DURAZZO, Marcello
Nacque a Genova il 6 marzo 1633 da Cesare e Giovanna Cervetto. Sotto la protezione dello zio paterno, il cardinale Stefano, fu avviato alla carriera ecclesiastica. Studiò a Perugia e ivi divenne dottore utriusque iuris.
Si recò a Roma, dove fu designato referendario di entrambe le Segnature. Nel 1660 fu ascritto al numero dei protonotari partecipanti. Da Alessandro VII fu nominato vicelegato di, Bologna, durante la legazione del cardinale C. Carafa (dal 1665), ma non ne resta traccia archivistica, anche se un manoscritto più tardo ricorda con lode la sua attività (Bibl. ap. Vaticana, Vat. lat. 7439, ff. 134-36). Fu poi in rapida successione governatore di Fano (1665), Ancona (1668), Viterbo e Perugia, rivelandosi sempre solerte amministratore.
Il 4 maggio 1671 divenne arcivescovo titolare di Calcedonia e il 17 giugno fu inviato quale nunzio alla corte dei Savoia, dove restò per pochi mesi. Nel 1672 fu visitatore di Loreto e infine fu nominato in agosto vicelegato di Avignone. Era un momento di particolare tensione con la Francia e il D. seppe ben destreggiarsi fra le minacce francesi e gli ordini della segreteria di Stato, senza trascurare l'ordinaria amministrazione.
Il 29 apr. 1673, mentre era ancora ad Avignone, fu designato nunzio in Portogallo e il 2 maggio gli furono inviate dettagliate istruzioni.
In Portogallo il re legittimo, Alfonso VI, viveva semiesiliato nel ducato di Braganza, mentre la sua ex moglie, la principessà di Nemours, sorella della duchessa di Savoia, si era risposata con il fratello di lui, il principe reggente Dom Pedro. Il D. doveva temporeggiare, se e quando il reggente avesse chiesto l'investitura regale, ma senza alienarsene le simpatie, perché Dom Pedro aveva sino allora appoggiato la nunziatura contro le pretese dell'arcivescovo di Lisbona, Antonio de Mendonça. La situazione era resa ancora più difficile dalla nomina romana del francese C. d'Estrées quale cardinale protettore del Portogallo: nomina ancora ignota, ma sicuramente sgradita ai Portoghesi.
Alla fine di maggio il D. fu invitato a partire d'urgenza da Avignone, perché il suo predecessore a Lisbona, monsignor Fr. Ravizza, doveva divenire segretario della congregazione di Propaganda Fide. Agli inizi di giugno il D. si incamminava ed era raggiunto sulla strada da ulteriori istruzioni. Nel frattempo a Lisbona nascevano nuovi problemi per la nomina a segretario della nunziatura di Alessandro Brandani e per alcuni atti di disobbedienza dei padri teatini. A causa di una lunga malattia, che lo aveva arrestato a Saragozza e a Madrid, il D. arrivò a Lisbona solamente alla fine dell'estate, quando ormai erano acutissime le tensioni fra il personale della nunziatura e quello arcivescovile. I primi mesi in Portogallo passarono cosi nel tentativo di placare gli animi, evitando contemporaneamente ogni colloquio chiarificatore con il reggente. Con decisione fu invece repressa la disobbedienza dei teatini.
Nel gennaio 1674 emerse finalmente la questione del cardinale d'Estrées, che non ebbe facile soluzione: ancora nel 1676 il D. cercava l'aiuto della regina per far ratificare la designazione del protettore del Portogallo. A marzo del 1674 il reggente chiedeva anche conto della propria posizione e il D. rischiava l'ostracismo dalla corte per la sua risposta negativa. Nel frattempo si apriva una. lunga controversia fra gli agostiniani calzati e gli agostiniani scalzi sulle nuove fondazioni, risolta soltanto agli inizi dell'anno successivo. Nel corso dell'anno scoppiava infine il problema delle diocesi coloniali in Africa e in Brasile.
La contrapposizione fra il D. e l'arcivescovo di Lisbona - particolarmente violenta nell'autunno 1674 e ben presto seguita da quella con l'arcivescovo di Braga, Ludovico de Sousa - non era a questo punto che una delle lacerazioni della Chiesa portoghese. Già nel gennaio 1674 era scoppiata una violenta disputa per la precedenza fra i due arcivescovi, mentre aumentavano le tensioni fra i titolari di diocesi portoghesi e i titolari di diocesi in partibus infidelium e i primi tentavano di impedire la creazione di diocesi in Brasile. Questo scontro, che interessava profondamente la S. Sede, raggiunse l'apice nel 1679-80 con l'intervento del reggente, che voleva controllare la nomina dei vescovi coloniali. Anche nel campo degli Ordini religiosi il D. dovette affrontare una situazione molto tesa. Come nel caso degli agostimani i vari Ordini si contendevano l'erezione di nuovi stabilimenti in Portogallo e nel Brasile, anche se in quest'ultimo caso Propaganda Fide era restia a concedere nuove autorizzazioni. Nel 1674 il D. intervenne personalmente per ottenere che i padri filippini potessero aprire una missione nel Pernambuco. Vi furono inoltre forti contrasti negli Ordini missionari fra le case madri e coloro che erano andati nel Nuovo Mondo.
Non erano questi i soli problemi di ordine religioso-politico: su tutto campeggiava la questione dei cristiani "nuovi", che doveva impegnare il D. dal 1674 al 1681.
Nell'aprile 1674 le Cortes portoghesi presero in esame la possibilità di proibire i matrimoni fra i cristiani "vecchi" e "nuovi". Questi ultimi ricorsero al nunzio, che cercò di guadagnare tempo in attesa del parere della congregazione del S. Offizio. Ma l'Inquisizione e il Fisco portoghesi (quest'ultimo giudicava essergli stata sottratta parte del dovuto avendo i cristiani "nuovi" investito i loro averi all'estero) vollero risolvere la questione il più rapidamente possibile. La risonanza a Roma fu grande, anche perché si dubitava della corretteza dei processi dell'Inquisizione portoghese. Nell'aprile del 1677 la segreteria di Stato chiese di vedere gli originali di quei processi, ma incontrò l'opposizione della Corona. Il 25 dic. 1678 il cardinale A. Cibo ordinò al nunzio di avvertire l'Inquisitore e i suoi ministri che sarebbero incorsi nella censura ecclesiastica, se non avessero inviato a Roma i processi richiesti. Nel maggio 1679 una bolla pontificia rese ufficiale questa ffichiarazione e, alla fine dell'anno, 405 originali erano a Roma, ma la vicenda si trascinò ancora per un paio d'anni e nel 1680 l'Inquisizione portoghese fu temporaneamente sospesa.
Nel 1676 il seguito dell'ambasciatore portoghese a Roma uccideva una guardia pontificia e ne feriva un'altra. Le proteste presso il reggente non ebbero seguito, ed anzi il D. corse il rischio di ritorsioni da parte degli amici dell'ambasciatore. Tuttavia dopo il 1680 il D. fu finalmente ben accetto a corte grazie al negoziato del matrimonio dell'infanta di Portogallo con il duca di Savoia e alla mediazione pontificia fra Portogallo e Spagna in occasione di un incidente di confine sul Rio de la Plata.
Durante gli anni in Portogallo al D. furono offerti 60.000 scudi per aiutare la causa dei cristiani "nuovi" e il reggente gli propose di fermarsi definitivamente in Portogallo e di divenire vescovo di Evora, ma il D. rifiutò entrambe le offerte.
Il 20 maggio 1685 fu nominato nunzio in Spagna e ivi riprese i contatti con la Repubblica di Genova. Il fratello Pietro, divenuto doge di Genova (agosto 1685), fece pressioni a Roma in suo favore e il 2 nov. 1686 il D. fu innalzato alla dignità cardinalizia con il titolo di S. Prisca, poi trasformato in quello di S. Pietro in Vincoli nel 1701. Durante la nunziatura spagnola il D. fu anche designato vescovo di Carpentras nel Contado Venassino (io nov. 1687), che amministrò tramite vicario, traendone una discreta rendita.
In Spagna il D. si conquistò l'amicizia del re, presso il quale intercesse in favore delle diocesi delle Fiandre. Come già in Portogallo, si interessò dei dissapori fra Francia, Spagna e Portogallo e del problema del patronato regio sul beni ecclesiastici. Anche in Spagna ebbe a che fare con l'Inquisizione, per i conflitti di questa con i vescovi di Manila e di Cartagena. Intervenne inoltre presso il re per le interferenze dei potere civile nelle giurisdizioni ecclesiastiche, particolarmente gravi nella stessa Cartagena e in Perù e soprattutto in Sicilia e a Napoli. Da Roma si richiese l'intervento del D. anche per la tratta dei negri, non essendo gradito il diritto di asiento concesso agli Olandesi. Il nunzio non risultò sempre ben accetto nonostante l'appoggio del re: nel luglio 1687 i familiari del D. furono assaliti e feriti - uno mori successivamente per le ferite ricevute - da un gruppo di sconosciuti mascherati. Nel 1687-88 fu anche coinvolto marginalmente nella questione molinista e servi da tramite con Roma all'arcivescovo di Siviglia, Jaime Palafox y Cardona, che era stato allievo di Molinos.
Nell'ottobre del 1689 il D. rientrò in Italia: una galera genovese lo sbarcò a Livorno e di qui si recò a Roma. Il 27 nov. 1690 gli fu offerta la diocesi di Ferrara, che, però, era gravata da troppi debiti e fu quindi da lui rifiutata. Il 27 agosto dell'anno successivo divenne infine vescovo di Spoleto e tale restò sino al 7 febbr. 1695, quando si dimise per dedicarsi completamente alla legazione di Bologna, alla quale era stato preposto il 28 sett. 1693 e dove si trasferi il 22 ott. 1693. Nel complesso il triennio della sua legazione fu molto tranquillo ed egli si dovette interessare solamente di questioni amministrative. A Bologna restò sino al maggio 1697; l'11 novembre di quell'anno divenne vescovo di Faenza, da dove si allontanò solamente per recarsi a Roma e nei sei anni in cui fu legato di Romagna (1701-1706). In Romagna, dove fu ascritto alla nobiltà ravennate il 21 febbr. 1702, Si occupò soprattutto della situazione sanitaria, istituendo un ospedale a Bagnocavallo. A Faenza restaurò l'episcopato, al quale donò preziose suppellettili, e riformò il seminario introducendovi l'insegnamento della filosofia e della teologia morale.
Alla morte di Innocenzo XII (1700) il D. era stato considerato uno dei papabili per le sue relazioni internazionali, per la potenza familiare, per l'appoggio dei gesuiti. Una sua breve biografia (il già citato cod. Vat. lat. 7439) lo ricorda in quell'occasione. Era di fisico infelice, ma di tali doti intellettuali ed abilità diplomatica da far dimenticare i limiti fisici. Aveva tuttavia quattordici nipoti ed essendo considerato molto legato alla famiglia e per giunta "genovese" non poteva essere preso seriamente in considerazione come papa. Ebbe comunque alcuni voti ed anche dopo l'elezione di Clemente XI mantenne una certa influenza a Roma, dove fu ascritto alle congregazioni dei Vescovi e dei Regolari, del Concilio, dell'Immunità e dei Riti.
Trascorse gli ultimi anni della sua vita a Faenza, dove nel 1707 cercò di proteggere la popolazione dall'occupazione di truppe austriache. Mori a Faenza il 12 apr. 1710, lasciando alla sua Chiesa una rendita di 15.000 scudi da utilizzare per opere pie.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Genova, Archivio segreto. Lettere di cardinali 7-2805 (lettere del D. alla Repubblica 1686-1690); Genova, Archivio Durazzo, Testamenti, n. 112 (22 marzo 1708) e Supplementi 1028 (I. Rebuffo, Notizie biografiche del card. M. D., 1724); Roma, Archivio Doria-Pamphili, Archiviolo, 136; Bibl. ap. Vaticana, Vat. lat. 7439: O. d'Elci, Vita del card. M. D. genovese, ff. 134-36; Arch. segr. Vaticano, Vicelegazione di Avignone, 58-65; Ibid., Nunziatura di Portogallo, 28-41, 148, 157-59; Ibid., Nunziatura di Spagna, 195.200, 356-57; Ibid., Legazione di Bologna, 73, 76, 196; Ibid., Legazione di Romagna, 40-46, 126; Ibid., Processus Datariae, 49, ff. 223-24v; Ibid., Lettere di cardinali 9, ff. 301 s., 341 s., 350; 55, ff. 82; 56, ff. 93, 182; 57, ff. 5, 63 s., 153 s.; 58, ff 204, 274; 60, ff. 261; 62, ff. 53; 62a. ff. 21; 63, ff. 115, 263; 64, ff. 65, 76, 87 s., 136, 183 s., 207; 65, ff. 49, 74; 66, ff. 130, 419, 503; 67, ff. 467, 534; 68, ff. 165, 210; 70, ff. 152 208 s.; 71, ff. 194, 243 s.; 72, ff. 359, 396-401: 415, 431, 515, 603, 620, 629; 73, ff. 33, 88, 173, 410, 443-47; 74, ff. 22 ss., 37-45, 59; 137, ff. 241, 292, 300, 400, 469, 479 s.; 75, f. 48; 169, ff. 129, 186; F. Rondinini, Oratio habita in funere eminentissimi cardinalis Marcelli Duratii episcopi Faventini, Faventiae 1710; Innocentii XI epistolae ad principes, a cura di J. Berthier, I, Roma 1891, pp. 105, 108, 221; Bullarium Romanorum pontificum, XIX, Augustae Taurinorum 1870, ad Indicem; F. de Bojani, Innocent XI. Sa correspondance avec sesnonces, I-II, Roma 1910, ad Indices; III, Roulers 1912, pp. 178-96; L. Jadin, Relations desPay s.Bas, de Liège et de Franche-Comté avec leSaint-Siège d'après les "Lettere dei vescovi" conservées aux Archives Vaticanes (1566-1779), Bruxelles.-Rome 1952, ad Indicem; Id., Relations desPays-Bas, de Liège et de Franche-Comté avec leSaint-Siège d'après les "Lettere di particolari" conservées aux Archives Vaticanes (1525-1796), Bruxelles-Rome 1962, ad Indicem; J. M. Marques, Indices del Archivo de la Nonciatura de Madrid, I, 1664-1754, Roma 1976, ad Indicem; P. Bertràm Roige, Catálogo del Archivo dei Colegio de España, Bolonia 1981, p. 379; G. Marchesi Buonaccorsi, Antichità ed eccellenza del protonotariato apostolicopartecipante, Faenza 1751, pp. 452 s..; A. Strocchi, Serie cronologico-critica de' vescovi faentini, Faenza 1841, pp. 224-27; G. B. Semeria, Secoli cristianidella Liguria, I, Torino 1843, pp. 317 s.; L. Bonazzi, Storia di Perugia dalle origini al 1860, Città di Castello 1860, p. 292; S. Bernicoli, Governi diRavenna e di Romagna, Ravenna 1898, p. 85; A. Messeri-A. Calzi, Faenza nella storia e nell'arte, Faenza 1909, pp. 266 ss.; F. de Almeida, Históriade Igreja en Portugal, II, 2, Coimbra 1915, p. 705; P. Dudon, Le quiétiste espagnol Michel Molinos (1628-1696), Paris 1921, pp. 233-36; M. Sterzi, G. Vincenzo Gravina agente in Roma di mons. Gio. Francesco Pignatelli, in Arch. della Soc. romana di storia patria, XLVIII (1925), pp. 201-85; L. M. Levati, Dogi biennali di Genova dal 1528 al 1699, II, Genova 1930, pp. 363-69; L. von Pastor, Storia dei papi, XIV, 2, Roma 1932, pp. 306 ss.; XV, ibid. 1933, p. 5; P. Savio, Una nota d'archivio sulle missioni de' cappuccini nel Brasile, in L'Italiafrancescana, VII (1932), pp. 306-14, 397-416, 504-31; R. Ritzler-M. Natalucci, Ancona attraverso isecoli, Città di Castello 1960, ad Indicem; J. B. Mittarelli, De literatura Faventinorum, s.n.t., col. 67; G. Moroni, Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica, XX, pp. 303 s.; P. Sefrin, Hierarchiacatholica medii et recentioris Aevi, V, Patavii 1952, ad Indicem.
M. Sanfilippo