CECCALDI, Marco Antonio
Nobile corso, nacque nel 1521.
La sua famiglia (un cui componente, Gasparino, coetaneo e parente del C., fu sergente generale dei Veneziani al tempo di Paolo III), signora delle terre del Vescovato, era una delle quindici famiglie "caporalizie ereditarie" che, nel sec. XI, si erano divise il possesso dell'isola dopo aver rovesciato il potere dei grandi signori feudali. Il governo di Genova, riconoscendo l'importanza politica e sociale di queste famiglie, aveva sempre preferito trarle dalla sua parte e, dopo che l'isola era passata sotto il suo dominio, sceglieva tra esse i componenti del Consiglio dei dodici, con il compito di proporre ordinamenti amministrativi, approvare statuti, chiederne riforme, ristabilire la pace tra le famiglie. Il C. perciò, anche se non equiparato a un nobile genovese, godeva della fiducia del governo della Repubblica; fiducia che egli, uomo equilibrato, colto, responsabile, non tradì mai, benché le vicende e i legami familiari gliene avessero offerto più volte l'occasione.
Il C. si trovò infatti a vivere l'esperienza della prima rivolta corsa organizzata da Sampiero da Bastelica negli anni in cui, tra il 1553 e 1554, riaccesasi la guerra tra Francia e Spagna, l'importanza strategica della Corsica aveva provocato l'occupazione franco-turca dell'isola, sotto il comando del Thermes. Sampiero aveva portato l'appoggio irrequieto di vari nobili corsi; suo braccio destro divenne Giacomo Santo da Mare, cognato del C., di cui aveva sposato la sorella. Ma le pressioni affinché anche il C. si unisse alle lotte dei ribelli non ebbero mai esito positivo, nonostante i molti saccheggi delle terre ricche e fertili del Vescovato, di cui il C. era signore, assai ambite dai ribelli appunto per le possibilità di foraggiamento.
Anzi, nei primi tempi dell'occupazione dell'isola, nel 1553, poiché il C. non si era fatto avanti presso il Thermes per procacciarsi favori, venne da questo fatto confinare ad Ajaccio come sospetto insieme con un gruppo di nobili (che comprendeva, tra gli altri, un Giovannello Ceccaldi, molto probabilmente fratello di Marco Antonio). Il C. e gli altri furono rilasciati dietro cauzione di 1.000 scudi ciascuno, con l'obbligo di non uscire dalle rispettive terre.
L'anno successivo, 1554, le circostanze costrinsero il C. a schierarsi apertamente coi Genovesi. Avendo gli abitanti di Tavagna e di Noriani chiesto aiuto al Thermes contro le ritorsioni genovesi, fu inviato Giacomo Santo con 200 guasconi e la compagnia di Sampiero. Giunto a Moriana saccheggiata e saputo che il generale genovese Branca Doria si era già ritirato al Vescovato, Giacomo si recò nelle terre del C. deciso ad ucciderlo. Il C. mandatogli incontro un messo, visti vani i tentativi di placarlo, partì per Bastia, dove erano concentrate le forze genovesi, lasciando al Vescovato i fratelli e la moglie. Giacomo, per rispetto alla sorella, desistette dall'assedio e si ricongiunse ai Francesi. I due cognati erano destinati a scontrarsi ancora. Nel settembre 1554ebbe luogo la violentissima battaglia di Tenda: in essa Giacomo trovò la morte e il C., insieme con il nobile corso Giordano da Pino e lo stesso Branca Doria, fu fatto prigioniero. Sampiero inviò al Thermes tutti i prigionieri, ma trattenne il C. presso di sé; incontratosi poi col Termes ad Ajaccio, gli presentò il C. e lo fece perdonare. Non sono note le ragioni di questo trattamento di favore riservato al Ceccaldi. Dalla posizione di obbedienza a Genova il C. non abiurò mai; anzi, poco tempo dopo, a Lischio, durante una delle frequenti scaramucce coi Francesi, trovò gloriosamente la morte un suo giovanissimo figlio, Marco Maria.
Il C., col suo intuito di storico, aveva capito che la guerra corsa non era che un episodio di un ben più vasto conflitto, dall'esito del quale sarebbe stata decisa. Infatti con la pace di Cateau-Cambrésis la Spagna ottenne che la Corsica fosse restituita a Genova; i Francesi e Sampiero dovevano abbandonare l'isola. Tuttavia, prima che le clausole dell'accordo fossero rese pubbliche, nell'estate 1559 il luogotenente di Enrico II in Corsica Giordano Orsini riunì i notabili corsi, facendo balenare la possibilità che l'isola potesse essere assegnata alla Francia. A tale scopo, si decise di mandare in ambasceria alla corte francese Giacomo della Casabianca e Marco d'Ambegna. Invano il C., facendosi eco di una minoranza, chiese un convegno privato con l'Orsini e cercò di spiegargli l'inopportunità di quella mossa che avrebbe solo provocato le ritorsioni genovesi su tutti i Corsi, per colpa della irresponsabilità di pochi nobili. Visto l'Orsini deciso a non desistere, comunicò a tutti i convenuti i termini del colloquio; ma - come egli stesso commenta con tono accorato al termine delle sue Storie - "come colui che presso di loro restai sempre sospetto, non vi fui punto inteso".
Come il C. aveva previsto, l'ambasceria corsa, neppure ricevuta in Francia, esacerbò ulteriormente Genova che, ripreso possesso dell'isola, impose una pesante tassa sui beni fruttiferi e infruttiferi. L'impopolarità della legge, il cui alleggerimento si imponeva di fronte ai fermenti di nuove ribellioni, persuase il commissario genovese dell'opportunità di una legazione di nobili corsi a Genova: nel maggio 1560 gli eletti, tra cui il C., giunti a Genova, ottennero dall'Ufficio di S. Giorgio la diminuzione della taglia. A Genova, durante la missione, il C. morì improvvisamente. L'anno prima aveva concluso la sua Historia diCorsica, in cinque libri, in lingua italiana.
A giudizio dei critici, l'opera presenta notevoli pregi di oggettività, di documentazione, di eleganza stilistica. L'oggettività, invero, è contraddetta da alcuni storiografi corsi e soprattutto francesi dei secoli scorsi; ma, superata la faziosità del giudizio, attualmente tutti riconoscono al C. la stessa onestà intellettuale cui si attenne nelle scelte politiche della sua vita. Tra l'altro, a dissipare ingiusti sospetti di partigianeria filogenovese, vale ricordare la coraggiosa difesa della sua terra condotta dal C. contro le accuse formulate da Agostino Giustiniani, vescovo di Nebbio, nel dialogo Corsica. L'opera del C., tredicesimo cronista di Corsica, riprende, compendiandoli e riordinandoli, gli Annali compilati da Giovanni Della Grossa e quelli composti da Pier Antonio dei Monteggiani di Vescovato, e li continua dal periodo della pestilenza scoppiata nel 1525 alla pace di Cateau-Cambrésis del 1559.
Essa fu conservata e poi rimaneggiata e continuata dall'arcidiacono di Mariana, Anton Pietro Filippini, amico del Ceccaldi. Il Filippini proseguì la narrazione fino al 1594 e, a suo nome, fece pubblicare nello stesso anno in Francia ("In Turnon, Nella Stamperia di Claudio Michaeli") la Historia di Corsica in otto libri, che comprende appunto quelle del Della Grossa, del Monteggiani, del C. e la propria (l'opera fu ristampata a Pisa nel 1827-31). Sembra tuttavia che il testo di pugno del C., in cinque libri, sia stato invece ritrovato a Genova nel secolo scorso presso gli eredi di Agostino Franzone, mentre il Filippini, quando ordinava le sue storie, disponeva solo di una copia mutila. Comunque, oltre ai manoscritti della storia del C. attualmente conservati nelle biblioteche di Bastia, di Parigi e del Vaticano, i più antichi sono i due conservati presso la Civica Biblioteca Berio di Genova (entrambi dell'inizio del XVII sec.), e quello custodito nella Biblioteca Estense di Modena, in codice cartaceo del 1586.
Fonti e Bibl.: Genova, Civica Biblioteca Berio, ms. F Ant. Gen. B 58: M. Merello, Della guerra fatta dai Francesi nella Corsica, cc. 137, 373; Ibid., ms. M. R. IV:M. A. Ceccaldi, Historia di Corsica, cc. 4, 41; A. P. Filippini, Istoria di Corsica, a cura di G. C. Gregori, Pisa 1827-1831, pp. XI-XIII, XVI; III, pp. 228 s., 242, 348, 460, 465, 474 s., 478; IV, pp. 108 s., 223, 230, 233, 319, 321, 333; R. Soprani. Scrittori della Liguria, Genova 1667, p. 205; A. Oldoini, Athenaeum Ligusticum, Perusiae 1680, p. 413; G. Volpe, Momenti di storia italiana, Firenze 1925, p. 172; H. Yvia-Croce, Anthologie des écrivains corses, Ajaccio 1929, pp. 57-63; R. di Tucci, La nobiltà di Corsica, in Arch. stor. di Corsica, X(1934), p. 3; E. Michel, Notizie di fonti e docum., ibid., XII(1936), pp. 508 s.; C. Starace, Bibliogr. della Corsica, Milano 1943, nn. 917 s., 1398 s., 1727-1730, 2471 s.; R. Emmanuelli, Gênes et l'Espagne dans la guerre de Corse, Paris 1964, pp. 40-41.