SACCHETTI, Marcello
– Figlio di Giovanni Battista e Francesca Altoviti nacque a Roma il 12 settembre 1586; fu battezzato nella chiesa di S. Giovanni dei Fiorentini il 16 settembre e suoi padrini furono Girolamo Velli e il cardinale di S. Marcello, Giovanni Battista Castagna, futuro papa Urbano VII, «a contemplatione del quale li posi nome Marcello», come annotava il padre nel Quadernetto di ricordi; sua madrina fu Ginevra Pitti Antinori, fiorentina, la cui famiglia era legata alla gestione del banco Altoviti-Sacchetti.
Nutrì, fin dalla gioventù, interessi artistici e letterari, arricchiti anche da un viaggio compiuto in diversi Paesi europei. Di questa esperienza lasciò ampia descrizione in una relazione anonima, ma a lui attribuita per una serie di elementi testuali (Diario del viaggio dell’anno 1622, Roma, Biblioteca Angelica, Mss., 1671).
Iniziò il viaggio da Viterbo il 4 giugno 1622, visitò la corte imperiale, di cui dette ampia descrizione, diversi territori e città tedesche, l’Inghilterra «di cui ho visto poco, ma il buono» (c. 159v). Delle Provincie Unite colse con poche ma incisive osservazioni le peculiarità dell’ordinamento politico e soprattutto dell’economia: «Questi stati uniti hanno un grande, e fortissimo paese [...]. Questi sono pieni tutti di gente industriosissima et in conseguenza assai ricca e che per lo stato suo, che non eccede di Borghesi, che a noi suona artigiano, non ha bisogno di spender nulla e però avanza assai e può facilmente portar il peso delle gabelle, che sono grossissime, non solo perché spende poco, come ho detto, ma perché si ricatta col vender, come fanno d’ogni cosa carissimo. Gl’arricchisce oltre a questo la commodità del mare et il modo di poter esser in questo Paese solo a traficarvi, giaché hanno chiuso il passo ad Anversa che prima era l’emporio de Paesi Bassi e tutto quel negotio si è ridotto in Amsterdam che però n’è divenuta amplissima e ricchissima città» (c. 129r).
L’esperienza del viaggio lo segnò fortemente e redasse una memoria per il fratello Giovan Francesco in partenza, nell’ottobre 1623, per la Valtellina come commissario generale dei soldati pontifici. Tale memoria fu poi ripresa dal cardinale Giulio Sacchetti nelle sue lettere quando, nel 1656, i nipoti Giovan Battista e Urbano intrapresero un viaggio in Europa.
Legato, come altri esponenti dell’aristocrazia mercantile fiorentina, agli oratoriani, Sacchetti manifestò, in diverse occasioni la sua magnanimità, sovvenendo sacerdoti poveri, come ricorda Giano Nicio Eritreo (Giovan Vittorio Rossi) nella sua biografia (Pinacotheca Imaginum..., 1645, p. 31). Coltivò la passione per gli studi di geografia, di cartografia e di storia, compose poesie, fra cui anche un’ode in occasione del matrimonio fra Taddeo Barberini e Anna Colonna.
Con l’elezione di Urbano VIII si consolidò la sua fortuna: con breve del 28 agosto 1623 fu nominato depositario generale, depositario dell’Annona e tesoriere segreto e gestì, insieme con il fratello Matteo, l’approvvigionamento cerealicolo di Roma, anticipando forti somme di denaro per acquistare il grano non solo in Italia, in particolare in Sicilia, ma anche a Costantinopoli. Si trattava, in quel momento, di contrastare la concorrenza genovese e Sacchetti, seguendo le direttive e i consigli del fratello Matteo, sostenuto dai Barberini, riuscì a trattare con i viceré, per evitare conseguenze negative delle riforme finanziarie che, intanto, venivano attuate in Spagna dal conte duca di Olivares.
A favore della concessione delle tratte del grano a Sacchetti si adoperò anche il fratello Giulio, allora nunzio a Madrid, grazie anche alla mediazione di numerosi mercanti fiorentini presenti alla corte castigliana. Proprio in quegli anni, fra il 1623 e il 1625, maturarono i suoi interessi artistici: i contatti con Pietro da Cortona risalivano forse già agli anni precedenti, intessuti anche grazie a Cassiano Dal Pozzo, ma con l’artista si stabilì un sodalizio forte e duraturo, evidente anche ai contemporanei. La protezione di Sacchetti fu rilevata infatti anche da Giulio Mancini che vedeva in essa il sicuro veicolo di affermazione dell’artista toscano nella Roma dei Barberini.
Sacchetti fece parte dell’Accademia di S. Luca, presieduta da Simon Vouet, e nella congregazione segreta del 24 ottobre 1624 fu nominato, con Pietro da Cortona e Pietro Adimari, rettore e provveditore per l’ottava domenica di apertura dello Studio. Pietro da Cortona ritrasse Sacchetti nel 1626, celebrando il suo protettore con efficace potenza, temperata dalla singolare malinconia dello sguardo (Roma, Galleria Borghese). Sacchetti ebbe in quegli anni contatti anche con Nicolas Poussin, raccomandatogli da Giovan Battista Marino: acquistò dal pittore francese il quadro raffigurante la Vittoria di Gedeone, più per avviare l’artista all’inserimento nell’ambiente romano, senza però divenirne protettore (Guarino, 2003, p. 170). I suoi interessi letterari, artistici, storici e geografici lo inserirono nel circolo barberiniano, insieme con altre personalità della cultura coeva, in particolare legate all’Accademia dei Lincei, come il medico Johannes Faber, che in una lettera a Federico Cesi del 24 dicembre 1625 ricordava come Sacchetti avesse ospitato nel suo palazzo in Campo de’ Fiori, dove viveva con gli altri fratelli, l’arciduca Leopoldo d’Austria, giunto a Roma per l’anno santo.
Amico di Marino, che gli dedicò la poesia L’Amor incostante, Sacchetti aveva mostrato fin dalla giovinezza ammirazione per Galileo e, nel 1624, chiese, tramite Mario Guiducci, di avere un ritratto dello scienziato «che lo vorrebbe mettere in compagnia d’altri personaggi, in certe stanze che hanno messo in ordine per la state» (Le opere di Galileo Galilei, a cura di A. Favaro et al., XIII, 1903, p. 193). Il ritratto giunse da Firenze nel 1625 e, intanto, Sacchetti si era adoperato per favorire la carriera ecclesiastica di Benedetto Castelli, discepolo di Galilei, che giunse a Roma chiamatovi dal papa, nel 1626. Alla corte barberiniana agì da interlocutore privilegiato anche per i suoi fratelli, in particolare per Giulio, impegnato nella difficile nunziatura di Madrid, e per Giovan Francesco, che guidò le truppe pontificie prima in Valtellina e poi nel Milanese. Come si evince dalla nutrita corrispondenza con i fratelli, assicurava la «buona disposizione dei Padroni», consigliando, soprattutto Giovan Francesco che aveva mostrato spesso di dissentire dalla linea politica pontificia, di «cercar altro che operar secondo il servitio de’ Padroni» (cit. in Fosi, 1997, p. 225).
Si erano inseriti nella gestione del banco di famiglia, amministrato da Sacchetti con il fratello Matteo, anche i mercanti fiorentini Luigi e Giulio Altoviti, Giovanni Mancini e Giuliano de’ Nobili. Dal 1° agosto 1626 tenne l’appalto delle allumiere di Tolfa e contribuì ad accrescere il già cospicuo patrimonio immobililiare della famiglia. Nello stesso anno comprò per 1014 scudi da Marcello Vitelleschi la tenuta di Vallegata nel territorio di Corneto (odierna Tarquinia); fra il 1624 e il 1626, con una serie di acquisti, si formò la grande tenuta di Castel Fusano, un tempo proprietà dell’abbazia delle Tre Fontane. Nel 1620 Sacchetti aveva acquistato una porzione di terreno per 16.000 scudi dai Mazzinghi, mercanti fiorentini in difficoltà, e successivamente furono uniti a questo nucleo originale la tenuta di Spinerba dei Theodoli e alcune proprietà di Giovan Battista Garzoni che il Sacchetti acquisì per 17.500 scudi. La ristrutturazione e gli interventi architettonici di Pietro da Cortona su una preesistente costruzione fortificata resero il «Casale d’Hostia» un luogo di villeggiatura e di caccia, ma anche il centro di una attività economica, frenata nel corso del Seicento dal diffondersi della malaria.
L’opera pittorica di Pietro da Cortona espresse la volontà di Sacchetti di celebrare la fortuna familiare attraverso soggetti classici, ma anche con paesaggi che alludevano in maniera evidente alle proprietà. Castel Fusano rimase però sempre eccentrico rispetto alla città e alla vita della corte dei Barberini, della quale Sacchetti era un esponente di spicco. Proprio per questa necessità di avere un luogo di riposo e di svago vicino alla città fu indirizzata l’opera di Pietro da Cortona verso la villa del Pigneto, nella Valle dell’Inferno, fuori Porta Angelica, di cui un primo nucleo era già stato acquistato dal padre di Sacchetti nel 1598.
I segni della malattia che lo afflisse, forse un cancro all’intestino, suscitarono apprensione in famiglia, soprattutto perché aveva fino ad allora gestito oculatamente il banco, minacciato dalla concorrenza genovese, ma anche dalla richiesta degli stessi Barberini di avere garanzia in solido delle operazioni finanziarie compiute da Sacchetti e dal fratello Matteo; aveva assicurato alla famiglia l’esclusiva delle tratte del grano, l’appalto delle allumiere, lo stretto controllo delle finanze pontificie in qualità di depositario e degli stessi Barberini come tesoriere segreto.
Durante il suo viaggio a Napoli nell’estate del 1629 per trattare la questione dei grani con il nuovo viceré, Fernando Afán de Ribera, duca di Alcalá, la malattia si aggravò e Sacchetti morì il 15 settembre 1629. Trasportato a Roma, dopo solenni esequie fu sepolto nella cappella di famiglia in S. Giovanni dei Fiorentini.
Fonti e Bibl.: Ampia documentazione è conservata nell’Archivio Sacchetti, ora in Archivio storico Capitolino, di cui si indicano qui solo alcuni registri: AS, b. 6, pos. 42: Quadernetto di ricordi; b. pos. 1 e 39 bis; b. 76 e b. 98; VII, 4: Libro della congregazione del banco. Ricordi e consegna di scritture; Libro Mastro A 1617-1622; Quaderno di cassa E 1625-1626; Registro di Lettere C, 1619-1641, cc. nn.; Registro di Lettere F, cc. nn.; Roma, Biblioteca Angelica, Mss., 1671, Diario del viaggio dell’anno 1622, cc. 34r-159v; Iani Nicii Erithraei [G.V. Rossi] Pinacotheca Imaginum Illustrium, doctrinae vel ingenii laude, virorum, qui, auctore superstite, diem suum obierunt, III, Coloniae Agrippinae, 1645, pp. 26-33; Le opere di Galileo Galilei, ed. nazionale, a cura di A. Favaro et al., XIII, Roma 1903, p. 193; Il carteggio linceo della vecchia accademia de Federico Cesi (1603-1630), a cura di V. Gabrieli, in Atti dell’Accademia nazionale dei Lincei, Memorie, classe di scienze morali, storiche e filologiche, s. 6, VII (1942), p. 1090; La legazione di Ferrara del Cardinale Giulio Sacchetti, a cura di I. Fosi con la collaborazione di A. Gardi, I-II, Città del Vaticano 2006, ad indicem.
J. Delumeau, L’alun de Rome, XVe-XIXe siècle, Paris 1962, pp. 100 s.; C.M. Brölmann, Alle soglie del Grand Tour: il viaggio di M. S. nelle Province Unite, in Bulletin de l’Institut historique belge de Rome, LXI (1991), pp. 85-104; I. Fosi, All’ombra dei Barberini. Fedeltà e servizio nella Roma barocca, Roma 1997, ad ind., ora consultabile su www.academia.edu/31138811/ALLOMBRA_DEI_BARBERINI.pdf; S. Guarino, “Con grandissima leggiadria e diletto dei riguardanti”: note di Pietro da Cortona e i Sacchetti, in Pietro da Cortona, 1597-1669 (catal.), a cura di A. Lo Bianco, Roma 1997, pp. 67-72; Id., Pietro da Cortona per i Sacchetti, in Pietro da Cortona, il meccanismo della forma. Ricerche sulla tecnica pittorica (catal.), Roma 1997, pp. 30-35; Id., La breve amicizia di M. S. e Cassiano dal Pozzo, in I segreti di un collezionista (catal.), a cura di F. Solinas, Biella 2001, pp. 57-60; Id., La collezione Sacchetti, in Palazzo Sacchetti, a cura di S. Schütze, Roma, 2003, pp. 163-185; L. Zirpolo, Ave Papa, Ave Papabile. The Sacchetti family, their art patronage, and political aspiration, Toronto 2005, ad ind.; C. Benocci, Pietro da Cortona e la Villa di Castel Fusano dai Sacchetti ai Chigi. Architettura, pittura, giardini, paesaggi, Roma 2012, ad indicem.