MARCITA
. Speciale coltura pratense lombarda e piemontese che si pratica nelle zone più ricche d'acqua. Il nome deriva probabilmente da pratum marcidum, come furono chiamati i bassifondi coperti d'erba soggetti al dominio di acque non del tutto stagnanti. Il persistere in tali condizioni della vegetazione di piante pratensi durante l'inverno suggerì l'idea dell'irrigazione iemale. L'opera dell'uomo dapprima si limitò a meglio distribuire l'acqua sorgiva su quei prati, mediante canaletti serpeggianti sulle parti più elevate, e a favorirne il deflusso da quelle parti più depresse.
Un esempio di tale primitiva sistemazione della marcita esiste tuttora nella zona di Norcia. Si vuole attribuire a S. Benedetto il merito di avere insegnato agli agricoltori lombardi i primi miglioramenti ai loro prati marcitoi. Certo è che nel sec. XIII nella bassa Lombardia, dove esistono ricchissime sorgenti dette "fontanili", la marcita sistemata con raziocinio era già considerevolmente estesa. Ma i maggiori incrementi e perfezionamenti la marcita ebbe nella pianura padana nel sec. XIX con l'attuazione d'importanti impianti d'irrigazione e con il largo impiego dei concimi chimici e delle macchine per la raccolta dei foraggi.
Durante l'estate la marcita non differisce sostanzialmente da un comune buon prato naturale irriguo. Ma d'inverno essa assume il suo speciale carattere mantenendosi verde e producendo erba che, in più volte, viene falciata al principio e alla fine dell'inverno. Ciò è dovuto all'acqua che, specie se di fontanile, ha una temperatura relativamente elevata, circa 10°; scorrendo di continuo sulla superficie, impedisce il raffreddamento della pelliccia del prato, e permette all'erba di crescere, anche se la temperatura dell'aria è molto bassa. Né il permanere sott'acqua nuoce alle erbe, perché l'acqua, rinnovandosi di continuo, fornisce alle radici l'ossigeno di cui abbisognano. Oltre all'acqua di fontanile, che è la più adatta, serve bene anchè l'acqua di fiumi, specialmente se emissarî di grandi laghi, purché la temperatura di essa non scenda sotto i 5°. Le marcite del basso Milanese (Melegnano) si trovano in condizioni eccezionalmente favorevoli perché irrigate con le acque della Vettabbia, che, traversando la città di Milano, ne escono intepidite e arricchite di materie fertilizzanti. Le operazioni colturali che la marcita richiede annualmente sono: spurgo e accigliatura dei canaletti in autunno, prima di mettere la marcita sott'acqua; governo accurato dell'acqua che va poi tolta all'inizio della primavera; concimazioni autunnali e primaverili con terricciato e concimi chimici, irrigazione ordinaria in estate; raccolta del foraggio. Nella marcita si, fanno da sei a nove tagli dei quali tre fienabili; la produzione complessiva, in fieno, varia da quintali 150 a 300 per ettaro. Le massime produzioni s'ottengono dalle marcite irrigate con acque fertilizzanti (Vettabbia). La flora è un po' meno complessa di quella dei prati naturali; vi prevalgono le Graminacee e particolarmente il loietto (Lolium italicum) e l'erba pannocchia (Dactylis glomerata); non manca quasi mai il trifoglio ladino (Trifolium repens).
La marcita è vanto dell'acquicoltura italiana, particolarmente lombarda, e tale rimane grazie alle speciali condizioni di clima, di terreno e di qualità d'acqua che, così combinate, assai difficilmente si verificano altrove.