MARCELLINO
Nacque tra il 1200 e il 1210 ad Ancona, come attestato dalla documentazione pontificia (cfr. Les registres…; Documenti per la storia…).
La letteratura erudita lo ha ritenuto esponente della famiglia de Pete (Saracini), attribuzione ripresa, in modo acritico, anche in tempi recenti.
M. emerge nella documentazione per la prima volta nel dicembre del 1229, quando ricevette gli omaggi e i giuramenti di fedeltà che i nobili della città di Ascoli rendevano alla Chiesa locale, della quale egli risulta essere, in quel momento, vescovo electus. Si trattava dunque, presumibilmente, di una recente nomina, tanto più significativa perché lo presenta mentre agisce in un'azione - la ricognizione e la riaffermazione delle prerogative della Chiesa ascolana in ambito territoriale - dal forte significato politico-amministrativo.
In cosa consistessero le forme di autorità che venivano riconosciute al vescovo sul territorio è questione che ancor oggi impegna la ricerca non solo locale, investendo le più ampie questioni dei rapporti tra Papato e Impero e tra questi e le diverse realtà locali. Di certo, l'episcopato ascolano accresceva il suo inserimento nell'ambito del potere pubblico prima tramite il consolidamento della sfera patrimoniale e, in seguito, attraverso una concessione giuridica di tipo feudale che gli permetteva di agire in ambiti tradizionalmente di competenza imperiale.
Il 5 nov. 1231 il pontefice Gregorio IX affidò a M., "personam […] nobis fide notam et devotione probatam", vescovo della Chiesa ascolana definita "Sedis apostolice filiam specialem", il "comitatum Esculanum cum iurisdictione ac iuribus, redditibus et pertinentiis omnibus ad ecclesiam Romanam spectantibus et specialiter potestate ibidem creandi tabelliones" (Le Liber censuum, pp. 447 s.), affinché lo governasse in nome della Chiesa di Roma, per un censo annuo di 100 lire volterrane da versare alla Camera apostolica.
Con tale provvedimento il vescovo ascolano era anche investito della potestà di creare notai, funzione di fondamentale importanza che fino ad allora era stata appannaggio di superiori figure istituzionali. Era questa la fase in cui, dopo che già da alcuni decenni si erano rese esplicite le aspirazioni pontificie su un'ampia fascia territoriale dal Tirreno all'Adriatico, il potere papale andava compiendo una serie di operazioni per organizzare una rete di controllo territoriale, dopo aver ottenuto da Federico II una sostanziale rinuncia alla Marca.
Il 24 marzo 1236 M. fu incaricato da Gregorio IX di recarsi nell'Italia settentrionale, nel tentativo di pacificazione fra i Comuni della Lega e Federico II, una difficile missione diplomatica che sembra non conobbe felice esito, alla luce degli sviluppi che tali rapporti ebbero, l'anno seguente, con la sconfitta subita a Cortenuova da parte delle città lombarde. Poco dopo, alla morte del vescovo di Arezzo Martino, M. fu nominato al suo posto e il 16 agosto risulta già a capo della diocesi toscana, tanto che in quella data Gregorio IX affidava la procura dei beni della Chiesa di Ascoli all'arciprete e ai canonici.
Non sono chiare le ragioni per cui M. fu spostato da Ascoli alla nuova sede ma forse influirono anche i malumori di alcuni cittadini del centro marchigiano che lo ritenevano coinvolto, sebbene il papa lo avesse formalmente riconosciuto non colpevole, nell'uccisione di un loro familiare.
Anche ad Arezzo M. svolse un ruolo di primo piano: un segno di ciò sembra essere l'applicazione, attestata nella città toscana dagli anni Quaranta del secolo XIII, dell'uso di ascrivere tra le prerogative vescovili quella di nominare notai, come già era avvenuto anche ad Ascoli. Il diritto di nomina di un notaio da parte del vescovo aretino è stato però anche interpretato come proveniente a M. dalla ""plena iurisdictio" a lui accordata dall'Impero" (Davidsohn, II, p. 369). In effetti, non si deve commettere l'errore di leggere nelle scelte di M. ad Arezzo un subitaneo, totale e limpido ripiegamento su una posizione filopapale che, nelle terre della Tuscia, avrebbe significato una propensione troppo evidente verso un decisivo rinvigorimento della pressione plurisecolare ivi esercitata dal potere pontificio. Sembra piuttosto che, almeno inizialmente, M. tenesse un atteggiamento, non sappiamo quanto sincero, di fedeltà anche nei confronti di Federico II: il 10 luglio 1238 prestava giuramento di vassallo dell'imperatore per il controllo di Cortona, sulla quale i vescovi aretini vantavano antichi diritti; anche successivamente alla seconda scomunica comminata a Federico II da Gregorio IX (20 marzo 1239) non si era ancora giunti apertamente a una rottura. Pare però che, segretamente, M. mantenesse un solido collegamento con il pontefice e di ciò dovette rendersi conto Federico II che, nella tarda estate del 1240, gli tolse ogni diritto spettante dal controllo dei beni imperiali. Si giunse, così, allo scontro aperto tra l'imperatore e M. il quale, nell'impossibilità di permanere ad Arezzo, abbandonò la città dove sembra avesse vissuto con un assai alto tenore di vita e nella quale si era anche dedicato a un'importante opera urbanistica e difensiva, ampliando la cinta muraria fino alla chiesa di S. Agostino, come ricordato dalle fonti (Cronica… di ser Bartolomeo…; Annales Arretinorum…).
Costretto a lasciare Arezzo e la Tuscia, M. ripiegò nella Marca, dove godeva dell'appoggio del pontefice Gregorio IX e del rettore, Sinibaldo Fieschi. A M. furono così assegnate le entrate del vescovato di Ancona e, all'elezione al soglio pontificio di Sinibaldo, che prese il nome di Innocenzo IV, ottenne la nomina a rettore della Marca.
Qui, dove lo scontro tra filopapali e filoimperiali procedeva con un'intensità non dissimile da quella presente in Tuscia, M. prese una decisa posizione a favore del pontefice. In uno degli scontri tra le due fazioni, a Osimo, M. fu fatto prigioniero, nel dicembre 1247: il tradimento in precedenza consumato nei riguardi dell'imperatore gli fu fatale. Infatti, egli non fu escluso dall'ordine di Federico II di uccidere tutti i prigionieri e fu impiccato presso Parma, il 21 febbr. 1248, stando alla testimonianza di Raniero Capocci riportata da Matthew Paris (p. 63).
La sua uccisione attrasse appunto l'attenzione di Capocci che vide in M. un martire crudelmente massacrato da Federico II e dai suoi saraceni, contornando il racconto di eventi miracolistici e soprannaturali. Su tale testimonianza il giudizio della storiografia è concorde: autori come Davidsohn, Kantorowicz, Loud hanno sostenuto interpretazioni riconducibili con quanto detto da Kamp sul cardinale Capocci, secondo cui questi approfittò dell'uccisione di M. per fomentare una volta di più la propaganda antimperiale.
Più che per la sua vicenda biografica, M. è stato dunque ricordato per la strumentalizzazione che fu fatta della sua figura che rimane, invece, ancora "non sufficientemente indagata", come ha evidenziato Cameli in un primo recupero di una solida base documentaria e bibliografica.
Fonti e Bibl.: Cronica dei fatti di Arezzo di ser Bartolomeo di ser Gorello, a cura di A. Bini - G. Grazzini, in Rer. Ital. Script., 2a ed., XV, 1, p. 15; Annales Arretinorum maiores et minores, a cura di A. Bini - G. Grazzini, ibid., XXIV, 1, p. 6; Hugonis Continuatio Romana, a cura di G. Waitz, in Mon. Germ. Hist., Scriptores, XXIV, Hannoverae 1879, pp. 99 s.; Epistolae saeculi XIII e regestis pontificum Romanorum selectae, a cura di K. Rodenberg, ibid., Epist., Berolini 1883, pp. 504, 578-583, 676, 691, 695 s., 702 s., 706; Ex Historia Anglorum, a cura di R. Pauli, ibid., Scriptores, XXVIII, Hannoverae 1888, pp. 425-427; Ex abbreviatione cronicorum Angliae, ibid., p. 452; Annales Erphordenses fratrum praedicatorum, a cura di O. Holder-Egger, ibid., Scriptores rer. Germ. in usum scholarum…, XLII, ibid. 1899, p. 104; Liber cronicorum sive Annalis Erfordensis, a cura di O. Holder-Egger, ibid., p. 743; Matthaeus Paris, Chronica maiora, a cura di H.R. Luard, V, London 1880, pp. 61-67; Les registres de Grégoire IX, a cura di L. Auvray, II, Paris 1907, coll. 173, 341-343; III, ibid. 1908-10, coll. 483 s., 487; Le Liber censuum de l'Église romaine, a cura di P. Fabre - L. Duchesne, Paris 1910, pp. 447 s.; Documenti per la storia della città di Arezzo nel Medioevo, a cura di U. Pasqui, II, Firenze 1916, pp. 217, 223, 228 s., 231, 241 s., 247, 250; IV, ibid. 1904, pp. 261, 264 s., 283; A. Franchi, Ascoli pontificia, I, Ascoli Piceno 1996, ad ind.; N. Saracini, Notizie historiche della città d'Ancona…, Roma 1675, p. 173; C. Lazzeri, Guglielmino Ubertini: vescovo di Arezzo, 1248-1289, e i suoi tempi, Firenze 1920, pp. 3-9; R. Davidsohn, Storia di Firenze, II, Firenze 1956, pp. 368 s., 466 s., 483; VII, ibid. 1965, p. 586; N. Kamp, Capocci, Raniero, in Diz. biogr. degli Italiani, XVIII, Roma 1975, p. 614; G. Petronio Nicolaj, Per una storia della documentazione vescovile aretina dei secoli XI-XIII. Appunti paleografici e diplomatici, in Annali della Scuola speciale per archivisti e bibliotecari dell'Università di Roma, XVII-XVIII (1977-78), p. 167; A. Tafi, I vescovi di Arezzo: dalle origini della diocesi (sec. III) ad oggi, Cortona 1986, pp. 69-75; G.M. Loud, The case of missing martyrs. Fredericks II's war with the Church, 1239-1250, in Martyrs and martyrologies, a cura di D. Wood, Oxford 1993, pp. 147-151; J.-P. Delumeau, Arezzo. Espace et sociétés, 715-1230, Roma 1996, ad ind.; M.E. Grelli - A. Anselmi, Il vescovo M. Pete e Federico II, in Federico II e le Marche. Atti del Convegno di studi, Jesi… 1994, a cura di C.D. Fonseca, Roma 2000, pp. 85-98; M. Cameli, Notai vescovili, notai chierici, notai con duplice nomina nella Chiesa ascolana del XIII secolo, in Scrineum-Rivista II (2004), URL: .