EBERARDO, marchese del Friuli
Era figlio di Unroch o Unruocus - "Hunroci proles" infatti lo chiama Sedulio Scotto (Carmina, p. 221) -, un nobile della corte di Carlo Magno che è documentato dalla fine dell'VIII secolo in poi come comes e missus reale.
In questa veste Unroch portò a termine una permuta per conto di Carlo Magno nella regione di Würzburg e intorno all'805 prese in custodia uno degli ostaggi allora trasferiti nella Germania sudoccidentale. Nell'811 Unroch era uno dei dodici "primores de parte Francorum" che giurarono la pace con i Danesi e nello stesso anno sottoscrisse come testimone il cosiddetto testamento dell'imperatore Carlo Magno (Einhardus, Vita Karoli Magni, a cura di O. Holder-Egger, in Mon. Germ. Hist., Script. rer. Germ., Hannoverae 1911, p. 41). Ancora nell'839 è ricordato come comes; in vecchiaia si ritirò nel monastero di S. Bertino a Saint-Omer, dove mori prima dell'853, lasciando in eredità al monastero una grossa parte delle sue ricche proprietà. La supposizione, formulata da alcuni studiosi sulla base del lungo servizio di Unroch, che si tratti non di uno ma di due conti di questo nome, padre e figlio, è sostenuta dall'unico argomento del lungo servizio di Unroch e ha poca verosimiglianza.
Tuttavia non è chiaro a quale popolo germanico appartenesse la famiglia di E., detta dagli studiosi moderni gli Unrochingi dal nome del capostipite. La Translatio s. Calixti, della seconda metà del IX secolo, qualifica E. come "vir nobilissimus Francorum natalibus oriundus" (c. 3, p. 419), dunque di origine franca, ma in quest'epoca il termine "franco" poteva avere un significato più esteso. E. aveva possedimenti nelle Fiandre, sulla Mosa e in Alemannia e alcuni indizi depongono per un appartenenza al ceppo alemanno piuttosto che a quello franco. La parte principale delle proprietà si trovava però nel centro del territorio franco nella regione del basso Reno e nelle Fiandre; li si facevano seppellire i membri della famiglia e lì, a Cysoing, E. costrui il monastero di famiglia.
Figlio di Unroch, e perciò fratello o fratellastro di E., era Berengario, conte di Tolosa, un fidato collaboratore dell'imperatore Ludovico il Pio che nell'834 cercò di mediare nel conflitto con Lotario, figlio ribelle dell'imperatore. Mori nell'835 "immatura morte" (Vita Hludowici imperatoris, p. 642). Un secondo fratello, o almeno un parente stretto di E., era il monaco Adalardo, dall'844 all'859 e di nuovo dall'861 all'864 abate del monastero di S. Bertino a Saint-Omer, proprio quel monastero dove si ritirò nella vecchiaia Unroch. L'abate Adalardo fu missus reale di Carlo il Calvo (Capitularia, II, nn. 260, 264, 265). Un altro parente di E., Albgardo, qualificato dagli Annales Regni Francorum (p. 415) come "Unrochi nepos", fu inviato nell'817 dall'imperatore Ludovico il Pio in Dalmazia per regolarvi, insieme ad un rappresentante bizantino e al marchese del Friuli Cadalo, questioni di confine tra i due Imperi. Già all'inizio del secolo era stato attivo probabilmente come precettore alla corte italiana di Pipino, il figlio di Carlo Magno, e divenne poi comes in Alemannia. L'attività qui brevemente riassunta di questi personaggi della parentela più stretta di E. mostra molto chiaramente l'alto rango della famiglia e la sua importanza per i sovrani carolingi della prima metà del IX secolo.
L'anno e il luogo di nascita di E. sono sconosciuti, e nulla si sa dei primi decenni della sua vita. Le prime notizie lo indicano già come comes del Friuli. Il Friuli, uno dei più importanti ducati già del Regno longobardo, era stato al tempo di Carlo Magno un'importante marca di confine contro gli Slavi verso Est e i Bizantini verso Sudovest. Dopo che i Bulgari avevano conquistato la Pannonia minacciando anche il Friuli, nell'828 il duca del Friuli Balderico fu deposto alla Dieta di Aquisgrana e la marca divisa in quattro parti. In data sconosciuta, comunque posteriore a questa, ma sicuramente prima dell'836, quindi quando il padre Unroch era ancora vivo, E. fu nominato comes del Friuli.
L'ampiezza del suo dominio non è stata chiarita; la marca governata da Balderico si estendeva dall'Istria ad Est fino sul fiume Adda ad Ovest, arrivava fino nel Trentino a Nord e comprendeva una parte della Carinzia. Che consistenza avessero le parti assegnate ai quattro comites nell'828 è però ignoto, né si sa se E. al suo insediamento ottenne nuovamente l'intera marca, o solo una parte, forse la più grossa e importante. Non si conoscono comunque altri comites in carica contemporaneamente a lui nel territorio dell'antica Marca. Probabilmente E. ricevette l'ufficio non molto dopo la deposizione di Balderico nell'828, come successore di uno o più dei quattro comites nominati quell'anno. Già intorno all'830 infatti E. si fece redigere da Lupo di Ferrières una raccolta di leggi germaniche con annessa una serie di capitolari destinata senza dubbio per l'uso in Alta Italia. In ogni caso E. doveva già essere insediato quando nell'834 Lotario, il figlio di Ludovico il Pio, dopo la sua rivolta venne relegato in Italia con i suoi seguaci. E. fu senza dubbio in buoni rapporti con entrambi i monarchi rivali. Quando l'imperatore Ludovico invitò il figlio a spedirgli gente di sua fiducia per appianare il contrasto, Lotario inviò tra gli altri Eberardo. Questi nell'836 si presentò alla Dieta di Diedenhofen, dove era considerato dai seguaci di Ludovico, caso degno di nota, fidelis anche di quest'ultimo. Un'altra prova della fiducia che l'imperatore riponeva in E. e la sua famiglia fu il matrimonio di E. con Gisella, la figlia nata dal secondo matrimonio di Ludovico con Giuditta della casa sveva dei Guelfi. E. sposò Gisella, che era dunque sorella di Carlo il Calvo e sorellastra di Lotario e di Ludovico il Tedesco, tra l'835 e l'840, mentre erano ancora in vita l'imperatore Ludovico stesso e anche il padre di E., Unroch.
Come marito della figlia dell'imperatore e grazie alla sua abilità diplomatica, E. dovette sembrare particolarmente adatto per il difficile ruolo di mediatore tra i mutevoli partiti carolingi. Cosi, dopo la morte di Ludovico il Pio nell'840 E. fu tra i sostenitori di Lotario, quando questi pretese per sé la supremazia nell'Impero. Nell'841, a Diedenhofen, ottenne dall'imperatore la conferma dei possedimenti tenuti nel territorio veneto sotto il dominio imperiale; nell'842 fu inviato da Lotario presso Ludovico il Tedesco e Carlo il Calvo per comunicare loro la disponibilità di Lotario di venire ad un accordo; nell'843 e di nuovo nell'854 intervenne presso Lotario a favore del patriarca di Aquileia. Nell'856 ottenne da Ludovico II a Mantova una nuova conferma, aggiornata, dei possedimenti veneziani e nell'858 il marchese figurò, nuovamente in veste di negoziatore tra i partiti carolingi, come inviato di Ludovico II d'Italia presso Ludovico il Tedesco ad Ulm. Quando nell'860 a Coblenza fu conclusa una pace provvisoria tra i due re, si trova nella lista dei testimoni anche un Everardus che forse è da identificare con il marchese del Friuli. Oltre che nel campo politico e diplomatico, E. si distinse sul piano militare. Nell'847 prese parte come uno dei quattro capitani ad una spedizione di Ludovico II contro i Saraceni nell'Italia meridionale, e come marchese deve essersi battuto-con successo anche contro gli Slavi. Come combattente contro Saraceni, Mori, Slavi e Normanni E. venne celebrato da Sedulio Scotto (Carmina, p. 221) e dall'autore della Translatio s. Calixti (p. 419).
I molteplici e duraturi sforzi di E. per il mantenimento dell'integrità o la restaurazione dell'Impero carolingio, o almeno per l'accordo tra i partiti rivali, vanno spiegati però anche con la preoccupazione di salvaguardare le sue cospicue proprietà sparse in più parti dell'Impero. La debolezza della monarchia in seguito ai contrasti sulla successione dell'imperatore Ludovico il Pio a partire dall'830 e la mancanza di un potere centrale poteva comportare rischi per i possedimenti di E., anche se in ultimo portarono ad un rafforzamento dell'alta nobiltà. Ancora nell'828 l'imperatore poteva deporre il marchese del Friuli Bolderico, dividere la marca in quattro parti e affidarla di nuovo a proprio piacimento, mentre, alla fine della sua vita, E. non ebbe alcun dubbio che il suo figlio maggiore Unroch gli sarebbe succeduto nella carica. Unroch divenne effettivamente marchese del Friuli e quando dopo poco tempo mori gli successe il fratello Berengario. Il Friuli rimase dunque in possesso della famiglia e il marchesato divenne ereditario.
E. però non si distinse solo sul piano politico e militare, ma anche per la sua cultura insolitamente vasta per un laico del suo tempo, per i suoi ampi interessi e i suoi rapporti con alcuni dei più eminenti eruditi e teologi del IX secolo. E., da piccolo, aveva ricevuto un'istruzione: "puerilibus annis almae sophiae sacra fluentia bibit", informa Sedulio (Carmina, p. 202). Alla cerchia di amici e conoscenti più stretta appartenevano l'arcivescovo Hincmar di Reims, con il quale E. scambiò delle lettere. Rabano Mauro, il dotto metropolita di Magonza, il cui libro In laudem Crucis Christi egli si fece inviare, e il vescovo Hartgar di Liegi. Il poeta irlandese Sedulio Scotto, che risiedeva a Liegi, cantò E. e la sua famiglia in cinque poesie; Lupo di Ferrières, allievo di Rabano Mauro a Fulda e amico del biografo di Carlo Magno, Eginardo, dedicò a E. una raccolta da lui compilata dei più importanti diritti germanici. Gottschalk il Sassone, già monaco a Fulda e poi teologo di Orbais, che per la sua teoria della predestinazione nell'848 e nell'849 fu condannato come eretico e imprigionato, nell'847 trovò provvisoriamente riparo presso il marchese del Friuli, finché Rabano Mauro non cercò di convincere in una lettera il suo "amicus karissimus" E. del pericolo insito nella dottrina di Gottschalk (Epistolae, V, n. 42, pp. 481-487). Anche il dotto Anastasio Bibliotecario, temporaneamente scomunicato e fuggito da Roma, trovò accoglienza presso E. nell'848.
Ma la cultura e gli ampi interessi di E. sono evidenziati in particolare nella sua famosa biblioteca, sulla quale informa il testamento dell'863-864, redatto congiuntamente da E. e Gisella a Musestre sul Sile presso Treviso (pubbl. in Cartulaire de l'Abbaye de Cysoing, pp. 1-5). La biblioteca comprendeva circa 50 volumi. Ne facevano parte opere teologiche ed edificanti, tra queste anche il salterio usato da E. stesso e dalla moglie Gisella; inoltre una serie di raccolte di leggi, libri di arte della guerra e trattati storici, geografici. scientifici e di medicina. La divisione meticolosa dei libri tra i suoi figli mostra chiaramente che E. conosceva bene la sua grande biblioteca e desiderava distribuirla tra i suoi figli secondo le diverse materie.
Il testamento di E. e Gisella, oltre a notizie sulla biblioteca, fornisce informazioni anche sulla famiglia e sui beni mobili e immobili da essa posseduta. E. e Gisella ebbero nove figli: il primogenito di nome Eberardo mori in età puerile, come lamenta Sedulio Scotto (Carmina, p. 201); quattro figli e quattro figlie sono menzionati nel testamento. Il figlio più grande Unroch, suo successore nel marchesato, ricevette i possedimenti della famiglia in Italia e in Alemannia, una grossa parte dei libri, tra cui la raccolta delle leggi, e una grande quantità di gioielli, arredi sacri, stoffe preziose, vesti ed armi. Il secondo fratello, Berengario, e gli altri due figli maschi Adalardo e Rodolfo ereditarono i beni di E. in territorio franco e piccole parti della biblioteca e degli altri oggetti di valore; le figlie Engeltruda, Giuditta e Heilwich, alcune proprietà e castelli sempre in territorio franco ed alcuni libri, gioielli e vesti. Una quarta figlia, Gisella, che viveva nel convento di S. Giulia a Brescia, ricevette solo un libro.
E. morì poco tempo dopo la stesura del testamento, tra l'864 e l'866, in Italia. Sua moglie Gisella si trasferi ben presto a Cysoing, una tenuta presso Tournai nelle Fiandre, dove E. nell'854 o poco prima aveva fondato un'abbazia. Nell'854 era riuscito ad ottenere dal vescovo Noting di Brescia le ossa di s. Callisto papa e a trasportarle a Cysoing. Circa un decennio dopo la sua morte Gisella e suo figlio Unroch fecero portare la salma di E. al di là delle Alpi per inumarla a Cysoing, dove E. fu in seguito venerato come santo. La sua discendenza è documentabile in Italia cosi come nell'Impero franco occidentale. Come marchese del Friuli gli successe il figlio maggiore Unroch, che però mori dopo pochi anni. La successione passò poi a Berengario, il futuro re d'Italia.
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