AVENALI, Marcello
Nacque a Roma il 16 nov. 1912 da Luigi ed Elena Terziani. Suo nonno Domenico era un noto costruttore romano affermatosi a Roma con la realizzazione di palazzo Brancaccio e della sede della Banca d'Italia. All'età di tredici anni, nel 1925, venne iscritto con un permesso speciale al liceo artistico e, al termine dei quattro anni di frequenza, fu ammesso all'Accademia di belle arti. Nel 1939 si iscrisse al Centro sperimentale di cinematografia.
La notizia (confermata dalla famiglia) secondo la quale in quel tempo lavorò insieme con M. Cito Filomarino per gli allestimenti scenici del teatro dell'Opera di Roma, non trova un riscontro sicuro in nessuno dei bozzetti di Filomarino conservati nell'archivio del teatro.
Nel 1939 si tenne a Roma nella galleria Gallenga la sua prima mostra, personale nella quale si dimostrò sensibile-alle esperienze artistiche della "scuola romana", soprattutto quelle espresse da C. Cagli, R. Guttuso e F. Pirandello. Nel 1941 ottenne la nomina ad assistente presso l'Accademia di belle arti di Roma, dando così inizio ad una lunga ed intensa carriera didattica.
Dopo la liberazione di Roma, nel 1944, partecipò alla prima mostra d'arte Italia Libera, organizzata nella galleria Roma dal comitato romano della federazione giovanile del Partito d'azione; l'anno successivo fu tra gli artisti presenti alla prima mostra della Libera associazione delle arti figurative, tenutasi nella galleria S. Marco della capitale, il cui intento era, secondo le parole del manifesto, "una franca e cordiale collaborazione in vista di un fine ...: mantener vivo nell'arte quello spirito di rivoluzione che ebbe origine e si sviluppò in Francia dal 1830 in poi e che permise agli artisti (a coloro che ne avevano le possibilità qualitative) di rinnovarsi completamente" (cfr. M. A., 1980, p. 99).
Nel 1948 espose alla galleria Margherita di Roma una serie di pupazzi in legno e stoffa (tutti perduti) ispirati ai personaggi delle favole, avvalendosi nella realizzazione della collaborazione della sorella Anna e di Cito Filomarino, al quale si debbono alcuni abiti delle bambole. Se da una parte la lavorazione di materiali nuovi fu per l'A. un banco di prova per successive e più ardite sperimentazioni, dall'altra egli si sentì "ricondotto alla pittura" ricevendo nuovi impulsi "a riprendere pennelli e colori lasciati da troppo tempo" (Verdet, 1972, p. 21).
Il suo linguaggio fu inizialmente oscillante tra le possibilità espressive di una figuratività postcubista e quelle di una astrazione più decisa: ne sono un esempio il quadro Meditazione del 1951 (in coll. privata, pubblicato in M. A., 1983, p. 57) e Suonatore ambulante (coll. R. Avenali). Ma già le opere Nudo blu del 1957 (coll. R. Avenali) e Natura morta del 1958 (in coll. privata, pubblicato in M. A., 1983, p.64) mostrano oggetti in frantumi, e più incisivi si fanno la suggestione e il ricordo dell'arte di Braque, artista che egli amava e conosceva profondamente.
Fra i numerosi impegni artistici dell'A. in questo periodo si ricorda la partecipazione alla VI Quadriennale d'arte di Roma del 1952.
Nel 1958 dipinse, su commissione dell'Istituto internazionale d'arte liturgica, la pala d'altare per la chiesa di S. Giovanni Bosco di Roma, nella quale le tendenze cubiste si rafforzano affiancate da influenze di ascendenza futurista. Su questa stessa linea di ricerca nel 1959 ha inizio la serie dei quadri raffiguranti chiese e cattedrali, che traggono spunto dai principali monumenti romani (sono conservati per lo più in collezioni private: per cui si veda M. A., 1983).
Nel 1960 realizzò alcuni pannelli in cristallo, dipinti sul retro, per l'Hôtel Michelangelo di Roma e l'anno successivo l'architetto Lucio Passarelli gli affidò la decorazione di alcune pareti della nuova sede romana del Banco di Sardegna, realizzate con doghe di legno ricoperte di rame sbalzato.
Nel 1961 si recò a Washington e a San Paolo del Brasile, nella prima città per eseguire opere in mosaico nella cappella della legazione apostolica e nella seconda per realizzare alcuni mosaici e una serie di vetrate per la cattedrale. Del 1962 sono i mosaici della sede dell'Automobil Club di Roma.
Nello stesso anno gli venne affidata l'esecuzione della vetrata della chiesa dell'autostrada del Sole a Firenze, realizzata dall'architetto G. Michelucci.
L'A. progettò una grande struttura metallica a piani aggettanti in cui inserire blocchi di vetro "Dallas", un tipo di vetro più spesso e resistente. Per eseguire il lavoro, il pittore si trasferì alcuni mesi a Firenze e si avvalse della collaborazione della vetreria Quintin per la colorazione e la lavorazione dei vetri.
Secondo l'architetto Michelucci, nel grande mosaico luminoso raffigurante s. Giovanni Battista, l'A. riuscì a indicare "una nuova possibilità dell'inserimento nell'architettura di un tipo di vetrata che non blocca le aperture illuminanti… Lo spessore della vetrata a più strati può sempre offrire la possibilità, maggiore che con le vetrate tradizionali, di partecipare dell'architettura, divenire costruzione e non tamponamento" (M. A., 1983, p. 44).
Da parte sua l'A., in un'intervista del 1961, aveva notato come nella lavorazione del vetro si possa raggiungere "una ricerca assoluta di colore. I problemi pittorici sono vincolati dall'obbligatorio impegno del piombo che fa elastica ed indistruttibile la facciata. E questo piombo è il nervo, il sangue della vetrata e così come non se ne può fare a meno tecnicamente, non lo si può neppure trascurare nella composizione del colore, perché controluce questo rigo risulta nero…: l'esigenza cromatica della vetrata è così violenta, così esplosivo il suo colore che è inutile cercare la profondità di piani diversi, la prospettiva è quasi inutile" (Ginepro, 1961).
La ricerca delle capacità espressive del colore ebbe nuovi impulsi anche dalla realizzazione degli arazzi (eseguiti sia con lunghi telai da ditte specializzate, sia cucendo i pezzi di stoffa fra loro), opere in cui la stoffa si presentava allo stesso tempo come forma astratta e come materia tangibile e spessa.
Alcuni arazzi furono esposti insieme con quelli di Cagli, Guttuso, Mirko, Muzzi e Spazzapan nella Rassegna dell'arazzo italiano organizzata ad Atene nel 1964 e replicata l'anno successivo a Parigi.
Nel 1967 l'A. realizzò alcune strutture astratte in ferro che vennero esposte alla galleria Il Carpine; l'anno seguente, negli stessi locali, furono presentati oggetti astratti formati da pezzi di vetro incorporati in strutture di ferro.
Sempre continuando a lavorare nel campo dell'architettura, nel 1969 realizzò una composizione in acciaio e vetro "Dallas" per la sala del consiglio dell'IMI di Roma; nello stesso anno eseguì un'opera formata da elementi angolari in ottone e resina nera che, in dimensioni maggiori, doveva decorare un edificio a New York progettato da M. Breuer (la struttura, rimasta allo stato progettuale, è stata acquistata dall'Hôtel delle nazioni di Roma).
Nel 1969 nella romana galleria Studio Erre (di proprietà della moglie dell'A., Renata) espose per la prima volta i collages, opere formate da materiali differenti (stoffa, carta, metallo), alcune volte accompagnati dall'uso di colori e vernici, molto spesso cuciti insieme da punti metallici (si veda M. A., 1983).
"Peintre-artisan", lo ha definito Maurizio Fagiolo (1980), insistendo sulla predilezione dell'A. per la lavorazione di materie diverse e per l'espressione di un'autentica e sapiente capacità manuale: l'A. "non ha paura dei materiali e delle tecniche, anche le meno pittoriche. Eppure lo sentirai sempre definirsi un pittore perché in quei materiali gli interessa soprattutto l'impressione coloristica" (p. 81).
Nel 1972 divenne membro dell'Accademia nazionale di S. Luca ed entrò a far parte del Consiglio superiore per le antichità e belle arti. Venne inoltre invitato alla XI Quadriennale di arte di Roma dove espose cinque collages di stoffa realizzati tra il 1971 e il 1972. Nel 1974 gli venne affidata la creazione di una struttura di metallo per la facciata della sede romana della Banca popolare di Milano progettata dall'architetto Luigi Moretti. Nel 1978 fu nominato direttore dell'Accademia di belle arti di Roma; nel 1979 la casa editrice Gli Amici editori pubblicò la raccolta di poesie di Verlaine intitolata Femmes illustrata da tre sue acqueforti.
Nel 1980 progettò ed eseguì la sua ultima opera pubblica, una struttura in acciaio dedicata alla memoria di Aldo Moro e della strage di via Fani, collocata a Brindisi.
L'A. morì a Roma l'11 nov. 1981.
Nonostante le continue variazioni apportate alla sua linea di ricerca artistica, l'A. non abbandonò mai la pittura su cavalletto, che gli permetteva di migliorare in continuazione la sua conoscenza delle superfici e dello spazio e di trovare la "sicurezza psicologica e le giuste proporzioni" delle grandi opere murarie Verdet, 1972, p. 21). Anche nella pittura cercò di aprire nuovi campi alla propria ricerca, cominciando ad adottare nel 1970 i colori acrilici e le vernici a spruzzo anche sulle opere da cavalletto.
Alla base di queste continue sperimentazioni era la consapevolezza del ruolo dell'artista moderno che deve saper cogliere e trasformare in fatto artistico le sollecitazioni del mondo moderno (M. A., 1981 p. 33).
Nel 1983 fu organizzata una mostra retrospettiva a cura dell'Ente premi di Roma; l'anno seguente sempre a Roma venne pubblicato il volume Un artista un poeta con poesie di M. Luisa Spaziani illustrate da ventiquattro disegni e gouaches dell'Avenali.
Opere sue si trovano nella Galleria nazionale d'arte moderna di Roma e nella collezione d'arte contemporanea dei Musei e Gallerie pontificie, oltre che in numerose collezioni private.
Bibl.: Si veda l'elenco completo di articoli, monografie e cataloghi in M. A., 1983, pp. 145-148 (a pp. 141-144 l'elenco di tutte le mostre personali e collettive dal 1939 al 1983). Sull'A. e sulla sua opera vedi: F. Ginepro, M. A. dallo zoo alla navata, in Orizzonti, 2 ott. 1961; A. Verdet, M. A., Roma 1972; M. A., a cura di M. Fagiolo, Roma 1980; M. A. (catal.), a cura di G. Sangiorgi -M. Penelope, Roma 1983.