PARENTI, Marco Antonio
– Di antica famiglia del Frignano nel Modenese, nacque a Montecuccolo il 30 gennaio 1788, primogenito di Luigi Serafino e Livia Giovanardi Giugali. Gli fu imposto il nome del nonno, notaio e amministratore pubblico nel Frignanese. Il padre, avvocato, ultimo governatore della locale podesteria prima della soppressione decretata nel 1796, collaborò con Girolamo Tiraboschi per il Dizionario topografico-storico degli Stati estensi.
Ebbe precettore Antonio Vandelli, latinista di qualche fama e futuro arciprete della pieve di Renno; in seguito studiò per brevissimo tempo alle scuole pubbliche di Modena e, seguendo invece il corso per intero, alla scuola di retorica, dove gli fu maestro Angelo Tuci. Il 3 giugno 1799 fu spettatore dell’espugnazione della rocca e del saccheggio del borgo di Montecuccolo da parte delle truppe francesi del generale Macdonald, con il massacro di quanti avevano tentato di opporre un’inutile resistenza. Nel 1801 venne iscritto al biennio di filosofia presso l’Università di Modena, cui si aggiunse il corso di legge: interrotti gli insegnamenti per il riordino napoleonico delle scuole cittadine e la conseguente soppressione di quella Università (1802), Parenti, dopo una pausa negli studi voluta dal padre, nel 1806 – con il fratello minore Gaetano (1791-1866) – fu avviato a completare la propria formazione a Bologna, dove si laureò in diritto il 10 giugno 1808. Tornato a Modena, si diede alla pratica forense presso l’avvocato Giambattista Veratti, divenuto in seguito presidente del Supremo Consiglio di giustizia. Chiesta senza successo la dispensa per l’esercizio del notariato, vincolante a causa della giovane età (l’ottenne, senza tuttavia farne uso, nel 1814), e pur impegnato in un’intensa attività legale, coltivò in parallelo gli interessi letterari e la poesia.
A questo periodo risalgono il disegno di un vasto poema ispirato alle Metamorfosi ovidiane, interrotto al canto XXIII, gli studi per un’edizione riformata del Furioso e le indagini sul Ricciardetto di Niccolò Forteguerri, rimasti tutti inconclusi. Ampia è la produzione di versi d’occasione, in italiano e in latino. Dal 1812, congetturalmente (Veratti, 1864, p. 27), Parenti diede invece avvio alle ricerche dantesche destinate ad accompagnarlo nei decenni successivi e delle quali passò alle stampe molto più tardi l’apprezzato, ma circoscritto Saggio di una edizione della Comedia di Dante Alighieri secondo i migliori testi (Modena 1843).
Il 9 novembre 1814 fu nominato segretario della consulta di governo a Mirandola dietro richiesta dell’amico Giampietro Paolucci, che ne aveva la presidenza. Qui subì gli effetti dell’avventura politico-militare di Gioacchino Murat, che, incoraggiato dalla notizia della fuga improvvisa di Napoleone dall’Elba, nell’aprile del 1815 si spinse fino nei territori del Ducato di Modena provocando l’allontanamento di Francesco IV, che tuttavia fece ritorno dopo una settimana con l’appoggio delle armi austriache (11 aprile). In quel frangente, Parenti decise di abbandonare Mirandola e riparare a propria volta a Mantova, da dove rientrò in seguito alla restaurazione del potere ducale. Nel luglio del 1815 fu destinato in qualità di addetto alla Segreteria del governo di Modena e il 6 ottobre 1816 contrasse matrimonio con Margherita Vieti, che morì poco meno di un anno dopo.
Proseguivano nel frattempo gli studi letterari, cui fornì impulso decisivo la distribuzione (1818) del primo tomo della Proposta di alcune correzioni e aggiunte al Vocabolario della Crusca di Vincenzo Monti (Milano 1817), nel solco della quale Parenti diede alla luce i tre volumi di Alcune annotazioni al Dizionario della lingua italiana che si stampa in Bologna (Modena 1820-26).
Dimessosi dall’incarico e stipulate nuove nozze con Marianna Bignardi, nel gennaio 1821, malgrado l’iniziale riluttanza, assunse la direzione di uno dei quattro convitti aperti in luogo dell’Università, quello di Mirandola, e la carica di professore di istituzioni criminali e di giurisprudenza forense, cominciando anche una regolare collaborazione con le Memorie di religione, morale e letteratura dirette da Giuseppe Baraldi e, in seguito, da Pietro Cavedoni, al quale subentrò.
In virtù del suo impegno, le Memorie, osservate con benevolenza da Roma e sorrette anche materialmente dal duca, conobbero una vasta diffusione presso il pubblico dei moderati e dei legittimisti, alimentando un’opposizione risoluta ed energica alle tendenze democratico-liberali, grazie al fervore del gruppo cattolico modenese di ispirazione ultramontana che si riuniva presso l’astronomo Giuseppe Bianchi e si batteva per la conformità degli ordinamenti civili ai princìpi religiosi, la funzione educativa dell’arte e un’idea di patria fondata sul binomio di religione e famiglia.
Allo scadere del mandato di direzione del convitto, ottenne di essere trasferito a diverso incarico: nel 1824 fu allora nominato professore di giurisprudenza criminale nel convitto di Modena.
Il 29 gennaio di quell’anno pronunciò un celebre discorso presso l’Accademia di scienze, lettere ed arti, Sulla dottrina della indipendenza naturale dell’uomo (Modena 1825), nel quale sosteneva che le false teorie avessero comportato la dissoluzione della «macchina sociale», poiché gli «inermi scrittori» avevano armato e diretto il «braccio della moltitudine insensata» secondando l’idea della «naturale indipendenza dell’uomo» e della sua «soggezione meramente convenzionale», quando, al contrario, il «buon principe» era «l’immagine della Divinità sulla terra».
Mentre si moltiplicavano gli studi, anche di medievistica (Lezioni varianti d’una celebre canzone provenzale di Rigaut de Barberill, in Giornale arcadico di scienze, lettere ed arti, XX, 1823, pp. 351-359), egli accolse con favore la comparsa (1824) della Storia d’Italia dal 1789 al 1814 di Carlo Botta: in quell’occasione, anzi, le sue parole vennero rese pubbliche, con quelle di altri, nelle Memorie di religione, morale e letteratura e furono poi raccolte in un fascicolo di Osservazioni e giudizi (Modena 1825), alla ricezione del quale l’autore ringraziò Parenti, da Parigi, per l’atto di stima (maggio 1827). Nel campo della letteratura si susseguirono una Scelta di novelle antiche (Modena 1826; dubbi alimentò subito in Giacomo Leopardi – che meditava attorno alla propria Crestomazia – la voce secondo cui la collezione della Scelta di prose e poesie del buon secolo di nostra lingua si sarebbe composta di ben «venti volumi! numero da spaventare, non da allettare la gioventù»); le Vite di ss. Padri tratte dal volgarizzamento di f. Domenico Cavalca (Modena 1827) e le Novelle scelte di ser Giovanni Fiorentino (Modena 1830); nonché le filocesariane Riflessioni intorno all’epistole del p.m. Francesco Villardi al signor Cecco Filalete sopra la lingua italiana, il poema di Dante e altro appartenente al buon gusto (Modena 1828), le due lettere Al signor Gaetano Majocchi di Cento sopra alcuni testi a penna di prose e di poesie italiane (Modena 1828-29) e le Osservazioni sopra un antico frammento ms. provenzale in pergamena spettante alla biblioteca comunale di Lugo (in Giulio Perticari, Opere, II, Bologna 1839, pp. 359-365).
Dopo un viaggio a Roma per il giubileo del 1825 e a Napoli insieme con il suocero, superato anche l’ostacolo, al ritorno, di una grave malattia (in seguito allo scampato pericolo volle tradurre in versi italiani il Cantico d’Ezechia latino di Pietro Rossi), Parenti poté dare seguito proficuo alle sue occupazioni (sono del 1826 alcune non trascurabili Riflessioni sulla mitologia e sul romanticismo, ospitate nelle Memorie di religione, morale e letteratura); esauritesi le inquietudini sollevate dalla congiura di Ciro Menotti nel febbraio 1831, per reazione agli eventi contribuì a fondare (5 luglio) il periodico conservatore La voce della verità (cessato il 28 giugno 1841), la cui guida venne affidata a Cesare Galvani e che fra i collaboratori ebbe Monaldo Leopardi (per la sua Voce della ragione scrisse anche Parenti). Subentrò quindi a Galvani come direttore quando questi assunse il sacerdozio (1836) e intensificò, accanto alla nuova attività, una pratica di studio che lo confermava versato tanto nelle investigazioni letterarie (nota è la sua opposizione alla moda del romanzo, da Walter Scott ad Alessandro Manzoni), quanto – da purista non arcaista (Sorbelli, in Pavullo XIV, 1903, p. 28) e non ostile alle idee moderate di Perticari – nelle dispute di argomento linguistico e lessicografico. Si dedicò anche alla pedagogia: nel 1839 ideò e diede alle stampe fino al 1861, nelle festività natalizie, le Strenne per la studiosa gioventù (che proposero cinque fascicoli annuali di un Catalogo degli spropositi e diciotto di Esercitazioni filologiche).
Trascorse così un periodo di tranquillità (del 1840 è una vivace schermaglia con Giovanni Gherardini), ma, dopo avere assistito da lontano e con distacco agli eventi politici del 1848-49 (di cui a Bologna il genero Giovanni Giuseppe Bianconi, invece, si compiaceva), diversamente dal fratello Gaetano, di orientamenti liberali, Parenti fu testimone, angustiato e ostile, dell’esilio di Francesco V e poi della dittatura di Luigi Carlo Farini nelle costituite Regie Province dell’Emilia (1859-60): una rivoluzione dinanzi alla quale egli chiarì le proprie scelte assumendo la guida del giornale Il difensore (il primo numero circolò il 5 genn. 1861), che raccoglieva il lascito della Voce della verità dando spazio ai timori di un sempre più indebolito partito legittimista negli Stati estensi.
Al suo arrivo, Farini aveva provveduto a destituire dai rispettivi incarichi i professori su cui gravava il sospetto di una persistente fedeltà verso la decaduta casa regnante. Parenti, cui venne risparmiata l’umiliazione del congedo forzato dal ruolo, visto il suo rifiuto di prestare giuramento al nuovo governo, il 13 luglio 1859, ancora sofferente per i postumi di una malattia, subì l’esonero dalla propria funzione tramite una «dispensa, ch’ei non avea sognato di chiedere» (Veratti, 1864, p. 66). La vicenda si chiuse il 22 gennaio 1860 con la nomina dell’avvocato Giuseppe Pica, dopo che fin dal 5 ottobre dell’anno prima era stata dichiarata vacante e «aperta al concorso» – come Parenti annotò con amarezza nel suo Diario – la cattedra di diritto criminale nella risorta Università modenese. In cambio, a motivo della fama di cui godeva in città e nella penisola, gli fu offerta la presidenza della neofondata Commissione per i testi di lingua (1860), che rifiutò.
Negli anni era stato accolto in molte associazioni accademiche: dalla Crusca (1825) all’Arcadia (con lo pseudonimo di Teagene Caunio, custode Loreto Antonio Santucci, 1827-28), dalla Rubiconia dei Filopatridi di Savignano (1849) alla Deputazione di storia patria di Modena (1860). Malgrado la varietà dei suoi interventi (notevoli le dissertazioni sulla mendicità e sul «miglior sistema di rapporti» fra il proprietario e il colono, a stampa Modena nel 1853-54) e l’abbondante produzione poetica, la fama del Parenti letterato restò legata agli studi danteschi, in buona parte ancora inediti.
Essi presero nuovo vigore dalle sollecitazioni del filologo veronese Bartolomeo Sorio, che durante la visita di Pio IX a Modena nel 1857 incontrò Parenti e ne incitò l’applicazione sistematica al testo della Commedia: nacquero così le pagine Sopra alquante varie lezioni del poema di Dante preferite da’ moderni editori od illustratori a quelle del testo comune, nella prima serie degli Opuscoli religiosi, letterari e morali, 1858-60 (eredi delle Memorie). Oltre al già citato Saggio, sopravvivono una grossa mole di appunti relativi al commento perpetuo della Commedia, collazioni di alcuni testimoni dell’opera, estratti di lavori altrui e una ricca corrispondenza dantesca (con Giuseppe Campi, Celestino Cavedoni, Angelo Pezzana ecc.). Dal carteggio con il concittadino Campi (1823) si apprende che, avendo egli fornito varie schede alla padovana Società della Minerva per un nuovo commento del poema, a Parenti si era pensato per un’edizione del Convivio, per la quale vennero infine preferiti, tuttavia, Gian Giacomo Trivulzio e Vincenzo Monti.
Ormai estromesso dalla vita pubblica cittadina, Parenti si spense a Modena il 23 giugno del 1862.
Fonti e Bibl.: Montecuccolo, Archivio parrocchiale, Libro secondo dei battezzati, p. 35; Archivio di Stato di Modena, Stato civile austro-estense, reg. 1529, atto 856/1862; Firenze, Accademia della Crusca, Archivio, Diario I, p. 519; Roma, Biblioteca Angelica, Arcadia, Archivio, 10, c. 99v; Modena, Biblioteca Estense, It. 1087 (= α.L.6.71) (corrisp. con Baraldi); It. 1291 (= α.U.1.7) (corrisp. con C. Cavedoni); It. 1854 (= β.2.1.7c (corrispondenza. con G. Riccardi); Fondo Parenti (25 buste con appunti danteschi, corrisp. con G. Campi, C. Cavedoni, V. Monti, A. Pezzana, A. D’Ancona e altri, documentazione sulla Voce della verità); Raccolta Sorbelli (Diario, scritti, carteggi, lettere della famiglia Bianconi); Raccolta Ferrari Moreni, Famiglie modenesi, 84 (5); 85 (1-2); 86 (1); Bologna, Biblioteca comunale dell’Archiginnasio, Fondo speciale Parenti (sei buste con studi danteschi, corrisp. di Bianconi e documentazione sulla Voce della verità); Autografi, LIII, 14.140; CX, 24.506; Autografi Pallotti, XXIV, 1467; Autografi Landoni, ad nomen; Poppi, Biblioteca Rilliana, Raccolte Muzzi e Pellegrini, 359 (corrisp. con L. Muzzi); Archivio di Stato di Reggio Emilia, Carte Prospero Viani, Carteggio, s. I, 5 (corrisp. con P. Viani); Firenze, Biblioteca nazionale, Carteggi vari, 43 (corrisp. con L. Fornaciari); 178 (corrisp. con P. Fanfani); Prato, Biblioteca Roncioniana, Carte Guasti, C.339 (corrisp. con G. Guasti).
Necrologia, in Il difensore, 26 giugno 1862; L. Maini, Necrologia, in Opuscoli religiosi, letterari e morali, s. 1, X, Modena 1862, pp. 282-289; B. Veratti, Della vita e degli studi del prof. cav. M.A. P. accademico della Crusca con appendice di poesie inedite o rare del medesimo, Modena 1864; F. Parenti, Padre e zio. Lettera al Fanfulla, Bologna 1873; Corrispondenza tra G. Tiraboschi, L.S. Parenti e A.P. Ansaloni, a cura di V. Santi, Modena 1894; V. Santi, M.A. P., in Atti e memorie della R. Deputazione di storia patria per le Provincie modenesi, s. 4, X (1901), pp. 319-361; Il Cimone. Corriere del Frignano, XIII, n. 9, settembre 1902 (in part. V. Santi, M.A. P. e i suoi studi filologici e Id., M.A. P. e Vincenzo Monti, pp. 3 s.); Pavullo XIV settembre MCMII. Onoranze a M.A. P., Bologna 1903 (in partic. il discorso inaugurale di A. Sorbelli, pp. 15-33); L. Fornaciari, Lettere inedite, a cura di G. Canevazzi, Modena 1905, passim; Id., Alcune lettere a M.A. P., a cura di G. Cavazzuti, Modena 1906; P. Prunas, Dal carteggio inedito di Cesare Galvani a Marcantonio Parenti, in Miscellanea di studi critici pubblicati in onore di Guido Mazzoni, II, Firenze 1907, pp. 389-404; E. Clerici, La «Voce della Verità» gazzetta dell’Italia centrale, in Nuova antologia, 16 ottobre 1908, pp. 646-655; B. Ricci, Dal carteggio Baraldiano, Carpi 1912, pp. 10-12; G. Canevazzi, Per la fortuna di Dante a Modena, Modena 1921, pp. X-XLVII, 43-156; V. Monti, Epistolario, a cura di A. Bertoldi, V-VI, Firenze 1930-31, ad indices; Inventari dei manoscritti delle biblioteche d’Italia, LVII, Firenze 1934, p. 250; LIX, Firenze 1935, pp. 7-11, 14 s.; LXI, Firenze 1935, pp. 54, 82, 115 s., 173-186; LXXII, Firenze 1940, pp. 92 s., 183 s.; T. Ascari, Gli studi danteschi di M.A. P., in Rassegna frignanese, VII (1962), pp. 13-19; G. Boccolari, Commemorazione di M.A. P. nel primo centenario della morte, Modena 1963; A. Berselli, Movimenti politici e sociali a Modena dal 1796 al 1859, in Aspetti e problemi del Risorgimento a Modena, Modena 1963, pp. 39-42; F. Bojardi, M.A. Parenti: biografia del sanfedismo modenese, ibid., pp. 209-217; G. Mazzoni, L’Ottocento, I, Milano 1964, p. 302; G. Azzi, Modena 1859-1898, Modena 1970, pp. 180-182; A. Vallone, Marcantonio P., in Enciclopedia dantesca, IV, Roma 1973, pp. 296 s.; M. Fanti, Consistenza e condizioni attuali delle raccolte manoscritte della Biblioteca comunale dell’Archiginnasio, in L’Archiginnasio, LXXIV (1979), p. 26 n. 129; Accademia della Crusca, Catalogo degli Accademici dalla fondazione, a cura di S. Parodi, Firenze 1983, p. 296; L. Avellini, Le discipline letterarie nell’Università postunitaria fra nazione ed Europa classicimso e comparatistica a Bologna 1860-1870, in Annali di storia delle Università italiane, I (1997), pp. 127-129; G. Leopardi, Epistolario, a cura di F. Brioschi - P. Landi, II, Torino 1998, p. 1269; G. Montecchi, Itinerari bibliografici, Milano 2001, p. 116; E. Bianchini Braglia, M.A. P., in Il ducato. Terre estensi, 2009, n. 30, pp. 28-43.