MALPIGHI, Marcello
Figlio di Marcantonio e di Maria Cremonini, nacque a Crevalcore, presso Bologna, dove fu battezzato il 10 marzo 1628.
I Malpighi erano piccoli possidenti terrieri non particolarmente agiati, né noti; di essi gli archivi conservano una qualche memoria solo a causa di un'annosa causa, motivata da contrasti per i confini dei rispettivi poderi, con gli Sbaraglia, famiglia che diede i natali a un collega e avversario del M., Giovanni Girolamo.
Compiuti gli studi primari, il M. fu inviato dal padre allo Studio di Bologna al fine di raggiungere i gradi accademici. Iscrittosi nel 1646 ai corsi filosofici, per i quali ebbe come maestro F. Natali, frequentò dal 1649 i corsi della facoltà medica, dove ebbe come insegnanti B. Massari e A. Mariani. È stato suggerito che fu quest'ultimo, già cattedratico nell'Università pisana, a orientare il M. verso gli studi di medicina sperimentale, ma è certo che tra i due quello che fu frequentato con maggior assiduità dal giovane M. fu Massari.
Di Massari il M. seguì non solo le lezioni pubbliche di anatomia, ma anche quelle tenute nella sua dimora privata per l'Accademia detta del "Coro anatomico", durante le quali venivano eseguite sezioni e sperimentazioni su animali vivi e cadaveri. Dopo avere conseguito il titolo dottorale, il M. divenne uno dei praticanti di Massari, di cui, nel 1655, sposò la sorella, Francesca.
I gradi accademici furono acquisiti dal M. il 26 apr. 1653. Secondo il racconto di Giovanni Fantuzzi (Notizie degli scrittori bolognesi, V, Bologna 1786, p. 129), pare che in quell'occasione abbiano avuto inizio i primi tentativi di persecuzione contro di lui. Una fazione accademica capeggiata da A. Cucchi e O. Montalbani avrebbe manovrato per osteggiare il neomedico arrivando fino al punto di ottenere il temporaneo annullamento del titolo dottorale, che fu ripristinato grazie all'intervento di un prelato, T. Pepoli.
È stato ipotizzato un collegamento dell'episodio con la spietata concorrenza che in campo medico divampava in quegli anni a Bologna fra tradizionalisti e "novatori", gruppo in cui il M. doveva essere già annoverato. D'altronde altri particolari sembrano confermare questa lettura. È noto, infatti, che pur avendo avanzato richiesta di una cattedra nello Studio fin dal 1653, il M. l'ottenne - si trattava di una lettura di logica - solo nell'ottobre 1656 e che poche settimane dopo, nel novembre, si trasferì a Pisa per leggervi medicina teorica. È probabile che la vera causa del trasferimento sia stata la volontà di evitare l'insegnamento, obbligatorio per un triennio nell'Università bolognese, della logica, ma forse operò anche l'intenzione di allontanarsi da un ambiente marcatamente ostile nei suoi confronti. Pare comunque certo che a segnalarlo sia stato Mariani, divenuto sua guida dalla morte di Massari (1655).
È stato sottolineato che i tre anni trascorsi a Pisa e gli stretti rapporti che lì strinse con il napoletano Giovanni Alfonso Borelli furono assai importanti per lui, in quanto in quell'arco di tempo poté precisare i suoi interessi di ricerca e codificare i suoi concetti. Ebbero, però, una valenza ben più ampia, in quanto a essi è da attribuire l'origine della prima fase di quel processo di tecnicizzazione del meccanicismo biologico depurato da concetti e ipotesi aprioristici, processo implicito nella rivoluzione galileiana, ma che solo grazie all'apporto malpighiano e alla sua anatomia sottile fu fondato su base sperimentale, a sostegno di quell'esigenza marcatamente "filosofica" di una interpretazione microfisica, dei fenomeni. Una delle due principali scoperte realizzate in quegli anni in casa di Borelli - la struttura a spirale delle fibre muscolari del cuore (1657) - rappresentò un momento cruciale di tale processo; anche se fu dichiarata propria da Borelli, è da attribuire anche all'acume e alla perizia del Malpighi. Sembra, inoltre, che a quegli anni risalga l'esordio letterario del M. con la stesura di un paio di dialoghi contro la medicina galenica, rimasti inediti e oggi perduti.
Allo scadere dei tre anni, nel 1659, il M. tornò a Bologna, dove gli fu conferita una lettura straordinaria di medicina teorica. I motivi di tale decisione sono così poco chiari che, al più, la letteratura si limita a far cenno a una sua intolleranza verso il clima della città toscana. Certo è che la disputa con la famiglia Sbaraglia sui confini dei rispettivi terreni aveva subito un'improvvisa accelerazione e non tardò a cagionare conseguenze assai gravi: nel dicembre di quell'anno una lite tra un fratello del M., Bartolomeo, e il figlio di G. Sbaraglia, Tommaso, sfociò nell'assassinio di quest'ultimo. Il successivo processo decretò la condanna a morte di Bartolomeo e la confisca dei suoi beni. Solo i buoni uffici del M. riuscirono a evitare che la pena divenisse esecutiva e, dopo poco più di un anno di carcere, in virtù dell'intervento del cardinale Girolamo Farnese, ottenne per il fratello la grazia e la restituzione dei beni confiscati.
Intanto il M. era passato, dal 1660, alla lettura ordinaria di medicina pratica e aveva intrapreso, con la collaborazione di C. Fracassati, la prassi delle dissezioni anatomiche con l'ausilio del microscopio. Grazie a tale artificio riuscì a osservare la struttura microfisica dei polmoni e ad avanzare un'ipotesi sulla loro funzione, che, oltre ad assestare un duro colpo alla credibilità del sistema anatomo-fisiologico di Galeno, concluse il ciclo storico della faticosa conquista della circolazione sanguigna.
La scoperta fu annunciata a Borelli con due lettere, stampate con il titolo di De pulmonibus observationes anatomicae, Bononiae 1661. Della diffusione europea, data la loro importanza - rappresentano l'atto di nascita dell'anatomia microscopica - s'incaricò T. Bartolin, che le ristampò in una sua opera, De pulmonum substantia et motu diatribe. Accedunt cl. v. Marcelli Malpighij de pulmonibus observationes anatomicae, Hafniae 1663, suscitando curiosità, discussioni e polemiche. Fu dibattuta, in particolare, la metodologia utilizzata che prevedeva, oltre all'uso di artifici tecnici legati al microscopio, anche l'utilizzo del cosiddetto "microscopio della natura": tessuti provenienti da animali situati a un gradino inferiore nella scala zoologica (nello specifico, una rana) da osservare con un ingrandimento ottico relativamente modesto. Quello che vide - una struttura ad alveoli pneumatizzati, circondati dalla rete capillare - fu interpretato dal M. come una macchina congegnata per assicurare la trasformazione del chilo in sangue, processo che il sistema galenico attribuiva invece al fegato. La stampa dell'opera ebbe anche l'effetto di riattizzare, in Bologna, la dura polemica tra tradizionalisti e innovatori. Per i primi reagì O. Montalbani, che pubblicò un libello, Antineotiologia cioè discorso contro le novita co gli astrologici presagij dell'anno 1662, in Bologna s.d. [ma 1661], nel quale attaccava non solo il lavoro, ma anche la figura del M.; mentre portavoce dei secondi fu G. Capponi, che fece circolare un dialogo manoscritto contro Montalbani.
Certo è che l'ostilità dell'ambiente accademico nei suoi confronti tornò a essere vigorosa, se mai era scemata, e nel frangente fu ulteriormente aggravata dalla morte del suo maestro A. Mariani, nel 1661. Tutto questo fece sì che la consistente offerta economica avanzata dal Senato messinese per averlo come lettore nello Studio mamertino - offerta che, auspice Borelli, gli giunse nel maggio del 1662 (ma già da un anno le trattative erano avviate) - divenisse particolarmente allettante. Il M. si trasferì a Messina nell'autunno del 1662, compiendo un lungo viaggio durante il quale si fermò a Napoli per far visita a Tommaso Cornelio e a Leonardo Di Capua.
Dopo avere inaugurato i suoi corsi per la cattedra primaria di medicina con una prolusione tenuta il 14 novembre, per non inimicarsi i medici locali cercò, in un primo momento, di minimizzare la portata della sua metodologia e della sua prassi innovativa, dedicandosi solo in privato all'anatomia e, soprattutto, rifiutando l'esercizio della professione medica, per non ledere gli altrui interessi economici. Poi, in seguito alle sollecitazioni di Borelli - che da Pisa lo incitava a operare per un rinnovamento della pratica della medicina nell'isola - e in virtù degli appoggi che si era assicurato tra la nobiltà locale, a partire dalla primavera 1663 cambiò linea, medicando e riscuotendo apprezzamenti per la competenza nell'arte, fornendo suggerimenti con consulti, che gli venivano richiesti da medici di tutta l'isola, e dichiarandosi disposto a eseguire pubbliche sezioni di anatomia, attività che, pur se concepita fin nei dettagli, non si concretizzò.
D'altronde gli anni tra il 1663 e il 1666 furono per il M. intensamente creativi. Assorbito nella ricerca, in quel periodo lavorò sulla struttura della lingua, della cute, dell'occhio e del cervello. Giunse, inoltre, alla scoperta, fondamentale, della respirazione vegetale. Fornì, così, contributi primari per l'affermazione di una visione iatromeccanica della vita in tutti i suoi aspetti, contributi resi pubblici con la stampa di un paio di opere, De externo tactus organo anatomica observatio, Neapoli 1665, e Tetras anatomicarum epistolarum de lingua et cerebro, Bononiae 1665.
Nella prima di esse rese conto della scoperta delle papille della cute, avvenuta grazie allo studio delle zampe del suino e del musello degli ungulati. Nella seconda, oltre alla descrizione delle papille linguali - che completa, così, la descrizione dei recettori sensoriali - e della struttura della lingua, è studiata la sostanza bianca del sistema nervoso centrale, presentata come composta da lunghissimi e sottili canalicoli, simili a quelli che costituiscono i nervi, ripieni di un fluido secreto dalla sostanza grigia corticale, grazie ai quali la trasmissione dell'impulso nervoso è equiparata alla trasmissione dell'impulso meccanico attraverso una massa liquida.
Intanto, anche a Messina la fazione dei medici tradizionalisti decise di dare battaglia. L'occasione fu il confronto, nel 1665, tra gli aspiranti al protomedicato in cui uno di questi, M. Lipari, presentò un certo numero di tesi, tra le quali almeno sette di contenuto "classico" (difesa della funzione dell'astrologia in campo medico, svalutazione del ruolo dell'anatomia e dell'autopsia microscopica, ecc.). A esse F.M. Giangrandi oppose alcune conclusioni neoteriche, che erano in gran parte del M., come risulta da una testimonianza di Borelli. Ma il M., forse per prudenza, si rifiutò di assistere alla disputa, scelta interpretata dai tradizionalisti come ammissione di sconfitta. Fu quindi fatto circolare un manoscritto, Galenistarum triumphus novatorum medicorum insanias funditus eradicans, autore M. Lipari, al quale il Senato della città mamertina, al fine di difendere il prestigio dello Studio, volle che fosse data replica. La risposta all'opposizione registrata nel Trionfo de' galenisti, pur se data alla luce a nome di P. Papadopoli e lasciata manoscritta (fu stampata per la prima volta negli Opera posthuma, Londini 1697), ebbe una notevole circolazione e attirò sull'autore l'odio degli avversari, ridicolizzati, accusati di ignoranza, di indegnità morale e di colpevolezza nella curativa. Questi trovarono ascolto da parte di quelle forze che rappresentavano il potere spagnolo, in quel frangente interessate a minare l'autorità dello Studio.
La posizione del M. si fece, a questo punto, piuttosto difficile, forse ben al di là della sua scarsa propensione alla polemica. Se a questo si aggiunge che a Messina la tensione politico-sociale stava crescendo e che, a quanto pare, Borelli, a cui era notoriamente legato, era pur da lontano una parte in causa, si possono intuire le ragioni che spinsero il M. a lasciare l'isola. Ciò che stupisce è piuttosto il comportamento, poco lineare, che il M. adottò in quell'occasione. Infatti, nell'aprile 1666 rinnovò il suo impegno con lo Studio messinese per altri quattro anni, per poi chiedere e ottenere un temporaneo permesso di allontanamento dalla Sicilia. Durante il viaggio verso l'Emilia si fermò a Napoli, dove ebbe nuovi colloqui con Cornelio e Di Capua, e a Roma, dove incontrò N. Steensen e altri. Giunto a Bologna, accettò l'offerta di riassumere la lettura di medicina pratica nello Studio, senza però darne comunicazione alle autorità mamertine. Solo nel dicembre, in risposta a una sollecitazione giuntagli dalla Sicilia, precisò la sua posizione, ma attribuendone la responsabilità al Senato bolognese. Non è chiaro se sia da ascriversi tra le conseguenze di tale episodio l'esaurirsi dei rapporti, fino ad allora intensi, con Borelli che, comunque, dal 1667 non fu più tra gli interlocutori privilegiati del M., il ruolo fu assunto dal suo allievo L. Bellini.
Il ritorno in patria rappresentò l'inizio di un buon periodo per il M., in cui non mancarono certo gli avversari, ma numerose furono le occasioni di successo professionale e scientifico. In breve tempo assunse un ruolo non secondario nella vita cittadina, proseguendo la sua attività di ricercatore, dedicandosi all'insegnamento e alla pratica della medicina. Approfittò del favore con cui fu accolto per dare alle stampe alcune ricerche condotte negli anni precedenti, pubblicate con il titolo di De viscerum structura exercitatio anatomica, Bononiae 1666.
Pur se con frontespizi identici, sono state segnalate almeno due versioni dell'opera nello stesso anno di stampa, una contenente solo tre trattati (quelli sul fegato, sulla corteccia cerebrale e sui reni) e l'altra composta da cinque trattati (i tre precedenti più uno sulla milza e uno sul polipo del cuore). È stato ipotizzato (Belloni), sulla base dei diari di lavoro del M., che la stampa della prima versione sia da datare al 1666 mentre la seconda sia da posticipare al 1668. All'opera si deve la strutturazione di una macchina fondamentale per l'atomismo iatromeccanico, quella secretiva, pensata sul modello del crivello, avente il suo fulcro in un follicolo che, da un lato, si continua nel tubulo secretore e, dall'altro, è abbracciato dalle ultime diramazioni arteriose, venose e nervose. I reni, la milza, il fegato, la corteccia cerebrale sono tutti interpretati sulla base di tale modello e sono ritenuti altrettanti esempi dell'esistenza della macchina nel nostro corpo. Il liquido contenuto nei suoi condotti, il sangue, è quello studiato nel De polypo cordis, vero e proprio atto di nascita della moderna ematologia. La scomposizione dei "polipi del cuore", coaguli rinvenuti in soggetti morti per gravi sindromi da insufficienza cardio-respiratoria, permise al M. di osservare due componenti della miscela sanguigna - tenuta fluida da un continuo moto interno fermentativo -, i "filamenti bianchi" e gli "atomi rossi" (i nostri globuli rossi, scoperti dal M.), componenti che danno origine al frustolo di coagulo per una alterazione del moto fermentativo.
Nel corso del 1667 il M. si condusse in un viaggio a Padova e a Venezia. Tornato a Bologna, nell'autunno fu raggiunto da una lettera con cui H. Oldenburg, a nome della Royal Society, lo invitava a collaborare ai lavori dell'Accademia. Fellow dal 1669, il M. trovò nel sodalizio londinese l'editore di tutte le sue opere più importanti, a cominciare dalla Dissertatio epistolica de bombyce, Londini 1669. Testo base per lo studio della conformazione del baco da seta per quasi due secoli, nel De bombyce segue il lavoro di una natura artigiana che, attraverso tre stadi (larva, crisalide e farfalla), forgia la macchina organica dell'insetto, descrivendone minutamente l'anatomia e cercando di spiegarne in termini anatomici le funzioni fisiologiche e finanche i suoi comportamenti. A un programma di ricerca simile a quello da cui era nato il De bombyce, lo studio delle strutture delle forme viventi inferiori e delle formazioni embriologiche al fine di meglio comprendere le strutture anatomiche e le funzioni fisiologiche umane, furono ispirate anche le opere embriologiche e botaniche apparse a Londra negli anni Settanta, la Dissertatio epistolica( de formatione pulli in ovo, Londini 1673, la Anatome plantarum cui subiungitur appendix( de ovo incubato observationes continens, Londini 1675, e la Anatomes plantarum pars altera, Londini 1679.
È noto che il M. avviò indagini intorno al mondo vegetale nel periodo messinese, intorno al 1663, indagini che continuate negli anni seguenti giunsero a un punto fermo intorno al 1671, quando, riordinati i risultati, egli ne inviò a Londra un primo abbozzo. Ciò assicura al M. il titolo, che nel mondo anglosassone viene ritenuto condiviso con N. Grew, di fondatore dell'anatomia microscopica vegetale. Tale tipo di indagine era mossa, nel M., dalla convinzione dell'esistenza di un unico piano strutturale del vivente che lo portò a osservare nella macchina botanica una struttura microscopica di fondo formata da aggregati di cellule, non comprese però nel loro attuale significato e descritte con il nome di "utricoli". Notevole è, poi, nella Pars altera del 1679, lo studio delle galle che lo condusse a correggere un errore di F. Redi e a dimostrare che gli insetti che paiono generarsi da esse sono in realtà lì deposti, prima della schiusa delle uova, da femmine gravide della stessa specie. L'opera si inserisce, quale anello fondamentale, nell'arco delle ricerche che bandirono dalla scienza la dottrina della generazione spontanea.
Ma veri e propri capolavori sono i due studi embriologici, il De formatione pulli in ovo e le De ovo incubato observationes, con i quali l'embriologia diviene un ausilio fondamentale per illuminare la morfologia dell'adulto. Veramente numerosi sono i reperti embriologici osservati e descritti, molti dei quali non facili da esaminare ancora oggi, come l'abbozzo del cristallino oculare. Queste accurate osservazioni sono, però, inserite in un quadro interpretativo dello sviluppo dell'embrione di tipo preformistico, dottrina che allora, complice l'autorità del M., conobbe uno sviluppo rigoglioso.
Nel 1679 riemerse la non sopita polemica condotta dai tradizionalisti contro il "sistema" del Malpighi. A esporsi nell'attacco fu P. Mini, la cui campagna contro gli iatromeccanici trovò un buon seguito, tale da renderlo tracotante e indurlo a minacciare il M. di morte. Ma il vero capofila dei nemici del M. fu G. Sbaraglia, medico di tutt'altra levatura culturale rispetto a Mini. Inoltre, negli anni immediatamente seguenti, i lavori botanici, segnatamente le osservazioni sull'origine delle galle, furono attaccati dapprima da G.B. Trionfetti (Observationes de ortu ac vegetatione plantarum, Romae 1685) e poi da A. Alberghetti (De spontanea generatione, Romae 1689) e da F. Buonanni (Observationes circa viventia quae in rebus non viventibus reperiuntur, Romae 1691). Delle polemiche sollevate tentò di approfittare lo Studio patavino, offrendo al M. una lettura. Ma la solidarietà manifestatagli dalla maggioranza del Senato cittadino e dal cardinale legato, oltre al legame con la città, lo indusse al rifiuto.
L'autorevolezza di cui godeva era tale che con sempre maggiore frequenza i patrizi bolognesi lo cercavano per la cura dei loro malanni, assicurandogli così un notevole benessere economico. E non solo loro, dato che richieste di consulti gli giungevano anche da altre città, come nel settembre 1680 quando si recò a Modena per visitare il duca estense. Fornisce misura della sua fama l'offerta fattagli nel 1685 di diventare l'archiatra di papa Innocenzo XI Odescalchi, mentre testimonia l'ampia autonomia di cui disponeva il rifiuto opposto alla chiamata. D'altronde, segno del prestigio non comune di cui godeva fu la pubblicazione, ad autore vivente, dei due tomi dell'Opera omnia, Londini 1686.
Non è quindi sorprendente che anche nelle questioni interne allo Studio il suo punto di vista assumesse un peso particolare. Lo mostra una vicenda risalente al 1686, anno in cui fu richiesto dal cardinale legato di un parere su tre noti lettori, tra cui Sbaraglia, che avevano presentato domanda per un aumento del compenso. Il giudizio, sostanzialmente negativo, sembra essere stato la causa del rigetto della richiesta dei tre e può aver provocato - perlomeno questa era la convinzione del M. - quello che per molti versi è un episodio ancora oscuro: l'incendio - da non confondere con quello avvenuto per cause fortuite nel 1684 - nel giugno del 1688 della sua residenza di villeggiatura, a Corticella, conseguenza dell'irruzione di un gruppo di uomini camuffati, tra i quali il M. credette di aver riconosciuto Sbaraglia e Mini. Ma non li denunciò e tutto finì lì, con notevoli danni per il M. che nell'incendio perse strumenti scientifici, nonché appunti e note frutto di molti anni di lavoro. Chiunque sia stato l'autore dell'atto, è un dato che, oltre alla scia di antichi e nuovi rancori, a dividere il M. e Sbaraglia stavano anche radicali differenze di scuola che, a partire dal 1689, diventarono di pubblico dominio. Infatti, in quell'anno a Bologna, con la falsa indicazione "Gottingae idibus septembris 1687", fu stampata anonima - ma poi riconosciuta come propria dallo Sbaraglia - la lettera De recentiorum medicorum studio dissertatio epistolaris ad amicum, nella quale si sosteneva che l'approccio anatomo-fisiologico non era utile in sede medica, perché i sintomi dei mali, dati fenomenologici, non erano da confondere con i dati microanatomici, ritenuti irrilevanti sul piano dell'andamento morboso. Ciò alludeva a precise difficoltà del meccanicismo malpighiano - per tutto il Settecento la scuola iatromeccanica dovette accontentarsi di una terapeutica consistente in cautele igienico-dietetiche - e mutuava dalla tradizione una distinzione tra fenomeno ed essenza presente in dottrine evolute, quali l'approccio empiristico proprio di T. Sydenham, medico amico di J. Locke. A essa il M. replicò con una Risposta( alla lettera intitolata De recentiorum, pubblicata con la traduzione latina di S. Bonfiglioli in Opera posthuma, cit., pp. 276-420, vero e proprio discorso sul metodo del Malpighi.
Il M. vi delineò una posizione razionalistica e galileiana che fa discendere la superiorità dei "moderni" dalla capacità di creare modelli capaci di riprodurre i fenomeni in maniera semplificata e di dedurre conseguenze non attingibili direttamente dall'esperienza, giungendo così alla verifica di ipotesi in grado di permettere al sapere di procedere sulla sua interminabile strada di perfettibilità. Inoltre ribadì la sua fiducia negli strumenti tecnici e anatomici, che permettono di vedere cose che "sfuggono alla fiacchezza de' nostri sensi". Infine, sottolineò la necessità di conoscere con precisione le alterazioni, anche microscopiche, dei corpi viventi per giungere a una efficace terapeutica, rifiutando così la distinzione tra fenomeno ed essenza, perno del discorso degli avversari. La metodologia di cui si fece difensore il M. nella polemica con Sbaraglia trovò applicazione nelle ricerche che, condotte a partire almeno dal 1667, giunsero a un punto stabile con la stampa del De structura glandularum conglobatarum, Londini 1689.
Il libro, pur se tratta anche di strutture anatomiche come il cervello, il pericardio e le pleure, che oggi non sono classificate come ghiandole e che non furono comprese nel loro significato funzionale, mostra la solita perizia nella descrizione morfologica degli stadi fisiologici e patologici dei tessuti organici. Alcune delle tavole dell'opera furono mostrate a G.W. Leibniz nel dicembre 1689 quando questi, in viaggio nella penisola, fece visita al Malpighi. Il filosofo tedesco fu molto colpito dall'ingegno del M., tanto che da allora ebbe modo di ripetere spesso una massima: "Naturam cognoscere per analogiam" (A. Robinet, G.W. Leibniz. Iter Italicum, Firenze 1988, p. 310), a lui attribuita.
Nel 1691 il M. fu nuovamente invitato ad assumere la funzione di archiatra dal nuovo papa Innocenzo XII Pignatelli, eletto il 12 luglio di quell'anno all'età di 76 anni. Questa volta non poté rifiutarsi e nell'ottobre partì per Roma, dove restò per l'ultimo scorcio della vita, ricevendo onori - fu nominato cameriere segreto partecipante e, col nome di Therone Philacio, fu ascritto all'Arcadia - e assumendo il ruolo di difensore dell'indagine neoterica (la sua presenza fu ritenuta centrale da V. Viviani per il tentativo, messo in atto in quegli anni ma fallito, di ottenere il ritiro del decreto del S. Uffizio sui Dialoghi di G. Galilei).
Il M. morì a Roma il 29 nov. 1694. L'Opera posthuma figuris illustrata, più volte ricordata, fornì la prima versione a stampa dei testi delle polemiche con i tradizionalisti, cui si aggiunsero l'autobiografia e una serie di scritti anatomici. Più tardi furono date alle stampe dagli allievi numerose note cliniche del Malpighi. Tra gli altri si ricordano i lavori pubblicati da A. Vallisnieri (Consultationum medicinalium centuria prima, Patavii 1713) e, in edizione più corretta, da I. Alberini (Marcelli Malpighii et Io. Mariae Lancisii consultationum medicarum, Venetiis 1747).
Fonti e Bibl.: Le principali raccolte di manoscritti, editi e inediti, del M. sono quelle della Biblioteca universitaria di Bologna (14 dei 17 volumi del ms. 2085) e dalla Biblioteca dell'Archiginnasio di Bologna (i mss. B.3236 e B.3237). Un elenco analitico, anche se non sempre esatto, della prima si legge in G. Atti, Della vita e delle opere di M. M. e Lorenzo Bellini, Bologna 1847. Altre carte, per lo più riguardanti consulti e non autografe, sono in varie biblioteche italiane ed estere (prima fra tutte la Biblioteca Lancisiana di Roma). Per un elenco si veda il saggio di C. Dollo, Gli inediti malpighiani, in Le edizioni dei testi filosofici e scientifici del '500 e '600, a cura di G. Canziani - G. Paganini, Milano 1986, pp. 209-220, in partic. pp. 212 s. n. 16. Per le lettere: The correspondence of Marcello Malpighi, a cura di H.B. Adelmann, I-V, Ithaca-London 1975; H.B. Adelmann, A supplement to the Correspondence of Marcello Malpighi, in Journal of the history of medicine and allied sciences, XXXIII (1978), pp. 53-73; P. Galluzzi, Nuovi documenti malpighiani, in Annali dell'Istituto e Museo di storia della scienza di Firenze, III (1978), pp. 100-103; Per l'epistolario malpighiano, a cura di C. Dollo, in Arch. stor. per la Sicilia orientale, LXXIX (1983), pp. 177-202; C. Dollo, Inediti per l'epistolario malpighiano, in Riv. di storia della filosofia, XXXIX (1984), pp. 537-550; Some unpublished correspondence of Giovanni Alfonso Borelli, a cura di W.E. Knowles Middleton, in Annali dell'Istituto e Museo di storia della scienza di Firenze, IX (1984), pp. 128-132; W.E. Knowles Middleton, An unpublished letter from M. M., in Bulletin of the history of medicine, LIX (1985), pp. 105-108. Per i consulti malpighiani: Consulti di M. M. 1675-1694, a cura di G. Plessi - R.A. Bernabeo, I-III, Bologna 1988-92 (dei quattro volumi annunciati nel frontespizio, ne sono stati pubblicati solo tre). Per le opere, oltre alle edizioni sei-settecentesche citate è da vedere anche M. Malpighi, Opere scelte, a cura di L. Belloni, Torino 1967. La polemica Malpighi - Sbaraglia continuò anche dopo la morte del M. con una nuova replica di Sbaraglia e interventi di allievi del M. in difesa del maestro. A tal proposito si veda A. Zeno, Relazione della controversia del sig. Gio. Girolamo Sbaraglia col sig. M. M. e tra i loro seguaci, in Giornale de' letterati d'Italia, IV, Venezia 1710, pp. 263-292 e J. Danielli, Raccolta di questioni( agitate già tra( M. M. e Giangirolamo Sbaragli, Bologna 1723. Esistono due preziosi strumenti bibliografici per gli studi sul M.: C. Frati, Bibliografia delle opere a stampa di M. M. e degli scritti che lo riguardano, in G. Atti, M. M. e l'opera sua, a cura di U. Pizzoli, Milano 1897, pp. 242-298; e quella contenuta nella fondamentale monografia di H.B. Adelmann, M. M. and the evolution of embryology, I-V, Ithaca-NewYork 1966. Per gli anni successivi al 1966 si veda la Isis cumulative bibliography, 1966-1975, I, London 1980, s.v., e 1976-1985, II, ibid. 1990, s.v., estendibile fino al presente tramite le bibliografie annue della stessa rivista. Si indicano qui solo pochissimi lavori recenti, rinviando per gli altri alle indicate bibliografie: W. Bernardi, Le metafisiche dell'embrione: scienze della vita e filosofia da M. a Spallanzani (1672-1793), Firenze 1986; S. Cimenti - L.A. Fiore - R.R. Dugoni, M. M. scienziato ed istopatologo, Roma 1994; M. M., scienziato universale, a cura di R.A. Bernabeo - C. Pallotti, Bologna 1995; M. M. anatomist and physician, a cura di D. Bertoloni Meli, Firenze 1997; G. Fabii, Salute e malattia tra medicina e filosofia nell'Età moderna. Uno scritto polemico di M. M., Napoli 2003.