MARCIA (fr. marche; sp. marcha; ted. Marsch; ingl. march)
In senso lato, è una delle forme della locomozione, umana o animale, al pari della corsa. Le accezioni più comuni del vocabolo sono peraltro quella sportiva, quella militare e quella musicale.
Sport. - In senso sportivo la marcia è una successione di passi in cui, a differenza di quanto può verificarsi nella corsa, occorre che il contatto col suolo sia mantenuto costantemente con una parte almeno dei piedi. Regole assai minuziose sono imposte agli atleti che disputano gare di marcia: così, per es., allorché il marciatore compie un passo, il suo ginocchio non deve piegarsi; primo a toccare la terra dev'essere il tallone e ultima la punta; il corpo deve mantenersi assolutamente diritto, ecc.
Le gare di marcia si disputano di preferenza su strada. La lunghezza dei percorsi è variabile. L'Italia ha dato alcuni tra i migliori marciatori del mondo come Ugo Frigerio, vincitore di tre gare olimpioniche, Donato Pavesi, Attilio Callegari, ecc. Il record olimpionico di marcia sui 50 km. è detenuto dall'inglese Green con ore 4,50′ e 10″ (Olimpiadi di Los Angeles, 1932); quello italiano da C. Giani in ore 4,41′ e 24″.
Marcia militare. - L'ordinato movimento di truppe che si trasferiscono da un luogo all'altro per via ordinaria. Il buon successo d'un combattimento dipende in gran parte dall'accurata esecuzione delle marce che lo precedono. Un esercito che marci meglio dell'avversario ha su questo la superiorità che gli deriva dal fatto che le sue masse possono riunirsi più rapidamente di quelle nemiche, ciò che costituisce uno dei maggiori elementi di successo in guerra. Nelle epoche passate, riusciva relativamente agevole far marciare eserciti piccoli di mole e che nella lunga permanenza alle armi avevano potuto ricevere adeguato allenamento. Con l'immane sviluppo assunto dagli eserciti odierni, col graduale diminuire delle ferme, con l'aumentare delle esigenze di vita delle masse, le marce richiedono molta cura di predisposizioni e di esecuzione, allo scopo di risparmiare alle truppe ogni superflua fatica, d'assicurarne l'alimentazione e il buon riposo negli alloggiamenti. Anche ora l'allenamento della truppa alle marce è un importante fattore della preparazione militare del tempo di pace.
Formazione di marcia è il modo con cui le truppe si dispongono nelle colonne di marcia, nel senso della fronte e in quello della profondità. Deve: permettere di marciare con la minore fatica, speditamente e in ordine; limitare la profondità della colonna; facilitare, in caso di necessità, il pronto passaggio dall'ordine di marcia a quello di combattimento; consentire la trasmissione degli ordini. Nell'esercito italiano si è adottata (1929) per la fanteria la formazione su tre file, tutte su un lato della strada, ovvero con due file su un lato e una fila sull'altro, già adottata dalla Milizia volontaria per la sicurezza nazionale. La cavalleria marcia per quattro o per due, disponendo due o una fila su ciascun lato; l'artiglieria e il carreggio in colonna per pezzo e per carro, tenendo il lato destro o il mezzo della strada ma in modo da lasciare libero il transito. È bene evitare di cambiare formazione durante la marcia, perché ciò disturba molto le truppe. Solo quando s'imponga di ridurre la profondità delle colonne, si pottà passare a formazioni più serrate: le truppe a piedi per sei, tre file per ogni lato della strada; artiglieria e vetture affiancate. Ma sono formazioni che affaticano assai le truppe.
Profondità di marcia è la lunghezza della colonna. Si dice allungantento la differenza tra la profondità che una colonna ha da fermo e quella che essa viene ad assumere in marcia. Vi è un allungamento normale, che è quello prodotto dalle inevitabili ineguaglianze dei movimenti individuali nel marciare, e allungamenti anormali che sono causati da forti pendenze, cattive condizioni del fondo stradale, restringimenti della strada che non permettono di mantenere la formazione, insufficiente disciplina di marcia. In media, per marce in condizioni normali di strade, di pendenza, di stazione, di stato fisico e morale delle truppe, ecc., l'allungamento corrisponde a 1/4 della profondità del reparto da fermo, se la formazione è per tre a 1/4, se per due; all'intera profondità della colonna, se per uno. Per le unità di armi a cavallo, l'allungamento è trascurabile se esse marciano inquadrate con la fanteria; ma se formano colonna propria e alternano il passo con le cadenze più celeri, vanno anch'esse soggette ad allungamento.
A evitare che le cause d'allungamento normale si propaghino a tutta la colonna, si ricorre al sistema di frazionarla in unità di marcia e scaglioni di marcia. Le unità di marcia hanno lo scopo di limitare. e assorbire periodicamente l'allungamento normale. Ciò si ottiene aumentando di 1/4 la distanza che separa ciascuna unità di marcia da quella che la precede e spezzando la durata delle marce con piccole fermate, durante ognuna delle quali in ciascuna unità di marcia la truppa deve serrare nuovamente alla voluta distanza. Sono unità di marcia: il battaglione, la batteria, lo squadrone. Per ovviare poi alle conseguenze di eventuali allungamenti anormali, si raggruppano più unità in scaglioni di marcia succedentisi a una distanza media di 800 metri (10′ di marcia) tra la coda di uno scaglione e la testa di quello che segue. La suddivisione della colonna in scaglioni di marcia, oltre che a criteri logistici, deve rispondere anche alle esigenze tattiche.
Il raggruppamento (ordinanza di marcia) delle truppe nella colonna di marcia varia a seconda che si sia in lontananza o in vicinanza del nemico. Nel primo caso prevalgono criterî di comodità e perciò si raggruppano in una stessa colonna truppe che hanno uguale velocità di marcia, svolgendo per vie diverse il movimento delle colonne più veloci e di quelle più lente. Invece in vicinanza del nemico il posto delle truppe nella colonna è regolato sulla base di criterî tattici, cioè sull'impiego che esse dovranno avere nel combattimento. Quando le masse si susseguono per più giorni, è consigliabile di alternare, sinché possibile, il posto dei reparti in ogni colonna. Per il carreggio, si usa far marciare con i rispettivi reparti, e in coda ciascuno di essi, i carri e le salmerie che portano munizioni, materiali sanitarî, materiali di collegamento, acqua. I rimanenti carreggi e salmerie marciano riuniti in coda di ciascuna colonna. Quanto all'autocarreggio, che può fare in qualche ora il trasferimento che la truppa compie in una giornata, di massima non segue le colonne, ma le raggiunge rapidamente allorché stanno per arrivare alla tappa, diminuendosi così l'ingombro sulle strade.
Il passaggio dalla disposizione che le truppe hanno negli alloggiamenti a quella che dovranno avere nella colonna di marcia (incolonnamento) è un'operazione che va studiata e predisposta con molta cura per risparmiare tempo e fatica alle truppe. All'uopo si stabiliscono: un punto d'incolonnamento, lungo la direttrice di marcia e all'innanzi della zona degli alloggiamenti; l'ordine nel quale i reparti debbono succedersi nell'incolonnamento; in conseguenza, l'ora e il minuto in cui la testa di ciascun reparto deve presentarsi al punto d'incolonnamento. I comandanti dei varî reparti, avuta comunicazione dell'ordine di marcia, devono fare riconoscere la strada da percorrere per arrivare dalla zona d'alloggiamento al punto d'incolonnamento e calcolare il tempo occorrente a eseguire tale movimento. Talvolta, specialmente se le truppe negli alloggiamenti sono scaglionate su grande profondità, potrà convenire di stabilire più punti d'incolonnamento. Ai punti di incolonnamento, il comando che regola la marcia invia un proprio ufficiale di Stato Maggiore, con l'incarico di vigilare che il movimento si svolga come è stato previsto e di provvedere a rimuovere gli eventuali inconvenienti.
Circa la velocità di marcia valgono i seguenti dati medî: fanteria, 4 km. in 50′, ciclisti 12-15 km l'ora; reparti d'arma a cavallo 8 km. l'ora, alternando 10′ di passo e 10′ di trotto; carreggio e salmerie 4-5 km. l'ora; autocarreggio 12-15 km. l'ora. La velocità, specialmente delle truppe a piedi o del carreggio, si riduce sensibilmente col crescere della pendenza della strada. Nelle colonne composte di varie armi, la velocità di marcia. si regola su quella dell'arma più lenta.
Come percorso giornaliero (lunghezza della marcia) e per marce svolgentisi durante più giorni consecutivi, possono accettarsi i seguenti dati: fanteria 25-30 km.; ciclisti 80-90; artiglieria ippotrainata 30; cavalleria 45; carreggio 30; autoearreggio 150. Quando però si tratti di grossa colonna, composta di più armi, bisogna anche tenere conto del percorso che le truppe devono compiere per recarsi dalla propria zona di alloggiamento al punto d'incolonnamento; ciò che va a scapito della lunghezza della marcia di trasferimento vera e propria, tanto più quanto più lunga è la colonna e perciò più estesa è la zona degli alloggiamenti. Questo inconveniente può essere attenuato dando agli alloggiamenti una maggiore profondità e una minore estensione in senso laterale.
La marcia si dice celere quando la velocità ne venga aumentata oltre i limiti normali. È da considerarsi assolutamente eccezionale e, in ogni caso, di breve durata, perché logora assai le truppe. La marcia si dice invece forzata allorché, mantenendo normale la velocità, si aumenta il percorso oltre i limiti consueti. In favorevoli condizioni di temperatura, di strada e di allenamento, truppe a piedi possono percorrere sino a 50 km. nelle ventiquattro ore; truppe a cavallo, 90 km.; ciclisti sino a 150 km.
Sull'andamento della marcia hanno influenza le fermate. Esse si distinguono in brevi e lunghe. Le prime hanno lo scopo di concedere riposo alla truppa e di permettere che le unità di marcia serrino per riprendere la profondità normale. Si ritengono all'uopo sufficienti 10′ ogni ora di marcia, per le truppe a piedi; 10′ o 15′ ogni ora e mezza o due di marcia per le truppe a cavallo o in bicicletta. Le piccole fermate possono essere contemporanee o successive per i diversi scaglioni. In genere sono preferite le contemporanee, perché più rispondenti alle esigenze d'ordine e di disciplina. Le fermate successive dànno maggiore elasticità al sistema; poiché, quando uno scaglione sia arrestato per una qualsiasi causa accidentale, se la durata dell'arresto non eccede quello della fermata (10′), gli altri scaglioni non ne risentiranno disturbo. Le fermate contemporanee possono effettuarsi al 50° minuto di ogni ora d'orologio (fermate orarie) ovvero al 50° minuto di marcia (fermate non orarie). È in genere preferito il primo sistema, perché di più facile applicazione; nonostante l'inconveniente che esso apporta di arrestare per 10′ taluni riparti poco dopo che abbiano iniziata la marcia. Le fermate lunghe sono in massima poco consigliabili, perché prolungano di troppo le marce, obbligano le truppe a uscire dalla strada e ad ammassarsi per poi riprendere la formazione di marcia. Ma speciali ragioni climatiche (evitare le ore più calde) o d'indole tattica possono imporre la lunga fermata. In tal caso conviene scegliere per l'ammassamento luoghi adatti in vicinanza della strada, provvisti d'acqua, ecc. È bene che la durata della lunga fermata non sia al disotto delle due ore, per dare tempo alle truppe di riposarsi, consumare il rancio, ecc. Quando poi le marce si prolunghino per più giorni consecutivi, conviene in massima ogni tre o quattro giorni darne uno di sosta, che prende il nome di soggiorno.
Occorre scegliere per la marcia le ore più convenienti della giornata. Nella regolamentazione prebellica si dava preferenza quasi esclusiva alle marce diurne, nella considerazione che nelle ore di notte si marcia male, la velocità diminuisce, la profondità della colonna aumenta, le forze fisiche e morali di uomini e quadrupedi sono sottoposte a maggior logorio, mentre poi il riposo diurno è assai meno ristoratore. Ma con lo sviluppo assunto dall'arma aerea, è da ritenersi che in una guerra futura gli spostamenti di truppa, specialmente quando questa sia incolonnata su strade, avverranno in genere di notte. Ciò sia per ragioni di sicurezza (sottrarsi agli attacchi degli aerei), sia per ragioni di segretezza, affinché i movimenti di truppa possano sfuggire alla vigilanza e osservazione dell'aviazione nemica. Agl'inconvenienti di carattere igienico, derivanti dalle marce notturne, si dovrà rimediare: in pace, con l'abituarvi e allenarvi le truppe; in guerra, con l'accrescere le cure a loro riguardo.
Nel corso della guerra mondiale furono largamente usati trasporti di truppe su automezzi, allo scopo di ottenere lunghi e rapidi spostamenti di forze nel campo strategico e in quello tattico. Questi trasporti se risparmiano fatiche alle truppe, hanno però l'inconveniente di lasciare per qualche tempo i reparti senza le rispettive salmerie e carreggi. Inoltre le misure di sicurezza, per le truppe caricate su automezzi, non sono né facili né semplici e in caso d'improvviso incontro col nemico ciò potrebbe dare luogo a serî inconvenienti. Può ritenersi che in una guerra avvenire gli autotrasporti saranno ancora largamente impiegati, ma dietro le prime linee, in modo da evitare la possibilità che le autocolonne possano incontrarsi con il nemico. È anche da tenere presente che di giorno le autocolonne sono assai visibili dagli aerei e costituiscono per essi un ottimo bersaglio; di notte, poi, non è facile regolare la marcia di lunghe autocolonne specialmente se esse, per sfuggire alla vigilanza aerea nemica, dovessero marciare a luci spente.
Allorquando si prevede che un'unità di guerra debba eseguire una serie di successive marce, allo scopo di evitare di ripetere giornalmente prescrizioni di carattere comune a tutte le marce e di ridurre così alla maggiore possibile brevità l'ordine da emanare per ciascuna marcia, conviene riunire in apposito ordine di massima le disposizioni di carattere costante e cioè quelle riflettenti: la formazione di marcia prescelta, la composizione degli scaglioni, profondità e distanze, sistema delle fermate, modalità per la distribuzione del rancio, prelevamenti varî, norme per la sistemazione degli alloggiamenti, prescrizioni per il funzionamento dei varî servizi, di sanità, vettovagliamento, veterinaria, rifornimento d'acqua, servizio postale, di polizia, ecc. Per ciascuna marcia viene poi emanato un apposito ordine di operazioni, che conterrà soltanto le prescrizioni speciali per la marcia stessa e cioè: situazione generale del momento; obiettivo della marcia; strada da seguire; ora di partenza del 1° scaglione e, se occorre, degli scaglioni susseguenti; modificazioni, alle prescrizioni generali contenute nell'ordine di massima, che fossero consigliate dal caso particolare; come e dove le truppe prenderanno gli alloggiamenti. Quando si ritenga che la diramazione dell'ordine d'operazione per la marcia possa subire qualche ritardo, mentre interessa che le unità abbiano tempo di compiere tutti i preparativi, si inviano loro opportuni preavvisi. Allorché interessi di chiarire speciali disposizioni contenute nell'ordine di operazioni, si compilano apposite istruzioni che vengono riportate in fine dell'ordine stesso ovvero comunicate a parte. Il comando d'una grande unità di guerra (armata, eccezionalmente corpo d'armata) che voglia preventivamente informare le dipendenti unità (corpo d'armata, eccezionalmente divisioni) del movimento complessivo che dovrà svolgersi per un periodo di più giorni, compila apposita tabella di movimento, che indica per ciascuna unità: il luogo di partenza, quello di arrivo, l'itinerario assegnato, le località di tappa. Così si abbreviano i singoli ordini di operazioni, e si offre possibilità, ai comandi dipendenti, di abbracciare con uno sguardo l'insieme del movimento e di conoscere giorno per giorno la situazione complessiva della grande unità cui appartengono.
Per lacilitare lo studio dell'esecuzione d'una marcia si può compilare un grafico di marcia, nel quale il movimento viene indicato graficamente riferendolo a due assi ortogonali di cui uno rappresenta le ore, l'altro le distanze. Si ha così sott'occhio il movimento dell'intera colonna, divisa nei suoi scaglioni, ed è possibile determinare a colpo d'occhio le modalità di marcia di ciascuno scaglione in qualsiasi momento.
Nel predisporre una marcia occorre tener presente la capacità logistica della strada, ossia la quantità di truppe che in un determinato numero di ore può percorrere la strada stessa. Questo dato è interessante a conoscersi quando si tratti di strada che renda lenta e difficile la marcia (p. es., un mulattiera o sentiero) o quando la strada sia a disposizione di una grande unità solo per un numero limitato di ore. Il calcolo della capacità logistica si basa sui seguenti dati: durata della disponibilità della strada; numero di ore occorrenti per compiere il percorso stabilito; numero di ore corrispondenti alla somma delle fermate. Sottraendo dal primo dato la somma degli altri due, si ha il tempo disponibile per lo sfilamento della colonna. Stabilita allora la formazione di marcia della truppa per 4, per 2 o per 1, fissate le distanze dei varî scaglioni, si calcola quanta truppa può sfilare durante il tempo trovato disponihile e si ha così la capacità logistica della strada. Siano, ad es., 14 le ore di marcia disponibili su una data strada; 6 le ore occorrenti per compiere il percorso stabilito; 1 ora il totale delle fermate; dalle 14 ore di marcia togliendone 6+1, restano disponibili 7. Poiché in sette ore può sfilare una intera divisione, si deduce che la capacità logistica di quella strada è di una intera divisione.
In lontananza dal nemico le marce si regolano col criterio di utilizzare nel modo più proficuo la rete stradale e gli alloggiamenti. Si utilizzano tutti gl'itinerarî e tutti i mezzi di trasporto disponibili, si sfruttano tutti gli alloggiamenti, si assicura alle truppe il massimo benessere. La protezione eontro le offese aeree si ottiene specialmente con l'eseguire i movimenti di notte. Nelle marce in vicinanza del nemico lo spostamento avviene mantenendo rigorosamente i legami tattici; finché possibile, i movimenti continuano a eseguirsi di notte. Il movimento si considera in vicinanza del nemico allorquando un incontro con gli elementi avanzati delle truppe celeri avversarie divenga possibile, ossia a 3 0 4 tappe dalla testa del grosso dei nemici (45 a 60 km.).
Si deve poi regolare accuratamente l'arrivo alla tappa, avendo cura di evitare di tener ferme e ammassate truppe che sono stanche per il percorso compiuto, predisponendo l'occupazione degli alloggiamenti e il funzionamento dei servizî. Occorrerà stabilire i punti nei quali le singole unità dovranno uscire dalla strada per recarsi agli alloggiamenti loro assegnati; ripartire le strade che dovranno all'uopo essere seguite dai singoli corpi o reparti; dare ordini per la ripartizione delle acque, ecc.
L'accurato funzionamento dei servizî ha grande influenza sullo stato fisico e morale delle truppe e quindi sulla buona esecuzione delle marce. I medici e i mezzi sanitarî dei corpi marciano con le rispettive truppe. Il servizio di vettovagliamento in marcia è stato molto semplificato con l'adozione delle casse di cottura, rivestite di materiale coibente che permette di conservare il calore, e in favorevoli condizioni consente anche la cottura della carne durante il movimento. Sono anche utilizzate per trasportare, conservandolo caldo, il rancio cotto prima della partenza. Per il rifornimento di acqua, è indispensabile che le truppe partano con le borracce piene e che i quadrupedi facciano una prima abbeverata prima di partire. Al seguito delle colonne marciano poi carri-botti con un primo rifornimento d'acqua. Al servizio di polizia militare provvedono appositi drappelli, che fiancheggiano e seguono la colonna per evitare che militari isolati si fermino o si allontanino.
Un'operazione che richiede particolari cure è il passaggio su ponti militari, regolamentari o di circostanza, il quale - per le speciali condizioni delle strade d'accesso, e per le precauzioni necessarie durante il transito - dà sempre luogo a un allungamento della colonna, che si calcola pari a metà della profondità normale della colonna, se il ponte non supera la lunghezza di trenta metri; pari all'intera profondità della colonna, se il ponte supera detto limite di lunghezza. Sono prescrizioni più comuni: appiedare tutti gli uomini montati; assicurare la defluenza continua delle truppe, evitando ammassamenti e arresti sul ponte o nelle vicinanze di esso; aumentare gl'intervalli tra gli scaglioni in cui è divisa la colonna, in modo che la testa d'ognuno disti dalla coda del precedente di una lunghezza pari all'allungamento che lo scaglione antistante subirà nell'attraversare il ponte; quando la testa di uno scaglione si sia allontanata dal ponte d'una lunghezza pari alla propria profondità, arrestarla perché tutto lo scaglione possa serrare sulla testa e riprendere la profondità normale; sopprimere, prima o dopo il passaggio sul ponte, quelle brevi fermate che interrompessero la defluenza continua. Per regolare il passaggio sui ponti militari di grosse colonne è di molto aiuto la compilazione di grafici di marcia.
Inconvenienti analoghi a quelli dei passaggi sui ponti, e talvolta anche più sensibili, si hanno allorché la strada, che le truppe debbono seguire, subisca qualche restringimento che imponga di modificare la formazione di marcia. Occorre in tal caso avere preventiva conoscenza dell'ostacolo e dare tutte le disposizioni che valgano ad attenuarne le conseguenze.
Musica.
Composizione strumentale (raramente vocale o vocale-strumentale, nei quali casi è preferito il nome di inno-marcia) destinata a ritmare il passo d'una moltitudine in cammino.
Il bisogno di sincronizzare - così nel cammino come nella danza, nel lavoro collettivo, ecc. - i movimenti di più persone, diffuse fin da tempi remoti l'uso di segnali: colpi di strumenti a percussione (per es., i segnali, spesso numerosissimi e differenti l'uno dall'altro per piccole o anche minime varianti, che sono praticati presso alcuni popoli selvaggi) o squilli di trombe. Segnali che dovendosi in certi casi - come appunto nelle danze, nel cammino, ecc. - iterare con singolare frequenza, potevano suggerire date successioni ritmiche, cioè germi di organismi musicali.
Alla marcia dovette bastare, per un tempo più o meno lungo a seconda dei varî popoli, la semplice successione ritmica, scandita dagli strumenti meglio atti a tale compito, cioè dalle percussioni. Dietro l'esempio delle musiche di danza, che alle percussioni già in tempi remoti aggiunsero i fiati e le corde pizzicate, s'introdussero poi anche nei cortei e nelle processioni suonatori di flauti, arpe, lire, eec., come risulta, p. es., da documenti cretesi e assiri dal 1300 a. C. in poi. Fiati di grande sonorità, ricordati da Omero (Il., XVIII, 220), sono già diffusi nel sec. VI a. C. presso i Greci, e compaiono nei cortei festivi (Grandi Dionisie, ecc.). Le musiche eseguite in tali occasioni erano dette πομπικόν. A forme analoghe alla marcia si può poi pensare nel rappresentarsi l'entrata dei cori (πάροδος) nel teatro greco, con i loro canti aulodici.
Passando dalle civiltà antiche, attraverso Roma, al Medioevo e poi all'epoca moderna troviamo l'uso della marcia sempre più spesso confermato nelle vicende della storia musicale. S. Virdung (in Musica getuscht, 1511) ci parla di strumenti a percussione (grancassa e timpani) e a fiato (trombe e pifferi svizzeri) con il suono dei quali si usava accogliere i principi al loro arrivo in una città, ed è verosimile che servissero a suonar marce, come si deve indurre dalla presenza delle percussioni, atte proprio a segnare il passo. Ritmi di marcia delle milizie francesi e svizzere si trovano nella Battaglia di Marignano di C. Janequin e - notati per tamburo - nel trattato di Th. Arbeau: Orchésographie (1588), nel quale inoltre si riferisce che sulla marcia data, consistente appunto in questa o in quella successione ritmica (scandita dalle percussioni), si giustapponevano melodie volta a volta improvvisate (o adattate) dai suonatori di fifres (sorta di flauti traversi). La marcia assume così, probabilmente in conseguenza della pratica di accompagnare e rinforzare il canto dei soldati, carattere ed entità di forma musicale vera e propria. La quale, come quasi tutte le forme strumentali chiuse, si modellava naturalmente sulle forme vocali dalle quali scaturiva; ecco quindi la marcia delle milizie seicentesche più importanti: tedesche, svizzere, francesi, assumere le forme della semplice canzone strofica (in Germania Lied), e della danza dei rispettivi paesi. La marcia tedesca, p. es., può trovare un modello già strumentalizzato nella Allemanda (v.). E parallela all'evoluzione delle forme vocali o già strumentalizzate è anche in seguito, per molto tempo, l'evoluzione della marcia. Nel sec. XVII questa forma ha già consistenza e dignità artistica tale da lasciarci documenti diretti e significativi: una marcia tedesca di quel tempo (Dessauer Marsch) ha potuto, p. es., entrare con ottimo effetto nella Stella del Nord di J. Meyerbeer, soltanto con una certa elaborazione voluta dal gusto teatrale e musicale ottocentesco. In Francia già sotto Luigi XIV si organizzano bande militari, a uso delle quali G. B. Lulli compone modelli di marce per i varî corpi dell'esercito.
I caratteri stilistici delle varie nazionalità vi si esprimono, fin dai secoli XVII e XVIII, con pienezza e coerenza: così F. Hawkins scrive nella sua History of Music (1776) che le marce inglesi si distinguevano dalle francesi (che erano brisk and alert) per la loro dignity and gravity.
La marcia entrava ormai, a parità di considerazione, fra le tante forme d'espressione musicale, superando i limiti del puro fine pratico. Essa appare, nelle sue varie determinazioni (militare, religiosa, festiva, funebre, ecc.), nel quadro di composizioni d'indole esplicitamente artistica: nell'opera con G. B. Lulli (ma lontani esempî potrebbero ritrovarsi anche presso C. Monteverdi), nella Suite orchestrale con J. Ph. Krieger, nella Suite per clavicembalo con F. Couperin, nell'Oratorio con G. F. Haendel, ecc. E da allora in poi i caratteri della marcia seguono piuttosto l'evoluzione generale delle stilistiche musicali anziché evoluzioni interne del genere. Pressoché immutate ne sono infatti le esigenze derivate dalla funzione cui la marcia sia pure idealmente risponde. Il movimento non deve infatti essere più celere di quello che comporti il passo dell'uomo nelle sue diverse possibilità; il ritmo è di regola binario o in ogni caso pari, affinché il tempo forte (o tesi) coincida regolarmente con il battere del piede sinistro (o del destro, ma sempre dello stesso piede). Nel caso di musiche esplicitamente melodiche, la frase è immediatamente percepibile nella sua simmetria, cioè nel suo equo rapporto di slanci e di riposi. La forma, come s'è accennato, si modella subito su quella della canzone e della danza, e ne segue gli sviluppi attraverso i tempi. Dai 2 periodi (di 8 misure, con ntornelli e riprese) delle marce militari di G. B. Lulli si giunge al tipo ternario ancora in uso, secondo lo schema:
In questo schema compongono marce i maestri cosiddetti classici e - talvolta con libertà maggiore - gli ottocentisti e i contemporanei. Una varietà imponante si ha nella marcia in Rondò, che ha due o più trii, fra l'uno e l'altro dei quali si riprende la marcia principale. Esempio notevole ne è il Tempo di marcia (titolo preferito in questi casi) del Quintetto op. 44 di R. Schumann. Libertà naturalmente maggiore si consente alla marcia nella composizione teatrale, affinché la musica possa seguire le vicende sceniche, come p. es. si nota nella marcia trionfale dell'Aida di G. Verdi, abbreviata nel periodo A′ e priva di trio, e nella marcia d'entrata nel Tannhäuser di R. Wagner, composta secondo lo schema A-B-C-D-A′ racchiuso tra un periodo d'introduzione e uno di coda. Quanto alla celebre Marcia funebre del Crepuscolo degli Dei dello stesso Wagner, essa non ha di marcia che il carattere di grandioso eroismo e l'occasione scenica: meglio. è detta musica funebre.