoix fu tratto Direct au cœur (1932) di Roger Lion, storia di un boxeur sfruttato dal proprio manager. Fu realizzato poi dalla sua casa di produzione L'agonie des aigles (1933), scritto da P. ma diretto dal suo socio, Roger Richebé, e interpretato da Pierre Renoir, che narra le vicende di un gruppo di ufficiali napoleonici ‒ e la loro perdita di prestigio ‒ durante la Restaurazione. Dopo aver acquistato i diritti di cinque romanzi di J. Giono, suo coetaneo e anch'egli cantore della Provenza, P. decise di dirigere egli stesso i propri progetti. Nacque così Le gendre de monsieur Poirier (1933), prodotto con la sua nuova casa, la Auteurs associés, ancora una storia, ma stavolta scritta non da P., ambientata anch'essa in epoca di Restaurazione, sulle ambizioni di un borghese che vuol far sposare la figlia a un aristocratico. Per le riprese egli scelse la sua tenuta nella regione della Sarthe, come a voler conferire al film un'atmosfera reale e personalmente sentita. Con la Auteurs associés varò nel 1933 anche una rivista di cinema, "Les cahiers du film" (edita fino al 1939), sulla quale apparvero molti dei suoi testi teorici. In quello stesso anno decise di girare un mediometraggio tratto da un racconto di Giono, Jofroi, il cui titolo è anche il nome del protagonista, un proprietario terriero che, dopo aver venduto un terreno, si ribella all'idea che il nuovo proprietario abbatta degli alberi. Sotto alcuni aspetti si tratta di un'opera paradigmatica della poetica di P., con la sua combinazione di vita agreste e di sensibilità, anche visiva, per la dimensione paesaggistica e per i suoni e i rumori della natura. Inoltre con essa P. avviò un proficuo sodalizio con alcuni collaboratori (dal direttore della fotografia allo scenografo) che lo avrebbero seguito costantemente. E dopo un Tartarin de Tarascon, tratto dall'omonimo romanzo di A. Daudet, scritto da P. e da lui pensato per Raimu, ma diretto nel 1934 da Raymond Bernard, come regista realizzò nello stesso anno una propria sceneggiatura, tratta da un romanzo di Giono, Angèle (Prigioniera del peccato). Un mélo 'strappalacrime' per il quale volle, in un ruolo piuttosto importante, Fernandel, sottraendolo ai personaggi comici con i quali l'attore si era imposto; e in quello dell'eroina protagonista, una giovane sedotta e costretta alla prostituzione, Orane Demazis, compagna di P. e ispiratrice e interprete della figura di Fanny. Angèle suscitò notevole ammirazione, sia per la fascinazione della storia e dell'ambientazione sia per le qualità della fotografia e del sonoro, dovute allo scrupoloso lavoro dei fidati collaboratori dell'autore.
Dopo aver progettato il film Le premier amour (che tuttavia non venne mai realizzato), oramai svincolato dai propri o dagli altrui testi teatrali, P. girò Merlusse (1935; Vacanze in collegio), mediometraggio tratto anch'esso da una sua sceneggiatura originale, che narra una storia scolastica ambientata negli stessi locali del liceo Thiers di Marsiglia, dove P. aveva studiato. Seguì un altro mediometraggio, Cigalon (1935), una sorta di féerie su un grande e abile cuoco, quasi un 'secondo tempo' di Merlusse. L'anno successivo, ripensando negativamente alla versione diretta da L. Gasnier, P. girò Topaze, che tuttavia tolse ben presto dalla circolazione, puntando a concludere la sua trilogia marsigliese ‒ avviata con Marius e Fanny ‒ attraverso la realizzazione di César (1936), opera montata con durate diverse. A conclusione di una grande saga popolare, il film trova momenti di particolare rilevanza nelle scene dell'agnizione, in cui il giovane Césariot apprende che il suo vero padre è Marius, protagonista del 'primo tempo' della saga; ma anche nel complesso e polifonico brulichio di volti, parole, azioni e ambienti tipico dello stile di P. teatrante e cineasta.
Diresse in seguito altri film di valore quali Regain (1937; La vita trionfa), la più ambiziosa opera della filmografia di P., tratta da Giono e ancora interpretata da Fernandel e da Orane Demazis, scandita dalla musica di Arthur Honegger, di ampio respiro paesaggistico con la ricostruzione dell'intero villaggio di Aubignane; Le schpountz (1937), film sul cinema, che costituì per Fernandel un ritorno al comico grottesco nel ruolo di un sempliciotto (appunto uno schpountz, nel gergo marsigliese) che s'immagina un grande attore; La femme du boulanger (1938; La moglie del fornaio), arricchito da una notevole interpretazione di Raimu, forse l'opera più vivace e compatta del regista; una terza versione di Topaze (1951) e Manon des sources (1953; Manon delle sorgenti), che permise a P. di disegnare un altro intenso carattere femminile. Alcuni suoi progetti furono diretti, nel corso degli anni Quaranta e Cinquanta e nei decenni successivi, da altri registi, mentre P. concluse la sua attività cinematografica con due film, entrambi televisivi, La dame aux camélias (1962) e Le curé de Cucugnan (1967), continuando tuttavia quella di scrittore, traduttore, storico e saggista e trovando non poca attenzione presso i cineasti della Nouvelle vague.
C. Beylie, Marcel Pagnol ou le cinéma en liberté, Paris 1986; R. Castans, Marcel Pagnol, Paris 1987; P. Billard, L'âge classique du cinéma français. Du cinéma parlant à la Nouvelle Vague, Paris 1995, passim.