ORETTI, Marcello
ORETTI (Rigosa), Marcello (Giovanni Antonio). – Nacque a Bologna il 27 dicembre 1714 da Francesco Antonio, docente di medicina presso lo Studio bolognese dal 1697 fino alla morte (1746), e da sua moglie Camilla Fabri, nipote di Marcello Malpighi.
Si formò nelle scuole dei gesuiti, proseguendo poi nello studio della filosofia e delle lingue straniere all’epoca più in voga, il francese e il tedesco. Nonostante ciò, i suoi manoscritti – nulla infatti è stato pubblicato lui vivente – rivelano una padronanza approssimativa dell’italiano, il che può spiegare perché non meriti una voce nelle Notizie degli scrittori bolognesi di Giovanni Fantuzzi, ma solo una fugace menzione incidentale (V, 1786, p. 155).
Ebbe due fratelli maggiori, Sicinio, di professione notaio (notaio fu anche il figlio Riniero), e Giuseppe, militare di carriera, e almeno una sorella, Gentile, che sposò Giacomo Arnoaldi, professore di diritto all’Università di Bologna dal 1744 alla morte. La famiglia, di antica, piccola nobiltà felsinea, aveva visto le proprie fortune andar progressivamente declinando lungo il corso del Cinque e Seicento. Solo nel 1722 al fidecommesso familiare, istituito nel 1492, si aggiunse quello dei beni di Ercole Rigosa, ultimo esponente di un’altra antica e nobile famiglia bolognese in estinzione, con l’impegno per i tre fratelli Oretti di adottarne il cognome, onde negli atti pubblici Marcello figura come Marcello Rigosa alias Oretti, oppure Oretti Rigosa.
A differenza dei fratelli, non sembra che Marcello abbia svolto un’attività professionale, vivendo di modeste rendite fondiarie e immobiliari. Tuttavia non risulta che si sia sposato o che abbia avuto figli, il che gli consentiva, nonostante i mezzi modesti, di viaggiare. Non sono documentati suoi viaggi fuori d’Italia, ma, soprattutto nella seconda metà degli anni Settanta visitò il paese dalla Lombardia al prediletto Veneto, alla Romagna, alla Toscana, a tutto lo Stato pontificio, fino a Napoli. Inoltre poté raccogliere una notevole biblioteca specializzata in campo storico-artistico e dedicarsi al collezionismo di reperti archeologici (la sua raccolta è descritta da Luigi Lanzi nel proprio taccuino del 1782: Firenze, Biblioteca della Galleria degli Uffizi, ms. 36/I, c. 98v), di monete, di grafica e di dipinti, ma anche di reperti naturalistici, specie minerali (gemme, pietre semipreziose, marmi, fossili) e conchiglie.
Tutte le raccolte sono descritte da Oretti stesso in alcuni dei suoi circa 60 manoscritti autografi conservati presso la Biblioteca comunale dell’Archiginnasio di Bologna (dove si trovano i manoscritti qui di seguito citati, se non altrimenti specificato; per le collezioni cfr. i mss. B 402-B405), cui giunsero nel 1872, compresi nell’acquisto della sterminata raccolta del principe Filippo Hercolani (1736-1810), che li aveva comprati poco dopo la morte di Oretti. Singoli volumi sparsi sono reperibili in altre biblioteche italiane, come la Biblioteca Estense di Modena.
I manoscritti furono compulsati e citati da vari studiosi del tardo Settecento, tra cui Giuseppe Piacenza, Pietro Zani, Luigi Lanzi – che li fece schedare all’amico padovano Giuseppe De Lazara – grazie alla generosità di Hercolani, che li spediva a chi volesse consultarli. Vivente l’autore, invece, solo Tommaso Temanza, Ireneo Affò e Carlo Bianconi ebbero a giovarsi di informazioni da lui fornite: le revisioni aggiornate della guida di Bologna del 1776 e del 1782, la cui curatela gli viene erroneamente assegnata dai contemporanei (Fantuzzi, 1786; Calindri, 1785, V, pp. 80 s.), sono opera del solo Bianconi, che, in risposta alle numerose censure riservate alla sua edizione del 1766, si rivolse a Oretti ottenendone informazioni aggiornate, ma soprattutto per poterne usare il nome come garanzia di attendibilità (la copia delle notizie fornite da Oretti è nel ms. B 30 e dimostra che sono state sostanzialmente disattese, eccetto una nota sulla sua collezione privata: [Bianconi], 1776, pp. 79 s. e [Id.], 1782, p. 83). Cionondimeno anche l’edizione del 1776 fu al centro di feroci polemiche.
Due sono le serie principali di manoscritti di Oretti: le Notizie de’ professori del disegno cioè pittori, scultori e architetti bolognesi e forestieri di sua scuola (mss. B 123-135 bis, con l’aggiunta del ms. B 122; le Notizie sono formate da agili schede biografiche in ordine cronologico, costituite da puri dati anagrafici, cronologici, biografici, da riferimenti bibliografici puntuali e, soprattutto, da lunghi cataloghi di opere) e l’Aggiunta di molti professori di pittura, scultura e architettura e di altri valorosi artefici del disegno non nominati dall’Orlandi nel suo Abecedario pittorico e più sicure notizie di quelli (mss. B 136-147). Entrambe le opere furono compilate a partire dall’inizio degli anni Sessanta e aggiornate fino quasi alla morte dell’autore.
L’epistolario superstite (mss. B 119-121) rivela l’intenzione di Oretti di giungere entro la fine degli anni Sessanta a una pubblicazione a stampa delle Notizie presso il rinomato editore Baglioni di Venezia, con dedica all’amico veronese Giacomo Muselli (Perini, 1983, pp. X, XXX, n. 48), vanificata nel 1769 da due circostanze negative concomitanti: la pubblicazione del terzo tomo della Felsina pittrice di Luigi Crespi (che obiettivamente riduceva l’interesse del lavoro di Marcello: non a caso, dopo questa data, i suoi sforzi si concentrarono sulla revisione dell’Abecedario orlandiano) e, soprattutto, il fallimento clamoroso del fratello Sicinio, costretto a fuggire all’estero (Modena) per sottrarsi ai creditori e alla legge. Poiché gli editori veneziani pubblicavano opere inedite solo a pagamento o per sottoscrizione, le ristrettezze imposte a tutti i congiunti dal fallimento di Sicinio preclusero a Marcello la possibilità di far stampare i propri lavori. Forse non per caso nello stesso 1769 Oretti firmò una perizia relativa allo studio del pittore Sebastiano Gamma e ne vendette le stampe al celebre cantante d’opera Francesco Carattoli, all’epoca a Vienna. Non riuscì invece a vendergli le proprie collezioni storico-artistiche: solo nel 1782 cedette al bresciano Ercole Luzzago la collezione di modelli in gesso, provenienti dallo studio del pittore Antonio Longhi, in parte comprato nel 1752 e per il resto ereditato nel 1757. Nel ms. B104 (parte I, c. n.n.) Oretti dichiara di aver ricevuto in eredità anche lo studio di un pittore di paesaggio, Giovan Francesco Colonna (forse però, anche in questo caso una parte dello studio era stata comprata vivente l’artista). Pur non essendo un marchand-amateur – condannava anzi severamente l’alienazione a collezionisti privati di opere esposte al pubblico, anche se nel suo epistolario si trovano suggerimenti al conte di Firmian per l’acquisto di statue da tombe monumentali di chiese milanesi quasi in rovina – inventariò studi di artisti o di piccoli collezionisti bolognesi. L’erudito Baldassarre Carrati nell’aprile 1771 gli fece valutare la propria raccolta, rimanendo però insoddisfatto di quotazioni ritenute troppo basse (copie di questi inventari sono nel ms. B 113).
La competenza di Oretti in materia storico-artistica, confermata dalle aggregazioni all’Accademia Clementina di Bologna il 13 gennaio 1764, a quella di Verona il 10 giugno 1769 e, nell’ottobre 1774, alla prestigiosa Accademia del disegno di Firenze, è il risultato della sua educazione da gentiluomo, che comprendeva l’apprendimento dei rudimenti del disegno (anche il padre era stato pittore dilettante, allievo di Carlo Buffagnotti e dei Viani, amico di artisti di vaglia come i pittori Giovan Gioseffo dal Sole e Felice Torelli, nonché lo scultore Gioseffo Mazza). In un frammento autobiografico databile tra il 1769 e il 1774 (Perini, 1983, p. III) si vantava di aver studiato con Ludovico Mattioli e con Donato Creti, di aver realizzato alcune incisioni, riconoscibili per una marca costituita da una O cui è sottoscritta una M, e alcuni dipinti, conservati in case di sua proprietà ora scomparse, oppure di amici e parenti acquisiti.
Pur attribuendosi dipinti non meglio identificati nella chiesa dei Filippini a Verona, usò le sue nozioni artistiche soprattutto per realizzare copie di quadri altrui, raramente a fini commerciali, talora per farne doni ad amici (regalò al suo amico e corrispondente veronese Giacomo Muselli, numismatico celeberrimo, una copia del Martirio di s. Giorgio di Paolo Veronese), ma soprattutto per propria utilità e studio, come dimostrano alcune raccolte, in parte perdute, di cui una contenente riproduzioni ad acquerello delle antichità di Ravenna; una riproducente le medaglie di uomini e donne illustri, bolognesi e non, della collezione di Giacomo Biancani Tazzi; un’altra (tuttora esistente) riproducente i dipinti della villa Salaroli, ora Monsignori, a Calamosco (in gran parte scialbati o distrutti, onde il manoscritto orettiano ivi conservato riveste notevole valore documentario), e infine un libro di 80 fogli dedicato alla riproduzione di pale d’altare, prevalentemente ma non esclusivamente bolognesi. Questo progetto, ispirato ad analoghe sillogi grafiche venete, anticipa progetti bolognesi simili di Luigi Crespi e dei Gandolfi: non sembra perciò casuale che, tra i vari lasciti testamentari di Oretti (Archivio di Stato di Bologna, Fondo notarile, notaio Francesco Masini, anno 1787, 27 gennaio), ben due siano destinati ai figli del celebre mercante Giuseppe Antonio Buratti, finanziatore di vari progetti (non tutti realizzati) di riproduzione a stampa di cicli pittorici bolognesi, per es. quello di palazzo Poggi, curato da Francesco Zanotti nel 1756.
Morì a Bologna il 28 gennaio 1787 in seguito a una breve malattia.
Un campo in cui Oretti intervenne con frequenza, denunciando abusi vari e distruzioni (mss. B 30 e B 106), fu quello della tutela delle opere d’arte: in merito ostentava opinioni molto nette e conservatrici. In particolare si distingueva per un apprezzamento acritico della patina, derivato, forse, dalla sua formazione con Creti. Ci sono tracce di suoi interventi occasionali di restauro (o piuttosto pulitura) su singoli dipinti: per esempio, nel settembre 1766, quattro anni prima che un editto legatizio imponesse che a Bologna i restauri fossero affidati esclusivamente ai professori di pittura dell’Accademia Clementina, pulì la tavola, che all’epoca recava la firma apocrifa di Vitale da Bologna, rimossa solo nel secolo scorso, affidatagli dall’abate di S. Procolo con la Madonna in trono con angeli e ritratto del donatore Giovanni di Piacenza di Simone de’ Crocefissi ora nella Pinacoteca nazionale di Bologna, ivi giunta con le requisizioni napoleoniche.
Pietro Zani (1823, p. 158) lo ricorda come «architetto di giardini», forse grazie alla sistemazione del giardino del palazzino di famiglia al Porto Naviglio, in cui commissionò allo scultore Antonio Schiassi le statue decorative dei Continenti e delle Stagioni, il che lascia supporre una concezione attardata di giardino all’italiana o alla francese, non all’inglese. Nonostante la sua cultura figurativa appaia orientata in senso tardo-barocco, l’amicizia con il pittore Jacopo Alessandro Calvi dimostra come la particolare temperie bolognese, comunque segnata da un generico indirizzo classicista, consentisse di accogliere anche, senza sconvolgimenti, le più aggiornate sollecitazioni neoclassiche.
La fama di Oretti è confermata dal qualificato giro di corrispondenti, comprendente naturalisti come Pietro Schilling, eruditi come il roveretano Clementino Vannetti, il bresciano Luigi Arici, i lombardi Francesco Maria Gallarati, Giuseppe Allegranza e Bernardino Ferrari, numismatici come Pietro Borghesi, Vincenzo Bellini, Giacomo Muselli, Domenico Ronchi e Gabriello Lancillotto Castelli di Torremuzza o, tra i bolognesi, Guido Antonio Zanetti e Giovanni Grisostomo Trombelli, nonché Giacomo Biancani Tazzi, che nel 1788 redasse l’inventario legale della sua collezione di monete antiche e l’elenco dei suoi manoscritti autografi.
Le sue collezioni sono tutte disperse: quella storico-artistica comprendeva, nella parte grafica, circa 2000 disegni di architettura, prevalentemente di architetti bolognesi (per es. Bartolomeo Provagli e Alfonso Torreggiani), inclusi progetti per edifici pubblici importanti, come porta Galliera. Quanto ai dipinti, oltre ai ritratti degli antenati (opera di artisti bolognesi come il Bagnacavallo, Lorenzo Sabatini, Bartolomeo Passerotti, Giovanni Maria Viani, Felice Torelli e la moglie Lucia, o, tra gli scultori, Gioseffo Mazza), vanno ricordati alcuni primitivi (Lanzi registra negli appunti una Madonna col Bambino di Lippo Dalmasio: Firenze, Biblioteca della Galleria degli Uffizi, ms 36/I, c. 1v), molti pittori del Cinquecento bolognese (Amico Aspertini, Biagio Pupini, Prospero Fontana, Orazio Samacchini, Denys Calvaert, Bartolomeo Cesi), pochi Carracci (un non meglio specificato Ritratto virile attribuito ad Annibale, un Autoritratto a tutto tondo in creta di Agostino, solo testa, e una statuetta di Susanna, sempre di terracotta, attribuita ad Annibale), una Madonna col Bambino di Giacomo Cavedoni sovente prestata per essere esposta negli Addobbi cittadini, nonché diversi pezzi della scuola di Guido Reni (Simone Cantarini, Elisabetta Sirani, Giovan Giacomo Sementi e Giuliano Dinarelli), e qualche Leonello Spada e Domenico Maria Canuti, senza contare svariati quadri di generi minori, opera dei vari amici del padre. Non si sa del resto quanto provenga dalla divisione ereditaria dei beni paterni nel 1746 (manca l’inventario) e quanto sia stato invece da lui acquistato.
Per quel che riguarda i suoi manoscritti, oltre alle serie già ricordate delle Notizie e delle Aggiunte, quelli attualmente più compulsati riguardano le collezioni nobiliari cittadine (B 104), quelle borghesi (B 109: è significativo che le collezioni sue e del fratello Sicinio siano ricordate qui, e non nel B 104), le raccolte di dipinti conservate nelle ville di campagna o nelle chiese del contado bolognese (B 110). Molto studiati sono quelli relativi ai viaggi, comprendenti tanto appunti frettolosamente presi in situ, quanto compilazioni ed estratti di guide, biografie e pubblicazioni a stampa predisposte in preparazione dei viaggi medesimi (B 96bis relativo alla Lombardia, comprensiva dell’Emilia; B 97, relativo a Venezia e al Veneto, comprese naturalmente Bergamo e Brescia, ma anche Trento e Rovereto; B 107 relativo alla Toscana granducale e non, poiché include Lucca; B 165II relativo al Regno di Napoli, e a varie parti dello Stato pontificio, specialmente Romagna, Marche e Roma; B 291, integralmente dedicato allo Stato pontificio, con particolare riguardo, oltre che a Roma, all’Umbria, alla Romagna, al Ferrarese e in parte alle Marche). Parti di questi manoscritti sono state rese note a stampa nella seconda metà del Novecento, per lo più in pubblicazioni locali o periodiche. Il ms B 111, che raccoglie le marche usate dai pittori e ricavate, a Bologna come nel resto d’Italia, dalla rilevazione diretta di Oretti, più che da compilazioni libresche, è pubblicato in anastatica. Interessanti sono anche il ms B 105 (relativo ai quadri esposti a Bologna per gli addobbi tra il 1759 e il 1786) e il B 106 (una sorta di cronaca storico-artistica cittadina), nonché il B 97, che raccoglie autobiografie di artisti.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Bologna, Fondo notarile, notai Sicinio Oretti e Riniero Oretti; notaio Pier Francesco Borgognoni (1746); notaio Francesco Masini (1787); Firenze, Biblioteca della Galleria degli Uffizi, ms 36/I (L. Lanzi, Viaggio del 1782) cc. 1v, 98v; ms 39 (contiene anche gli estratti di De Lazara usati da Lanzi nell’edizione definitiva della Storia pittorica, Bassano 1809); Modena, Biblioteca Estense, Fondo manoscritti Campori, γ U 3, 27 (in collaborazione con Sicinio); [C. Bianconi], Pitture, scolture e architetture delle chiese, luoghi pubblici, palazzi e case della città di Bologna e suoi sobborghi, Bologna 1776, pp. 79 s.; S. Calindri, Dizionario corografico, georgico, orittologico, storico etc. della Italia, Bologna 1781-85, III, pp. 214 s.; V, pp. 80 s.; [C. Bianconi], Pitture, scolture e architetture delle chiese, luoghi pubblici, palazzi e case della città di Bologna e suoi sobborghi, Bologna 1782, p. 83; G. Fantuzzi, Notizie degli scrittori bolognesi, V, Bologna 1786, p. 155; P. Zani, Enciclopedia metodica critico-ragionata delle belle arti, parte I, XIV, Parma 1823, p. 158; G. Giordani, Ragguaglio bibliografico attorno a M. O. e suoi manoscritti autografi, in Almanacco statistico bolognese per l’anno 1836, Bologna 1835, pp. 136-157 (anche in fascicolo autonomo: Bologna 1835); S. Mazzetti, Repertorio di tutti i professori antichi e moderni della famosa Università e del celebre Istituto delle scienze di Bologna, Bologna 1847, p. 227, n. 2276; Inventari dei manoscritti delle biblioteche d’Italia, LIII, Firenze 1933; LXXIX, ibid. 1954; LXXXII, ibid. 1957, passim; G. Zucchini, Abusi a Bologna nel secolo XVIII in materia di quadri, in L’Archiginnasio, XLIV-XLV (1949-50), pp. 45-87; G. Roversi, Le opere d’arte dell’appartamento abbaziale di S. Bernardo secondo due stime di M. O. (1773-1782), in Strenna storica bolognese, 1967, pp. 384-418; G. Cuppini - A.M. Matteucci, Ville del Bolognese, Bologna 1969, pp. 107-113, 351-352; A. Conti, Storia del restauro e della conservazione delle opere d’arte, Milano s.d. [ma 1975 circa], p. 227; G. Perini, La biblioteca di M. O., in Annali della Scuola normale superiore di Pisa, classe di lettere e filosofia, s. 3, IX (1979), 2, pp. 791-826; M. O. e il patrimonio artistico del contado bolognese: Bologna, Biblioteca comunale, ms. B. 110. Indice ragionato, a cura di D. Biagi Maino, Bologna 1981; R. Landi, Indice degli artisti compresi nell’opera manoscritta di M. O.“Notizie de’ professori del disegno”, in L’Archiginnasio, LXXVIII (1983), pp. 103-236; G. Perini, Nota biografica, in M. Oretti, Raccolta di alcune marche e sottoscrizioni praticate da pittori e scultori, Firenze 1983, pp. III-XLI; M. O.e il patrimonio artistico privato bolognese: Bologna, Biblioteca comunale, Ms. B. 104. Indice, a cura di E. Calbi - D. Scaglietti Kelescian, Bologna 1984; G. Perini, Luigi Crespi inedito,in Il Carrobbio, XI (1985), pp. 235-261; V. Curzi, Il metodo di lavoro di M. O., in Notizie da Palazzo Albani, XV (1986), 1, pp. 77-83; G. Perini, Strutture e funzione delle mostre d’arte a Bologna nel Sei e Settecento, in Accademia Clementina. Atti e Memorie, XXVI (1990), pp. 293-355; P. Carnevali, Dal manoscritto B 107 di M. O.: alcune carte su Firenze, in Annali. Fondazione di studi di storia dell’arte Roberto Longhi, III (1996), pp. 99-157; Pitture in diverse città: M. O. e le Marche del Settecento, a cura di A. Iacobini - M. Massa - C. Prete, Firenze 2002 (in particolare i contributi di R. Varese, G. Perini, V. Curzi, C. Barletta, C. Prete, A. Cerboni Baiardi); C. Prete, Il patrimonio artistico privato marchigiano nelle carte di M. O., in Cultura nell’età delle Legazioni, a cura di F. Cazzola - R. Varese, Firenze 2005, pp. 701-742; E. Rossoni, Nuovi studi sulla collezione di stampe della Pinacoteca nazionale di Bologna. L’acquisto di alcune stampe della collezione di M. O.,in Aperto. Bollettino del Gabinetto dei disegni e delle stampe della Pinacoteca nazionale di Bologna, maggio 2008 (www.aperto.gdspinacotecabo.it); C. Castellari, Le pitture della città d’Imola descritte da M. O. nell’anno 1777, Imola 2009.