CICOGNA, Marco
Nacque il 29 genn. 1519, terzo figlio di Gabriele di Francesco e di Marina Manolesso fu Marco; forse nacque fuori Venezia, perché la notificazione all'Avogaria di Comun avvenne, molto più tardi, il 1° apr. 1521.
Notevole esponente della grande stagione della famiglia Cicogna nella seconda metà del sec. XVI, il C. si distinse, a differenza degli altri principali esponenti della famiglia in quel periodo, quali i fratelli Pasquale ed Antonio e lo zio Girolamo, nel campo militare, e in particolare nell'attività più tradizionale del patriziato veneziano, quella navale.
Entrato nel Maggior Consiglio, per sorteggio, in anticipo rispetto. al limite di 25 anni di età, già nel 1539 fu podestà di Valle e nel 1543 podestà di Isola. Nel 1544 fu eletto castellano di Ponte Vico, ma rifiutò l'incarico per motivi che non ci sono chiari. Nel 1545 il C. rifiutò un altro rettorato, mentre accettò la carica di camerlengo a Brescia nel biennio 1545-46. Nel 1547 fusopracomito di galea, prima sua importante carica navale; dal marzo 1548 al marzo 1549 fu ufficiale di notte ad civilia; dall'aprile 1549 al febbraio 1551 fu rettore di Tine e Micone, poi perdiamo notizie di lui fino al 1560, quando rifiutò la carica scarsamente remunerativa di ufficiale alle Cazude; può darsi però che il C. rifiutasse questa carica perché contemporaneamente eletto governatore di galea. Dal marzo 1561 al settembre 1562 fu provveditore sopra al Cottimo di Londra e contemporaneamente, fino al dicembre 1562, provveditore alla Sanità; per due anni, dall'aprile 1561 fu consigliere a Cipro, poi nel 1566 fu di nuovo governatore di galea; dal settembre 1568 al gennaio 1570 fugiudice alla Curia dei procuratori e subito dopo fu nominato ancora una volta governatore di galea. Con questo grado si trovò impegnato nelle operazioni navali della guerra cristiano-turca scoppiata nel 1570.
A Lepanto combatté sul lato sinistro dello schieramento cristiano e si racconta che si trovò con la sua galea a sostenere l'assalto di so navi turche; nello scontro rimase gravemente ferito, con le mani e la faccia ustionate, ma riuscì a riprendersi e, all'arrivo di soccorsi, passò all'offensiva riuscendo ad isolare una nave nemica. a ucciderne il capitano e a strapparle il faro dorato e le insegne; al suo ritorno a Venezia questi trofei furono solennemente collocati nell'Arsenale.
Nel biennio successivo il prestigio che il C. si era conquistato in mare fu riconosciuto dalla Repubblica con l'elezione a consigliere nel Minor Consiglio, elezione che si affianca alla definitiva affermazione politica del fratello Pasquale. Dopo essere stato governatore agli Introiti, cominciò a ricoprire una serie di importanti cariche di natura essenzialmente militare, nelle quali si troverà impegnato, con la parentesi del ducato a Candia, contimiativamente fino alla morte: nel 1572 fuprovveditore al Collegio della milizia da mar; dall'aprile 1574 al marzo 1575 fu provveditore all'Armar. Nel marzo 1576 fu eletto duca di Candia, proseguendo. una ormai solida tradizione della sua famiglia.
A Candia era stato mandato nel 1574 come provveditore generale con compiti di supervisore e di riorganizzatore del regno Iacopo Foscarini, uno dei personaggi di maggior rilievo del patriziato veneziano in quegli anni, il quale aveva preso una serie di iniziative, tra cui la pubblicazione di alcuni statuti risultati impopolari. Il C. si dimostra piuttosto insofferente nei confronti del Foscarini e del suo operato, non sappiamo se per motivi di schieramento politico o se per naturale fastidio nei confronti di una carica straordinaria che metteva in ombra la sua. Fatto sta che, nel riferire al Senato dei vari problemi che l'amministrazione dell'isola comporta, sotto le espressioni di formale ossequio, non risparmia frecciate all'operato del Foscarini: la Camera ducale è in deficit di 660 ducati al mese; il grano a Candia manca perché è monopolizzato da pochi che alzano i prezzi alle stelle, sicché è utilissimo l'invio di grano predisposto da Venezia, altrimenti il prezzo salirebbe "quanto che avesse parso alla descrittion - delli patroni"; non c'è posto a Candia per raccogliere le riserve di grano, dato che gli utilissimi magazzini iniziati da Pasquale Cicogna sono stati lasciati - incompiuti dal Foscarini, di modo che si continua ad "occupar li hospitali et monasteri col grano"; gli statuti pubblicati dal Foscarini sembrano. al C. talvolta non opportuni e sus itatori di scontento. Ne risulta un quadro negativo delle, condizioni dell'isola, che solo l'azione stessa del C. contribuisce un po' a modificare.
Nel 1578 il C. ritornò a Venezia, dove l'anno successivo venne eletto provveditore all'Arsenal; nel 1580 fu provveditore sopra l'Annar e nel 1581 nuovamente provveditore al Collegio della milizia da mar. Nel 1581 sposò Maria di Giulio Vitturi; non sappiamo se queste nozze a tarda età siano state precedute da altre di cui non abbiamo notizia; né si hanno notizie di suoi figli. Nel 1584 fu depositario al Sal e dall'ottobre 1584 fu per la terza volta provveditore al Collegio della milizia da mar per un biennio, ma il C. morì prima della scadenza, a Venezia, il 24 luglio 1585.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Venezia, Libro d'oro e Balla d'oro, Schedario nascite; Avogaria di Comun, Nascite Patrizi, reg. 51/1; Cronaca matrimoni, reg. 107; Necrologi di nobili, b. 159, n. 1; Segretario alle Voci, Regg. elezioni Maggior Consiglio dal 1529al 1578; Regg. elezioni Senato dal 1531 al 1585; Senato, Relazioni rettori, b. 62, ff. 69 ss.; Capi Consiglio dei Dieci, Lettere di rettori, b. 286, f. 19; Arch. Duca di Candia, Ducali e lettere 5/64; Proclami 16/8; Venezia, Bibl. naz. Marciana, cod. Ital., cl. VII, 925 (=8594): M. Barbaro, Arbori dei patrizi veneti, C. 245r; Ibid., cod. Ital., cl. VII, 15 (=8304): G. A. Cappellari Vivaro, Il Campidoglio Veneto, C. 263r; A. Morosini, Istorie veneziane, II, Venezia 1719, p. 487; F. Comer, Creta sacra, Venezia 1755, II, p. 431; P. Molmenti, Sebastiano Veniero e la, battaglia di Lepanto, Firenze 1899, p. 118; C. Argegni, Condottieri, capitani e tribimi, I, Milano 1936, pp. 169 s.; A. Da Mosto, I dogi di Venezianella vita pubblica e privata, Milano 1960, pp. 306 ss.