BOSCHINI, Marco
Nacque a Venezia nel 1613 da Gianantonio e da una Eleonora. Ancora giovanissimo entrò nella bottega di Palma il Giovane (cfr. Breve instruzione, c. XXXVIIIr) - morto nel 1628 - e più tardi imparò l'arte dell'intaglio da Odoardo Fialetti. Nel 1635 sposò Felice Bocchi dalla quale ebbe vari figli, fra cui due maschi. Visse quasi sempre a Venezia, in calle del Figher a San Marcuola; frequentò anche Padova, Vicenza e Treviso, nelle cui province aveva delle proprietà. Per rendere omaggio a principi e potenti si recò a Trieste, Modena, Parma, Cremona, Bologna.
L'aspetto fisico del B. ci è documentato da una sua incisione, ricavata da un ritratto disegnato da Pietro Bellotto. La data della morte è incerta: secondo il Melchiori avvenne nel 1678, mentre da alcuni documenti risulta che nel 1704 egli era ancora vivo (Pallucchini, in Boschini, 1966, p. XVII).
Il B. esercitò varie attività: la sua vera professione era quella di commerciante di perle false e conterie di vetro. Spesso veniva richiesto per stime in occasione di eredità, o quale esperto e mediatore per la vendita e l'esportazione di opere d'arte.
Fra i suoi "clienti" vanno ricordati l'ambasciatore di Spagna marchese di Las Fuentes, il duca di Mantova, Alfonso IV di Modena, il collezionista e confidente dei Medici Paolo Del Sera, che nel 1654 per 8.000 piastre vendeva tutta la sua raccolta al cardinale Leopoldo de' Medici.
Uno scrittore contemporaneo, il Martinioni, afferma che il B. era "così pratico e intendente della Pittura e di conoscer le maniere de' pittori che e prencipi e altri personaggi di stima facevano capo a lui si per accrescere le lor galarie, sì anco per formarne".
Il principale "cliente" del B. era il cardinale Leopoldo de' Medici che, seguendo i principi di Galileo, intendeva mettere insieme in modo organico una collezione ove fossero presenti tutte le scuole e ogni artista fosse rappresentato da un autoritratto, da qualche disegno e da un dipinto che ben documentasse il suo stile. Accanto al Baldinucci, incaricato per la scuola toscana e al Malvasia per quella bolognese, al B. era affidato il compito di completare la documentazione relativa alla scuola veneziana. Era fiero delle sue scelte e non sopportava che si mettesse in dubbio il suo giudizio: "E quando al museo la mia prattica - scrive in una lettera del 29 sett. 1674 - non mi concedesse di conoscer la mano d'un auttore nostro veneziano, mi tenirei incapace di tutto il resto..." (in L. e U. Procacci, p. 92).Per la sua professione e il suo amore per la pittura veneziana il B. era spesso chiamato ad accompagnare personaggi ed artisti forestieri negli edifici pubblici e nelle collezioni private di Venezia. Per questo e per il carattere dialcuni suoi libri egli è ricordato come il "Cicerone di Venezia".
La fama del B. è affidata particolarmente alle sue attività editoriali, quale scrittore e illustratore di libri a stampa. Le sue pubblicazioni hanno il valore di un documento della situazione artistica di Venezia intorno alla metà del Seicento e di diretta testimonianza di una delle più vivaci posizioni della critica artistica dell'età barocca.
Nel 1635 pubblicò la Tariffa del cambio degli scudi forestieri, arricchita con due incisioni. Del 1660 è la sua opera più famosa, La Carta del navegar pitoresco,dialogo tra un Senator venetian deletante,e un professor de pitura soto nome d'ecelenza e de compare,compartì in oto venti con i quali la Nave veneziana vien conduta in l'alto Mar dela Pitura,come assoluta dominante de quelo, a confusion de chi non intende el bossolo della calamita (della Carta, di difficile lettura anche per i Veneziani, esiste presso la Bibl. Marciana di Venezia [ms. It., IX, 705]una traduz. in prosa di L. Filippini [1966]);ed. anast., Venezia 1965; ed. crit. a cura di A. Pallucchini, Venezia-Roma 1966. Nel 1663 pubblicò il Funeral fato de la pitura venetiana per el pasazo da la terena a la celeste vita del Ser.mo de Modena Alfonso el IV a Madama Ser.ma Laura duchesa de Modena regnante...". Nel 1664 stampò Le Minere della pittura,compendiosa informazione... non solo delle pitture publiche di Venezia, ma dell'Isole ancora circonvicine. Nel 1674 il B. ripubblicò Le Minere della pittura, ampliate, con il titolo Ricche minere della pittura veneziana. Le due edizioni sono illustrate da sette incisioni; in quella del 1674 muta solo l'incisione con l'Allegoria della pittura. Di particolare interesse è la Breve instruzione per intender in qualche modo le maniere degli auttori veneziani, che precede le Ricche minere e che costituisce il panorama più organico che il B. ci abbia lasciato sulla pittura veneziana (pubbl. con La Carta..., a cura di A. Pallucchini, cit., pp. 703-756).
Nel 1720 un autore anonimo, ispirandosi alle Minere, pubblicò a Venezia, in due volumi, Il Gran Teatro delle pitture e prospettive di Venezia con l'indice et con l'esposizione delle medesime... Nel 1733 A. M. Zanetti pubblicò una Descrizione di tutte le... pitture de la città di Venezia e Isole circonvicine,o sia Rinnovazione delle ricche minere di Marco Boschini,colla aggiunta di tutte le opere che uscirono dal 1674 sino al presente 1733...con un compendio delle vite e maniere de' principali pittori. Finalmente, nel 1793, seguì l'edizione in due volumi dello stesso testo pubblicata a Venezia dal Tosi con il titolo: Della pittura veneziana trattato in cui osservasi l'ordine del Busching (sic per Boschini).
Nel 1677 uscirono I gioieli pittoreschi,virtuoso ornamento della città di Vicenza, cioè l'endice di tutte le pitture publiche della stessa città (una ediz. anastatica, con present. di N. Ivanoff, è stata pubbl. a Firenze nel 1965). Per la documentazione necessaria alla stesura di quest'opera il B. si recò a Vicenza dal 20 luglio 1674 al 10 maggio 1675.
Si ricordano altri suoi scritti, quali La Reggia terrena de i Dei descrizzione del sontuoso Palazzo del Serenissimo di Mantova a Maderno (cit. da Martinioni) e Venetia aflita per la morte del prencipe Almerigo d'Este,lagreme destilae da la pena da M. B., Venezia 1661.
Nel 1670, in onore di don Sebastian Cortizzos di Calatrava, pubblicò La Regata,unico cimento maritimo a l'uso veneziano, una composizione in versi ove ridonda l'amore del B. per la sua città: "Che 'l Mobile al'Immobile sia base? / Che 'l greve sora al liquido se fonda? / Che i Monti staga in piè dreti s'un'onda / E forma Archi, e Trionfi, e Regie, e Case?".
Il Mazzuchelli (n. IX) ricorda un ms. del B., ora introvabile: L'autunno dell'anno 1663,pieno di morte e malattie,de M. B.,che ha patìo l'influenza dell'anno. In quartine veneziane si trovava in una Miscell. d'operette della biblioteca di A. Zeno.
Altre opere del B., a quanto risulta, restarono allo stadio di progetto. Fra queste una Dichiarazione sulle opere che si trovano nelle case di molti cavalieri e altri intendenti e dilettanti di pittura in Vicenza e la Tartana pittoresca, che avrebbe dovuto costituire una specie di continuazione della Carta (cfr. Melchiori).
Il B. si dedicò "più per diletto che per altro", come testimonia il Del Sera in una sua lettera, alla pittura. Una sua Cena di Cristo con gli Apostoli, che un tempo si trovava nella cappella maggiore delle monache di S. Gerolamo in Venezia, a quanto scrive P. A. Novelli che la poté vedere, mostrava l'influsso di Palma il Giovane. Il Martinioni ci parla di altre pitture in case private e in chiese di Venezia, nonché di piccoli dipinti presso privati in provincia di Padova. Dalle lettere inviate al cardinal Leopoldo de' Medici abbiamo finalmente notizia di copie eseguite su tela dal B. da pitture del Padovanino, da Gerolamo Bassano (un Ritratto di Iacopo da Ponte, ora probabilmente conservato negli uffici della Soprintendenza alle Gallerie di Firenze), da Paolo Veronese (la riproduzione di un Ratto d'Europa, inviata al cardinal Leopoldo, che era in trattative per l'acquisto, quale "saggio dell'originale"). Il B. aveva messo insieme una raccolta di ritratti dei migliori artisti veneti, da lui stesso disegnati su "ormesini e su raso bianco". Perduto il disegno con la Presentazione al Tempio, che un tempo apparteneva alla collezione di P. A. Novelli, smarrita ogni traccia delle miniature, delle pergamene e delle "cose meravigliose che ingannano l'occhio", decantate dagli scrittori secenteschi, del B. disegnatore rimane un piccolo foglio, conservato presso le Gallerie dell'Accademia di Venezia, che rappresenta l'Angelo della Fama.
A completare il quadro delle attività e delle esperienze compiute dal B. si ricorda che egli si è anche dedicato al restauro di opere d'arte, ripristinando il dipinto di Pietro Liberi raffigurante la Predicazione di s. Francesco Saverio che ancora si trova nella chiesa dei gesuiti in Venezia.
Il giudizio sul merito artistico del B. ora si basa quasi esclusivamente sulle sue incisioni, la più notevole delle quali è il Tempio eretto alla Beata Vergine Maria della Salute,conforme il modello di Baldassarre Longena e Pompa con cui processionalmente si portò il Serenissimo Principe alla visita la prima volta (1644). L'incisione al bulino e all'acquaforte servi al B. per completare la sua opera di divulgatore; i suoi libri a stampa (la Carta, il Funeral, le Minere, le Ricche minere,I gioielli pittoreschi), infatti, sono arricchiti con riproduzioni grafiche, che, meglio delle copie in pittura, a suo giudizio, erano in grado di tradurre lo stile e il carattere dei dipinti originali. Mentre il Ridolfi, seguendo l'esempio del Vasari, illustrò le sue Vite degl'illustri pittori veneti (Venezia 1648) con dei ritratti, il B., a complemento del testo, preferì presentare un'opera tipica di quegli autori contemporanei che figurano nella Galleria immaginaria incisa a corredo della Carta del navegar.
Si ricordano inoltre tredici incisioni pubblicate negli Apparati scenici per lo Teatro Novissimo di Venezia nell'anno 1644,d'invenzione e cura di Iacomo Torelli da Fano,descritti da Masolino Bisaccioni ed intagliati da Marco Boschin, Venezia 1644; le sessantuno incisioni di Il Regno tutto di Candia delineato a parte a parte et intagliato..., Venezia 1645 (riedito poi nel 1651); L'Arcipelago con tutte le isole,scogli,secche e bassi fondi,con i mari,golfi,seni,porti,città e castelli nella forma che si vedono al tempo presente; con una succinta narrativa dei loro nomi,favole,et historie tanto antiche quanto moderne, illustrato da cinquanta incisioni, Venezia 1658; Cartusia inclytae Venetiarum urbis, senza data (tre inc.); La Dalmazia e l'Albania (in due grandi fogli s.d., introvabili, cit. solo da Martinioni).
L'attività di cosmografo, come egli stesso si definisce, o di "geographo", come lo chiama il Martinioni, si completa con l'incisione del territorio vicentino di cui lo stesso B. ci parla nella premessa dei Gioieli pittoreschi (esemplari alla Bertoliana di Vicenza e alla Comunale di Treviso). Vanno finalmente ricordate alcune stampe, edite in varie occasioni, riprese da dipinti di Tiziano (l'affresco con la Danae, del Fondaco dei Tedeschi), di Pietro Liberi (pala di S. Francesco Saverio ai gesuiti), dello Strozzi (Ritratto del doge Erizzo), di Tiberio Tinelli (Ritratto di Iacopo Pighetti); il Ritratto del Generale Provveditore di Creta Nicolò Delfino (1647), quello di G. M. Bossa Baba,voivoda della Valacchia, ecc.; incisioni dal Tintoretto (Carro di Diana;l'affresco raffigurante Mani e piedi sulla facciata di Ca' Soranzo in rio dell'Angelo; Mercurio e le Grazie, in palazzo ducale); ecc.
Il B. viveva in quotidiano contatto con i pittori veneziani del suo tempo. Si ricordano i suoi rapporti con Domenico Tintoretto, Gabriele e Giuseppe Caliari, Leandro Bassano, Palma il Giovane, Alessandro e Dario Varotari, Pietro Vecchia, Sebastiano Bombelli, Gerolamo Forabosco, Nicolò Renieri, Carlo Loth, Pietro Bellotto, Ermanno Stroiffi, che lo informava su Firenze, Pietro Liberi che gli portava notizia delle opere d'arte veneta che si trovavano a Vienna. Fu inoltre in rapporto con artisti forestieri come Gian Maria Mitelli, Pietro da Cortona, e forse anche con il Velázquez.
"Ho conosciuto e praticato Gabriele [Caliari, il figliolo di Paolo], e ho tutto molto bene raccolto dalla sua bocca medesima. Questa veramente è quella maniera che, quasi lucido sole, si fa distinguere dall'altre stelle." (Breve instruzione, c. XXXVIIv).Il B. ricorda di avere raccolto tutte le notizie sull'arte del Bassano da suo figlio Leandro e per dare maggior valore alle sue parole, a proposito del Tintoretto afferma di aver parlato "come dalla bocca di Dominico Tintoretto mi fu detto e acertato"; per l'arte di Tiziano egli ricorre alla fonte più autorevole, ai "racconti che mi furono da quel sì erudito Palma partecipati" (ibid., c. XVII).
Per questi continui rapporti con la vita artistica del suo tempo e per lo scrupolo con cui ha sempre sentito il bisogno di documentarsi, i testi del B., spogliati dall'enfasi barocca, conservano l'indiscusso valore di una diretta testimonianza. Il suo maggior impegno era quello di giungere a individuare e a riconoscere la maniera dei pittori veneziani: anche le sue riproduzioni a bulino del resto facevano parte del suo metodo e costituivano un eccellente pretesto per esaminare con la massima attenzione l'opera d'arte. I contatti con Leopoldo de' Medici, che aveva avuto il grande merito di fondare nel 1657 l'Accademia del Cimento, contribuirono ad inserire ancora più tenacemente il B. nel clima scientifico del Seicento.
Le elencazioni, i cataloghi e gli indici raccolti e pubblicati dal B. saranno considerati anche in seguito la base e il fondamento della migliore letteratura artistica veneziana. Ma sono la sua sensibilità di pittore, la sicurezza di giudizio che gli deriva dalla sua profonda conoscenza delle tecniche artistiche e il suo entusiasmo di appassionato indagatore di Venezia che rendono ancor oggi viva la sua opera. L'attività critica del B. si fonda su un sistema che comprende praticamente quattro fasi che corrispondono a quattro tipi di pubblicazioni.
Sia per Venezia, sia per Vicenza, egli partì dalla ricognizione topografica del territorio; in un secondo momento passò alla descrizione analitica e all'inventario delle opere d'arte delle singole località; con la Breve Instruzione cercò, quindi, di presentare un panorama che in modo sintetico coordinasse tutte le ricerche e le esperienze precedenti; infine, nella Carta del navegar pitoresco, non si limitò alle valutazioni tecniche e alle sue esperienze di conoscitore, ma ricorse all'ausilio di ogni arte e di ogni mezzo per tradurre in parole e trasmettere al lettore l'emozione suggerita dai capolavori della pittura.
La Carta del navegar pitoresco è un poema di cinquemilatrecentosettanta quartine in lingua veneziana, diviso in otto canti che corrispondono alle otto parti della rosa dei venti. Ogni "Vento" è preceduto da un riassunto, il cui autore, secondo A. Pallucchini, sarebbe un amico del B., il pittore padovano Dario Varotari. Protagonista del poema è un senatore veneziano (probabilmente Giovanni Nani) cui un "Professor di pittura" - lo stesso B. - insegna come riconoscere e valutare la tecnica della pittura e come distinguere lo stile dei vari autori. Di fronte alle opere d'arte, che i due protagonisti del poema didascalico incontrano sul loro cammino, si intreccia una discussione in cui viene continuamente dimostrata la superiorità artistica di Venezia su Firenze. Il B. confronta la pittura veneta con la musica, piuttosto che con la poesia; aderendo in pieno al carattere sensuoso dell'arte barocca, evoca suggestioni olfattive e perfino confronti gastronomici.
Al plasticismo disegnativo e chiaroscurale dei Toscani contrappone la vita e il trepidare del colore veneziano; all'ufficialità del Vasari preferisce il dialogo e le improvvisazioni che talvolta hanno la vivacità della cronaca. Da buon veneziano tende a un linguaggio quotidiano, propone confronti e adotta termini che ogni accademico avrebbe rifiutato. Per restar fedele al suo impegno di divulgatore e di acceso propagandista dell'arte veneziana deve ricorrere ad ogni mezzo per richiamare l'interesse dei suoi lettori; per essere più efficace e "veneziano" e per liberarsi da ogni complesso toscaneggiante, ricorre all'uso del dialetto della sua amata città, e della ricchezza di questa lingua, anzi, tesse i più alti elogi.
Il continuo passare da un luogo all'altro, il pacato discorrere dei due protagonisti per le calli di Venezia, corrispondono all'esuberante e colorita animazione della città. Ma per quanto spiritoso e vivace, si deve dire che il poema, dal punto di vista letterario, non corrisponde affatto alla genialità delle intuizioni critiche del B., che per molti dei maggiori artisti veneziani e veneti è giunto a proporre interpretazioni illuminanti e così puntuali da formare nella nostra memoria un tutt'uno con l'opera d'arte che illustrano.
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