MOZZI, Marco Antonio de’
Nacque a Firenze il 17 gennaio 1678 dal senatore Giulio e da Maria Francesca di Guglielmo Buonguglielmi.
Dopo avere ricevuto i primi rudimenti di latino dal padre, fu affidato ai gesuiti per il corso di lettere e filosofia, agli scolopi per quello di teologia; seguì poi le lezioni di diritto di Iacopo Rilli nell’Ateneo fiorentino. Studiò anche musica strumentale, principalmente l’arciliuto, la tiorba e il mandolino: la sua competenza in materia lo fece conoscere al granduca Cosimo III, che lo volle maestro di musica per il suo ultimogenito, il principe Gian Gastone. La sua perizia nel suonare gli strumenti musicali è sintetizzata in un sonetto di Salvino Salvini, il quale afferma che Mozzi elevava gli spiriti e conduceva l’anima alla contemplazione più sublime (Firenze, Archivio del Capitolo metropolitano, Vite e memorie de’ nostri canonici…). Per meriti artistici Cosimo III gli conferì il canonicato del magistrato dell’arte della Lana (1700); gli commissionò inoltre l’orazione funebre per la morte di Carlo II di Spagna (1701) e l’orazione in onore di s. Pio V, canonizzato da Clemente XI nel 1712 e solennemente festeggiato a Firenze nella basilica di S. Lorenzo il 5 settembre dello stesso anno.
Sin da giovane si impegnò in discussioni filosofiche e teologiche che lo distinsero negli ambienti eruditi cittadini. Frequentò casa Salvini e gli incontri con Anton Maria, fratello maggiore di Salvino, gli permisero di approfondire gli studi della lingua toscana, nella quale compose con proprietà sia in prosa sia in versi, facendosi pubblicamente ammirare per le sue orazioni. Salvino Salvini gli dedicò la terza parte dei Discorsi accademici, pronunciati dal fratello nell’Accademia degli Apatisti, fondata da Agostino Coltellini, e da lui pubblicati postumi (Firenze 1733). A Salvino dobbiamo anche la prima, sia pur breve, biografia di Mozzi (1717, p. 126).
Mozzi ebbe anche incarichi all’interno della curia: dal 21 ottobre 1727 fu camarlingo capitolare, succeduto al canonico Antonfrancesco Del Rosso; fu esaminatore sinodale della diocesi di Firenze e di quella di Fiesole, deputato generale della Congregazione delle conferenze teologali della diocesi fiorentina. Nel 1715 entrò a far parte della cerchia della principessa Violante di Baviera, moglie del gran principe Ferdinando de’ Medici, che nel 1728 lo nominò primo teologo.
A partire dal 1708 fu lettore di lingua toscana nello Studio fiorentino, succedendo al marchese Lodovico Adimari; memorabili furono le lezioni sul Paradiso di Dante, che il 17 gennaio 1709 furono ripetute alla Crusca alla presenza di 21 accademici e di alcuni ospiti forestieri, tra cui il padre Pantaleone Dollera (Firenze, Arch. dell’Accademia della Crusca, 77, c. 49). Nell’Accademia Fiorentina fu consigliere durante il primo consolato di Salvino Salvini (1706), consolo per l’anno 1707 e censore nel secondo consolato di Salvini (1710-11). Con il nome pastorale di Darisco Gortinio fu ascritto all’Accademia romana dell’Arcadia; membro dell’Accademia degli Apatisti, fu reggente nel 1698-99. Il 10 settembre 1701 entrò a far parte della Crusca dove, il 14 settembre 1704, recitò la cicalata in occasione dello stravizzo inaugurale dell’anno accademico (Firenze, Arch. dell’Accademia della Crusca, 77, c. 137); nel 1715-16 fu arciconsolo, nel 1705-06 castaldo e consigliere nel 1711-12.
Sotto il suo consolato si ebbe la disputa con Girolamo Gigli, che poco dopo pubblicò, fino alla lettera R, il Vocabolario cateriniano (Roma 1717), sostenendo la superiorità del senese sul fiorentino: ciò gli costò la radiazione dalla Crusca, mentre il suo libro fu pubblicamente bruciato sulla piazza di S. Apollinare a Firenze, il 19 settembre 1717. Gigli sosteneva tra l’altro che il Vocabolario della Crusca dovesse accogliere voci che si distaccavano, nel significato, da quelle annoverate dagli accademici. Mozzi, appoggiato da Anton Maria Salvini, non recepì le posizioni di Gigli e stimò che gli «errori» dei particolari dialetti non dovessero «guastare la comune favella», perciò non accettò che venissero aggiunte voci equivoche come «accorrere» per occorrere, «appressare» per opprimere ecc., anche se questi vocaboli erano stati usati da s. Caterina. A nome dell’Accademia propose che «que’ vocaboli si mutassero in espressioni equivalenti: il che tornerebbe in più decoro della santa e della nuova impressione del Vocabolario» (Monti, 1817, p. 72).
Mozzi fu autore di numerose opere. Una Vita di Lorenzo Bellini, medico e letterato fiorentino, è contenuta nelle Vite degli arcadi illustri (I, Roma 1708, pp. 113-122). Nei Sonetti sopra i nomi dati ad alcune dame fiorentine dalla serenissima principessa di Toscana (Firenze 1705) spiegò il significato dei nomi, di difficile interpretazione, dati dalla principessa alle sue dame. L’opera ebbe una certa diffusione, se un isolato come Federigo Nomi ne sentì parlare nella lontana Monterchi e pregò l’amico Giovan Battista Fagiuoli di fargliene avere una copia; fu recensita nel Giornale de’ letterati d’Italia di Venezia e citato da Giovan Mario Crescimbeni. Altri sonetti figurano in varie raccolte, per lo più d’occasione: Applausi di gioia celebrati in Parma per la promozione alla sacra porpora dell’eminentiss. sig. cardinal Giulio Piazza patrizio parmigiano (Parma 1712, p. 88); Componimenti poetici nel maritaggio della illustrissima signora marchesa Cammilla Villa di Ferrara col signor conte Francesco Tiene di Vicenza (Ferrara 1719, p. 13); Componimenti per le nozze dell’illustrissimo sig. marchese Andrea Borbon del Monte coll’illustrissima signora Maria Maddalena Gaspera Cantucci (Firenze 1734, p. n.n.); Farina nel quale si riscrivono le composizioni della tramoggia scelte da i censori per leggersi nell’accademie pubbliche (Firenze, Arch. dell’Accademia della Crusca, 89: contiene l’orazione in morte di Benedetto Averani). L’«orazione funerale» Delle lodi dell’abate Anton Maria Salvini (Firenze 1731) fu ammirata da Muratori, che la elogiò in una lettera all’autore riportata nella Vita di Salvino Salvini.
Opera principale di Mozzi è la Storia di s. Cresci, e de’ ss. compagni martiri, e della Chiesa del medesimo santo posta in Valcava del Mugello (Firenze 1710), commissionatagli dal granduca Cosimo III in occasione del «risarcimento che egli assunse del Santuario di Valcava in Mugello sotto il titolo dei Ss. Cresci, e Compagni Martiri… e in congiuntura delle note dispute circa gli Atti di questi santi, insorte trà i famosi teologi, e istoriografi Gherardo Capassi servita, e Giacomo Laderchi filippino» (Moreni, 1805, p. 103). Il servita Capassi aveva sconsigliato Laderchi di pubblicare gli Atti, perché secondo il suo giudizio il testo era zeppo di errori, ma il padre filippino ne fece una questione personale, perché pensava che Capassi volesse pubblicare lui l’opera e nel 1707, diede fuori gli Acta ss. martyrum Crescii et sociorum (Firenze). Ne nacque una lunga diatriba che vide impegnati diversi eruditi fiorentini e dette occasione a Capassi di dare alle stampe le Nugae Laderchianae (Genuae 1709). Il granduca intervenne e condannò il libro alle fiamme e Capassi all’esilio. L’opera di Mozzi, invece, fu recensita in maniera benevola dal Giornale de’ letterati d’Italia (Venezia, III [1710], p. 269) e fu apprezzata da Muratori, che in una lettera ad Antonfrancesco Marmi del 13 giugno 1710, si espresse così: «L’opera del Signor Can.co Mozzi merita quell’applauso ch’ella mi scrive, e la sua bellezza tanto più spicca in paragone della Laderchiana. Ma sarebbe tempo che finisse la lite di san Cresci, avendola così ben sigillata il libro del suddetto canonico» (1854, p. 253). Per il suo lavoro Mozzi utilizzò gli atti relativi a s. Cresci scoperti nell’Archivio dell’Opera di S. Maria del Fiore, comparandoli con gli esemplari conservati nella libreria di Carlo Tommaso Strozzi. Per il Martirio utilizzò anche un manoscritto della Biblioteca Medicea Laurenziana. La seconda parte del volume è dedicata alla storia della chiesa di S. Cresci a Valcava del Mugello nella diocesi fiorentina (pp. 37-166).
Il volume dei Discorsi sacri, dedicati a papa Clemente XI (Firenze 1717), raccoglie la produzione oratoria in quest’ambito fino a quella data: un panegirico in onore di s. Pio V per la sua canonizzazione; uno in onore di s. Filippo Neri, pronunciato nella chiesa dei padri dell’Oratorio di Firenze; un discorso pronunciato nella cappella di S. Luca per la solenne festa dell’Accademia del disegno; un discorso in lode di s. Isidoro; un discorso detto nella Compagnia di S. Benedetto Bianco la prima domenica di Quaresima; altri sopra la dignità del sacerdozio, per la festa di S. Sebastiano, dei Ss. Angeli custodi, per l’anniversario del conte Ugo, ultimo marchese di Toscana, per le solenni esequie di Carlo II, re di Spagna; un discorso in occasione delle visite alle chiese suburbane che i fratelli della Congregazione dell’Oratorio di S. Filippo Neri facevano nel periodo di carnevale; uno pronunciato il 7 ottobre 1703 nella chiesa metropolitana per la morte di monsignore Leone Strozzi arcivescovo di Firenze.
Secondo Luca Giuseppe Cerracchini (1738, p. 697), Mozzi fu autore anche della Distinta relazione della solenne funzione seguita in Firenze il dì 20 del corrente mese di aprile Mdccxxvii in occasione di essere stata presentata la rosa d’oro mandata da Sua Santità all’altezza reale della serenissima Violante Beatrice di Baviera... (Firenze 1727; segnalata nel Giornale de’ letterati d’Italia di Venezia, XXXVIII [1727], pp. 405 s.) e Salvini gli attribuisce le Laude spirituali da cantarsi da’ fratelli della vener. Comp. di S. Isidoro nell’andare alla S. Casa di Loreto l’anno 1705 (Firenze 1705). Un’orazione in lode della pittura presso l’Accademia degli Apatisti data al 12 dicembre 1714. Nelle Theses ex universa philosophia selectae quas sub amplissimis auspiciis serenissimi Io. Gastonis ab Etruria publice propugnandas exhibet in templo florentino Societatis Iesu (Firenze 1697) tocca argomenti di logica, fisica e metafisica. Nella fisica negò il sistema copernicano e accettò quello di Thyco Brahe; nella metafisica le sue posizioni non sono distanti dagli aristotelici. Si cimentò anche nella traduzione in verso sciolto degli Inni di Aurelio Prudenzio, intitolati Corone; raccolto dopo dopo la sua morte, il libro fu mandato dal fratello Pier Giannozzo a Milano, con una prefazione di Salvino Salvini e pubblicato nel 1740. Il 13 settembre 1731 aveva tenuto una lezione all’Accademia della Crusca sulle testimonianze relative a Prudenzio e aveva letto uno degli Inni, sul martirio di S. Eulalia (Firenze, Arch. dell’Accademia della Crusca, 79, c. 95).
Morì il 4 aprile 1736 in una villa che possedeva nel popolo di S. Leonardo ad Arcetri (Cerracchini, 1738, p. 698 riporta la data del 9 aprile).
Fonti e Bibl.: Firenze, Arch. dell’Accademia della Crusca, 77, passim; 79, c. 95; 89, cc. 144, 167; 92, c. 21r-v; 83: Catalogo degli accademici della Crusca, c. XXXV; 91, cc. 5, 20, 50r-v, 51; 93, cc. 90, 96; Ibid., Archivio del Capitolo metropolitano fiorentino: Vite e memorie de’ nostri canonici della metropolitana fiorentina scritte dal nostro canonico Salvino Salvini, IV, 1600-1700, a. 1694, cc. n.n.; V, 1700-48, a. 1700, cc. n.n.; Arch. di Stato di Firenze, Cittadinario Scala, S. Maria Novella, c. 9; Raccolta Sebregondi, 3713, cc. n.n.; Firenze, Biblioteca Marucelliana, Mss., A.36, c. 138r; Ibid., Biblioteca nazionale centrale, Magl. IX.96 (Vita di Lorenzo Bellini fiorentino detto Ofelte Nadeo), cc. n.n.; Poligrafo Gargani, 1354, cc. 100-101; 1355, cc. 172-177; 1356, cc. 197-204; Le vite degli Arcadi illustri, I, Roma 1708, pp. 113-122; II, ibid. 1710, pp. 161 s.; G.M. Crescim-beni, Comentarj intorno all’istoria della volgar poesia, II, 1, Roma 1710, pp. 145, 372 s.; Giornale de’ letterati d’Italia, Venezia, I (1710), articolo XIX, pp. 444 s.; III (1710), articolo V, pp. 269-287; XXXVIII (1727), pp. 405 s.; S. Salvini, Fasti consolari dell’Accademia fiorentina, Firenze 1717, pp. 126, 653 s., 661, 665; Sonetti d’arcadi, a cura di G.C. Crocchiante, Roma 1728, p. 189; F. Soldani, Vita del venerabile abate don Piero Migliorotti, Firenze 1730, p. XI; A. Antonini, Rime de’ più illustri poeti italiani, Parigi 1732, p. 229; G.L. Cerracchini, Fasti teologali, Firenze 1738, pp. 697 s.; G. Lami, Memorabilia Italorum eruditione praestantium quibus vertens saeculum gloriatur, I, Firenze 1742, p. 113; Serie di ritratti d’uomini illustri toscani con gli elogi dei medesimi, III, Firenze 1770, p. n.n. [CLXX]; Elogi degli uomini illustri toscani, IV, Lucca 1774, pp. DCCI-DCCVII; S. Salvini, Catalogo cronologico de’ canonici della Chiesa metropolitana fiorentina, Firenze 1782, p. 146; D. Moreni, Notizie istoriche dei contorni di Firenze. Parte sesta e ultima dalla Porta a Pinti fino a Settignano, Firenze 1795, pp. 223 s.; Id., Bibliografia storico-ragionata della Toscana, II, Firenze 1805, pp. 103 s.; V. Monti, Proposta di alcune correzioni e aggiunte al Vocabolario della Crusca, I, Milano 1817, pp. 71-74; Prose e rime inedite del sen. Vincenzo da Filicaia, Firenze 1821, p. 248; F. Zambrini, Cenni biografici intorno ai letterati illustri, Faenza 1837, p. 151; B. Gamba, Serie dei testi di lingua, Venezia 1838, p. 478; Lettere inedite di Lodovico Antonio Muratori scritte a toscani dal 1695 al 1749, a cura di F. Bonaini et al., Firenze 1854; C. Schmidl, Dizionario universale dei musicisti, II, Milano 1938, p. 144; Catalogo degli accademici [della Crusca] dalla fondazione, a cura di S. Parodi, Firenze 1983, p. 161; A. Lazzeri, Intellettuali e consenso nella Toscana del Seicento. L’Accademia degli Apatisti, Milano 1983, p. 113; G. Bianchini, Federigo Nomi e Monterchi (1682-1705). Nuove ricerche, Firenze 1999, p. 93; M.P. Paoli, Anton Maria Salvini (1653-1729). Il ritratto di un «letterato» nella Firenze di fine Seicento, in Naples, Rome, Florence. Une histoire comparée des milieux intellectuels italiens (XVIIe-XVIIIe siècles), a cura di J. Boutier et al., Rome 2005, pp. 503 s., 518.