MARCELLO d'Ancira
Vescovo di questa città, nel sec. IV, prese parte al concilio di Nicea e a quello di Tiro in cui difese sant'Atanasio; il sinodo filoariano di Costantinopoli (335 o 336) lo Condannò e depose, incaricando Eusebio di Cesarea di rispondere (il che questi fece nel Contra Marcellum e nel De eccles. theologia) al suo scritto contro il retore ariano Asterio di Cappadocia. Esiliato da Costanzo II, si recò a Roma, dove presentò un simbolo che fu riconosciuto come ortodosso dagli Occidentali (compreso il papa Giulio), mentre gli Orientali arianizzati lo condannavano ancora nel Concilio "della dedicazione" in Antiochia, nel conciliabolo di Filippopoli e nella formula detta makróstichos. Solo più tardi Atanasio abbandonò M., e a chi gli chiedeva di lui rispondeva con un significativo sorriso.
Dei suoi ultimi anni non si sa nulla; morì circa il 373.
Gli avversarî e la tradizione eresiologica riavvicinano M., con il suo discepolo Fotino di Sirmio, a Paolo di Samosata e a Sabellio. Ma l'interpretazione, se non del suo pensiero, almeno della sua posizione storica, è difficile: a ogni modo sembra che il suo posto sia piuttosto nella tradizione delle concezioni "economiche" della Trinità, che in quella del monarchianismo vero e proprio. Il Figlio è secondo M. coessenziale ("ομοούσιος) al Padre, perché il Verbo è tale non solo in potenza, ma in atto e ne deriva mediante un' "estensione" (M. usa il verbo πλαῖυνω) nella creazione, mentre diventa Figlio solo con l'Incarnazione; ma per essere riassorbito dal Padre (onde l'accusa di non riconoscere come infinito il Regno del Figlio). Analogamente lo Spirito. V. arianesimo.
Bibl.: I frammenti in Eusebius'Werke, ed. E. Klostermann, IV, Lipsia 1906, p. 183 segg.; T. Zahn, M. v. A., Gotha 1867; F. Loofs, in Realencyckl. f. prot. Theol. u. Kirche, XII, Lipsia 1903, s. v.; id., Der Begriff des Nicaenum, in Festgabe... K. Müller... dargebracht, Tubinga 1922; id., Paulus v. Samosata, Lipsia 1924 (Texte und Untersuchungen, 44, 5).