SILBER, Marcello
SILBER (Franck), Marcello. – Nacque da Eucario, tipografo tedesco attivo a Roma a partire dal 1480, il nome della madre non è noto. Sia il padre sia il figlio usarono nelle sottoscrizioni entrambi i cognomi, in formule del tipo «Per Eucharius Silber, alias Franck», «Per Eucharium Silber, alias Frank natione Alemanum», «In aedibus Marcelli Silber, alias Franck»; altrimenti adottarono la traduzione latina di Silber: «Impressit […] Eucharius Argenteus», «Impressit […] Marcellus Argenteus», ed Eucario anche quella greca: «Argirios opus hoc Eucharius arte magistra impressit» (P. Marso, Oratio in die S. Stephani habita, dopo il 26 dicembre 1487; ISTC im00289000).
La prima testimonianza della presenza di Eucario a Roma risale al 1° maggio 1478, quando compare come «Euchorgius Silber de Herbipoli» in qualità di teste in un atto del notaio Giovanni Micheli, anch'egli di origine germanica (Archivio di Stato di Roma, Collegio Notai Capitolini, 1134, c. 560v, cit. in Scrittura, 1983, pp. 422 s. e nota). Era dunque originario della diocesi di Würzburg (lat. Herbipolis), in Franconia, regione della Germania centrale.
Ferdinando Fossi (1793, col. 572), ripreso da Demetrio Marzi (1900, p. 526), congetturò che Eucario sarebbe la stessa persona che Giovanni Francigena, il cui nome («Per magistrum Johannem Francigenam») si legge nella sola stampa del De dignitate canonicorum regularium sive de processionibus del canonico milanese Eusebio Corrado, con data Roma 20 dicembre 1481 (ISTC ic00847500). Eucario sarebbe l'equivalente greco dell'ebraico Giovanni e Francigena l'equivalente di Franck, che indicherebbe l'origine.
«Eucharius Silber, clericus Herbipol. dioc.» è registrato all'atto dell'iscrizione, il 3 agosto 1483, nel Liber Confraternitatis S. Mariae de Anima Teutonicorum de Urbe, chiesa della nazione tedesca a Roma (Liber Confraternitatis, 1875), e «D. Eucharius Franck» si legge nel Conspectus pecuniae summarum, quas infrascripti pro continuanda structura ecclesiae B. M. V. de Anima aut mutuo aut dono offerunt die 9 Nov. 1509 con il contributo di venti ducati (Nagl, 1899). Aveva dunque preso gli ordini minori. La qualifica ecclesiastica associata alla città d'origine è utilizzata nelle sottoscrizioni, per esempio: «Impressit […] opera et impensis Eucharii Silber clerici Herbipolen.» nel Contra impiam Gallorum sanctionem di Helias de Bourdeille del 1486 (ante 29 agosto).
Nulla si sa dell'attività anteriormente all'arrivo nell'Urbe, dove installò in Campo dei Fiori l'azienda tipografica che gestì per un trentennio fino alla fine dei suoi giorni e alla guida della quale subentrò il figlio. Il suo nome s'incontra per la prima volta nelle Cautelae di Bartolomeo Cepolla, del 20 maggio 1480, ma poiché i caratteri impiegati appartenevano a Bartholomaeus Guldinbeck, stampatore germanico attivo a Roma dal 1475, probabilmente fu lui a eseguire la stampa per Eucario. L'ultimo libro sottoscritto con data certa è una guida per pellegrini, Indulgentie ecclesiarum urbis Rome, 7 ottobre 1509. Il 9 novembre successivo, come si è visto, era ancora in vita; poiché il nome di Marcello figura nelle sottoscrizioni a partire dal 1510, Eucario deve essere morto entro quell'anno, prima del 23 settembre, a quando datano, con precisione, le Taxe Cancellarie apostolice stampate da Marcello.
Nel catalogo di Eucario figurano opere di scienza, letteratura classica, teologia, ma anche edizioni minori di facile smercio. Lavorarono per lui all'allestimento di edizioni filologicamente curate importanti figure dell'umanesimo romano e italiano. Già nel 1482 Martino Filetico gli affidò un Teocrito latinizzato, a cui premise versi di elogio del tipografo per la sua benemerità attività al servizio degli studi; Filetico curò anche Cicerone, Epistolae selectae (circa 1485); Bartolomeo Saliceto e Ludovico Reggio Cicerone, Epistolae ad Brutum, ad Quintum fratrem, ad Atticum (1490); Antonio Volsco le Elegiae di Properzio (prima del 13 gennaio 1482); Marcellino Verardi Claudiano, De raptu Proserpinae (14 aprile 1493); a Pomponio Leto si devono le edizioni di Sallustio (3 aprile 1490) e di Plinio il Giovane, Epistolae (1490) finanziate dal 'bibliopola' Giovanni da Reggio; nel 1490 (20 ottobre) apparve il commento a Virgilio di Antonio Mancinelli; Giovanni Sulpizio curò le editiones principes di Vitruvio, De Architectura (tra il 1486 e il 16 agosto 1487) e di Quinto Sereno Sammonico, Carmen medicinae (circa 1487), un'antologia di Scriptores rei militaris (1494) e, insieme con Leto, il De aquaeductibus di Frontino (1487, prima del 16 agosto). Le Castigationes Plinii et Pomponii Melae di Ermolao Barbaro videro la luce tra il 24 novembre 1492 e il 13 febbraio 1493. In versione latina apparvero anche la Aesopi vita et fabulae di Rinuccio da Castiglione (circa 1482), Aristotele, Ethica ad Nichomachum tradotto da Giovanni Argiropulo (1° settembre 1492), Procopio di Cesarea, De bello Persico latinizzato da Raffaele Maffei (7 marzo 1509); in volgare (nonostante il titolo latino) Appiano, Bellum Carthaginense, Syrum, Particum, et Mithridaticum (22 aprile 1502).
Le tirature di queste opere raggiunsero talora numeri imponenti per l'epoca, spesso le 800 copie; della Politica di Aristotele nella traduzione di Leonardo Bruni e il commento di Tommaso d'Aquino curata da Martino di Nimira (19 luglio 1492) furono tratti addirittura 1500 esemplari.
Accanto ai classici trovano posto gli autori latini moderni: Poggio Bracciolini (Facetiae, 1480-82), Ottavio Cleofilo (De coetu poetarum, 1483-85), Michele Marullo (Epigrammaton libri duo, 1483-90), Paolo Pompilio (Vita Senecae, 16 febbraio 1490), Paolo Cortesi (Sententiae, 29 aprile 1504), Alessandro Cortesi (De laudibus Matthiae Corvini poemation, dopo il 1° giugno 1485; Silva de triumphata Bassa, Almeria, Granata, 5 gennaio 1492), Giovanni Antonio Campano (Opera, curato e finanziato da Michele Ferno, 31 ottobre 1495).
Più limitato e privo di un chiaro orientamento è il settore volgare, dove Eucario pubblicò il De amore di Panfilo Sasso (3 settembre 1487), Bernardo Giambullari, Le sonaglie dele donne (s.d.), di Antonio Tebaldeo Epistola, canzoni, capitolo (circa 1497) ed Epistola che finge che l'habia facta una donna e mandata a lui… (circa 1509), la Tragicomedia di Calisto e Melibea di Fernando de Rojas tradotta dallo spagnolo in italiano (29 gennaio 1506).
Un settore ampio della produzione riguarda i resoconti su eventi militari e politici contemporanei come l'assedio di Rodi, l'elezione di Alessandro VI, l'entrata in Milano di Luigi XII di Francia, su viaggi e scoperte geografiche, pronostici, guide di Roma per i pellegrini. Eucario ristampò, dopo la princeps di Stephan Plannck, la famosa Epistola de insulis nuper inventis di Cristoforo Colombo tradotta dallo spagnolo in latino da Leandro de Cosco (1493, dopo il 29 aprile). Altrimenti orazioni, prediche, necrologi legati a ricorrenze curiali e pubblicazioni legislative e cancelleresche (bolle, decreti, lettere, formulari e regole di cancelleria), che testimoniano il favore concesso al tipografo dagli ambienti curiali sin dai primi anni di attività: il Formularium instrumentorum ad usum Curiae Romanae è del 19 gennaio 1481.
La produzione riconosciuta a Eucario è imponente: 495 edizioni tra il 1480 e il 1500 (dati ISTC), a cui se ne aggiungono 82 per il periodo 1501-09 (dati Edit16). Una valutazione sicura è però molto difficile perché la stamperia impresse numerose edizioni prive di note tipografiche, che possono essere attribuite sulla base dell'esame dei caratteri, delle incisioni, dell'impaginazione e altri elementi formali. Una parte della produzione fu firmata da Giacomo Mazzocchi, ed è probabile che Eucario sia stato il tipografo e Mazzocchi l'editore. È tuttavia altrettanto verosimile che Silber abbia prestato l'attrezzatura (caratteri e xilografie) ad altri tipografi, sicché è difficile circoscrivere con certezza le edizioni effettivamente eseguite da lui.
Adoperò dodici serie di caratteri tra romani, gotici e greci nel secolo XV, di questi solo nove impiegati nel periodo 1498-1500 rimasero in uso negli anni 1501-09, segno che Eucario non rinnovò quelli usurati e ridusse l'attrezzatura. Il Fernandus servatus di Marcellino Verardi (post gennaio 1493) contiene intagliate in legno le note della canzone di Carlo Verardi, zio di Marcellino, Viva el gran Re don Fernando. Non adottò una marca; in alcune edizioni appaiono le tre iniziali intrecciate «E. A. H.» (Eucharius Argenteus Herbipolensis) sormontate da una croce e accompagnate da figure (Zappella, 1986, II, fig. 761).
Subentrato al padre, Marcello diede un'impronta più agile alla tipografia. Ridimensionò la produzione umanistica e si dedicò soprattutto alla pubblicazione di libretti di poche pagine e di facile smercio, che soddisfacevano la richiesta in espansione di un pubblico di non specialisti interessato a notizie su avvenimenti di cronaca, descrizioni di Paesi lontani, narrazioni di viaggi, guide di Roma per forestieri, oppure componimenti encomiastici, orazioni, elogi funebri. Il favore della Curia si mantenne intatto e sotto i pontificati di Giulio II, Leone X, Adriano VI e Clemente VII Marcello stampò una quantità imponente di bolle, brevi, decreti, regole di Cancelleria. Sollecita fu la pubblicazione degli atti del quinto Concilio Lateranense convocato da Giulio II dal 3 maggio 1512 per contrastare il 'conciliabolo' scismatico dei cardinali filofrancesi a Pisa.
Importante rimase il settore teologico, in cui pubblicò le opere di Tommaso De Vio (Auctoritas pape et concilii comparata, 19 novembre 1511; De divina institutione pontificatus Romani pontificis super totam Ecclesiam, 22 marzo 1521; Summa Caietana de peccatis et Novi Testamenti ientacula, 20 febbraio 1525), Marco Vigerio (Controversia de excellentia instrumentorum Dominicae passionis, novembre 1512), Giano Vitale (De divina trinitate, 7 maggio 1521), Benedetto Marcello (Exercitationes in septem primis Psalmis, 10 luglio 1523).
I soli autori classici stampati da Marcello sono Plutarco, Libellus de avaritia tradotto dall'oratore di Enrico VII Richard Pace (1522, con un elegante frontespizio usato nelle sue edizioni da Francesco Minizio Calvo, che probabilmente nella circostanza lo prestò a Silber) e la tradizione latina di Giovanni Sepulveda dei Commentaria in duodecim Aristotelis libros de Prima Philosophia di Alessandro d'Afrodisia a cura e a spese del grecista Demetrio Ducas (febbraio 1527). Poco numerose ma importanti le opere moderne di interesse storico o letterario, tra cui si distinguono la Venatio (post 1510) e il De sermone latino (ottobre 1515) di Adriano Castellesi, l'Historia Ferdinandi regis Aragoniae di Lorenzo Valla (febbraio 1520), le Diatribae di Mariangelo Accursio (1524), Ad invictissimum principem d. Maximilianum Sforciam ducem Mediolani de liberatione Italie epistula di Mario Equicola (s.d. [1513]). Spazio ebbero autori minori e poco illustri che comunque animarono la vita letteraria romana sotto Giulio II e Leone X: Thamyra, Ad divum Iul. II pont. max. aegloga (1510?), Giulio De Simone (Oratio de inventione artium liberalium, pronunciata nella chiesa di S. Eustachio il 18 ottobre 1516), Camillo Querno (Victoria inclyti Francisci Sforciae invictissimi Mediolanensium ducis, de expulsis Gallis triumphantis, 1522). Nel 1526 pubblicò la raccolta di pasquinate di quell'anno (Carmina apposita Pasquillo Argo anno MDXXVI).
Tra i volgari sono presenti Serafino Aquilano (Opere […] Sonetti. Epistole. Strambotti. Egloghe. Capitoli. Barzellette, 1513; Strambotti novi sopra ogni proposito, circa 1515), oltre a figure minori quali Domenico Falugi (Stella d'Amore, 9 novembre 1514; Triompho magno nel qual si contiene le famose guerre d'Alexandro Magno imperator di Grecia, 1521) e Girolamo Bordoni (Triumpho della morte de papa Leone X, 1521).
Animato da senso pratico e intuito commerciale, Marcello seppe allargarsi ad ambiti non praticati dal padre: notevole è l'editio princeps del De lapide a vesica per incisionem extrahendo del chirurgo Mariano Santo (1522) e la stampa musicale inaugurata a Roma con le Canzoni nove con alcune scelte de varii libri di canto del 1510, con procedimento xilografico eseguito dall'incisore e musicista capodistriano Andrea Antico e dal miniatore Giovambattista Colomba, nel tentativo di infrangere il monopolio detenuto in questo settore dalla tipografia di Ottaviano Petrucci a Fossombrone.
Notevolissimo prodotto tipografico è il Salterio in carattere etiopico curato ed edito da Johann Potken, preposito della chiesa di S. Giorgio a Colonia, impresso in quarto nel 1513 (data di fine stampa 10 settembre), primo libro a stampa di questa lingua, per il quale i caratteri furono con ogni probabilità disegnati appositamente da Potken, unico a conoscere l'etiopico in Occidente. Il frontespizio è interamente occupato da una xilografia in inchiostro rosso raffigurante David assiso che suona la lira circondato da una cornice di grottesche.
La duttilità imprenditoriale di Marcello è mostrata anche dal fatto che in alcuni casi operò come editore ricorrendo ad altri tipografi, ovvero stampò per altri editori: Giacomo Mazzocchi (T. De Vio, Auctoritas pape et concilii comparata, cit.), Francesco Minizio Calvo (Adriano VI, Quaestiones de sacramentis, 1522), Giacomo Giunti (T. De Vio, Summa Caietana de peccatis et Novi Testamenti ientacula, cit.). Alcune stampe da lui eseguite furono finanziate da privati: oltre all'Alessandro di Afrodisia del 1527, la Summa perfectionis magisterii in sua natura dell'alchimista e filosofo arabo ibn Hayyan Giabir (1525?) fu edita a spese dei custodi della Biblioteca apostolica Vaticana Romolo Mammacino e Fausto Sabeo, il De non mutando Paschate del domenicano aragonese Cipriano Benet a spese di Giovanni Vilar, originario del Rossiglione (15 marzo 1515).
Il catalogo di Marcello comprende 339 edizioni (dati Edit16), ultima impressione datata è l'Alessandro d'Afrodisia del febbraio 1527. Verosimilmente, l'azienda tipografica fu travolta dalla catastrofe del sacco dell'Urbe a opera delle soldatesche imperiali, evento che non poté non coinvolgere direttamente Marcello date le sue origini germaniche. Sta di fatto che dopo questo anno l'attività della tipografia si interruppe e non si hanno più notizie di lui.
Così come il padre, anche Marcello non adoperò una marca, ma ornò di frequente le sue stampe con frontespizi xilografici, cornici, stemmi, illustrazioni, iniziali xilografiche, con risultati apprezzabili sul piano estetico. Oltre ai caratteri ereditati dal padre, introdusse altre serie di romano, gotico e greco, utilizzò caratteri ebraici nelle citazioni.
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