VENUSTI, Marcello
– Nacque tra il 1512 e il 1515 a Mazzo di Valtellina da un’Elisabetta e da Giovanni Venosta, membro di una famiglia di prelati, medici e notai, che contava anche un pittore, Francesco, forse suo primo maestro (Romeri, in Intorno a Marcello Venusti..., 2016, pp. 9-13).
La formazione dovette continuare nella bottega di Vincenzo de Barberis: questi si spostò a Mantova nel 1531, probabilmente con Marcello, che poté così accostarsi a Giulio Romano traendone importanti spunti stilistici (ibid., pp. 13-15) e quel soprannome di Mantovano che lo seguì nei suoi spostamenti e con il quale fu ricordato dai biografi e in numerosi documenti. Del 1533-34 è l’arrivo a Genova, presso Perin del Vaga: un trasferimento non documentato ma confermato dalla vita vasariana di Bonaccorsi e dallo stile di Venusti, improntato alla tarda maniera genovese e a quella farnesiana del pittore fiorentino. Appare plausibile l’arrivo a Roma alla fine del 1537, al seguito di Perino e con Guglielmo della Porta, forse parente della prima moglie Tarquinia della Porta, dalla quale Marcello ebbe il figlio Michelangelo, così chiamato in onore di Buonarroti che lo tenne a battesimo (Russo, 1990, pp. 1, 24).
I primi anni romani si svolsero nell’ambito della bottega di Perino, ma non con una collaborazione stabile: infatti, a pochi giorni dalla svelatura del 31 ottobre 1541, Venusti era impegnato a tempo pieno nello studio del Giudizio universale di Michelangelo, come attestano le lettere di Nino Sernini al cardinale Ercole Gonzaga del 4 dicembre 1541 e 5 agosto 1542 (in quest’ultima, tra l’altro, si riferiscono le lodi di Michelangelo per il suo lavoro: Kamp, 1993, pp. 132 s., doc. 1-2). Un ruolo di maggiore responsabilità fu raggiunto da Marcello poco dopo (1543): come affermato da Giorgio Vasari e da Giovanni Baglione, affiancò Perino nella realizzazione dell’edicola per la Madonna di Giotto salvata dalla demolizione della vecchia S. Pietro. È ancora Baglione ad attestare l’autografia venustiana per l’Ultima cena della volta della cappella del SS. Sacramento in S. Pietro (1543-45), recentemente identificata (Agosti, 2016, pp. 75-77, fig. 4 a p. 75) nella tavola di Capodimonte a Napoli (inv. Q1046), che, pur fedele al modello perinesco, mostra nella raffinata gamma cromatica, nella sensibilità spaziale, nell’attenzione alla psicologia dei personaggi, gli elementi caratteristici dello stile di Marcello; inoltre, non è privo d’interesse il fatto che la cappella avesse una ricca ornamentazione di stucchi e dorature: un genere che Venusti praticò nella bottega di Perino (cappella Paolina e sala regia: 1542) e poi ripropose fino alla fine della carriera. Su disegno di Perino, nel 1545 dipinse a fresco una Madonna e santi in Castel S. Angelo, perduta, e le Storie di s. Giovanni Battista nella cappella Landi in S. Spirito in Sassia (Geremicca, in Intorno a Marcello Venusti..., 2016, pp. 27 s.).
La prossimità con Perino e l’attività nei principali cantieri farnesiani favorirono l’integrazione di Venusti nell’entourage di Paolo III e del cardinale Alessandro Farnese, all’interno del quale maturò l’amicizia con Tommaso de’ Cavalieri: grazie a lui entrò in contatto con Michelangelo e ottenne il cartone per l’Annunciazione (New York, Morgan Library & Museum, inv. IV, 7), richiesta dal cardinale Federico Cesi per la cappella in S. Maria della Pace (1545-46), sostituita dalla pala di Carlo Cesi (1656-58) e ora perduta (Kappler, 2014, passim); ne conserva memoria una nutrita serie di repliche di piccolo formato (autografe e di bottega) che testimoniano la fortuna dell’opera, dovuta alla potente invenzione di Michelangelo e alla sensibile e raffinata interpretazione di Venusti (Kappler - Romeri, 2016, passim).
Questa commissione rappresentò uno spartiacque nella carriera di Venusti, poiché inaugurò una lunga e fruttuosa collaborazione con Michelangelo, non tanto dettata in quest’ultimo dal desiderio di compiacere gli amici o dalla necessità di delegare ad altri l’esecuzione dei dipinti, ma maturata nel solco del rinnovamento formale e spirituale che egli impresse alla sua arte negli anni Quaranta: una svolta che trovò in Venusti l’interprete privilegiato (Marongiu, in Intorno a Marcello Venusti..., 2016, passim).
Tra i due poli di Michelangelo e Perino, e sotto l’egida dei Farnese, si svolse dunque la prima carriera di Venusti: del maggio del 1548 è il pagamento per un ritratto di Paolo III (Bertolotti, 1881, I, p. 102), e del 1549 (gennaio-novembre) quelli per la copia del Giudizio universale di Michelangelo (Capodimonte, inv. Q139: Russo, 1990, pp. 23 s.); tra la morte di Perino (novembre del 1547) e quella di Paolo III (novembre del 1549) si colloca inoltre la commissione a Venusti di pitture per la cappella Paolina (Kamp, 1993, p. 134, doc. 5), forse le scene della vita dei ss. Pietro e Paolo accanto agli affreschi di Michelangelo, più tardi realizzate da Lorenzo Sabatini e Federico Zuccari. Il rapporto con i Farnese proseguì dopo la morte del papa, di cui Venusti continuò a essere il ritrattista ufficiale: ancora nel dicembre del 1551 fu pagato per un ritratto di Paolo III (e per quello di un figlio di Cosimo I de’ Medici: Bertolotti, 1881, I, p. 102), e quando l’artista morì giacevano in casa «doi quadretti piccioli uecchi in tela de pappa Paolo 3 quando era in minoribus» (Kamp, 1993, pp. 149 s., doc. 27); inoltre fu ricordato da Giulio Giovio nel Canto sopra i pittori come il miglior ritrattista del papa Farnese, anche a detta di Buonarroti (Romeri, in Intorno a Marcello Venusti..., 2016, p. 9). Tutta improntata a modi perineschi, e databile alla seconda metà degli anni Quaranta, è la Sacra Famiglia di Grosotto (pp. 16 s.), testimonianza sia dei rapporti mantenuti con i luoghi natali, sia dell’intensa attività del primo decennio romano. Lo status raggiunto nella cerchia farnesiana è confermato dall’ammissione alla confraternita dei Virtuosi al Pantheon nel febbraio del 1550 (Kamp, 1993, pp. 134 s., doc. 6).
Alla seconda metà degli anni Quaranta risale inoltre l’ideazione dell’altra pala eseguita in collaborazione con Michelangelo, l’Annunciazione per l’altare del Collegio dei benefattori e chierici in S. Giovanni in Laterano (ora in sagrestia), commissionata da Cavalieri: lodata da Vasari e da Baglione, rappresenta uno dei vertici dell’arte di Venusti, per la capacità di inserire in un contesto intimo e familiare le monumentali figure michelangiolesche, per la sensibilità spaziale, per l’espressione di un sincero sentimento religioso. La posa in opera dell’altare fu completata soltanto nel 1555, come riportava un’iscrizione ricordata da Onofrio Panvinio (1560 circa: in Kamp, 1993, pp. 117 s., n. 24), ma lo stile del cartone di Michelangelo (Uffizi, inv. 229 F) àncora l’ideazione al decennio precedente (Wilde, 1959, pp. 374-378; Hirst, 1988), in contemporanea con la Crocifissione di s. Pietro della cappella Paolina (1545-49). I tempi lunghi di esecuzione potrebbero attribuirsi alla proverbiale lentezza di Venusti e al sopraggiungere di prestigiose commissioni che costrinsero l’artista a posticipare quella meno pressante.
Nei primi anni Cinquanta gli esiti delle due Annunciazioni e delle repliche della pala Cesi indussero Cavalieri a richiedere a Michelangelo i disegni per le figure dolenti della Vergine e di s. Giovanni (Louvre, inv. 720 e 690) da accostare al Cristo crocifisso realizzato per Vittoria Colonna intorno al 1540 (British Museum, inv. 1895-9-15-504): i disegni furono tradotti da Venusti in una composizione in cui la monumentale classicità dei corpi si fa interprete di una religiosità che supera lo slancio riformatore degli spirituali, per rientrare nel solco dell’ortodossia tridentina (Oxford, Ashmolean Museum, da Campion Hall, Society of Jesus: cfr. Marongiu, in Intorno a Marcello Venusti..., 2016, pp. 48 s.).
L’esperienza ormai acquisita nelle commissioni monumentali favorite da Cavalieri permise a Venusti di ottenere importanti incarichi per le cappelle gentilizie delle chiese romane: nel 1552-53 eseguì la S. Caterina d’Alessandria e i Ss. Stefano e Lorenzo nella cappella Mutini in S. Agostino (Spoltore, in Intorno a Marcello Venusti..., 2016, pp. 65-67); entro l’estate del 1557 dipinse il S. Lorenzo per S. Lorenzo in Miranda (Palazzo Barberini, inv. 2650: Russo, 1990, pp. 6, 19 nota 27, 24), poi sostituito dal Martirio di s. Lorenzo di Pietro da Cortona (1647). Tra le due imprese dovrebbe collocarsi un viaggio in Inghilterra al seguito del cardinale Reginald Pole (1553-54: Mayer, 1996). Al suo ritorno Venusti avrebbe concluso l’Annunciazione e realizzato altri due dipinti su modello di Michelangelo: l’Orazione nell’orto e la Cacciata dei mercanti dal Tempio. Per il primo sopravvivono alcuni studi preparatori e il cartone degli Uffizi (inv. 230F), databili alla metà degli anni Cinquanta; il dipinto, commissionato da Cavalieri e venduto dal figlio Emilio al cardinale Alessandro Montalto nel 1592 (Kirkendale, 2001, p. 112), dovrebbe identificarsi con la versione autografa di palazzo Barberini (inv. 1469), mentre risulta perduta la replica inviata da Venusti a Niccolò Gaddi nel 1571 (Marongiu, in Intorno a Marcello Venusti..., 2016, p. 49). Della Cacciata (Londra, National Gallery, inv. 1194) restano alcuni disegni preparatori ma non il cartone, che, comunque, dovette essere approntato da Buonarroti.
È probabile che negli anni Cinquanta iniziasse la produzione di dipinti di devozione privata, di sua invenzione o basati su modelli michelangioleschi. Al primo gruppo appartengono due tavole della Galleria Borghese: la Sacra Famiglia (inv. 392), replica della tela di Grosotto, e il Cristo (inv. 192); nel secondo rientrano alcune repliche delle Annunciazioni, la Pietà della Galleria Borghese (inv. 422) e i prototipi della Madonna del silenzio e della Samaritana al pozzo, perduti ma ricostruibili il primo attraverso repliche di bottega derivanti dal cartone originale, il secondo tramite le incisioni: tutti i dipinti furono tratti dai disegni donati da Michelangelo a Vittoria Colonna. Grazie a questa produzione Venusti poté affermarsi come collaboratore ufficiale di Michelangelo, soprattutto dopo la morte di Sebastiano del Piombo e il progressivo passaggio di Daniele da Volterra alla scultura. Nel 1553, infatti, fu chiamato a stimare gli affreschi di Daniele nella cappella Della Rovere in qualità di allievo di Michelangelo (Bertolotti, 1881, II, p. 293), mentre nel 1557 Cornelia Colonnelli, vedova del servo di Michelangelo Francesco da Urbino, chiese a Buonarroti la replica di «dua quadri retratti da vostri desegni», da lei ceduti al duca Guidubaldo II Della Rovere, suggerendo che «messer Marcello ne facesse dua, di quelli medesimi desegni» (Il carteggio..., 1496-1564, 1983, pp. 120-122, n. MCCLXV).
Il 27 gennaio 1560 Venusti sposò in seconde nozze Camilla De Nunzi, dalla quale ebbe dieci tra figli e figlie (Capelli, 2001, pp. 18 s.). Grazie alla sostanziosa dote, negli anni Sessanta poté fare numerosi investimenti fondiari e finanziari (Lanciani, 1902-1912, 1990, pp. 47 s.; Recchi, 1935; Russo, 1990, p. 25; Kamp, 1993, pp. 139 s., doc. 16; Parrilla, in Intorno a Marcello Venusti..., 2016, p. 69).
Nel 1561 Venusti è documentato come accademico di S. Luca (Kamp, 1993, p. 138, doc. 13). All’inizio degli anni Sessanta eseguì un nuovo cartone della Madonna del silenzio, in scala maggiore del primo, che fu usato come modello da Giulio Bonasone per un’incisione datata 1561 e fu replicato dallo stesso Marcello nel 1563 (Lipsia, Museum der bildenden Künste, inv. 5109; firmato e datato). Il dipinto presenta infatti caratteristiche stilistiche che alla data di esecuzione appaiono già superate, come dimostra il confronto con il S. Bernardo sconfigge il demonio per S. Bernardo alla Colonna Traiana (ora Pinacoteca Vaticana), i cui pagamenti risalgono all’estate del 1563 (Bertolotti, 1881, I, pp. 102-104): una pittura, quest’ultima, basata su una raffinata bicromia di bianchi e di terre, e dominata dalla figura monumentale del santo che occupa sapientemente uno spazio classicheggiante, aperto sui bagliori di un tramonto aranciato. La stessa concezione spaziale e cromatica si ritrova nelle due pale per la chiesa di S. Antonio dei Portoghesi, databili verso la metà del decennio: Gesù bambino appare a s. Antonio di Padova (ora Roma, Istituto Portoghese) e S. Sebastiano, s. Vincenzo e s. Antonio abate, che intorno al 1570 ottenne le lodi di Alonso Chacón (Kamp, 1993, pp. 140 s., doc. 19).
Della seconda metà degli anni Sessanta è l’impresa della cappella Torres in S. Caterina dei Funari (Capelli, 2001, p. 27): all’interno di una ricca e variata partitura di stucchi e dorature si trovano le Storie di s. Giovanni Battista e sull’altare la figura monumentale del santo che si armonizza con un rigoglioso paesaggio acceso dalla luce del tramonto. Coeva è la Resurrezione del Fogg Art Museum a Cambridge (Mass), inv. 1943.125, che combina alcuni disegni di Michelangelo dei primi anni Trenta, escludendo così una partecipazione di Buonarroti all’ideazione; suo probabile pendant è la Deposizione nel sepolcro del Musée Fabre di Montpellier (inv. 835-1-2), con cui condivide la provenienza dalla collezione Borghese (Capelli, 2012, pp. 84-87), oltre alle caratteristiche stilistiche e compositive e al formato. Una datazione agli anni Sessanta appare inoltre consona per la Resurrezione di Forlì (Pinacoteca Civica, inv. 86), anch’essa risultante da spunti michelangioleschi provenienti da diversi fogli, e per la Flagellazione della Galleria Borghese (inv. 133), copia dalla cappella Borgherini in S. Pietro in Montorio: in entrambe si osservano una presentazione elegante dei corpi e una luce irreale che conferiscono un carattere visionario alle scene.
Questo processo di idealizzazione delle figure sacre trova il suo culmine nel S. Giacomo Maggiore della cappella Salviati in S. Maria sopra Minerva, i cui pagamenti si snodano tra la primavera e l’estate del 1570 e si riferiscono sia al dipinto, sia all’incorniciatura di stucchi e dorature (Russo, 1990, p. 25). La cappella Salviati segna l’inizio dell’intensa, ultima stagione dell’attività di Venusti, principalmente svolta all’interno della basilica domenicana, da lui eletta come luogo di sepoltura (Bertolotti, 1881, I, pp. 104-112): verso il 1572 gli fu commissionata la Madonna col Bambino e i ss. Pietro e Paolo per la cappella Porcari, probabile ex voto per la vittoria di Lepanto (7 ottobre 1571: Capelli, 2001, p. 28), e verso la metà del decennio iniziò un Noli me tangere, rimasto «desegnato et sbozzato» in casa sua (Kamp, 1993, pp. 149 s., doc. 27) e completato da altra mano. Al termine della sua vita si colloca la complessa decorazione della volta della cappella Capranica con i Misteri del rosario, la cui esecuzione prese l’avvio alla fine del 1577 o all’inizio del 1578, e fu saldata nel luglio del 1579 (Tosini, 2010, pp. 517-519): un ciclo realizzato soprattutto dagli aiuti, ma che resta uno splendido esempio della maestria di Venusti nel gestire una ricca decorazione in cui pitture, stucchi e dorature convivono in un insieme armonico ed elegante.
Con la tavola Porcari l’artista inaugurò una serie di pale d’altare dall’impostazione arcaizzante, basate sulla netta separazione tra i mondi terreno e divino, messi in relazione dai santi patroni, che caratterizza alcune tra le ultime opere da lui concepite e realizzate soprattutto dai collaboratori. Lo stesso schema si ritrova infatti nella Madonna col Bambino e i ss. Ubaldo e Girolamo dell’altare Mignanelli in S. Maria della Pace, iniziata da Venusti alla metà degli anni Settanta e probabilmente conclusa dopo la sua morte: in casa il pittore lasciò «un quadro grande del Mignanello in tela non finito» (Kamp, 1993, pp. 149 s., doc. 27). Il modello della pala Porcari fu replicato quasi identico nella Madonna col Bambino e i ss. Pietro e Paolo della cappella del palazzo dei Conservatori, pagata a Venusti tra l’ottobre del 1577 e l’aprile del 1578 (Russo, 1990, p. 25), ma eseguita dai suoi collaboratori. A questo gruppo di opere si dovrà accostare il trittico della cattedrale di Nepi, recentemente riferito a Venusti (Berardi, 2016, passim), in cui l’unità spaziale viene infranta dalla suddivisione in scomparti, al cui interno il Salvatore e i santi patroni sono mostrati come figure iconiche.
La replica dei modelli e l’ampio ricorso ad aiuti negli anni Settanta furono una necessità per Venusti, sia a causa della salute malferma, sia per l’impulso dato alle commissioni artistiche dall’elezione del nuovo papa Gregorio XIII (1572): è il caso delle due tele con l’Adorazione dei pastori per S. Maria della Pace a Perugia (ora Galleria Nazionale, inv. 519; firmata) e per la cappella Ghislieri in S. Silvestro al Quirinale, commissionate tra il 1574 e il 1576. Tra l’ottobre del 1574 e il novembre del 1575 Marcello fu pagato per il Cristo crocifisso con la Vergine e i ss. Giovanni, Chiara e Francesco di S. Chiara al Quirinale (Kamp, 1993, p. 142, doc. 22), identificato da Laura Russo (1990, p. 15) con la tavola ora nella chiesa del Corpus Christi.
Gli ultimi anni di vita si svolsero per Venusti all’insegna del successo e delle gratificazioni professionali: nel 1575 e nel 1577 fu console dell’Accademia di S. Luca (Kamp, 1993, p. 138, doc. 13), e nel 1578 fu segnalato a re Filippo II come miglior pittore attivo a Roma insieme a Muziano (p. 143, doc. 24): notizia, quest’ultima, che conferma la testimonianza di Baglione di un’intensa attività per la committenza spagnola.
Fece testamento il 25 agosto 1576 e lo rinnovò il 14 ottobre 1579 (Russo, 1990, pp. 25 s.; Kamp, 1993, pp. 143-149, doc. 25): morì il giorno successivo e fu sepolto in S. Maria sopra Minerva (Kamp, 1993, p. 149, doc. 26). L’inventario dei beni fu redatto il 28 ottobre (pp. 149 s., doc. 27): è lo specchio di un artista in piena attività (numerose sono infatti le opere non finite), ma anche attento alle richieste del mercato, data la presenza di ritratti di potenti e di quadretti devozionali pronti per essere venduti.
Fonti e Bibl.: Il carteggio di Michelangelo (1496-1564), ed. postuma di G. Poggi, a cura di P. Barocchi - R. Ristori, V, Firenze 1983, pp. 120-122, n. MCCLXV; G. Vasari, Le vite... (1550 e 1568), a cura di R. Bettarini - P. Barocchi, V, Firenze 1984, pp. 151-154, 158 s., 161, VI, 1987, pp. 110, 221 s.; G. Baglione, Le vite... (1642), a cura di J. Hess - H. Röttgen, I, Città del Vaticano 1995, pp. 20-22; N. Pio, Le vite... (1724), a cura di C. Enggass - R. Enggass, Città del Vaticano 1977, pp. 199-201; A. Bertolotti, Artisti lombardi a Roma nei secoli XV, XVI e XVII. Studi e ricerche negli archivi romani, Milano 1881, I, pp. 101-112, II, pp. 273, 293; R. Lanciani, Storia degli scavi di Roma e notizie intorno le collezioni romane di antichità (1902-1912), II, Roma 1990, pp. 47 s.; M. Recchi, Nomi di artisti della seconda metà del ’500 in atti notarili, in Archivi d’Italia, II (1935), pp. 144-147; J. Wilde, Cartonetti by Michelangelo, in The Burlington Magazine, CI (1959), pp. 370-381; M. Hirst, Michelangelo draftsman (catal., Washington), Milano 1988, pp. 133-137, nn. 54-55; L. Russo, Per M. V., pittore lombardo, in Bollettino d’arte, s. 6, LXXVI (1990), 64, pp. 1-26; G.W. Kamp, M. V. Religiöse Kunst im Umfeld Michelangelos, Egelsbach-Köln-New York 1993, passim; Th.F. Mayer, Marcello who? An italian painter in cardinal Pole’s entourage, in Source, XV (1996), 2, pp. 22-26; S. Capelli, M. V. Un valtellinese pittore a Roma, in Studi di storia dell’arte, XII (2001), pp. 17-48; W. Kirkendale, Emilio de’ Cavalieri “gentiluomo romano”..., Firenze 2001, pp. 36 s., 42 s., 112; P. Tosini, New documents for the chronology and patronage of the cappella del Rosario in S. Maria sopra Minerva, Rome, in The Burlington Magazine, CLII (2010), pp. 517-522; S. Capelli, M. V. dalla Collezione Borghese alla Francia alla National Gallery di Londra, in Studi di Storia dell’Arte, XXII (2012), pp. 83-90; F. Kappler, Una nota di cronologia sui disegni di Michelangelo per la pala Cesi di Santa Maria della Pace, in Mitteilungen des Kunsthistorischen Institutes in Florenz, LVI (2014), pp. 355-360; B. Agosti, Novità su Perino del Vaga e la decorazione della Cappella del Sacramento, in Bollettino d’arte, s. 7, CI (2016), 30, pp. 71-80; P. Berardi, Il trittico cinquecentesco del Duomo di Nepi..., Nepi 2016, passim; Intorno a M. V. Atti della Giornata... Roma 2015, a cura di B. Agosti - G. Leone, Soveria Mannelli 2016 (in partic. M. Romeri, Le origini lombarde di M. V., pp. 9-24; A. Geremicca, Venusti creato di Perino del Vaga, pp. 25-29; M. Marongiu, Tommaso de’ Cavalieri, M. V. e i ‘cartonetti’ di Michelangelo, pp. 45-54; G. Spoltore, Un approfondimento sulla cappella Mutini nella chiesa di Sant’Agostino, pp. 65-68; F. Parrilla, M. V., l’uomo e l’artista nei suoi ultimi anni: i risultati di una ricerca, pp. 69-75); F. Kappler - M. Romeri, Michelangelo e V.: dal prototipo alla replica. Il problema delle Annunciazioni, in Nuovi studi, XXI (2016), pp. 37-42.