SORGENTE, Marco Antonio
– Nacque a Napoli intorno alla metà del XVI secolo, da Giacomo (figlio di Luigi e di Virginia Pignone) e da Cantelma Freccia.
La famiglia, iscritta al seggio nobiliare di Montagna, vantava una storia illustre. Vari Sorgente avevano rivestito cariche prestigiose sin dal tempo della regina Giovanna (1343-81). Nel 1471 un Andrea era stato giudice della Corte della Bagliva, per la piazza di Montagna; il nonno di Marco Antonio, Luigi, nel 1497 era mastro razionale della Zecca (Aldimari, 1691, pp. 465 s.). Inoltre, i Sorgente erano strettamente imparentati con la famiglia dei Freccia o Frezza (De Lellis, 1671, p. 167); il celebre giureconsulto Marino Freccia era zio di Marco Antonio per parte materna.
Marco Antonio ebbe vari fratelli: Muzio, avvocato fiscale e presidente della Regia Camera della Sommaria; Giovan Francesco, ambasciatore; Mario, laureato in utroque iure, regio consigliere e governatore della provincia di Principato Citra e di Basilicata; Fabio, che fu nella milizia degli ausiliari, istituita dal viceré Íñigo López de Hurtado de Mendoza, marchese di Mondejar.
Non ancora venticinquenne, Sorgente, avendo dato prova di grande cultura giuridica, fu chiamato a insegnare allo Studio di Napoli; nel 1577 era lettore di ius civilis: insieme con altri lettori, presentò una supplica al viceré per ottenere un aumento di stipendio. Fu lettore di «testi, Glosse, e Bartolo» (Origlia, 1754, p. 45) per il resto della vita.
Nella scarsità di notizie su Sorgente, risulta particolarmente utile quanto leggiamo nella Historia della città e Regno di Napoli (1602) di Giovann’Antonio Summonte, in cui lo storico accenna ad alcune epigrafi che testimoniavano il passato di antica repubblica della città di Napoli. Una di esse si trovava a Cuma e per Summonte era «in vero colpa gravissima di Ministri non farla condurre a Napoli, e reporla in luogo magnifico per ornamento, e gloria di questa Città», e aggiungeva che ne aveva parlato più volte «con la buona memoria del Dottor Marc’Antonio Sorgente, Cavaliero di molta qualità, amator della patria, e intelligentissimo di tutte le buone discipline (che se non fusse stato prevenuto dalla morte) dissemi voler mandar egli in esecuzione questo lodevole pensiero» (p. 116; Di Franco, 2012, p. 302). Sorgente, evidentemente, condivideva con Summonte il desiderio di ricostruire la storia delle istituzioni della patria napoletana, così da dare forza al comune desiderio di un governo cittadino che si avvalesse pienamente delle più virtuose parti della città. Morì a Napoli nel 1596.
Unica sua opera nota è il trattato De Neapoli illustrata liber unicus, cum annotationibus Mutii fratris olim Quaestoris Parricidii, et Regii Patrimonii Curatoris: Ubi, praeter Praefecti Praet. cum Vicerege, reliquorumque antiquorum Magistratuum cum nostris, comparationem, eorumque potestatem, atque inter se, tum publice, tum privatim, ordinem, et praecellentiam..., edito postumo a Napoli, per i tipi di Felice Stigliola nel 1597, a cura del fratello maggiore Muzio, che subentrò a Marco Antonio nella rielaborazione di appunti e materiali destinati alla pubblicazione. Una nuova edizione uscì nel 1602, ancora a Napoli, per l’ex tipografia di Tarquinio Longo, con il titolo di Aureus tractatus Praefecti Praetorii Reliquorumque Antiquorum Magistratuum, cum Vicerege aliisque Magistratibus nostris temporis comparationem continens...; il nuovo titolo fu dato da Muzio, poiché gli fu fatto notare che non vi era corrispondenza tra il titolo precedente e il contenuto dell’opera.
Pietro Manzi (1968) ha osservato che la prima edizione del trattato di Sorgente ‘è fra le più belle dello Stigliola, degna di stare al confronto dell’Istoria naturale dell’Imperato’ (p. 33). La stamperia, che fu in vita soltanto dal 1593 al 1606, era punto di riferimento dei ‘maggiori scrittori di Napoli e del Regno. A lui [Stigliola] fecero capo i giureconsulti e maestri dello studio napoletano’ (ibid.); nonché personaggi della cultura napoletana ‘in odore di eterodossia (Giulio Cesare Croce, Giovan Battista della Porta)’ (Fulco, 2002, p. 483). A impreziosire l’edizione è un frontespizio con il ritratto di un gentiluomo (verosimilmente lo stesso Sorgente) con la gorgiera, con in una mano un libro e nell’altra una spada e sotto l’iscrizione «Unio rara».
Francescantonio Soria (1781) non ha nascosto il suo scarso apprezzamento per l’opera di Sorgente, che ha definito una «bottega», in cui ognuno trova ciò che vuole. Tratta infatti materie diverse, dalla zecca all’annona, alle magistrature, agli ambasciatori, ai teatri, ai giochi: le ‘quali cose però sono così sconnessamente, ed a salti gittate, che poco vi vuole che non mandino un povero cristiano all’ospedale de’ matterelli’ (p. 561). Tuttavia, il trattato di Sorgente può essere assimilato alla memorialistica nobiliare di quegli anni, piuttosto critica nei confronti dei togati; alle spalle vi erano le trasformazioni profonde che il viceré don Pedro de Toledo aveva apportato alle istituzioni cittadine, marginalizzando la nobiltà a favore del ceto dei togati. Sorgente fa nella sua opera numerose puntualizzazioni, che vanno nel senso di un loro ridimensionamento (soprattutto nel capitolo XVII): ‘I magistrati delinquenti devono essere puniti più gravemente che i privati’; ‘I ladri devono essere considerati come plebei’; ‘Il magistrato negligente deve essere espulso dall’ufficio, perdere il salario; e può essere punito con la pena capitale’; ‘Quelli che comprano la nobiltà o il titolo o la magistratura non sono veri nobili né titolati, né magistrati’. Non mancano poi osservazioni critiche sulla concentrazione degli uffici nelle mani di uno solo e la rivendicazione dell’opportunità che i magistrati fossero eletti nelle fila della nobiltà. Ai nobili si doveva, secondo Sorgente, anche riservare il diritto a insegnare (capitolo XVII, punto 16, in cui spiega che il diritto civile presso i Romani era appunto insegnato solo dai nobili). Nello stesso tempo, Sorgente, paragonando il viceré al prefetto del pretorio, evidenzia i limiti del suo potere, pur concedendogli somma potestas, ma solo in funzione del pubblico bene (capitolo XVIII). Sorgente senz’altro condivide un tentativo, che fu anche di Marino Freccia, di far riguadagnare prestigio alla nobiltà attraverso il sapere storico e giuridico e un’etica aristocratica.
Fonti e Bibl.: S. Mazzella, Descrittione del Regno di Napoli, nella quale s’ha piena contezza, così del Sito d’esso, de’ nomi delle Provintie antiche, e moderne, de costumi de’ Popoli…, Napoli 1601, pp. 673 s.; G.A. Summonte, Historia della città e Regno di Napoli…, Napoli 1602, p. 116; A. Possevino, Apparatus sacri…, II, Coloniae Agrippinae 1608, p. 57; C. De Lellis, Discorsi delle famiglie nobili del Regno di Napoli, III, Napoli 1671, p. 167; N. Toppi, Biblioteca napoletana, et apparato a gli huomini illustri in lettere di Napoli, e del Regno…, Napoli 1678, pp. 166, 179; B. Aldimari, Memorie historiche di diverse famiglie nobili, così napoletane, come forastiere, Napoli 1691, pp. 465 s.; G.B. Tafuri, Istoria degli scrittori nati nel Regno di Napoli, III, 2, Napoli 1752, pp. 359-363; ibid., 4, 1755, pp. 76 s.; G. Origlia, Istoria dello Studio di Napoli…, II, Napoli 1754, pp. 46 s.; F. Soria, Memorie storico-critiche degli storici napoletani, I, Napoli 1781, pp. 560-562; L. Giustiniani, Memorie istoriche degli scrittori legali del Regno di Napoli, III, Napoli 1788, pp. 180 ss.; Bilanzo per Arbitrio del Real Patrimonio de questo Regno del anno V Indictionis 1591 et 1592, a cura di N. Faraglia, in Archivio storico per le province napoletane, I (1876), pp. 394-434; P. Manzi, La tipografia napoletana del ’500. Annali della Stamperia Stigliola a Porta Reale in Napoli (1593-1606), Firenze 1968, p. 33; R. Colapietra, Gli Aquilani d’antico regime davanti alla morte (1535-1780), Roma 1986, pp. 53-55; A. Cernigliaro, Patriae leges. Privatae rationes. Profili giuridico-istituzionali del Cinquecento napoletano, Napoli 1988, p. 430; G. Muto, ‘I segni d’honore’. Rappresentazioni delle dinamiche nobiliari a Napoli in età moderna, in Signori, patrizi e cavalieri in Italia centro-meridionale nell’età moderna, a cura di M.A. Visceglia, Roma-Bari 1992, pp. 171-192 (in partic. p. 175); G. Galasso, Alla Periferia dell’impero. Il Regno di Napoli nel periodo spagnolo, Torino 1994, p. 247; M.N. Miletti, Tra equità e dottrina. Il sacro regio consiglio e le “Decisiones” di V. De Franchis, Napoli 1995, pp. 100, 165, 171, 219, 234; F. Starace, Un disegno appartenuto a Colantonio Stigliola (1546-1623), in Napoli nobilissima, XXXVIII (1999), pp. 121-128; G. Fulco, Documenti inediti e addenda per la stamperia Stigliola, in La «meravigliosa» passione. Studi sul barocco tra letteratura e arte, Roma 2002, pp. 481-505; S. Di Franco, Alla ricerca di un’identità politica. Giovanni Antonio Summonte e la patria napoletana, Milano 2012, pp. 282, 302, 328; R. Pilati, Arcana seditionis. Violenze politiche e ragioni civili. Napoli 1547-1557, Napoli 2015, pp. 267-269.